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Autore: Sheep01    11/02/2015    3 recensioni
“Sempre insieme, eternamente divisi. Finché il sole sorgerà e tramonterà, finché ci saranno il giorno e la notte.”
Questa è la storia di un falco, di un lupo e di una ladra. Di come quest'ultima, in fuga da una delle prigioni più inespugnabili del regno, si troverà, suo malgrado, coinvolta in una tragica storia, alimentata da forze oscure e misteriose. Fra le sue mani, il destino di due amanti, oppressi dal maleficio di un vescovo crudele e senza scrupoli, che li costringe a una semi vita fatta di albe e tramonti che si rincorrono.
[Clintasha – Medieval AU]
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nick Fury, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 6

Deal

 

“Un incubo notturno, e diurno.”

 

*

 

Di nuovo il tramonto. Il terzo dacché quella assurda favola era cominciata.

Kate non riusciva a trovare altre parole per definire il suo stato d’animo se non: stordita. Una serie di avvenimenti così intensa che le aveva tolto il sonno, fatto mettere in discussione tutto ciò che credeva di sapere sulla vita, sulle persone, sull’amicizia e l'aveva inconsciamente rimessa in riga.

Erano tre giorni che non rubava, fatta eccezione per il candelabro che aveva dovuto lasciare alla rocca, perché troppo pesante.

Pensò bene fosse tempo di spezzare questa scia positiva per tornare, almeno in parte, alle vecchie abitudini.

Erano arrivati al villaggio proprio durante le prime ore del crepuscolo.

A seguito di una richiesta di alloggio nei pressi di una locanda già al completo, lei e Occhio di Falco, si erano blandamente accontentati di un posto nel fienile assieme al cavallo, dirimpetto la struttura. Un paio di pasti caldi li avrebbero attesi all’ora di cena, se avessero gradito, ma al momento il suo unico obbiettivo era quello di trovare vestiti puliti.

Erano giorni che viaggiava sempre con le stesse cose addosso e cominciava a sentirsi orribile. In più aveva cominciato a fare davvero freddo e trovare qualcosa di più pesante non le sarebbe risultato sgradevole.

“Hai fame, Occhio di Falco?” scrutò l’animale, pigramente appollaiato su una delle travi. Guardava all’esterno, come se stesse cercando una rapida via di fuga.

“Riesci a capire quello che dico, quando sei in queste condizioni? No, vero?” gli si avvicinò, allungando appena una mano nella sua direzione. Il becco appuntito e gli artigli la fecero desistere dall’andare oltre.

“Tu e Natasha mi avete proprio cacciato in un bel guaio. Un incubo. Un incubo notturno… e diurno, per giunta.” Sospirò cominciando a sentir brontolare lo stomaco.

“E poi, una notte senza il giorno e un giorno senza la notte. Mi spieghi che diavolo significa? Io supporto fortemente le teorie del monaco, ma converrai con me che sono parecchio fantasiose.”

Sospirò guardando lei stessa fuori dalla finestra: in una delle abitazioni vicine, sventolavano dei panni stesi.

“Il sole sta tramontando…” tornò sul falco che non sembrò registrare le sue parole, “torno subito. Non ti muovere, eh!”

Uscì di tutta fretta dalla stalla e, sgattaiolando fra le viuzze, raggiunse il bucato steso, raccogliendo questo o quell’indumento, misurandone a occhio la grandezza.

Si svestì rapidamente, ricoprendosi con gli abiti che emanavano un buon odore. Il tessuto caldo delle sue nuove vesti fu subito in grado di metterla di buon umore.

Quando ebbe fatto, scomparve così come era arrivata. Tornò nella stalla e posò i vestiti che aveva recuperato per Clint, poco distante dal trespolo.

“Ti ho preso anche questi…” gli mostrò un paio di grossi stivali di cuoio, “Spero siano della tua misura. Non me ne intendo molto di queste cose…” mormorò portandosi le mani alle anche e osservandolo come aspettandosi che la trasformazione avvenisse da lì a qualche secondo.

Si domandò in che modo dovesse aspettarsi tale fenomeno. Si sarebbe deformato come cera sciolta? Avrebbe urlato? O sarebbe improvvisamente comparso nella sua forma umana in un battito di ciglia?

Umano… e completamente nudo. Il pensiero rimase a fluttuarle nella mente in modo un po’ troppo insistente.

Fu il falco a risvegliarla dalle le sue elucubrazioni con un grido stridulo che la fece trasalire.

“Okay! Okay! Non fare il permaloso. Vuoi che me ne vada? Me ne vado!” si allontanò rapidamente, guadagnando la porta, “non c’è mica bisogno di fare il timido con me, sono solo una ragazzina!” concluse richiudendosi la porta alle spalle.

Si mise seduta a terra, poco fuori dalla stalla: “Sì, Signore, sono una ragazzina… quando più mi conviene…”

Alzò lo sguardo al cielo che si stava facendo scuro, mentre un tuono, in lontananza, borbottò il suo disappunto serale.

Cercò di immaginarsi una notte senza il giorno, ma per quanto si sforzasse non riusciva a concepire tale pensiero. Era ben più concreta l’idea della pena che potevano provare Clint e Natasha, impossibilitati a incontrarsi. E non era lo stesso pensiero che puoi provare per un defunto. Né per una persona che hai perduto di vista. Era più la dolorosa nozione che l’altro era vivente e più vicino che mai, ma consapevole che non l’avresti mai più rivisto. E tutto per colpa di chi?

Un vescovo. Un vescovo che avrebbe dovuto fare le veci in terra di quel Signore con cui lei parlava continuamente.

“Sono sicura che se la pensi come me su questa storia ingiusta, il miracolo del giorno e della notte ti verrà facile come trasformare l’acqua in vino…”

D’improvviso un lampo illuminò il cielo e il tuono che ne seguì fu di certo più entusiasta del precedente.

“Bè, potrebbe andar peggio…” sospirò, “potrebbe piovere.”

 

*

 

Il vescovo si affacciò alla finestra per osservare le gocce di pioggia furente che avevano preso a scendere. Dapprima solo l'anticipazione di quel ticchettio lieve sul tetto e poi un vero e proprio scroscio di pioggia, che si sarebbe potuto dire tipico dell’estate più che del gelido inverno.

“Il temporale non vi fa dormire, vostra grazia?”

Trasalì, il vescovo, riconoscendo immediatamente quella voce così sottile ed elegante alle sue spalle.

Per un attimo ebbe timore a voltarsi, affatto sicuro di poter sopportare la vista di quegli occhi che sempre riflettevano tanto diabolicamente il suo peccato.

“E’ così che accogliete l’arrivo di un amico… ? E pensare che l’educazione è una di quelle cose che insegnano fin da bambini, persino dalle mie parti.”

“Che cosa ci fate qui?” fu la dura replica del vescovo che si girò di scatto, con aria di sfida, forse costruita appositamente per contrastare il terrore sordo che gli batteva nel petto, per non mostrarsi debole.

“Ho solo risposto alla vostra accorata preghiera.”

“Quale preghiera? Non vi ho cercato. Non vi ho chiamato.” Le mani tremanti andarono ad arpionarsi al parapetto alle sue spalle. Solidamente, come a voler restare ancorato alla realtà materiale delle cose, ora che era al cospetto del demonio in persona.

L’essere restò nell’angolo di tenebra in fondo alla stanza. Solo il luccichio degli occhi a rivelarne la vigile presenza.

“Le vostre labbra hanno pronunciato il mio nome molte volte, stanotte.”

“Non è vero…”

“Oh… invece lo è. L’ardore con cui lo avete fatto quasi mi ha commosso, e un po’ spaventato… lo stesso ardore che si ode nel richiamo di un amante.”

Fu solo sulla scia di quelle parole che accennò un passo nella sua direzione. E il vescovo arretrò d’istinto, sentendo il vento e la pioggia sferzargli la schiena, la veste da notte leggera.

“C-che cosa volete?”

“Voglio? Non sono io quello che ha invocato il vostro nome… ebbene, se volete parlarmi di qualcosa che vi tormenta, io sono qui.”

Il vescovo deglutì a fatica, un groppo in gola che quasi gli impediva di parlare; rialzò lentamente gli occhi cercando di mantenere il distacco necessario a non farsi vincere dalla paura.

“La r-ragazzina…”

“La ragazzina, cosa?” incalzò Loki, in paziente e divertita attesa.

“La ragazzina è sfuggita di nuovo alle mie guardie. Viaggia con Lady Natasha e con Sir Barton, a l-loro si è unito anche un monaco…”

“Oh, sì, il vecchio ubriacone. Li conosco. Li conosco tutti quanti. Ebbene? Che cosa volete sapere più di questo?”

“Vorrei sapere che cosa stanno architettando. Voglio sapere come impedire che si avveri ciò che mi avete predetto.”

“Mi sembrava di aver parlato chiaro l’ultima volta.”
“Sì, sì avete parlato chiaro, ma tutto è fallito! Ho bisogno di un consiglio!”

“Provate a circondarvi di personale più qualificato.”

“Non prendetevi gioco di me, demonio!”

“Demonio… di nuovo quell’appellativo. Sono sicuro che il demonio sarebbe indignato quanto me del continuo uso improprio del suo nome.”

“Devo fermare questa cosa…” si staccò dal parapetto, per andargli incontro, “ve ne prego. Sono disposto ad aumentare la posta in gioco, sono disposto a concedervi tutto ciò che mi chiederete, ma non posso… non posso permettere che l’impresa di questo gruppo vada a buon fine.”

Loki lo scrutò a lungo, il terrore vivido nei suoi occhi. La sottomissione furente e servile di un uomo che non aveva altro a cui aggrapparsi se non la sua rabbia, la sua crudeltà e la supplica a un Dio di cui ignorava le origini.

Sciocco, debole e stupido uomo. La posta in gioco era già stata stabilita, ma l’idea di quella cieca e viscida devozione… non passò certo inosservata.

“Fra tre giorni ci sarà un avvenimento che potrebbe cambiare per sempre le sorti di questa storia… dovete spezzare il cerchio, vostra grazia. A qualsiasi costo.”

“Rumlow è sulle tracce del falco…”

“Potrebbe non essere sufficiente.”

“Dovete aiutarmi! Voi… dovete aiutarmi.”

Loki gli riservò il suo sguardo più severo, per poi mutarlo lentamente in uno di placida compassione.

“Se me lo chiedete con tanto ardore, quasi mi sento in colpa a dirvi di no”, mormorò, “vedrò che posso fare. Non sono incline a mettere mani nelle trame che il destino…” e nel pronunciarlo, il vescovo non riuscì a identificare tutto il sarcasmo di cui quelle parole erano pregne.

“Ma dovete prepararvi a pagare un caro prezzo per un tale servigio, stavolta.”

Il vescovo si azzardò a guardarlo finalmente negli occhi. E in quell’attimo vide fino a che punto si era spinta la sua ingordigia. Nello sguardo del demonio, il riflesso dei suoi stessi, corrotti occhi.

La sua voce, tremante e fragile, si spezzò su quell’unica parola: “Pagherò…”

Quando Loki scomparve di nuovo fra le tenebre notturne, il vescovo crollò tremante al suolo. Le membra scosse da brividi di terrore e raccapriccio.

 

*

 

Kate fu costretta a rientrare nella stalla prima di divenire un ammasso di carne zuppa, pronta da strizzare.

“Mi dispiace, ma pudore o meno, non sono disposta a subire tutte le avverse condizioni metereologiche, Occhio di Falco!” sbottò, richiudendo con gran fragore la porta alle proprie spalle.

Si scrollò come un cane sulla soglia di casa e quando rialzò gli occhi, la accolse la risata divertita di Sir Barton.

“Occhio di… Falco?” lo sentì pronunciare, mentre veniva verso di lei, già vestito di tutto punto. Doveva ammettere che stavolta era stata davvero brava a scegliere le misure.

“Sei stata tu?” le domandò indicandosi i comodi stivali di cuoio che adesso aveva ai piedi.

“Sì…”

“Grazie…” mormorò prima di tornare vagamente serio, “come sta Natasha?”

Kate realizzò che, dalla notte precedente, non aveva avuto più alcuna notizia di lei. Il suo sguardo preoccupato anelava una risposta.

“Sta bene!” si affrettò a tranquillizzarlo, annuendo vigorosamente, “Lady Natasha sta benone. Fury è riuscito a salvarla. E’ già in piedi e scattante come un… lupo selvatico.”

Riuscì a distinguere tutta la tensione scivolargli via dal viso, dalle spalle irrigidite.

“Dunque… ora sai.” Le domandò, intuendolo senza troppi sforzi.

“Così sembra... Fury mi ha raccontato tutto.”

“Ubriacone di un monaco.”

“Sono stata io a insistere. E poi ho visto la trasformazione di Lady Natasha… sembro stupida a volte, ma non lo sono fino a questo punto, signore.”

Clint la guardò meravigliato e forse un po’ preso in contropiede.

“Non volevo insinuare niente del genere…” specificò.

“Non importa, sono abituata a gente che tende sottovalutarmi.”

“Ma io non intendevo…”

“Oh, non importa, davvero. Avrai modo di farti perdonare come si deve, prima dell’alba.”

“Prima dell’alba, mh?” intrecciò le braccia al petto. Lo stomaco di Kate rispose in modo feroce, ed ebbe modo di ispirare molto sfacciatamente una risposta.

“Qualcosa che abbia a che fare con una cena e un bicchiere di vino, magari?”

Clint rise di nuovo: “Sembra che me la sia cavata con poco.”

“Perché non sai quanto mangio, signore.”

“Questo mi piacerebbe vederlo.”

“E’ una sfida?”

Clint l’avvicinò, porgendole il braccio: “Puoi scommetterci.”

Furono fuori a prendere di nuovo acqua prima di approdare al ristorante della locanda che li stava ospitando. Il locale, caldo e accogliente, profumava d’arrosto e zuppa di cereali. In sottofondo un gruppo di musici intrattenevano i clienti con le loro ballate.

Pochi gli avventori, se non si prendeva in considerazione un gruppo di uomini ammantati di nero, ad uno dei lunghi tavoli sul fondo.

“Ho un tremendo déjà-vu.” Mormorò Kate, andando a sistemarsi ad uno dei tavoli meno esposti.

“Di cosa?”

“Del giorno in cui tutto questo incubo è cominciato.”

Clint alzò una mano per chiamare l’oste e ordinare un paio di piatti della serata.

“Mi dispiace tu ne sia rimasta coinvolta… non era nostra intenzione metterti nei guai.”

“Tu dici?” una parola che malcelava del sarcasmo.

Clint si trovò a guardarla con aria interrogativa.

“Che vuoi dire?”

Kate scosse la testa, ricordandosi, per la prossima volta, di mordersi tenacemente la lingua.

“Niente.”

“Kate.” La voce di lui era ferma e intimidatoria. Il suo sguardo anche di più.

Si trovò costretta a lasciar da parte gli indugi e decidersi a parlare con sincerità.

“Lady Natasha sembrava aver deciso dovessi essere coinvolta nei suoi piani, dal primo giorno che mi ha voluta con sé.”

“Piani?” indagò il capitano, adesso sospettoso e vagamente preoccupato. Si chiese se dovesse davvero rivelarglielo o lasciar correre. Poi però ripensò al monaco, là fuori, da qualche parte a prendere freddo…

“Natasha vuole uccidere il vescovo di Aguillon.” Disse, abbassando la voce affinché  non raggiungesse orecchie indiscrete.

Il volto di Barton si indurì più di quanto si fosse aspettata.

“Credevo avesse abbandonato l’idea di quella sciocca vendetta.”

“No, non l’ha fatto, mio signore. Al contrario, oggi più che mai sembra determinata a concludere questa storia. Vuole me, al suo fianco, perché crede che possa guidarla attraverso Aguillon senza destare sospetti.”

“E potresti farlo?” domandò lui.

“Certo che potrei farlo!” non riuscì a impedirsi di dire, un po’ ferita nell’orgoglio dal tono della sua domanda. “M-ma… non è ciò che vorrei fare… non per assecondare una missione tanto suicida.”

“Avevamo discusso, prima della maledizione, se punire o meno il vescovo per quella sua insensata ossessione. Ma ho sempre impedito a Natasha di farlo. Credevo più nella possibilità di sfuggirgli o di vederlo desistere a lungo andare, che non in quella di premeditare l’omicidio di un uomo… tanto in vista.” Vide il suo sguardo farsi cupo e lontano. “Visto come sono andate le cose, forse avremmo dovuto seguire quella strada.”

“Adesso non servirebbe comunque a niente, mio signore.”

“Lo so. Sarebbe ancor più rischioso. Non sopravvivrei io stesso… se ella non dovesse riuscire nell’impresa.”

Kate lo scrutò a lungo, prima di decidersi a parlare di nuovo. Il destino dei due innamorati era finito improvvisamente nelle sue mani. Nelle sue e in quelle di un monaco ubriacone e con astruse e miracolose teorie. L’ultimo e forse l’unico appiglio, prima del baratro. Non era certa di poter dire che stavano messi poi tanto bene.

“Se ti dicessi… che potrebbe esserci un modo per spezzare la maledizione?”

Gli occhi di Clint dardeggiarono rapidamente nella sua direzione. Se di indignazione per una esternazione tanto azzardata o necessità di sapere di più, Kate non volle indagare.

“Il monaco ha detto…” gli si fece vicina, “ha detto che fra due giorni… da domani, tu e lady Natasha potrete affrontare il vescovo come uomo e come donna! Contemporaneamente! E umani per di più.”

“Di cosa stai vaneggiando, ragazzina?”

“Non vaneggio, ascoltami…” lo zittì nervosamente, “il monaco dice che ci sarà una notte senza un giorno, e un giorno senza la notte.”

“Stai parlando per enigmi, cerca di essere più chiara.”

“Più chiara di così non so esserlo, ti sto ripetendo quello che Fury mi ha detto.”

“Mi sembrano favole…”

“Più favole di una maledizione che ti vede svolazzare per i cieli con un paio di ali di falco?”

Clint dovette trattenere l’ennesima protesta. Serrò le labbra, indeciso se affidarsi o meno a quelle invenzioni.

“Ascoltami, il vecchio Fury sembra un po’ fuori di testa, ma ti assicuro che è seriamente pentito per quello che è successo. E sono certa che… se dice di avere in mano una soluzione per questo guaio, sono… sicura che ce l’abbia sul serio.”

Si sentì di nuovo lo sguardo di Clint puntato addosso e si trovò a sostenerlo con tenacia, per dimostrare quanto reputasse affidabile quel piano.

Lo vide rilassarsi solo dopo un intenso attimo di riflessione.

“Natasha cosa ne pensa?” una domanda che non si era attesa. Si chiese se Clint fosse quel tipo di uomo che non compie un passo senza l’approvazione della… compagna.

Lo scrutò per un istante decidendo che non poteva mentirgli.

“Natasha pensa che nemmeno avrei dovuto parlartene.” Fu sincera e venne ricambiata con un lieve sorriso che riuscì a rassicurarla.

“Non c’è modo di farle cambiare idea molto facilmente, se si mette in testa una cosa.”

“Non sembrerebbe, no, e pareva piuttosto determinata a fare qualcosa di parecchio brutto anche a Fury se non l’avesse lasciata in pace.”

“Che fine ha fatto il vecchio?”

“Ahm…” Kate fece cenno con la testa a un punto, fuori dalla locanda.

“Là fuori?”

“Non so, credo di sì. Viaggiava a pochi minuti di distanza da noi. Credo si sia fermato ospite della chiesa all’inizio del villaggio.”

“Allora forse dovremmo andare a parlargli.”

“Vuol dire che ci stai? Insomma… dobbiamo ancora definire i dettagli del piano ma…”

“Voglio dire che possiamo cominciare a parlarne…”

Kate non riuscì a trattenere un gesto d’esultanza, proprio mentre l’oste portava sulla loro tavola un piatto fumante di zuppa e del pane caldo.

“Dovrei essere io quello entusiasta”, rispose divertito, spezzando la pagnotta affinché se ne servisse.

“Dovresti. Tutti dovremmo esserlo. Una vendetta ai danni di quel viscidone del vescovo? Scusa se non me la voglio perdere.”

“Ha un sacco di ammiratori quel sant’uomo.”

“Ho rischiato il collo per colpa sua. E per cosa? Un furtarello da due soldi. Letteralmente da due soldi. Se ti dico cosa mi hanno trovato nelle tasche il giorno della mia cattura non ci crederesti. Perciò, aiutare due innamorati che possono spezzare una maledizione disgustosa? Troverà pane per i suoi denti!”

Clint sorrise al suo entusiasmo, mentre lei addentava una grossa fetta di pane e si lanciava all’attacco di quella squisita zuppa di cereali.

“Viaggi sempre con lei… non è vero?” le domandò allora, quasi più interessato a guardare Kate che non a servirsi lui stesso.

“Mh mh… tutto il giorno insieme. A volte mi fa stare a cavallo, altre preferisco camminare. Quella sella è una… tortura.” Blaterò inghiottendo rumorosamente, prima di versarsi un calice di vino rosso. Quando fece per berlo si rese conto di quanto fosse stata vaga e insensibile sull’argomento. E che forse, a quella domanda, il capitano si aspettava una risposta più elaborata.

Si asciugò le labbra con la manica della casacca e si schiarì la voce.

“Lei pensa sempre a te.” Gli disse allora, guardandolo con un gran sorriso.

“E come fai a dirlo?” le domandò a bruciapelo, intrecciando le braccia al petto.

“Come… ? Oh, non serve essere dei geni per capirlo. Magari vuoi uomini non avete certi tipi di ricettori…” si picchiettò il naso, “ma noi donne sappiamo arrivarci senza troppe parole.”

Gli disse.

“Ha sempre quello sguardo un po’…” cercò di imitarla con scarso, scarsissimo successo.

“Da carpa lessata?”

“No! Dai, uno sguardo così…” aggrottò la fronte ma con lo sguardo rivolto a un punto non meglio identificato sul soffitto.

“Come se avesse una colica?”

“Clint!”

“Kate?”

“E’ innamorata. Lo si capisce. Da come sospira, da come pronuncia il tuo nome… e poi me lo ha detto.”

“Te lo ha… detto?”

“Bè… mi ha detto… sì, insomma, mi ha detto di dirti che… ti ama”, e per la prima volta sentì che dire la verità la appagava immensamente.

“Oh…” la risposa ebbe il potere di placare il capitano che ora l’osservava ammorbidito, vagamente in imbarazzo.

“Anzi direi che ti ha affidato a me.” Ma la menzogna dava decisamente più soddisfazioni.

“Questo ti ha detto?”

“Sì, ha detto: dì a Clint che segua le tue istruzioni come fossero le mie.”

“Le tue…  istruzioni, ah?”

“Proprio. Tutte le mie istruzioni.”

“Oooh… e dimmi, ora sono curioso, quali sono queste istruzioni?”

Kate finì la sua zuppa e soddisfatta fece schioccare le labbra.

“Uhm… per adesso, che finisci la tua lauta cena… e che… ti rilassi ascoltando questa musica.”

“Che istruzioni complicate. Se ti consola, ti assicuro che mi sto già rilassando.”

“A-ah… benone, allora vedi come andiamo d’accordo?”

Seguì con lo sguardo un paio di coppie che avevano preso a ballare a ritmo di musica proprio in mezzo al grosso salone. Prima di realizzarlo si trovò a battere il piede a terra, a ritmo.

E prima ancora di capire che stesse succedendo, la mano di Clint, si allungava verso di lei. Alzò sul capitano uno sguardo inquisitorio, mentre le si portava di fronte con un mezzo inchino.

“Magari ti va di ballare.”

“C-chi, io?” esalò improvvisamente a disagio, “saranno secoli che non lo faccio. Non mi sembra il caso.”

“Volevi che mi rilassassi. Ti assicuro che danzare mi rilassa.”

“Sì ma non… non rilassa me.”

“Non dire sciocchezze. Muori dalla voglia di farlo.”

Kate sgranò gli occhi, sentendo qualcosa di molto simile alla gratitudine scaturirle dal petto.

“Andiamo…” insistette Clint, afferrandole la mano per aiutarla a rimettersi in piedi, “è l’unico modo che ho per dirti grazie.”

Kate non si lasciò pregare una seconda volta. Lo seguì al centro del salone e pensò bene di dimenticare, per una serata, tutti i guai di quella storia complicata.

 

*

 

Un lampo illuminò la strada per una frazione di secondo.

Impronte di grossi e pesanti zoccoli solcavano il vialetto sterrato, già zuppo di pioggia.

Il nitrito di un cavallo andò a disperdersi dietro la locanda da cui arrivava una musica vivace.

“Ci fermiamo qui, stanotte.” Disse il cavaliere scendendo dal destriero.

Raccolse una sacca colma di selvaggina.

“E vediamo di vendere qualcuna di queste carcasse, prima che faccia giorno…” mormorò Rumlow, asciugandosi il volto bagnato di pioggia.

Prima che riuscisse, però, anche solo a tentare un passo in quella direzione, sentì un fruscio di vesti accanto a sé.

Nemmeno il tempo di voltarsi che un paio di mani si arpionarono ai lati della sua testa.

Un colpo secco, letale e lo schiocco dell’osso del collo che si spezzava andò a confondersi con l’ennesimo tuono.

Il corpo di Rumlow cadde al suolo, con un rumore ovattato, a rotolare in una delle tante pozzanghere, assieme alla borsa colma di falchi uccisi.

Quando un nuovo lampo illuminò il cielo notturno e l’ululato del lupo serpeggiò fra le fronde degli alberi, fu il volto di Loki quello che emerse dalla tenebre.

 

___

 

Note:

Buongiorno a tutti, finalmente (purtroppo) son tornata e mi riattivo immediatamente per non restare indietro con la pubblicazione. La trama continua a dispiegarsi senza sosta, ma con una piccola, significativa, svolta finale…
Per la fanart con il lupo ci vuole ancora un attimo di pazienza. Ancora non sono riuscita a colorarla, ma giuro che esiste.
Come nota finale ho un annuncio da fare: il nuovo capitolo di Sleep Twitch è finalmente scritto e prossimo alla pubblicazione (cori angelici e fuochi d’artificio), sarà stato l’aver incontrato uno dei miei attori preferiti a riattivarmi il neurone, chi lo sa… dopotutto mi ha fatto passare freddo e mal di pancia, non vedo perché non scongelare anche l’ispirazione.
Dopo tutta sta manfrina, come sempre ringrazio i fedelissimi che continuano a seguirmi, la beta e socia che sempre alimenta il sacro fuoco Clintasha… e a questo punto ci sentiamo la prossima settimana. O forse prima :P

  
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