Film > La Bella e la Bestia
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Autore: VeronicaDauntless    11/02/2015    2 recensioni
Nelle fiabe, a volte, i sogni si avverano. E se sognaste di cadere in un pozzo guardando il vostro riflesso? Fin da bambina la più grande paura di Belle è quella di addormentarsi, quella di sognare. Non immagina che di lì a breve, tentando di salvare suo fratello, si sarebbe ritrovata prigioniera di una bestia.
Dal prologo: "Avrebbe potuto dire di aver perso la sua umanità molti anni addietro, ma la verità era che non l’aveva mai avuta. [..]Questa non è la sua storia. Questa è la storia di come il suo cuore riprese a battere."
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adam, Belle, Gaston, Lumière, Quasi tutti | Coppie: Adam/Belle
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Si ritrovò in un’ampia stanza dalle pareti di legno e piena di attrezzi da giardino ricoperti di
polvere e abbandonati a terra. Dietro di lei, uno specchio identico a quello che aveva
appena attraversato, le rimandava indietro la sua immagine. Provò a sfiorane la superficie,
ma le dita scomparvero oltre la superficie. Le ritrasse immediatamente e si voltò verso la
porta. Sulla soglia, si guardò intorno, in quello che sembrava una distesa d’erba bassa.
Doveva essere in una rimessa. Davanti ai suoi occhi, si stagliava un enorme castello. Altro
che splendore, fratello..
Il cielo era cupo, carico di pioggia non ancora caduta, una distesa di alti alberi secchi
circondava il palazzo. Centinaia di rampicanti risalivano lungo la scalinata d’ ingresso e sui
muri della struttura. Nessun fiore, solo spine. Delle guglie appuntite spuntavano
incombenti dal tetto. All’interno, nessuna luce animava l’ambiente. Le vetrate erano
maestosamente decorate, ma erano scure anch’esse, piene di polvere.
Rabbrividì di freddo e si affrettò attraverso i tronchi privi di vita. I rami le graffiavano le
braccia e il volto. Cercò di proteggersi gli occhi con le mani, una ciocca di capelli le si
impigliò tra i rami, facendola rimbalzare all’indietro. Afferrò i capelli e tirò. Si guardò
intorno. Mille occhi gialli la scrutavano. Girò su se stessa col fiato corto, perse la strada.
Tutto era uguale. E quei maledetti rami erano ovunque. Gufi. Dovevano essere gufi.
Doveva calmarsi, prendere fiato e..
Un ululato pervase l’aria. Zampe sulla terra, fiati concitati, ringhi, ovunque intorno a lei.
Corse più veloce che poteva. Inciampò. Il colpo le mozzò il fiato. Altri ululati la
raggiunsero, si rimise in piedi con uno scatto e corse, corse. Sempre di più. Ignorò la fitta
al fianco, il vento tra i capelli, i rami sul viso, il dolore lancinante ai polmoni. Si voltò,
guardò alle sue spalle, senza fermarsi. Due canini affilati fendettero l’aria ad un soffio dal
suo volto. Aprì la bocca per urlare, ma il respiro le era morto in gola quando qualcosa
l’aveva fatta cadere all’indietro. Con il cuore in gola e le tempie che non smettevano di
pulsare, sbatté più volte le palpebre. Ma davanti a lei non c’erano altro che alberi. Una
lacrima di paura le solcò la guancia, ma l’asciugò rapida. Abbassò lo sguardo. Era sulla
scalinata. Si rimise in piedi e raggiunse tremante la porta d’ingresso. Vi si poggiò con tutto
il peso e quella scivolò silenziosa verso l’interno. Cercò di vedere cosa ci fosse oltre quella
porta, ma scorgeva solo l’oscurità.
Non hai idea di quanto tu sia in debito con me, Christian.
Deglutì, fece un profondo respiro ed entrò. Una fiaccola si accese a pochi metri da lei.
Fece un primo passo e la porta si richiuse con un tonfo alle sue spalle.
Camminò lungo il corridoio finché non si ritrovò ad un bivio. Sulla sinistra c’era un enorme
salone riscaldato da un fuoco ardente. C’erano due poltrone e un lungo tavolo. Suo fratello
non c’era. Alla sua destra, il corridoio continuava fino ad una scalinata stretta che
scendeva ancora più in profondità. Prese coraggio e imboccò le scale. Appena poté,
si affacciò per vedere dove portavano. Erano celle. Celle con sbarre di ferro, come quelle dei
palazzi antichi.
-Christian- sussurrò. Non ebbe risposta. Provò ancora.
-Belle? Belle!- un movimento catturò la sua attenzione.  –Sono qui-
Corse verso la cella e lui le strinse le mani attraverso le sbarre. I suoi occhi erano sbarrati.
-Che ci fai qui? Devi andartene prima che lui ti veda-
-Devo farti uscire da qui-
-No! Devi andartene!-
-Io ti avevo avvertito!-
-Ora non ha più importanza. Devi salvarti, vattene!-
-Sono venuta a prenderti e non me ne vado senza di te-
-Tu non capisci, non posso andarmene da qui. Lui.. lui mi ha imprigionato a questo luogo..-
Le mostrò la mano destra. Il disegno di uno stelo spinato e di una rosa scarlatta risaliva
dal dorso fin sopra il polso.
-Se vado via, morirò-
Un fulmine illuminò per un istante l’ambiente e lei vide una figura emergere dall’ombra.
Urlò  e cadde a terra. Alzò lo sguardo sul carceriere. E inorridì.
Ringhiò, mostrandole le zanne. Arrivava fin quasi al soffitto, era ricoperto da una pelliccia
scura, la schiena era incurvata, come un orso che si solleva sulle zampe prima di
attaccare, e le sue zampe erano provviste di artigli lunghi e affilati. Due grandi occhi gialli
erano puntati su di lei. Era una.. bestia.
-Via dal mio castello- disse con voce roca in un ringhio.
Incapace di muoversi o anche solo di respirare, guardò la belva con gli occhi sbarrati.
-Vattene, Belle!-
La voce di suo fratello parve riscuoterla.
-La prego- urlò, sperando che sentisse il suono tremante della sua voce.
-Lasci andare mio fratello-
-NO!- tuonò. Le si avvicinò ancora.  –È un ladro e non lo lascerò andare fino a quando non
avrà estinto il suo debito-
-Allora le propongo uno scambio. Prenda me. Al suo posto. Tenga me e lasci andare lui-
Ad un soffio dal suo viso, quegli occhi gialli quasi s’insinuarono nei suoi. Parve soppesarla
qualche istante. Si allontanò.
-E sia!-
Aprì la cella con un solo gesto e afferrò il braccio del ragazzo.
-Belle!-
Pietrificata, vide la bestia trascinare suo fratello lungo il corridoio. Si riscosse e salì di
corsa dietro di loro, ma la porta si richiuse dietro le spalle del suo proprietario. Tentò di
aprirla, le fu impossibile. Corse nel salone, cercò con lo sguardo una finestra e, quando la
trovò, vi accorse.
-Belle!- continuava a chiamare.
-Christian!- poggiò le mani sul vetro freddo, quasi cercando di raggiungerlo. Vide svanire
le loro figure oltre gli alberi, mentre sul dorso della sua mano e sul polso compariva
sempre più nitida l’immagina di una rosa scarlatta. Si accasciò a terra.
L’ho fatto per te.
Dopo minuti che le sembrarono solo istanti, la porta si aprì e si richiuse con un tonfo. La
bestia fece il suo ingresso nel salone e la guardò.
Scattò in piedi.
Cosa ho fatto?

 

  
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