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Autore: FEdeLauris    11/02/2015    0 recensioni
Éléonore e Charlotte, due fanciulle di nobili natali, si trovano a trascorrere un’estate presso la zia della seconda. Si tratta della Marchesa de Vernon, famosa per la sua condotta irreprensibile e la sua solida morale, che si dice ella abbia trasmesso anche ai suoi tre figli. Tuttavia, nell’ambiente circoscritto della tenuta di famiglia, i personaggi si ritrovano a mettere in discussione i propri principî, sperimentando di persona l’intramontabile conflitto tra la natura umana e le regole imposte dalla società.
Da questa deliziosa giostra settecentesca, che raccoglie una notevole varietà di stimoli letterari dell’epoca e non, da "Orgoglio e Pregiudizio" a "Le Relazioni Pericolose" a "Justine", emerge una profonda riflessione filosofica, frutto di un progressivo rifiuto delle convenzioni. Ed è forse questo sottile nichilismo, questa rinuncia verso un’esistenza fredda e formale, che conferma l’assoluta contemporaneità dei protagonisti.
Il lettore viene trascinato inesorabilmente attraverso danze galanti, concerti di pianoforte, tra colpi di fioretto e passeggiate a cavallo, in una trama di intrighi, nel crescendo di una tensione incontrastabile che si risolve nel finale inatteso...
(tratto dal romanzo "La Rosa d'Oro, ovvero i paradossi della virtù" di cui possiedo i diritti d'autore)
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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Intanto, nel salotto, Thierry stava rispondendo alle curiosità di Aline e alle continue domande di Sophie sul suo fidanzato. Lambert, sprofondato nella poltrona, sembrava disinteressato a tutto come suo solito, mentre la madre, più che attenta, pareva in contemplazione del figlio. Quando Éléonore entrò, nessuno sembrò accorgersene. Si sistemò di nuovo accanto ad Aline.
«Come sta?»
Éléonore ci mise un po’ a capire che stavano parlando con lei.
«Chi?… Oh! Meglio… almeno sembra… ha detto che ha bisogno di riposare.»
La Marchesa annuì con aria preoccupata.
«State tranquilla, gli passerà. Gli capita spesso, ci è abituato.» la rassicurò Thierry.
 
 
 
Finalmente, l’ora di pranzo giunse e Ariberto si fece di nuovo vivo in mezzo a loro. Nemmeno il cibo riusciva a zittire Bernadette, che continuava a parlare di tutto quello che era successo prima dell’arrivo del figlio, della residenza estiva, di Laurent che si sarebbe unito a loro. Éléonore e Charlotte non poterono non notare la disapprovazione di Thierry per quest’iniziativa della madre.
«Andiamo, caro, che male vi fa se c’è anche lui?» gli chiese la Marchesa.
«Nessuno» rispose Thierry per tagliare corto.
La madre non domandò oltre, ma non voleva che per Thierry ci fossero dei problemi. Decise di parlare con lui in privato più tardi.
Terminato il pranzo, Ariberto stette più a lungo in loro compagnia. Occuparono nuovamente uno dei salotti e conversarono a lungo. Questa volta fu il Lord ad essere al centro dell’attenzione, grazie a Thierry. Questi, temendo il giudizio negativo della madre per il basso lignaggio dell’amico, cercò subito di metterlo in buona luce ai suoi occhi.
«Madre, sapevate che Lord Ariberto è un virtuoso del pianoforte?» esordì.
«Davvero? Potrebbe intrattenerci con qualcosa, allora, che ne dite?» propose la Marchesa.
Ariberto accettò e si diresse verso il pianoforte in un angolo della saletta. Tutti rimasero meravigliati dalla fluidità con cui le sue dita correvano sui tasti, intrecciandosi tra loro e tessendo melodie famose o improvvisate. L’aria fremeva delle note più trillanti e il respiro rimaneva sospeso quando il Lord prolungava con sue intuizioni passaggi complessi e carichi di tensione. L’esibizione terminò tra gli applausi.
«Magnifico! Davvero magnifico!» esclamò la Marchesa compiaciuta.
Le fanciulle concordarono con lei.
«Studio pianoforte da quando ero un bambino. Mi sono spesso esibito in concerti a Milano e in altre città del Nord Italia. Do anche lezioni, se Vostra Signoria è interessata…»
La Marchesa rise.
«Oh no, vi ringrazio! Preferisco ascoltare gli altri che suonano per me!». Pensò un attimo, poi disse: «Charlotte, se non ricordo male, voi cantate…»
«Sì…» rispose la fanciulla «ma non vorrete farmi esibire davanti a tutti?», disse con una renitenza che Éléonore sapeva essere pura finzione. 
«Perché no? Avanti, fatelo per vostra zia! Andate accanto al nostro ospite e deliziateci con la vostra bella voce.»
Charlotte non obbiettò e, con un’espressione rassegnata, andò accanto ad Ariberto. Questi attaccò una canzone francese molto nota, certo che la fanciulla la conoscesse.
Charlotte si schiarì la voce e cantò; un usignolo non l’avrebbe eguagliata.
Éléonore la ascoltava, l’invidia che cresceva ad ogni nota. Forse avrebbe sofferto di meno se avesse saputo che, dall’altro lato del divano, Sophie condivideva i suoi stessi pensieri.
Nuovamente risuonarono applausi ed elogi.
Charlotte fece per tornare al suo posto baldanzosa, ma la Marchesa le chiese di cantare di nuovo, e così fece.
Quando terminò, il pendolo batté l’ora e la Duchessina, con molta nonchalance, salutò tutti e si avviò verso la porta. Bernadette la guardò con disappunto.
«Dove state andando?» le chiese.
«Il Marchese d’Arvieux si è gentilmente offerto di farmi visitare la vostra città. Penso sia già qui fuori ad aspettarmi.»
La zia si indignò per non essere stata avvisata prima e soprattutto per il fatto che, dopo tanti anni di lontananza, Charlotte preferisse passare il pomeriggio con uno sconosciuto piuttosto che con suo cugino. Stava per dar voce ai suoi pensieri, ma Sophie la precedette nel prender parola.
«Che bella idea!» esclamò con entusiasmo. «Inoltre, Laurent è un amico di famiglia, quindi Charlotte sarà in buone mani, non è vero madre?»
Éléonore e Aline si guardarono. Sophie non si era lasciata sfuggire l’occasione di permettere a Laurent di incontrarsi con un’altra fanciulla. La Marchesa, all’oscuro dei progetti della figlia, non se la sentì di contraddirla. In fondo, aveva ragione, di Laurent ci si poteva fidare.
«D’accordo, ma non tornate tardi».
 
 
 
Come aveva previsto, Charlotte scorse il Marchese ad attenderla fuori dal cancello.
«Siete un uomo di parola» disse andandogli incontro.
«Mantengo sempre gli impegni presi» le rispose.
«Allora, dove avete deciso di condurmi?» domandò Charlotte impaziente.
«Nei posti che ho ritenuto essere i più degni di Vostra Signoria». Le porse il braccio e insieme si incamminarono per il viale. Passeggiarono a lungo per le vie principali. Ogni tanto Laurent illustrava ciò che vedevano passando, ma Charlotte non lo ascoltava, impegnata ad analizzarne l’aspetto e il comportamento. Era davvero un bel giovane e la Duchessina si chiedeva come Sophie avesse potuto rifiutare la sua corte; ma dal momento che la cugina non era interessata a lui, Charlotte si sentì in dovere di non lasciar cadere a vuoto gli omaggi che Laurent aveva da offrire.
«Sono stanca» disse ad un certo punto. «Non c’è un posto in cui possiamo sederci?»
«In fondo a questa strada c’è un parco. Possiamo fermarci lì per un po’.»
Vi giunsero e Charlotte scelse una panchina all’ombra, per proteggere il candore della sua pelle.
«Non mi avete raccontato del ritorno di vostro cugino» constatò Laurent.
Charlotte fece il resoconto della mattinata, senza tralasciare l’esibizione fatta prima di uscire di casa.
«Mi piacerebbe sentirvi cantare» disse il Marchese. «Vorrei che lo faceste di nuovo quando saremo nella tenuta estiva di vostra zia».
«Perché aspettare fino a domani?» disse Charlotte. «Se lo desiderate, canterò per voi anche ora».
«Qui?» rise Laurent. «Siete alquanto esibizionista! Non sarò l’unico ad ascoltarvi…» con un ampio gesto della mano accennò alla gente sparsa nei dintorni.
«E dunque? Non ho nulla di cui dovermi vergognare. Giudicate voi stesso.»
Detto ciò, cantò la stessa aria con cui aveva dilettato la Marchesa. Alcune persone, udendola, la ascoltarono  estasiate sedute su altre panchine, altre fermandosi sui sentieri del parco. Laurent era lievemente imbarazzato, ma non voleva che quella voce si interrompesse per nulla al mondo, tanto era meravigliosa. Quando Charlotte finì, il giovane batté le mani, e così fecero anche gli altri che erano rimasti ad ascoltarla. La Duchessina rise e fece un grazioso inchino.
«Avete la voce di una Sirena» si  complimentò Laurent.
«Attento a non farvi attirare contro la scogliera, marinaio…». Charlotte sorrise. Laurent si era perso nei suoi occhi magnetici.
 
 
 
Nel frattempo, a Palazzo Vernon, tutti avevano disertato il salotto per dedicarsi ciascuno ai propri interessi. Madame de Vernon aveva chiamato il figlio maggiore nel suo studio per chiarire la questione di Laurent.
La donna era in piedi dietro la sua scrivania, il figlio di fronte a lei.
«Perché vi dà così noia la presenza del figlio di Madame d’Arvieux? So che non vi è mai stata molto gradita la sua compagnia, ma non ritenevo la situazione grave al punto da non poterlo vedere. Ditemi qual è il problema, figlio mio, cercherò di venirvi incontro». Il tono della Marchesa era a metà tra la delusione e il rimorso: temeva di aver fatto un torto al figlio.
«Vi garantisco, madre, che avete sempre visto giusto. La presenza di Laurent non è per me di alcun disturbo; ma per Sophie non si potrà dire altrettanto… Avrete certamente notato le avances che il Marchese è solito farle. Non temete per la reputazione di vostra figlia?». Thierry guardò la madre negli occhi.
«Sinceramente non credo che Laurent costituisca un pericolo per lei. Sono sempre stati ottimi amici, la gente lo sa. Inoltre, tutti conoscono Sophie e sanno che non esiste fanciulla più onesta in tutta la città.»
La Marchesa pronunciò l’ultima frase con una punta di orgoglio per nulla celata. Infatti, la giovane Sophie, educata in convento, cresciuta in una famiglia onesta accanto ad una madre così rigida nei costumi e in un ambiente impregnato di principî cattolici più di quanto non lo siano certi seminari, cos’altro avrebbe potuto essere se non il prodotto dell’unione della Virtù e della Fede? Thierry sapeva che sua madre aveva ragione, ma non riusciva a stare tranquillo. Non aveva mai visto di buon occhio Laurent e non poteva sopportare che ronzasse intorno a sua sorella senza tenere conto del fatto che era già promessa ad un altro. Tuttavia, conoscendo la facilità con cui sua madre si agitava, decise di non turbarla con le sue preoccupazioni. Avrebbe tenuto d’occhio Laurent da solo.
«Sono d’accordo con voi, l’onestà di Sophie è inattaccabile. Vi chiedo solo di essere prudente.»
Detto ciò, si accomiatò e uscì.
Bernadette lo guardò sparire nel corridoio, poi si affacciò alla finestra. Il cielo si era rannuvolato. Sperò che non si mettesse a piovere per non trovare fango sulle strade di campagna.
 
 
 
Il Marchese de Vernon misurò i corridoi a lunghi passi. Voleva stare un po’ con gli altri, ma non riusciva a trovarli. Finalmente, aprì la porta dello studio che era stato di suo padre e vide Éléonore, Ariberto e Aline seduti attorno al tavolo ricoperto di fogli volanti e taccuini.
«Che state facendo?»
«Thierry! Volete unirvi a noi?» lo invitò Ariberto con un gran sorriso.
Il Marchese lo guardò con aria interrogativa e si avvicinò al tavolo. Prese uno dei fogli, a caso, e lo lesse. Erano poesie; la calligrafia pomposa e svolazzante con cui erano scritte valse più della firma in fondo al foglio.
«Le fanciulle mi hanno implorato di leggerle» spiegò il Lord.
Thierry lasciò cadere il foglio sul tavolo con aria annoiata.
«Che fate?» esclamò il Lord soccorrendo il componimento. «Un po’ di rispetto, prego, per il lavoro altrui…»
«Perdonatemi, ma non digerirò più alcuno di quei sonetti, tanti me ne avete letti durante i nostri viaggi».
Ariberto pareva mortalmente offeso.
«Vostra Signoria non ama la poesia?» chiese Éléonore. A Thierry parve che il tono non ammettesse una risposta negativa, per cui si affrettò a dire: «Al contrario, adoro questo genere letterario…»
La risata poco cortese di Ariberto lo smentì. A questo punto Thierry, offeso a sua volta, se ne andò indignato per la figura barbina che l’amico gli aveva fatto fare di fronte alla fanciulla. Udì la voce di Ariberto uscire dallo studio: «Non prendetevela, non volevo mancarvi di rispetto!». Ma il Marchese non tornò indietro.
«Oh, beh, gli passerà» concluse Ariberto. «Dove eravamo rimasti?». Éléonore indicò un punto sul foglio e Ariberto riprese la lettura con enfasi teatrale.
«È molto bella» disse Aline quando il Lord ebbe finito. Éléonore concordò con lei. «Sono tutte favolose. Lady Audrey è fortunata a ricevere simili omaggi da parte vostra.» disse.
Ariberto sorrise. «Li merita».
In quel momento la porta si aprì. Tutti si aspettarono di vedere Thierry, invece si affacciò la Marchesa.
«Che fate tutti rintanati nello studio del mio defunto marito?» chiese. «Non ho mai visto tante persone qui dentro come ora. Non ci viene mai nessuno.»
«Stavo leggendo alle fanciulle le mie poesie».
«Siete anche poeta? Non finite mai di stupirci, Milord. Vorrei ascoltarle anch’io, posso?». Senza attendere risposta fece per sedersi al tavolo con loro, poi cambiò idea. «Portate tutto al piano di sotto. Sui divani staremo più comodi.» disse, ma Ariberto la fermò.
«Vi prego, Madame, abbiate pietà della mia voce. Sono così tante che se le rileggessi tutte da capo non potrei più emettere alcun suono. Posso chiederle di posticipare questo colto progetto a domani?»
La Marchesa rise per il lungo giro di parole. «D’accordo, ma promettete di non indugiare oltre».
«Avete la mia parola» confermò il Lord sorridendo.
La Marchesa uscì e oltre la balaustra vide rincasare Charlotte. Le andò incontro.
«Allora, avete passato un bel pomeriggio?»
«Sì, Madame».
«E il Marchese d’Arvieux? Non entra?»
«No, mi ha accompagnata fin sulla porta, poi se n’è andato».
«Capisco. Ora vorrete passare un po’ di tempo con vostro cugino, spero». Il tono era forse un po’ duro.
Charlotte annuì e cercò rapidamente Thierry. Lo vide però impegnato a discutere con Ariberto vicino alla sua stanza, perciò non volle disturbarlo. Fu Sophie ad andare da lei.
«Charlotte, cara, vi piace la nostra città?»
«È davvero molto bella» si guardò intorno per vedere se la zia era nei paraggi, poi aggiunse: «… e il Marchese d’Arvieux non è da meno». Sophie sorrise imbarazzata. «Vi do ragione». Alzò lo sguardo verso la fine della scala e Charlotte la imitò, vedendo così Thierry che stava per scendere. Volò da lui, intenzionata a recuperare il tempo perduto in modo che la Marchesa potesse mettersi il cuore in pace.  
   
 
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