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Autore: shimichan    11/02/2015    1 recensioni
Gol D. Roger, Portuguese D. Ace, Edward Newgate: tre uomini e lo stesso modo di affrontare il proprio destino. Con un sorriso.
Sorride anche lui. Ace aveva ragione: la morte è buffa. È per definizione assenza di vita, eppure sa spiegarti le sue contraddizioni meglio della vita stessa. Per possederla devi perderla per qualcuno
[storia ispirata al ch. 576]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Barba bianca, Gold D. Roger, Portuguese D. Ace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Di padre
     in figlio

 
 
Il silenzio della terra sembra fondersi con quello del cielo, il mistero della morte si congiunge con quello delle nuvole.
Nel campo di battaglia una perla che cade fa più rumore delle grida, il suono di una vita che se ne va è sempre assordante.
 
 
Le orecchie fischiano di sakè e rivelazioni.
«Cos’hai detto? Ti resta poco da vivere, Roger?».
Lo guarda come se non credesse alle sue parole, ma il Re dei Pirati non mente.
I suoi occhi hanno visto troppo per riuscire ancora a mentire.
«Ahh…è stato un viaggio lungo!» continua indifferente e Barbabianca ha l’impressione che quel nuovo viaggio lo affascini.
Ogni uomo di mare che si rispetti deve bramare l’ignoto, deve amare la vastità che il mare stesso ti ficca nel cuore, e Roger beve e ride.
Per lui quella sarà solo l’ennesima partenza. Beve anche quando uno spasimo rischia di strozzarlo.
«Non credi di esagerare?».
Roger ride più forte.
«La morte sorride a tutti, un uomo non può far altro che sorriderle di rimando».

 
 
Alza lo sguardo sui suoi figli e vede tanti bambini.
Nessun padre può averne tanti in una vita sola e sono tutti lì, come solo i bambini sanno stare davanti alla morte: in silenzio, in attesa che il morto si alzi e cominci a camminare. Eppure piangono, perché quei bambini sono uomini in realtà e sanno che ciò non può succedere.
Barbabianca lancia un sospiro che è un ruggito, mentre i ricordi stanati dal dolore gli si aggrappano al cuore, lacerandolo.
 
 
« Gurarararara! ».
La flebo accanto al letto trema e così l’espressione di Ace.
«Che hai da ridere, vecchio?!» sbotta, trovando del tutto immotivata l’ilarità dell’uomo.
«Sai che quell’ultimo attacco poteva esserti fatale?».
Si fa serio, d’un tratto.
Suo figlio ha appena rischiato di perdere un altro padre, ma verrà il giorno in cui accadrà realmente.
«La morte sorride a tutti, un uomo non può far altro che sorriderle di rimando».
«Che vuoi dire?».
«Mah! Lo scoprirò prima di morire credo» e ride, perché la vita, ogni tanto, deve smetterla di prendersi sul serio.
Ace sbuffa, prima che sulle sue labbra si formi un sorriso.
«Chissà…magari è buffa!» azzarda, facendolo ridere tanto che, ora, tutta la stanza sembra tremare.
Suo padre sta bene. In quel momento pensa addirittura che sia immortale, anche se è il giorno del suo compleanno, il giorno in cui si festeggia proprio il fatto che il tempo a nostra disposizione abbia un limite.
A vent’anni, la sua età, qualcuno dice, hai ancora la faccia che ti hanno dato, ma a settanta hai quella che ti sei meritato.
Barbabianca ne compie settantadue e il suo volto ha una geografia molto chiara: i solchi profondi delle rughe scavate più dal sole che dagli anni e i rilievi diffusi del suo sorriso. Solo questo. Per il resto la sua è ancora la faccia di un ventenne e Ace crede rimarrà tale per sempre.
 

 
Un padre gioisce delle gioie dei figli.
La sua gioia si moltiplica, è molto più grande di quella sua personale, perché si nutre delle gioie di tutti. Il dolore, invece, funziona al contrario.
Barbabianca osserva quel figlio che non è riuscito a salvare e vede che sta sorridendo.
Ace sorride da lontano, con una luce che non viene né dal cielo, né dalla terra, ma è in uno spazio che nessuno può toccare, lo spazio di chi si sente a casa in mezzo alla tempesta, di chi sta qualche metro sotto la superficie sconvolta, dove il blu è tranquillo e immobile.
La gioia di chi arriva alla metà in ogni momento della navigazione.
Quel sorriso lo lascia tranquillo.
La morte sorride a tutti, un uomo non può far altro che sorriderle di rimando, vero Ace?
 
 
«Ma cos’è questa D?».
«Vuoi saperlo? Allora te lo racconto…».
Gli occhi di Barbabianca si dilatano, nell’attesa che gli vengano rivelati i segreti del mondo.
Non c’è distrazione che tenga quando una storia è buona, nemmeno il sakè.
Ancora non sa che il segreto più grande deve ancora vederlo questo schifo di mondo.
«Tu? Un figlio?».
«Già. Non lo vedrò nascere, questo è certo. Ma un giorno lo incontrerò».
Roger si gratta la nuca, mostra i denti, trapela i suoi rimpianti.
È un’espressione che non gli ha mai visto prima, come se aspettasse la vita felice che arriverà, anche se nessuno gliel’ha promessa.

 
 
Mentre lo trafiggono, lui resta in piedi, chiedendosi se vent’anni siano da considerarsi un’attesa accettabile.
Quell’ultimo sforzo vince anche la rabbia che lo tiene desto e lo precipita nel sonno.
Perché morire è un po’ come addormentarsi, avviene lentamente.
Gli consente di pensare.
E Barbabianca pensa che la sua vita sia stata un’opera incompleta, come quella di Roger, che ha conquistato tutti i mari e non ha mai visto suo figlio, come quella di Ace che ha trovato chi lo amasse e non potrà assistere all’epilogo scelto dal destino per Cappello di Paglia.
Ma quelle mancanze non hanno il gusto del fallimento.
Tutti hanno vissuto secondo le loro inclinazioni, ritendendo più importante lasciare un seme piuttosto che un frutto maturo.
Sorride anche lui. Perché Ace aveva ragione: la morte è buffa. È per definizione assenza di vita, eppure sa spiegarti le sue contraddizioni meglio della vita stessa. Per possederla devi perderla per qualcuno.


 
     
R.I.P





 
  
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