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Autore: Scheherazade_Reim    11/02/2015    1 recensioni
Il marchio del drago, secondo alcune leggende, rappresenta il tocco della divinità.
Si narra che coloro che possiedo il marchio siano segnate dalla sventura e dal dolore, poiché è solo nelle tenebre che si può trovare la luce e la bellezza che sfuggirebbe agli occhi dei comuni esseri umani.
Le persone marchiate sono offerte in sacrificio, in cambio d'immensi poteri e della possibilità di realizzare un desiderio.
Dopo la battaglia per la Sfera dei Quattro Spiriti, un altro viaggio ha inizio!
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kohaku, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Capitolo 9-  

Reiko non si svegliò per tutto il viaggio di ritorno.

Viaggiarono più velocemente possibile: Kagome, sulle spalle di Inuyasha mentre Miroku, invece, avrebbe trasportato Reiko e la sua chitarra che purtroppo per lui era molto pesante unita al peso del suo corpo.

Alla fine, per facilitare il compito al monaco, Inuyasha decise di lasciare che fosse Kagome a trasportare quello strano strumento che suonava Reiko.

Il ritorno fu più rapido rispetto al viaggio di andata. Affidarono la ragazza alle cure di Kaede e Kagome, ma c’era poco che si poteva fare, come ripeteva la sacerdotessa, non potevano fare altro che aspettare che ella si risvegliasse autonomamente. Rin, dal canto suo, cercava di fare quello che poteva per assistere le sacerdotesse e promise che avrebbe vegliato lei su Reiko mentre loro avrebbero discusso cosa fare.

La “riunione”, per così dire, si spostò a casa di Miroku e Sango, la presenza del mezzo demone e di Kagome aveva reso la loro umile casa alquanto affollata. Le bambine e il piccolo Komori riposavano tranquille, ignorando quanto i grandi stavano dicendo poco distanti da loro. Spiegarono velocemente quanto accaduto anche a Sango, speravano, forse troppo, nella sua esperienza come sterminatrice di demoni e che magari avesse potuto udire qualcosa di un demone che si faceva chiamare solamente la Bestia.

« Mi dispiace, ragazzi, purtroppo non ho mai sentito di una creatura simile. » rispose infine, annullando le loro speranze causando un sospiro generale.

« Di questo passo non faremo che girare attorno come degli stupidi. » brontolò Inuyasha, seccato per tutta quella situazione ma ancora di più per non avere nessun indizio su dove trovare questo misterioso demone.

Kagome, dal canto suo, stava ancora riflettendo su quanto Reiko aveva detto riguardo la sua discendenza e il pensiero che da tempo l’assillava sembrava concretizzarsi.

« Forse … La risposta che cerchiamo è proprio in quello che lei ha detto. »

« Hai in mente qualcosa, Kagome? » domandò Sango, osservando l’espressione pensierosa della sua amica non si era potuta trattenere dal fare quella domanda; una domanda che aveva attirato l’attenzione dell’intero gruppo.

« Quelle creature, i demoni dentro di lei, hanno detto di averla scelta perché la sua discendenza era antica e aveva ospitato al suo interno una maledizione. Quindi, alla fine, non possiamo proprio escludere che la Bestia e Naraku non siano collegate del tutto. »

Il discorso cominciava a prendere un suo senso e tutti, nessuno escluso, decise di dare la piena attenzione alla ragazza che sembrava avere una propria idea su quella storia assurda.

« Se davvero la Bestia è un demone, o qualsiasi entità essa sia, non è strano che Naraku non abbia mai cercata per assorbirla? »

« Non è strano. » replicò rapido Inuyasha. « Ricordi cosa accadde quando Naraku scomparve dietro la barriera del monte Hakurei? Tutti i demoni che avevano paura di lui hanno cominciato a tirare fuori la testa dalla sabbia, e probabilmente ha fatto lo stesso anche questo demone. Ha atteso il momento opportuno per cominciare ad accrescere il suo potere. »

« Per quanto sembri strano … » continuò Miroku, incrociando le braccia e facendosi pensieroso improvvisamente. « Sono pienamente d’accordo con il ragionamento di Inuyasha, divina Kagome. »

« Kagome, tu invece cosa pensavi? » domandò Sango, avvertendo una certa punta di curiosità. Tutto quello che era accaduto durante il viaggio, in un certo senso, le mancava ma non poteva ancora rimettersi a sterminare demoni come in passato. Non ancora, almeno.

« Non so come dirlo, non sono nemmeno sicura, ma io penso … anzi sono convinta che Reiko sia una tua discendente, Sango. Una discendente tua e di Miroku! »

Le sue parole uscirono di getto e con una convinzione maggiore di quella che credeva possibile. Su di se aveva tutti gli sguardi possibili, dallo stupore all’accigliato, non mancava niente eppure non cedette nella sua convinzione.

Il silenzio calò nuovamente su quella piccola riunione, interrotta solo dal crepitio del fuoco nel braciere.
« Lo so, sembra assurdo. » continuò Kagome, stanca di quel silenzio e chinando appena il capo per osservare le sue mani – improvvisamente molto più interessanti. « Però, anche se sembra assurdo, sono convinta che non sia un caso che sia stata scelta proprio lei. Miroku, tu stesso, per molti anni, hai portato su di te il peso della maledizione di Naraku e forse … Forse è proprio questo che ha guidato Reiko sino a noi. »

Il silenzio tornò a farsi pesante in quella piccola casa ma alla fine, con un sospiro quasi liberatorio, fu Sango a interromperlo e quando Kagome incrociò il suo sguardo le sembrò che i suoi occhi si fossero fatti improvvisamente più lucidi. Accennò un leggero sorriso e voltò il capo verso Miroku il quale, dopo un cenno di assenso prese a stringere la mano della compagna, sorridendo in modo lieve decisero di esporre finalmente anche agli altri ospiti i pensieri che albergavano nelle loro menti in quel preciso momento.

« Sarebbe davvero bello se fosse così … » commentò Sango mentre Kagome, scuotendo il capo, ribadiva quanto quell’ipotesi potesse essere veritiera.

« In effetti, a pensarci, in lei ritrovo moltissime cose di te, Sango, e sotto alcuni aspetti ti somiglia. Gli occhi, soprattutto gli occhi ti ha rubato. »

Avevano ragione.

Questo pensava Kagome mentre sorrideva rivolta ai suoi amici, si sentiva più sollevata ora che finalmente, dopo giorni, aveva esposto quel pensiero che campeggiava deciso nella sua mente e non le dava più nessuna tregua.

Persino Inuyasha era d’accordo con lei, ammettendo, finalmente, quello che lui stesso pensava dopo aver sentito le parole di Reiko e il suo modo di fare avventato che gli ricordava un Miroku del passato.

« Questo però non spiega come fare a trovare la Bestia. » aggiunse Inuyasha, finalmente, interrompendo il flusso di pensieri riguardo a Reiko e riportando la questione sul nodo principale. Le bambine, nel frattempo, si erano mosse nel sonno e aveva scacciato malamente la coperta che le teneva al riparo dal fresco della sera. Sango, sorridendo davanti all’abbraccio delle gemelle, si affrettò a ricoprirle per evitare che anche il piccolo Komori ne risentisse.

« Forse sì, invece. » replicò Miroku, stavolta più sicuro di se stesso. Le parole di Kagome gli avevano appena dato una buona idea di dove andare a cercare qualche informazione. « La divina Kagome ha ragione: non possono esserci coincidenze. Se davvero questa storia è legata alla maledizione che Naraku scagliò sulla mia famiglia, allora è meglio cominciare a cercare da dove tutto è cominciato. Intendo andare a parlare con Mushin, e poi, se necessario, a visitare la tomba di mio nonno. »

L’intero gruppo annuì con alcuni cenni di assenso a quella proposta parecchio ragionevole, Sango, dal canto suo, chiese di potersi unire al marito ma questi le spiegò che non era necessario dal momento che si trattava solo di pochi giorni e che avrebbe fatto ritorno quanto prima. A quel punto la riunione era finita, Inuyasha e Kagome si congedarono lasciando da sola la famiglia appena riunita.

Camminarono l’uno accanto nella sera ormai inoltrata, gli occhi di Kagome erano fissi sul cielo stellato di quella notte – un cielo che non esisteva da nessun’altra parte. Inuyasha, accanto a lei, sembrava essere sempre silenzioso ma il suo viso, in realtà, era un libro aperto ai suoi occhi. Non le fu difficile intuire che c’era qualcosa che voleva dirle.

« Qualcosa non va, Inuyasha? »

« Nulla … »

« Mn … Non sembra che sia “nulla”. »

Quando Kagome era insistente quasi non riusciva a sopportarla.

Non era per cattiveria, lo sapeva che era solamente preoccupata per lui, come in passato, ma in quel momento non se la sentiva di condividere quello che si agitava nella sua mente.

Durante il loro breve viaggio, lei e Reiko avevano stretto amicizia e spesso, alle loro spalle, avevano parlato del mondo che Kagome aveva lasciato alle spalle e sentiva un sacco di parole che non capiva. Una parte di lui non sopportava quelle conversazioni avvolte dal mistero.

Kagome, intuendo che non sarebbe riuscita a cavare niente dalle labbra del marito, sospirò affranta e decise di lasciar perdere l’argomento, almeno per quella sera.

Aveva notato che qualche giorno suo marito era più nervoso del solito, irritabile sarebbe stata la parola giusta ma, pensò, visto il carattere di Reiko e la sua tendenza al sarcasmo non ci aveva dato molto peso. Sapere che c’era qualcosa che non voleva dirle riportava la mente indietro nel tempo, la faceva tornare al loro viaggio alla ricerca dei frammenti della Sfera e a un tempo in cui le cose non erano per niente facili.

Camminarono ancora, ancora e ancora fino a raggiungere una piccola casa appena fuori dal villaggio, ma abbastanza vicino da farne comunque parte. Quella era la loro casa, il loro rifugio personale.

Il fuoco era spento e senza perdere altro tempo lo accese, sfregando le mani appena sopra di esse quando, senza far rumore, Inuyasha la raggiunse e prese le mani della moglie nelle proprie per stringerle in una morsa delicata.

Kagome piegò appena il viso incontrando gli occhi ambrati del marito, sapevano catturarla, come in passato, non riusciva in nessun modo a sottrarsi a quella sorta d’incantesimo.

Lentamente si sentì attirare verso di lui, le palpebre si abbassavano un poco e la distanza che separava le loro labbra venne meno mentre le sue mani venivano liberate.

Era come una calamita alla quale non poteva resistere. Non si rese conto di aver trattenuto il fiato, se non dopo aver ispirato profondamente nel momento in cui era rimasta sospesa in quelle pozze color oro. Dietro di lui, le mani risalivano il suo collo e s’insinuavano tra le ciocche argentee, stringendo le dita e catturando alcune di esse con fare possessivo.

Il suo respiro era così invitante da non riuscire a sottrarvisi, e la sua lingua sembrava essere diventata una preda ambita per Kagome che, impavida, si faceva spazio tra le labbra schiuse del marito per incontrarla. Tocchi dapprima leggeri contro la gemella, per poi unire nuovamente le labbra alle sue e ricercare nella sua bocca la compagna di quel gioco. Si spingeva in avanti, premendosi maggiormente contro il petto di Inuyasha, il quale aveva posato una mano contro il suo fianco per trattenerla in quella posizione e non farla allontanare, ma era un piano inutile. Le piccole mani di Kagome, ancora strette dietro la nuca, lo sospingevano verso di lei in un bacio che nulla poteva avere di innocente.

Quando si separarono, la stretta attorno alla vita di lei non diminuì e, al contrario, si fece maggiormente più intensa mentre la obbligava a sedersi sopra le sue gambe per stare maggiormente comoda.

Inuyasha teneva il capo chino, una mano ferma sul braccio della ragazza e l’espressione seria che ancora non l’abbandonava.

« Inuyasha … » la voce di Kagome lo richiamò, così calda e dolce da fargli abbassare completamente la guardia.

« … Ne senti la mancanza? » domandò, incapace di alzare lo sguardo e incontrare quello sorpreso di lei davanti a quel quesito. « Senti la mancanza della tua epoca, non è così? »

« Cosa dici …? »

« Reiko … Da quando Reiko è arrivata non fai che parlare con lei di cose che non capisco, cose che non conosco e che so appartenevano al tuo mondo … »

« Inuyasha … Ti sei tormentato tutto questo tempo su questa cosa? » domandò Kagome, quasi sorpresa dal sentire il proprio compagno così aperto e sincero con lei.

Lui non rispondeva, ma ormai non era necessario che lo facesse. Non più ormai.

Un sorriso molto dolce allungò gli angoli delle sue labbra mentre una mano, sciogliendo l’intreccio dietro la nuca del marito, passava a sfiorargli la guancia e con il palmo sulla guancia lo costringeva ad alzare il viso per poterla così guardare negli occhi.

« Sei davvero uno stupido, Inuyasha! »

« Ehi … ! »

Stava per replicare qualcosa, come suo solito, ma l’espressione serena del viso di lei lo fermò dal rovinare quel momento con una loro litigata “vecchio stile”.

Sorrideva, ma non era uno di quei sorrisi semplici. No.

Il sorriso di Kagome contagiava anche i suoi occhi, rendendoli lucidi e se possibile anche cristallini, trovandosi senza parole non poté fare altro che rimanere in silenzio completamente ammaliato.

« Non vorrei essere in nessun altro luogo al mondo.

La mia famiglia mi mancherà sempre ma questo è normale, no? Inuyasha, io … Inuyasha io voglio stare qui, con te, perché è questo il luogo dove voglio stare. Non vorrei essere in nessun altro posto al mondo. »

Possibile che in tutti questi anni non l’abbia mai capito, pensò Kagome, illuminata da quel sorriso mentre Inuyasha la guardava diritto negli occhi decisamente sollevato.

I suoi occhi, invece, erano ancora una volta lucidi e ricolmi di sentimento. Poggiava la fronte contro la sua e chiudeva gli occhi, ispirava a fondo prima di chiudere ancora una volta la distanza che separava i loro volti unendo le loro labbra in un bacio.

Inuyasha non tardò a schiudere nuovamente le labbra sotto le sue, schiudendole e accarezzandole dapprima con il respiro e poi con la punta della lingua mentre portava una mano sulla schiena della compagna per risalire lungo di essa.

Avvertiva tutta la sua tensione correre lungo la spina dorsale, ma anche così, senza interrompere quel loro bacio, la spinse sul pavimento di legno della loro piccola casa. La mano destra risaliva delicatamente sulla nuca e la mancina rimaneva sul fianco per aiutarla a stendersi.

Le braccia di Kagome assecondavano i movimenti del suo corpo e si allacciavano intorno alle sue spalle per far di lui il suo appiglio, il suo sostegno, fino a che non raggiunsero la loro “meta”. Distanziatasi dalle sue labbra tornò a mostrargli quel sorriso dolce, grato, amorevole, socchiudendo le palpebre sugli occhi ora più lucidi. Inuyasha la guardava, incapace di distogliere lo sguardo mentre spostava la mano dal suo fianco sino al nodo che reggeva gli hakama di lei.

« Anche se fossi tu a volerlo, Kagome, non penso … Non penso di poterti lasciare andare via. »

Tre anni. Tre anni dalla battaglia di Naraku l’aveva attesa e ora che finalmente, dopo tanto penare, lei era tornata da lui non l’avrebbe mai più fatta allontanare. Non avrebbe sopportato la solitudine, non ora che conosceva la gioia di averla accanto.

Scostava il tessuto che copriva il corpo della moglie, della sua compagna di vita, niente sfuggiva al suo sguardo nemmeno le guance di lei colorarsi appena di rosso sotto il suo sguardo intenso e indagatore.

Le labbra si posavano ora sulla sua pelle candida, accarezzandola con piccoli baci scoprendola lentamente e avvertendo i piccoli brividi del suo corpo mentre il suo respiro si fermava quando raggiunse una delle sue mete, almeno per quel momento. La punta della lingua tracciò un contorno della linea del suo seno, Kagome trattenne nuovamente il respiro, sussultando appena sotto di lui. Era sempre così, pensò in un momento di lucidità, la trattava come se fosse il più prezioso dei tesori, qualcosa di grande valore e completamente inestimabile.  La sua mano destra si mosse verso l’alto arrivando a sfiorare una delle delicate orecchie del mezzo demone, soltanto con la punta dell’indice, all’inizio, per poi accarezzarle come aveva fatto la prima volta che l’aveva visto. Erano così sensibili, delicate al massimo, ed erano solamente sue da poter toccare adesso – almeno senza causargli il solito nervosismo.

Una volta gli aveva detto che essere soli in un mondo del tutto sconosciuto le causava solamente tristezza, ma lui, forse senza pensarci davvero, le aveva chiesto se era insoddisfatta che a starle vicino fosse proprio lui. Non era così. Non lo era mai stata, era la sua sola presenza a salvarla e a distruggerla allo stesso tempo. Essere così leggeri, ma allo stesso tempo pesanti.

Un gemito sfuggì dalle sue labbra quando lo sentì afferrare tra i denti, seppure con estrema delicatezza, uno dei suoi capezzoli causandole ulteriori brividi.

Aveva alcune cose da dirgli, qualcosa che l’arrivo di Reiko aveva rimandato ma in quella sera, quando anche il suo corpo non rispondeva, decise di non dire niente e aspettare. Aspettare solamente.

Nel frattempo, non lontano dal villaggio, il vecchio Myoga aveva portato a termine la propria missione e ora stava facendo ritorno dai suoi vecchi amici.

« E’ stata una fortuna averti trovato di strada, Kohaku, avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile. »

La vecchia pulce saltellava sulla spalle del giovane sterminatore di demoni, Kohaku, in groppa a Kirara mentre si dirigevano verso la loro destinazione: il villaggio di Musashi.

« La situazione è davvero così grave, vecchio Myoga? »

« Decisamente! Bisogna assolutamente avvertire il signorino Inuyasha prima che sia troppo tardi! »

 

 

Salve a tutti!

Avete notato l’aggiornamento nella pagina della mia biografia? No? Bene, vi consiglio di dargli un occhiata ~

Torniamo a noi, un capitolo un po’ particolare (chiedo scusa se non è venuto bene, ma io e le scene romantiche abbiamo qualche problema) per festeggiare Febbraio e la festa degli innamorati. Spero vi sia piaciuto.

In tutto questo, come sempre, ringrazio di cuore KagomeNoTaisho e Medea Astra per aver recensito.

Ringrazio anche tutti coloro che hanno letto, aggiunto ai preferiti e via scorrendo la mia piccola one shotMaou – Il Diavolo”.

Al prossimo mercoledì

Un bacio

Scheherazade

  
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