-Capitolo 9-
Reiko non si svegliò per tutto il viaggio di ritorno.
Viaggiarono più velocemente possibile: Kagome, sulle spalle
di Inuyasha mentre Miroku, invece, avrebbe trasportato Reiko e la sua chitarra
che purtroppo per lui era molto pesante unita al peso del suo corpo.
Alla fine, per facilitare il compito al monaco, Inuyasha
decise di lasciare che fosse Kagome a trasportare quello strano strumento che
suonava Reiko.
Il ritorno fu più rapido rispetto al viaggio di andata.
Affidarono la ragazza alle cure di Kaede e Kagome, ma c’era poco che si poteva
fare, come ripeteva la sacerdotessa, non potevano fare altro che aspettare che
ella si risvegliasse autonomamente. Rin, dal canto suo, cercava di fare quello
che poteva per assistere le sacerdotesse e promise che avrebbe vegliato lei su
Reiko mentre loro avrebbero discusso cosa fare.
La “riunione”, per così dire, si spostò a casa di Miroku e
Sango, la presenza del mezzo demone e di Kagome aveva reso la loro umile casa
alquanto affollata. Le bambine e il piccolo Komori riposavano tranquille,
ignorando quanto i grandi stavano dicendo poco distanti da loro. Spiegarono
velocemente quanto accaduto anche a Sango, speravano, forse troppo, nella sua
esperienza come sterminatrice di demoni e che magari avesse potuto udire
qualcosa di un demone che si faceva chiamare solamente la Bestia.
« Mi dispiace, ragazzi, purtroppo non ho mai sentito di una
creatura simile. » rispose infine, annullando le loro speranze causando un
sospiro generale.
« Di questo passo non faremo che girare attorno come degli
stupidi. » brontolò Inuyasha, seccato per tutta quella situazione ma ancora di
più per non avere nessun indizio su dove trovare questo misterioso demone.
Kagome, dal canto suo, stava ancora riflettendo su quanto
Reiko aveva detto riguardo la sua discendenza e il pensiero che da tempo
l’assillava sembrava concretizzarsi.
« Forse … La risposta che cerchiamo è proprio in quello che
lei ha detto. »
« Hai in mente qualcosa, Kagome? » domandò Sango,
osservando l’espressione pensierosa della sua amica non si era potuta
trattenere dal fare quella domanda; una domanda che aveva attirato l’attenzione
dell’intero gruppo.
« Quelle creature, i demoni dentro di lei, hanno detto di
averla scelta perché la sua discendenza era antica e aveva ospitato al suo
interno una maledizione. Quindi, alla fine, non possiamo proprio escludere che
la Bestia e Naraku non siano collegate del tutto. »
Il discorso cominciava a prendere un suo senso e tutti,
nessuno escluso, decise di dare la piena attenzione alla ragazza che sembrava
avere una propria idea su quella storia assurda.
« Se davvero la Bestia è un demone, o qualsiasi entità essa
sia, non è strano che Naraku non abbia mai cercata per assorbirla? »
« Non è strano. » replicò rapido Inuyasha. « Ricordi cosa
accadde quando Naraku scomparve dietro la barriera del monte Hakurei? Tutti i
demoni che avevano paura di lui hanno cominciato a tirare fuori la testa dalla
sabbia, e probabilmente ha fatto lo stesso anche questo demone. Ha atteso il
momento opportuno per cominciare ad accrescere il suo potere. »
« Per quanto sembri strano … » continuò Miroku, incrociando
le braccia e facendosi pensieroso improvvisamente. « Sono pienamente d’accordo
con il ragionamento di Inuyasha, divina Kagome. »
« Kagome, tu invece cosa pensavi? » domandò Sango,
avvertendo una certa punta di curiosità. Tutto quello che era accaduto durante
il viaggio, in un certo senso, le mancava ma non poteva ancora rimettersi a
sterminare demoni come in passato. Non ancora, almeno.
« Non so come dirlo, non sono nemmeno sicura, ma io penso …
anzi sono convinta che Reiko sia una tua discendente, Sango. Una discendente
tua e di Miroku! »
Le sue parole uscirono di getto e con una convinzione
maggiore di quella che credeva possibile. Su di se aveva tutti gli sguardi
possibili, dallo stupore all’accigliato, non mancava niente eppure non cedette
nella sua convinzione.
Il silenzio calò nuovamente su quella piccola riunione,
interrotta solo dal crepitio del fuoco nel braciere.
« Lo so, sembra assurdo. » continuò Kagome, stanca di quel silenzio e chinando
appena il capo per osservare le sue mani – improvvisamente molto più
interessanti. « Però, anche se sembra assurdo, sono convinta che non sia un
caso che sia stata scelta proprio lei. Miroku, tu stesso, per molti anni, hai
portato su di te il peso della maledizione di Naraku e forse … Forse è proprio
questo che ha guidato Reiko sino a noi. »
Il silenzio tornò a farsi pesante in quella piccola casa ma
alla fine, con un sospiro quasi liberatorio, fu Sango a interromperlo e quando
Kagome incrociò il suo sguardo le sembrò che i suoi occhi si fossero fatti
improvvisamente più lucidi. Accennò un leggero sorriso e voltò il capo verso
Miroku il quale, dopo un cenno di assenso prese a stringere la mano della
compagna, sorridendo in modo lieve decisero di esporre finalmente anche agli
altri ospiti i pensieri che albergavano nelle loro menti in quel preciso
momento.
« Sarebbe davvero bello se fosse così … » commentò Sango
mentre Kagome, scuotendo il capo, ribadiva quanto quell’ipotesi potesse essere
veritiera.
« In effetti, a pensarci, in lei ritrovo moltissime cose di
te, Sango, e sotto alcuni aspetti ti somiglia. Gli occhi, soprattutto gli occhi
ti ha rubato. »
Avevano ragione.
Questo pensava Kagome mentre sorrideva rivolta ai suoi
amici, si sentiva più sollevata ora che finalmente, dopo giorni, aveva esposto
quel pensiero che campeggiava deciso nella sua mente e non le dava più nessuna
tregua.
Persino Inuyasha era d’accordo con lei, ammettendo,
finalmente, quello che lui stesso pensava dopo aver sentito le parole di Reiko
e il suo modo di fare avventato che gli ricordava un Miroku del passato.
« Questo però non spiega come fare a trovare la Bestia. »
aggiunse Inuyasha, finalmente, interrompendo il flusso di pensieri riguardo a
Reiko e riportando la questione sul nodo principale. Le bambine, nel frattempo,
si erano mosse nel sonno e aveva scacciato malamente la coperta che le teneva
al riparo dal fresco della sera. Sango, sorridendo davanti all’abbraccio delle
gemelle, si affrettò a ricoprirle per evitare che anche il piccolo Komori ne
risentisse.
« Forse sì, invece. » replicò Miroku, stavolta più sicuro
di se stesso. Le parole di Kagome gli avevano appena dato una buona idea di
dove andare a cercare qualche informazione. « La divina Kagome ha ragione: non
possono esserci coincidenze. Se davvero questa storia è legata alla maledizione
che Naraku scagliò sulla mia famiglia, allora è meglio cominciare a cercare da
dove tutto è cominciato. Intendo andare a parlare con Mushin, e poi, se
necessario, a visitare la tomba di mio nonno. »
L’intero gruppo annuì con alcuni cenni di assenso a quella
proposta parecchio ragionevole, Sango, dal canto suo, chiese di potersi unire
al marito ma questi le spiegò che non era necessario dal momento che si
trattava solo di pochi giorni e che avrebbe fatto ritorno quanto prima. A quel
punto la riunione era finita, Inuyasha e Kagome si congedarono lasciando da
sola la famiglia appena riunita.
Camminarono l’uno accanto nella sera ormai inoltrata, gli
occhi di Kagome erano fissi sul cielo stellato di quella notte – un cielo che
non esisteva da nessun’altra parte. Inuyasha, accanto a lei, sembrava essere sempre
silenzioso ma il suo viso, in realtà, era un libro aperto ai suoi occhi. Non le
fu difficile intuire che c’era qualcosa che voleva dirle.
« Qualcosa non va, Inuyasha? »
« Nulla … »
« Mn … Non sembra che sia “nulla”. »
Quando Kagome era insistente quasi non riusciva a
sopportarla.
Non era per cattiveria, lo sapeva che era solamente
preoccupata per lui, come in passato, ma in quel momento non se la sentiva di
condividere quello che si agitava nella sua mente.
Durante il loro breve viaggio, lei e Reiko avevano stretto
amicizia e spesso, alle loro spalle, avevano parlato del mondo che Kagome aveva
lasciato alle spalle e sentiva un sacco di parole che non capiva. Una parte di
lui non sopportava quelle conversazioni avvolte dal mistero.
Kagome, intuendo che non sarebbe riuscita a cavare niente
dalle labbra del marito, sospirò affranta e decise di lasciar perdere
l’argomento, almeno per quella sera.
Aveva notato che qualche giorno suo marito era più nervoso
del solito, irritabile sarebbe stata la parola giusta ma, pensò, visto il
carattere di Reiko e la sua tendenza al sarcasmo non ci aveva dato molto peso.
Sapere che c’era qualcosa che non voleva dirle riportava la mente indietro nel
tempo, la faceva tornare al loro viaggio alla ricerca dei frammenti della Sfera
e a un tempo in cui le cose non erano per niente facili.
Camminarono ancora, ancora e ancora fino a raggiungere una
piccola casa appena fuori dal villaggio, ma abbastanza vicino da farne comunque
parte. Quella era la loro casa, il loro rifugio personale.
Il fuoco era spento e senza perdere altro tempo lo accese,
sfregando le mani appena sopra di esse quando, senza far rumore, Inuyasha la
raggiunse e prese le mani della moglie nelle proprie per stringerle in una
morsa delicata.
Kagome piegò appena il viso incontrando gli occhi ambrati
del marito, sapevano catturarla, come in passato, non riusciva in nessun modo a
sottrarsi a quella sorta d’incantesimo.
Lentamente si sentì attirare verso di lui, le palpebre si
abbassavano un poco e la distanza che separava le loro labbra venne meno mentre
le sue mani venivano liberate.
Era come una calamita alla quale non poteva resistere. Non
si rese conto di aver trattenuto il fiato, se non dopo aver ispirato
profondamente nel momento in cui era rimasta sospesa in quelle pozze color oro.
Dietro di lui, le mani risalivano il suo collo e s’insinuavano tra le ciocche
argentee, stringendo le dita e catturando alcune di esse con fare possessivo.
Il suo respiro era così invitante da non riuscire a
sottrarvisi, e la sua lingua sembrava essere diventata una preda ambita per
Kagome che, impavida, si faceva spazio tra le labbra schiuse del marito per
incontrarla. Tocchi dapprima leggeri contro la gemella, per poi unire
nuovamente le labbra alle sue e ricercare nella sua bocca la compagna di quel
gioco. Si spingeva in avanti, premendosi maggiormente contro il petto di
Inuyasha, il quale aveva posato una mano contro il suo fianco per trattenerla
in quella posizione e non farla allontanare, ma era un piano inutile. Le
piccole mani di Kagome, ancora strette dietro la nuca, lo sospingevano verso di
lei in un bacio che nulla poteva avere di innocente.
Quando si separarono, la stretta attorno alla vita di lei
non diminuì e, al contrario, si fece maggiormente più intensa mentre la
obbligava a sedersi sopra le sue gambe per stare maggiormente comoda.
Inuyasha teneva il capo chino, una mano ferma sul braccio
della ragazza e l’espressione seria che ancora non l’abbandonava.
« Inuyasha … » la voce di Kagome lo richiamò, così calda e
dolce da fargli abbassare completamente la guardia.
« … Ne senti la mancanza? » domandò, incapace di alzare lo
sguardo e incontrare quello sorpreso di lei davanti a quel quesito. « Senti la
mancanza della tua epoca, non è così? »
« Cosa dici …? »
« Reiko … Da quando Reiko è arrivata non fai che parlare
con lei di cose che non capisco, cose che non conosco e che so appartenevano al
tuo mondo … »
« Inuyasha … Ti sei tormentato tutto questo tempo su questa
cosa? » domandò Kagome, quasi sorpresa dal sentire il proprio compagno così
aperto e sincero con lei.
Lui non rispondeva, ma ormai non era necessario che lo
facesse. Non più ormai.
Un sorriso molto dolce allungò gli angoli delle sue labbra
mentre una mano, sciogliendo l’intreccio dietro la nuca del marito, passava a
sfiorargli la guancia e con il palmo sulla guancia lo costringeva ad alzare il
viso per poterla così guardare negli occhi.
« Sei davvero uno stupido, Inuyasha! »
« Ehi … ! »
Stava per replicare qualcosa, come suo solito, ma
l’espressione serena del viso di lei lo fermò dal rovinare quel momento con una
loro litigata “vecchio stile”.
Sorrideva, ma non era uno di quei sorrisi semplici. No.
Il sorriso di Kagome contagiava anche i suoi occhi,
rendendoli lucidi e se possibile anche cristallini, trovandosi senza parole non
poté fare altro che rimanere in silenzio completamente ammaliato.
« Non vorrei essere in nessun altro luogo al mondo.
La mia famiglia mi mancherà sempre ma questo è normale, no?
Inuyasha, io … Inuyasha io voglio stare qui, con te, perché è questo il luogo
dove voglio stare. Non vorrei essere in nessun altro posto al mondo. »
Possibile che in tutti questi anni non l’abbia mai capito,
pensò Kagome, illuminata da quel sorriso mentre Inuyasha la guardava diritto
negli occhi decisamente sollevato.
I suoi occhi, invece, erano ancora una volta lucidi e
ricolmi di sentimento. Poggiava la fronte contro la sua e chiudeva gli occhi,
ispirava a fondo prima di chiudere ancora una volta la distanza che separava i
loro volti unendo le loro labbra in un bacio.
Inuyasha non tardò a schiudere nuovamente le labbra sotto
le sue, schiudendole e accarezzandole dapprima con il respiro e poi con la
punta della lingua mentre portava una mano sulla schiena della compagna per
risalire lungo di essa.
Avvertiva tutta la sua tensione correre lungo la spina
dorsale, ma anche così, senza interrompere quel loro bacio, la spinse sul
pavimento di legno della loro piccola casa. La mano destra risaliva delicatamente
sulla nuca e la mancina rimaneva sul fianco per aiutarla a stendersi.
Le braccia di Kagome assecondavano i movimenti del suo
corpo e si allacciavano intorno alle sue spalle per far di lui il suo appiglio,
il suo sostegno, fino a che non raggiunsero la loro “meta”. Distanziatasi dalle
sue labbra tornò a mostrargli quel sorriso dolce, grato, amorevole,
socchiudendo le palpebre sugli occhi ora più lucidi. Inuyasha la guardava,
incapace di distogliere lo sguardo mentre spostava la mano dal suo fianco sino
al nodo che reggeva gli hakama di lei.
« Anche se fossi tu a volerlo, Kagome, non penso … Non
penso di poterti lasciare andare via. »
Tre anni. Tre anni dalla battaglia di Naraku l’aveva attesa
e ora che finalmente, dopo tanto penare, lei era tornata da lui non l’avrebbe
mai più fatta allontanare. Non avrebbe sopportato la solitudine, non ora che
conosceva la gioia di averla accanto.
Scostava il tessuto che copriva il corpo della moglie,
della sua compagna di vita, niente sfuggiva al suo sguardo nemmeno le guance di
lei colorarsi appena di rosso sotto il suo sguardo intenso e indagatore.
Le labbra si posavano ora sulla sua pelle candida,
accarezzandola con piccoli baci scoprendola lentamente e avvertendo i piccoli
brividi del suo corpo mentre il suo respiro si fermava quando raggiunse una
delle sue mete, almeno per quel momento. La punta della lingua tracciò un
contorno della linea del suo seno, Kagome trattenne nuovamente il respiro,
sussultando appena sotto di lui. Era sempre così, pensò in un momento di
lucidità, la trattava come se fosse il più prezioso dei tesori, qualcosa di
grande valore e completamente inestimabile. La sua mano destra si mosse verso l’alto
arrivando a sfiorare una delle delicate orecchie del mezzo demone, soltanto con
la punta dell’indice, all’inizio, per poi accarezzarle come aveva fatto la
prima volta che l’aveva visto. Erano così sensibili, delicate al massimo, ed
erano solamente sue da poter toccare adesso – almeno senza causargli il solito
nervosismo.
Una volta gli aveva detto che essere soli in un mondo del
tutto sconosciuto le causava solamente tristezza, ma lui, forse senza pensarci
davvero, le aveva chiesto se era insoddisfatta che a starle vicino fosse
proprio lui. Non era così. Non lo era mai stata, era la sua sola presenza a
salvarla e a distruggerla allo stesso tempo. Essere così leggeri, ma allo
stesso tempo pesanti.
Un gemito sfuggì dalle sue labbra quando lo sentì afferrare
tra i denti, seppure con estrema delicatezza, uno dei suoi capezzoli causandole
ulteriori brividi.
Aveva alcune cose da dirgli, qualcosa che l’arrivo di Reiko
aveva rimandato ma in quella sera, quando anche il suo corpo non rispondeva,
decise di non dire niente e aspettare. Aspettare solamente.
Nel frattempo, non lontano dal villaggio, il vecchio Myoga
aveva portato a termine la propria missione e ora stava facendo ritorno dai
suoi vecchi amici.
« E’ stata una fortuna averti trovato di strada, Kohaku,
avremo bisogno di tutto l’aiuto possibile. »
La vecchia pulce saltellava sulla spalle del giovane
sterminatore di demoni, Kohaku, in groppa a Kirara mentre si dirigevano verso
la loro destinazione: il villaggio di Musashi.
« La situazione è davvero così grave, vecchio Myoga? »
« Decisamente! Bisogna assolutamente avvertire il signorino
Inuyasha prima che sia troppo tardi! »
Salve a tutti!
Avete notato l’aggiornamento nella pagina della mia biografia? No? Bene,
vi consiglio di dargli un occhiata ~
Torniamo a noi, un capitolo un po’ particolare (chiedo scusa se non è
venuto bene, ma io e le scene romantiche abbiamo qualche problema) per festeggiare
Febbraio e la festa degli innamorati. Spero vi sia piaciuto.
In tutto questo, come sempre, ringrazio di cuore KagomeNoTaisho
e Medea Astra per aver recensito.
Ringrazio anche tutti coloro che hanno letto, aggiunto ai preferiti e via
scorrendo la mia piccola one shot
“Maou – Il Diavolo”.
Al prossimo mercoledì
Un bacio
Scheherazade ♫