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Autore: Zomi    11/02/2015    3 recensioni
O forse solo io.
-Sanji kun- mi richiama, facendomi voltare il viso e fissarla, una mano sulla maniglia della porta del retro del Baratie, l’altra abbandonata lungo il fianco.
Schiocca le labbra truccate, ruotando lo sguardo a terra in cerca delle parole giuste.
Ma non ci sono, le ho cercate anch’io e lì, nel retro del ristorante non ci sono.
-Non dire nulla- torno a voltarmi, incamminandomi veloce –Non dire nulla!!!!- mi ripeto con maggior rabbia, lasciando la via e correndo lungo la strada...
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanji, Violet
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LOST IN DRUNK

a Giada


 
La sigaretta mi cade dal labbro, spegnendo le braci della cima, cadendo sul marciapiede bagnato di nevischio.
Fisso Baby accanto a me, la sua sigaretta ancora accesa che fuma nella notte fredda, mentre continua a parlare.
-… zio Riku non si è scomposto più di tanto, credo se lo sentisse…- aspira una boccata di tabacco, liberando dalle labbra colorate di viola una densa nuvoletta che sale al cielo coperto di nuvole -… in fondo si vedeva che non era felice-
Annuisco, la gola secca e la mano, tesa a reggere una sigaretta invisibile, ferma, lo sguardo vacuo che si perde tra le pozzanghere di neve e pioggia.
È vero?
È succedo davvero?
Lei se né andata così, lasciandolo sull’altare, senza nemmeno presentarsi in Chiesa?
Davvero è successo?
-E… e poi?- domando, immergendo una mano nella giacca, afferrando una nuova pagliuzza che porto in fetta alla bocca, per non mostrare quanto mi tremano le mani.
-E poi…- sbuffa Baby, guardando le nuvole addensarsi sopra la città -… e poi basta: sono due settimane che non la vedo… forse è partita…-
Annuisco, spegnendo con un moto del polso il fiammifero che ha accesso la cima della sigaretta, aspirandone una buona bocca, riempiendomi il palato che libero in fretta, soffiando dal naso due scie di fumo.
-Peccato- sospiro, annullando ogni mio tormento interiore.
-Già…- schiaccia il filtro sotto il tacco, sistemandosi la divisa da cameriera, corto e striminzito, preparandosi a tornare al lavoro -… rientriamo? Inizia a fare freddo e ci saranno i dessert da portare in tavola-
Scuoto il capo, spegnendo anch’io la sigaretta, senza darci troppo peso, senza riuscire a non pensare a ciò che mi ha raccontato.
-No… io… il mio turno in cucina è finito, me ne vado- mi sistemo il colletto della giacca, respirando piano.
Lei se né andata.
Partita.
Non l’ha sposato, è andata via.
Devo andarmene, devo trovare un modo per zittire tutti questi pensieri.
-Ciao Baby san- la saluto frettoloso, quasi sgarbato, non in linea con il mio animo galante e premuroso con le donne.
Ma Baby non è Lei, non ha bisogno dei miei nomignoli e delle mie marinerie.
No, Lei ne ha bisogno.
O forse solo io.
-Sanji kun- mi richiama, facendomi voltare il viso e fissarla, una mano sulla maniglia della porta del retro del Baratie, l’altra abbandonata lungo il fianco.
Schiocca le labbra truccate, ruotando lo sguardo a terra in cerca delle parole giuste.
Ma non ci sono, le ho cercate anch’io e lì, nel retro del ristorante non ci sono.
-Non dire nulla- torno a voltarmi, incamminandomi veloce –Non dire nulla!!!!- mi ripeto con maggior rabbia, lasciando la via e correndo lungo la strada.
 
Dimmi che hai rifiutato l’uomo
Che ti ha chiesto di sposarlo
Perché mi stai aspettando
E lo so che starai lontana per un po’
Ma io non me ne andrò
E porteresti lontano le mie speranze e i miei sogni?
Rimani solamente con me
 
Sono passati tre mesi.
Tre mesi e ancora non riesco a smettere di pensarti.
Era bello stare con te, era come vivere in un film, un surreale e romantico film, di cui io ho rovinato il finale.
-Un altro- appoggio il bicchiere di Gin vuoto sul bancone, facendomene servire un altro, colmo del liquore ramato.
Ho voglia di bere, di annegare i miei pensieri, che sfortunatamente sembra abbiano imparato a nuotare, o quanto meno a galleggiare, perché riaffiorano sempre più forti a ogni bicchiere che svuoto.
Ti ho tradito, con una donna qualsiasi, e mi hai lasciato.
Mi hai lasciato, con il cuore spezzato spezzando anche il mio, accettando la proposta di matrimonio di quel bellimbusto.
-Un altro… doppio-
Hai accettato la sua promessa di amore eterno, quella che io non ho saputo mantenere, e hai spezzato il cuore anche a lui.
Sarei un illuso, lo so a credere che lo hai fatto perché c’è ancora una piccola, pazza, insignificante cellula del tuo animo che mi rivuole, ma so che sei troppo buona e leale con il Mondo, per sposarti con qualcuno che veramente non ami, non riuscendo mai a donargli quel cuore che io ti ho spezzato.
Hai spezzato il cuore anche a Bellamy, e poi sei partita.
-Ancora Blueno, più forte-
Forse hai intrapreso il tuo viaggio intorno alle coste della nazione.
Quel viaggio che avevamo progetto insieme, e che mi hai urlato di ficcarmi su per il deretano quando hai scoperto che ero andato a letto con Domino, senza un perché a mia discolpa.
Starai via a lungo, uno-due mesi, ma anche un solo giorno sarebbe troppo per me.
Te ne sei andata, sei partita, lasciandomi qui, con le mie colpe e il rimpianto, portandosi via tutto ci che c’era di noi.
I ricordi.
-Ancora-
I fiori, ormai secchi, che ti avevo regalato.
-Un altro-
Il tuo profumo dai miei vestiti.
-Sta zitto Blueno e dammi ancora da bere!!!-
I sogni che avevamo costruito, le speranze di stare insieme per sempre.
-Basta Sanji, hai bevuto troppo… va a casa, ti chiamo un taxi…-
-Non mi serve!!! Dammi da bere ancora dannazione, e pensa agli affari tuoi!!!-
Ti sei portata via tutto, e mi hai lasciato qui.
E sai una cosa?
Non mi importa, non mi importa nulla…. Perché darei tutto ciò che ho di più caro, se solo servisse ad averti ancora una volta vicino.
 
Tutti i miei sensi si ravvivano
Mentre barcollo verso casa ubriaco
Come sono sempre stato
E non me ne andrò di nuovo
Perché tu sei la sola
E tutti i miei amici sono andati a cercare
Un altro posto che lasci i loro cuori scontrarsi
Promettimi solo che sarai sempre un’amica
Perché sei l’unica per me
 
-SEI IN MEZZO ALLA STRADA, DEFICIENTE!!!!-
Ringhio, ignorando il clacson che strombazza contro di me, mentre barcollo verso casa.
È difficile mettere un piede davanti l’altro, quando se ne sentono ventitre, e soprattutto quando il cuore non ti vuole guidare al tuo appartamento, buio e con il solo odore del tabacco ad infestarlo, e nessuna rosa a colorarlo.
Barcollo, un piede davanti l’altro.
Barcollo e non sento la neve che cade, il freddo che punge la gola scoperta, il bisogno di una sigaretta calda o i sensi che muoiono ad ogni passo.
Barcollo, ubriaco fradicio, ubriaco di un amore che non c’è più e mai lo riavrò indietro.
Sono sempre stato ubriaco d’amore.
Sempre.
Per chiunque, per qualsiasi donna, per qualsiasi gonna che rincorrevo, ma lei…
Lei.
Lei è stata la sbornia della mia vita, quella che ti lascia i postumi peggior ma di cui vorresti ricordare ogni singolo attimo. La mia sbronza, la mia balla, la mia unica e sola sbandata di alcol alle rose.
La mia unica e sola Violet.
La porta dell’appartamento si apre e inciampando entro dentro, addossandomi pesante contro la porta richiusa.
Cerco le sigarette e ne accendo una, aspirandone due boccate prima di staccarla dalle labbra e fissare la pagliuzza tra l’indice e il medio, osservandola bruciare e ridursi.
Come me.
Mi sono ridotto a cenere.
Cenere che nessuno vuole raccogliere perché ancora ardente.
Brucio ancora Violet, brucio di dolore, di rimpianto, di cuore spezzato.
Brucio, e nessuno ha voluto capire che no, non passerà, non starò mai meglio, e che leccarmi le ferite che mi sono fatto da solo, con le mie stesse mani, per la mia ingordigia, non guariranno mai.
-Violet…- sussurro piano, rauco per la sbornia, mentre la cenerina ardente si avvicina sempre più alle mie dita.
Se almeno fossimo rimasti amici, ma come si può restare amica di un uomo che ti ha spezzato il cuore?
-Mia Violet chan…- abbandono il capo contro la porta, lasciando che la cenere cada a terra, che la testa esploda di male, che l’alcol corroda le vene e che la pelle si bruci finalmente, tracciando il dolore anche sul corpo e non solo sull’anima.
Sei l’unica Violet, e ti ho perso.
-… Violet…- la cenerina arriva a ustionarmi la pelle, e di riflesso la sigaretta mi cade sul parquet, rotolando e spegnendo l’unico bagliore che illuminava la casa.
-… Violet…- la chiamo ancora, ora al buio -… Violet…-
-Sono qui Sanji chan!!!-
 
Pendi la mia mano e il mio cuore e la mia anima,
solo avrò occhi per te
e lo sai, tutto cambia ma
diventeremo sconosciuti se ci lasceremo
potesti restare dentro queste pareti
oppure andartene
ma rimani con me
 
La bacio.
La mordo.
La lecco.
La stringo a me.
La prendo per mano perché non sparisca.
La spoglio.
La getto sul letto.
L’accarezzo fin dentro l’anima.
E lo so, lo so che è solo un ricordo tutto questo, un effetto della sbronza, uno stupido scherzo della mia mente, pietosa verso il mio cuore, che cerca d’ingannare l’assenza della mia violet con questo inganno, ma non me ne importa.
La rivoglio, rivoglio la mia Violet.
Bacio, mordo, stringo tra le dita la mano di questo ricordo.
Vorrei poter vendere anima, corpo e cuore pur di riaverla indietro, e non dovermi illudere che questo ricordo, con cui sto facendo l’amore, resterà sempre qui con me, tra queste pareti.
-… Violet…- ansimo, rantolo dentro di lei, stringendole la mano.
Non voglio se ne vada.
Non voglio perdere anche quest’ultima illusione del suo profumo, del calore del suo corpo, delle sue labbra premute sulle mie, dei suoi ansimi e gemiti sotto il mio orecchio.
Non voglio lasciarle la mano, non voglio permettetele di andarsene per sempre, e di abbandonarmi una volta per tutte.
-... ritorna…- gemo, svuotandomi in lei, perdendomi nell’eco di un suo orgasmo -… ritorna da me, mia Violet chan…-
Il suo respiro accelerato si rilassa, rallentando sempre più, e ho paura che, se lascio la presa sulla sua mano, Lei se ne andrà, scomparendo da queste pareti e lasciandomi solo.
E se anche questo ultimo ricordo fugge da me, allora io e la mia Violet chan diventeremo degli estranei, due cuori che non si sono mai sfiorati, due anime che non si sono mai amate.
-… ti amo Violet, resta con me…- le mordo una spalla, baciandola, leccandola, marchiandola e stringendo così forte le nostre mani da storcermi un dito.
-… S-sanji chan…- la sua voce, così flebile e vicina da sembrare vera.
-… ti prego, Violet…- premo il viso tra i suoi ricci neri, annaspando nel denso profumo di rosa che solo Lei ha.
Quelle rose, che da tre mesi non abitano più qui.
-… Violet… resta con me…- chiudo gli occhi, baciandola ancora e abbandonandomi alla sbornia che mi ha fatto vivere tutto questo.
 
Sto barcollando fuori ubriaco,
perdonami
sono così andato, quindi dimmi la strada per casa
ascolto canzoni tristi, cantando d’amore
e cosa c’è di sbagliato?
 
-… I am so gone, so tell me the way home, I listen to sad songs, singing about love… and where it goes wrong? -
La sveglia, stupidissima sveglia.
Sollevo un braccio, sbattendo a destra e manca prima di riuscire a gettare a terra la sveglia che suona, zittendola con un grugnito.
La testa gira con una rotazione propria, la bocca impastata, le gambe dolenti, la totale assenza di vestiti e la gola secca: il riassunto perfetto di una sbronza di Gin e cuore spezzato.
Sbuffando mi metto a sedere sul letto, che cigola scontroso per chissà quale guerra che si è tenuta tra le sue lenzuola, stanotte.
Allungo un braccio alla giacca, spiegazzata a terra, estraendone il pacchetto di sigarette e i fiammiferi.
Ignoro il mal di testa, infilandomene una in bocca, accendendola e aspirandola con avidità.
Sono ancora sbronzo, lo so perché non riesco a non pensare al sogno che ho fatto.
Io e la mia Violet, qui, di nuovo insieme.
Aspiro una boccata di tabacco, impastandomi il palato e annientando il velo di alcol che mi indolenzisce la lingua.
Quei baci, le carezze, i movimenti dei nostri corpi uniti…
Un ricordo così lontano che non riesco a trovare la strada per riportarlo da me.
Faccio ruotare il filtro sulle labbra con la lingua, lasciando divagare lo sguardo sulla parete della camera.
Sono ancora sbronzo, e non ho alcuna voglia di tornare lucido.
Voglio restare ancora avvolto in questo tepore di ricordo agrodolce, non voglio lavarmi del palato il sapore di Violet con il caffé, non voglio spostare un solo lenzuolo, e far scomparire il profumo di rosa della mia Violet.
Non voglio.
Cosa c’è di sbagliato, nel rivolere indietro la donna della propria vita?
Mi alzo dal letto, nudo e con in bocca ancora la sigaretta, avvicinandomi alla finestra.
Guardo il vento spazzare le nuvole, raggruppandole e preparandosi a una nuova ondata di gelo.
Lei è partita, ma posso ancora raggiungerla.
Mi volto, liberando una densa nuvola di fumo, raccogliendo da terra i vestiti e vestendomi in fretta.
Posso ancora averla con me, posso ancora rincorrerla, come il vento nel cielo con le nuvole.
Posso ancora protrarre questa sbronza d’amore, su una strada che non conosco, certo, ma che imparerò presto a seguire.
Prendo in mano la camicia, pronto e sicuro, e la vedo, lì, a terra, sotto tutti gli abiti spiegazzati.
Una rosa.
Rossa, profumata, fresca, come quelle che la mia Violet teneva tra i capelli.
Una rosa, che ho io stesso ho tolto dai suoi ricci, stanotte.
La raccolgo, e con un sorriso me la porto al viso.
Non è partita.
È solo lontana, un po’ di più che degli ultimi tre mesi, meno di domani.
Mi vesto e con la rosa in mano, esco dall’appartamento.
Perché sono ancora sbronzo, Violet chan, di te, ma ora ho ritrovato la strada per casa.
   
 
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