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Autore: Floffy_95    12/02/2015    1 recensioni
Un principe valoroso che cerca di proteggere la sua famiglia e un astuto Signore di Doni intenzionato a dominare l'intera Arda. Chi è Angmar? dov'è nato, qual'è la sua storia? ma soprattutto: cosa lo ha reso quello che è divenuto famoso per essere il grande Re Stregone temuto da tutti? Questa è la storia di un uomo chiamato Isilmo, fratello della regina di Númenor, che per spezzare il suo destino finì per decretarlo, per liberarsi dal peso della morte finì per diventare parte di essa, per salvare la sua famiglia finì per condannarla.
Salve a tutti! Questa è la mia prima fan fic.
Genere: Angst, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nazgul, Sauron, Stregone di Angmar
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo III:

Lond Daer

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Una pioggerella leggera di fine estate picchietta sui davanzali della Bianca Casa di Erendis,

che prende il nome dalla mia omonima antenata.

Il camino è acceso nella sala e mia moglie è distesa sopra un triclinio, intenta a leggere.

Con un sospiro mi abbandono sul mio scranno di quercia lavorato, stringendo una coppa di vino rosso dello Hyarnustar.

Le luci de vespro già accendono il tramonto di porpora e viola.

La piccola mano delicata di Anarwen si posa sul mio braccio.

«Attû

Mi volto verso di lei.

Ammiro il suo viso chiaro e fresco come una rosa in boccio, gli occhi luminosi come argento vivo.

«Cosa c'è, tesoro mio?»

Anarwen scrolla le piccole spalle, agitando la chioma dorata come la mia.

Ha cinque anni.

«In collo!»

Alzo un sopracciglio.

«Ancora? Ma se ti ho tenuta sulle mie ginocchia per tutto il pomeriggio!»

Anarwen piega le labbra carnose in un buffo sorriso sdentato.

«In collo!»

Sbuffo, sforzandomi di non sorridere e cercando inutilmente di avere un espressione severa.

Poso il bicchiere sul tavolo che ho davanti e prendo la mia bambina fra le braccia.

La sollevo in alto.

«Ohi ohi ohi! Quanto pesi!» ridacchio con malizia.

Inizio a dondolarla in aria, solleticandole le paffute gote con la mia barba ispida.

«Ti mangio! Ti mangio!»

Anarwen grida e lancia risolini mentre cerca di divincolarsi.

«iiih! Smettila! Aaah! Dai! Dai non vale! Smettila padre!»

Agita le gambine per aria, facendo svolazzare la gonna.

La poso a terra.

Anarwen mette il broncio.

«Già finito?»

Sospiro e alzo gli occhi al cielo.

«Tuo padre è stanco adesso, giocheremo domani!»

Sento il rumore di piedi scalzi per il corridoio.

«Noi vogliamo giocare adesso!» gridano Elmo e Tarion, gettandosi a rotta di collo su di me.

Per l'impeto casco dalla sedia.

Anarwen si aggiunge al gruppo.

Le loro voci si alzano allegre.

«Adesso! Adesso! Adesso!»

Ridacchio furbescamente e con un sorriso malizioso afferro Elmo, sette anni, riempiendolo di baci e fingendo di morderlo.

«Adesso mi mangio anche te!»

«Aaah! No! La tua barba buca, padre!» strepita, tentando di divincolarsi.

Gli altri due ridacchiano e si nascondono dietro le sedie, abbandonando il fratellino al suo destino.

«Vigliacchi, vigliacchi!» grida, sorridendo però compiaciuto.

Minastir sbuca da dietro la porta con un sorriso da volpe sul viso.

«Cattivo padre! Tutti addosso!»

Sorrido sornione mentre mi preparo a subire l'assalto.

Minastir ha soltanto dodici anni ma ha già il carattere di un leader.

In un baleno tutti e quattro i miei figli mi sono addosso.

Afferro Elmo per un braccio e tento di arginare la furia di Tarion mentre Anarwen mi tiene per i capelli

e Minastir mi si getta letteralmente al collo.

«Buoni, buoni! State buoni!»

Un suono sordo interrompe la nostra lotta.

Piego la testa in ascolto.

Qualcuno sta bussando alla porta.”

Conscia del mio stato, Anariën si avvia ad aprire, lanciando un'occhiataccia scherzosa ai miei figli.

Tarion grida a pieni polmoni.

«Ora che si è distratto!»

Nuovamente mi ritrovo disteso con quattro marmocchi che si contendono il mio corpo come fossi un bottino.

Stiamo ancora lottando quando Anariën appare con un rotolo fra le mani.

«Sposo.»

«Sì? Cosa c'è amore mio?»

Riesco appena a dire riemergendo sudato dal groviglio dei nostri corpi.

Lo sguardo preoccupato di mia moglie mi toglie ogni sorriso dalle labbra.

Mi alzo a fatica, staccandomi dalla presa ferrea di Anarwen e Tarion.

«Cosa succede?»

Anariën si stringe nelle spalle, porgendomi il rotolo.

«È arrivato un messaggero da Arminalêth. La Regina chiede la tua immediata presenza a palazzo.»

 

 

Entro nella sala del trono con una certa apprensione.

Mi guardo attorno.

Il palazzo sembra essere rimasto identico a come lo avevo lasciato qualche anno fa,

tranne che per la polvere che ricopre un po' tutto.

Sembra che qui non si pulisca da anni.”

Poso il mio sguardo su mia sorella.

La Regina è assisa in trono, la schiena dritta e la postura rigida.

Con la mano destra stringe lo scettro e con la sinistra si tiene un lembo del mantello screziato.

Sbatto le palpebre, incredulo.

Dèi, quanto è invecchiata!”

La fronte pallida di Telperiën è solcata da profonde rughe.

Probabilmente dovute alla preoccupazione.”

I capelli un tempo lucenti appaiono sbiaditi come pallido oro alla luce di una lanterna.

Gli occhi chiari sono incorniciati da scure occhiaie.

Non dormirà da giorni.”

Sul su viso sembra come calata un'ombra.

Mi inginocchio, abbassando lo sguardo.

Mi schiarisco la voce.

«Mi cercavate, altezza?»

Telperiën rimane immobile per qualche istante.

«Sì.»

Trattengo a stento un singulto.

Cosa ti è successo, sorella mia? La tua voce è così debole e roca.”

Telperiën si sposta un poco dallo schienale.

«Ho bisogno del tuo aiuto, fratello.»

Alzo gli occhi e incontro i suoi.

La Regina lancia uno sguardo furtivo in giro.

«Sei l'unico di cui mi possa fidare.»

Annuisco.

«Se è nelle mie possibilità, lo farò.»

Telperiën si appoggia allo schienale con un debole sospiro.

«Nella Terra di Mezzo si trova un avamposto conosciuto come Lond Daer11,

in antico Vinyalondë12 che è sempre appartenuto alla nostra gente.

Recentemente, a causa della deforestazione causata dall'abbattimento degli alberi per la costruzione delle nostre navi, 

alcuni nativi dei boschi si sono rivoltati contro di noi, 

organizzando assalti e azioni di disturbo per impedire e

contrastare i nostri cantieri navali e una volta sono riusciti perfino a bruciare il porto stesso.»

Telperiën si copre gli occhi con una mano.

«Potresti occupartene personalmente?

Vorrei che tu provassi a trovare un compromesso con gli indigeni e al

contempo mantenere stabile il nostro controllo sulla regione.»

Sospiro.

«Questo significa che dovrò abbandonare la mia famiglia per non so quanti mesi giusto? E quando dovrei partire?»

Mia sorella allontana la mano dagli occhi.

«Il prima possibile. Desidero che la situazione sia risolta entro un anno, altrimenti lasceremo perdere.»

Annuisco, rialzandomi.

«Come desiderate. Cercherò di completare la mia missione entro un anno.»

Telperiën mi sorride debolmente.

«Sono molti anni che non vedo i miei nipoti.

Dimmi, come stanno? Minastir ama ancora così tanto la lettura? Tarion è ancora un avventuriero? Elmo? E la piccola...»

«Anarwen.» completo io.

«Stanno bene, vostra altezza.

Minastir ha dodici anni adesso, Tarion nove, Elmo sette e Anarwen cinque. Minastir mi chiede spesso di voi.»

Telperiën fissa un punto impreciso del soffitto a volta, accennando un sorriso nostalgico.

Torna a guardarmi.

«Mentre sei in viaggio la tua famiglia potrebbe trasferirsi qui,

così potrei passare del tempo con i miei nipoti e la mia cognata.»

Scuoto il capo.

«Vi prego, altezza. Preferirei che la mia famiglia restasse lontana da palazzo, se possibile.»

Telperiën storce la bocca ma non replica.

Sembrerebbe contrariata.”

La Regina abbassa lo sguardo e si porta le mani in grembo, carezzando lo scettro meditabonda.

«Ne sei proprio sicuro? Starebbero bene qui e verrebbero trattati con tutti gli onori. 

Vivrebbero come principi e principesse come è giusto che sia per via del loro rango. 

Del resto, fratello, non potrai tenerli a vivere come pastorelli per tutta al vita.

Inoltre non ho figli e dunque Minastir potrebbe diventare il mio erede.»

Sorride incoraggiante.

«Non te lo sto comandando, Isilmo. Questa è una richiesta da zia, non da regina. Ti prego di pensarci.»

Annuisco.

Di lei posso fidarmi, ma della corte? Chi difenderà i miei figli quando sarò partito?”

«Non so cosa decidere, altezza.

In fondo farebbe bene ai miei figli conoscere la loro zia e regina...

tuttavia il cuore mi tiene in guardia da quello che potrebbe accadere durante la mia assenza.»

Telperiën si mordicchia un labbro.

«Perché non lasci decidere a loro, dunque? Alla fine si tratta di un solo anno.»

Sospiro profondamente, faccio scorrere l'aria nei miei polmoni e la ributto fuori.

«D'accordo, altezza. Per quanto riguarda la mia missione...»

«Una nave ti attende già nel porto di Rómenna13.

Se vuoi puoi partire domani, così potrai salutare la tua famiglia.»

Abbozzo un sorriso.

«E se non avessi accettato la proposta?»

Telperiën si pizzica le labbra sottili, osservandomi con occhi maliziosi.

«Io sono la Regina.»

Scoppio a ridere, tanto forte che l'eco rimbomba per la sala.

«Avete ragione, altezza.»

Mi inchino e mi volto.

Sono arrivato quasi alle porte della sala quando mi arriva la voce di mia sorella.

«Abbi cura di te, fratello!»

 

 

La brezza marina mi scompiglia i capelli, porta con sé il richiamo dei gabbiani e degli uccelli marini.

Mi guardo intorno.

Il porto di Azûlada è davvero gigantesco, circondato da ogni dove da moli e pontili, banchine, magazzini, palazzi.

Un grande mercato si apre al centro del porto.

Punto gli occhi su mia moglie.

Il mattino successivo la mia convocazione sono partito per l'Emerië e

da lì con la mia famiglia verso l'Arandor, senza mai fermarmi.

Ormai è calata la sera e il cielo si tinge già dei colori del tramonto.

Stringo le mani di Anariën.

«Prenditi cura dei miei figli, banâth14

Anariën abbozza un sorriso.

«E tu prenditi cura di te stesso, marito mio!»

La attiro a me e la bacio con passione.

So che non la rivedrò per molto tempo.

Le sue labbra sono così morbide e calde...

Mi stacco dal bacio e la stringo forte, carezzandogli i capelli e baciandole la fronte.

Il suo profumo di viole selvatiche mi inebria.

«Ti amo Anariën Faelëar15.» Le sussurro.

Lei si illumina in un sorriso radioso.

«Ti amo, Isilmo della Casa di Indilzar.»

sento le sue braccia stringermi più forte.

Sospiriamo entrambi e l'abbraccio si scioglie.

Anariën fa tre passi indietro.

Mi volto verso Minastir.

È magro e pallido, i capelli bruni arruffati, gli occhi grigi malinconici.

Gli tiro un buffetto sulla guancia.

Ti voglio bene figliolo.” vorrei dirgli.

«Fai il bravo ometto, intesi? Dai retta sempre alla mamma e bada ai tuoi fratelli.»

Minastir abbassa lo sguardo.

«Sì padre.»

Lo bacio dolcemente sulla fronte.

Mi volto verso Tarion.

Sorride lietamente, mostrando due adorabili fossette sulle guance rosa.

Gli arruffo i capelli a ciotola bruni con una mano.

«Da' retta a tua madre e non litigare con Minastir.»

Sorride ancora di più, scoprendo la bocca un poco sdentata.

«Non preoccuparti, attû. Fai buon viaggio!»

Mi giro verso Elmo.

Sta singhiozzando e regge a stento le lacrime.

Sorrido dolcemente e poso un ginocchio a terra.

«Amore mio!»

lo bacio sulla testa dorata ma lui mi scosta, indispettito.

Gli asciugo le lacrime con le mani e lo stringo a me.

«Tornerò presto, vedrai.»

lo bacio ancora, poi mi volto verso Anarwen.

La piccola è in lacrime, la bionda chioma al vento.

la prendo in braccio, sollevandola in aria.

Geme, mentre le lacrime calde di dolore le rigano le gote e le bagnano le labbra carnose.

«Padre! Non andare via, padre! Non andare!»

La bacio sulle gote arrossate.

«Piccola mia! Mia dolce, piccola Anarwen! Tuo padre tornerà presto! oh, no, no, non piangere!»

Anarwen mi si aggrappa al collo,

stringendo le braccia in modo spasmodico e cercando con tutta se stessa di non lasciarmi più.

«Non andare via! Non lasciarmi sola!»

La stringo forte a me in un caldo abbraccio.

«Tornerò presto, promesso.»

Le bacio la testolina bionda.

«Te lo prometto, bambina mia. Tornerò da voi, tornerò da te. Ma adesso devo andare.»

Anarwen mi si stringe ancora di più addosso.

Trema, scossa dai singhiozzi.

«No! No! Non lasciarmi sola!»

Le carezzo la lunga chioma riccioluta.

«Ora devo andare, amore. E poi non sei sola, hai la mamma qui con te e ci sono i tuoi fratelli che ti vogliono bene.»

Anarwen mi appoggia la testa sul petto ansimando.

«Come farò a sapere se sarai tornato?»

Le poso una mano sulla guancia, carezzandogliela.

«Guarda a Oriente.»

Ormai è tutto pronto.

Sospiro profondamente, assaporando l'odore del mare.

Le onde si infrangono debolmente sulla carena della nave.

Salgo sul ponte.

Il capitano ordina di mollare gli ormeggi e la nave si stacca dolcemente dal molo.

Si allontana nel fiordo.

Nella luce dorata prima del crepuscolo posso ancora vedere la mia famiglia in fila

sul pontile osservarmi scomparire in lontananza.

Anariën agita le braccia in segno di saluto, oppure è un segnale per richiamarmi?

Mi grida qualcosa.

Non ho sentito bene.

Le grido in rimando.

«Come?»

Anariën mette le mani a coppa intorno alla bocca e grida a pieni polmoni.

«So... ...inta!»

Non ho afferrato il significato.

«Cosa?»

«Ti ho detto che sono incinta!»

Sento una vampata di calore partirmi dal ventre e risalirmi fino alla punta delle orecchie.

Le lacrime mi pungono gli occhi.

Le caccio via e allargo le labbra in un sorriso di pura gioia.

Non avendo un cappello a portata di mano afferro quello di un marinaio e inizio a sventolarlo sopra di me.

Grido a voce spiegata.

«Sono di nuovo padre! Sono di nuovo padre!»

Il marinaio mi guarda male per qualche istante ma poi

scoppia in una sonora risata e si unisce anche lui ai festeggiamenti.

Quando le risa si spengono, la città e il porto di Rómenna sono ormai scomparsi in fondo al fiordo.

Mi giro di lato e vedo l'isola di Tol Uinen affiorare dalle acque nere.

Una luce si accende nel faro della Calmindon16 che vi si erge, rischiarando il cielo stellato.

La nave scivola leggera sulle onde scure del mare, mentre la pallida luna sorge a est, colorando le nubi d'argento.

Sento un grave peso cadermi addosso.

Sono molto stanco.

Mi passo una mano sugli occhi indolenziti.

Credo sia ora di andare a letto.”

Con uno sbadiglio mi stiracchio e mi dirigo sottocoperta.

Quante emozioni tutte in una volta!

Cerco di calmare il mio cuore mentre mi chiudo la porta della cabina alle spalle.

La mia camera è la migliore dopo quella del capitano e mi addormento

quasi subito quando mi stendo alla fine sul mio letto.

Il mattino dopo il cielo è terso e azzurro.

Il vento si è fatto più forte e ha spazzato via le nuvole dall'orizzonte.

Viaggiamo così per sei giorni.

Al settimo, la nostra agile nave giunge finalmente a destinazione grazie all'abilità dei nostri marinai.

È mattina inoltrata e il cielo è coperto e plumbeo.

L'oceano si stende liscio davanti a noi come un enorme drappo grigio,

increspato qua e là dalla schiuma bianca dei cavalloni.

Il lamento dei gabbiani mi arriva alle orecchie.

«Siamo quasi a terra!» gridano i marinai.

Dopo qualche ora infatti intravedo il profilo bluastro delle scogliere.

La nave inizia a seguire il profilo della costa finché davanti a noi iniziano a sfavillare le luci di una piccolo porto fortificato.

Mentre la nave entra nel porto osservo i profili verdi e azzurri della foresta sconfinata che si staglia dietro il porto.

Così questa è la Terra di Mezzo. Invero è selvaggia e misteriosa.”

Finalmente io e i marinai scendiamo a terra e appena attraccati ci viene incontro uno stuolo di uomini riccamente vestiti.

Un tizio ben piantato dalla corta barba nera si inchina profondamente davanti a me,

sventolando il suo cappello piumato non appena 

nota il sigillo reale attorno al mio medio destro.

«Benvenuto a Lond Daer, mio signore.»




11Sindarin, Grande Porto

12Quenya, Nuovo Porto

13Quenya, Verso Est

14Adûnaic, moglie

15Sindarin, poetico, Barbagliare del Sole sul Mare

16Quenya, Torre di Luce

   
 
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