Gli allenamenti continuarono senza sosta, sin dal giorno seguente la notizia. Dal mattino alla sera i quattro si allenavano e combattevano, con solo pause per mangiare, usare il bagno e una breve ronda notturna. Il resto era sonno, solo sonno per riprendere le forze.
In
vista del torneo ogni altra cosa era sacrificata.
Il
tempo di Don per le invenzioni e gli studi. Quello di Mikey per i
videogiochi e i fumetti. Quello di Raph per Isabel.
Lei
non doveva solo sacrificare il prezioso tempo con lui, che non era
mai comunque abbastanza, ma anche gli insegnamenti del sensei durante
gli allenamenti; perciò aveva iniziato ad assentarsi alle
lezioni
mattutine, un po' svogliata. In questo modo aveva del tempo in
più
al mattino e poteva rimanere sdraiata nel letto di Raph fino a che
non doveva alzarsi per andare a lezione; ma lui si svegliava
prestissimo per allenarsi, perciò non riuscivano comunque a
vedersi.
Alla
sera lei si sedeva nel fondo del dojo con i suoi libri e gli appunti,
sollevando di tanto in tanto lo sguardo per occhieggiare i loro
allenamenti con apprensione, senza una parola; era l'unico modo che
aveva per stare con loro, anche se per poco. Erano gli unici istanti
in cui poteva vedere Raphael a parte i pasti; la notte lui tornava
così tardi dalla ronda che era già addormentata,
abbracciata al suo
cuscino con possessività e malumore, visto che non poteva
abbracciare lui.
E
in un clima strano e teso, passarono in fretta i primi giorni.
Isabel
era così inquieta, che non si accorse dei frequenti sguardi
che
Splinter le rivolgeva, né che sembrava volerle parlare per
riprendere il discorso mancato di quella sera. O forse se n'era
accorta ed evitava apposta di farsi trovare.
“Sono
tornata!” urlò Isabel appena entrata nel rifugio a
sera tarda.
Gli
occhi si sollevarono al cielo. Con chi stava parlando? Non c'era
nessuno ad aspettarla.
Erano tutti nel dojo a sudare e
faticare come dei dannati come sempre, come i tre giorni precedenti,
come tutti quelli che sarebbero seguiti.
Lasciò
andare la borsa con malagrazia e quella cadde a terra con un tonfo
cupo per via di tutti i libri, poi fletté il collo a destra
e
sinistra per stiracchiare i muscoli tesi dalla fatica.
Era
incredibilmente stanca. Stava dormendo molto poco e molto male, con
quella sensazione di panico sempre più frequente nel petto,
con
quell'angoscia che continuava a crescere. Sapeva che avrebbe dovuto
parlare con Raphael, ma sapeva di non potere, non ancora. Non sapeva
come iniziare il discorso. Era una vigliacca. Si stava trincerando
dietro l'ansia e il tempo, aspettando cosa? Che le cose si
risolvessero? Che una bontà divina le indicasse la strada e
le
sollevasse i dubbi e le domande che si stava ponendo?
Si
incamminò mesta verso il dojo, a passetti lenti. Il rumore
delle
lotte all'interno si amplificava via via che si avvicinava e
stranamente sembrava armonizzarsi al battito del suo cuore;
aprì la
porta con tocco leggero, per non disturbare.
Non
che loro se ne potessero comunque accorgere, erano così
assorti e
concentrati che non avrebbero notato nemmeno una carica di
rinoceronti, se una fosse entrata e li avesse calpestati nella sua
furia.
Si
incamminò raso muro senza perdere un secondo con lo sguardo:
quello
di Mikey incontrò per caso il suo e il mutante le sorrise
velocemente mentre si chinava per evitare la Katana di Leo, prima di
essere riassorbito dalla lotta.
Le mancavano anche gli abbracci
di Mikey, era sempre o troppo concentrato o troppo sfinito anche per
darle i suoi fratelleschi abbracci.
Si
sedette non appena fu sicura di essere a distanza di sicurezza, anche
se con due combattimenti in simultanea non c'era davvero un'area
sicura in tutto il dojo: quei quattro erano capaci di coprire tutto
il perimetro nella loro irruenza, arrivando perfino a saltare contro
i muri se la strategia lo richiedeva.
Per
sicurezza, nel caso si fossero avvicinati troppo, si sarebbe chiusa
in una bolla protettiva.
Il sensei seguiva i due combattimenti simultaneamente, andando avanti e indietro sotto allo stendardo del clan, e di tanto in tanto urlava un suggerimento se vedeva che uno dei suoi figli era in difficoltà, ma senza mai fare preferenze: se prima decideva di correggere Mikey per una schivata troppo lenta e incerta, subito dopo avvisava Leo dell'apertura che lasciava nell'attacco dall'alto, riequilibrando immediatamente il loro scontro.
Le coppie per quel giorno erano Leonardo contro Michelangelo e Donatello contro Raphael, ma variavano di volta in volta, per permettere lotte sempre diverse e istruttive contro armi e stili diversi: Mikey era veloce e se si concentrava riusciva a tenere testa al leader senza eccessivo sforzo, Leo faticava invece un po' a stare dietro allo stile senza regole del fratello, anche se a mano a mano che le parate e gli affondi si susseguivano senza sosta, sembrava migliorare sempre più; Donatello faceva arrabbiare Raph, con il suo stile flessibile e che sfruttava il divario creato dal bastone, tutto il contrario del suo irruente e praticamente a breve distanza: il genio si divertiva molto, si leggeva sul suo volto, a tenerlo alla larga con stoccate decise, infliggendogli danni senza farlo mai avvicinare, frustrandolo oltre ogni dire.
Era
molto utile osservarli, si imparava moltissimo già solo
nello
studiare la loro adattabilità alle differenti sfide e
tecniche che
di primo acchito sembravano penalizzarli, ma che poi riuscivano in un
modo o nell'altro ad aggirare, con le loro forze e l'ingegno.
Osservò
attenta Raphael che, scocciato oltre modo, aspettò che il
bastone lo
colpisse per poi afferrarlo velocemente con la mano, uno dei Sai
gettato al suolo per potersi muovere agevolmente: sorrise al genio
con cattiveria, già pregustandosi la prossima mossa.
Lei
era così attenta, che non si accorse della presenza al suo
fianco
finché non sentì la sua voce.
“Possiamo
parlare, Isabel?” disse Splinter in un sussurro, che pure la
fece
trasalire.
Era
immobile, con lo sguardo ancora concentrato sull'allenamento dei suoi
figli, eppure la sua aura era avvolgente, era attorno a lei.
Inghiottì
a vuoto un magone che lei stessa non avrebbe saputo a cosa attribuire
per certo.
“Certo,
sensei.”
Splinter
le tese una mano cortese per aiutarla ad alzarsi, poi le fece strada
verso la stanzetta da meditazione, camminando raso muro in silenzio e
con attenzione, per non disturbare in alcun modo l'esercitazione. Con
la sua solita galanteria la fece entrare per prima, poi chiuse la
porta con garbo alle sue spalle.
“Siedi
pure, figliola”
suggerì quietamente, mentre si dirigeva verso le poche
candele
accese per poterne aggiungere delle altre e rischiarare meglio la
penombra.
Isabel si
inginocchiò sul
cuscino di raso rosso vicino al tavolino, poi trasse un profondo
respiro. Amava quella stanza: il piccolo bonsai di ginkgo biloba al
centro era rigoglioso, alcune delle sue piccole foglie dai tenui
colori che già vertevano verso il giallo autunnale; il
riverbero
delle fiamme creava strani giochi di luci ed ombre con i suoi rami e
le foglie, facendolo quasi apparire vivo, palpitante.
Tutto in quella stanza era fatto
per rilassarsi, molte volte si era seduta col sensei per meditare e
allenarsi spiritualmente, ma forse questa volta quello che portava
dentro non poteva semplicemente farlo sparire con un profondo respiro
e lo svuotamento della mente.
E perché, poi, il sensei
l'aveva chiamata lì? Cosa poteva mai avere di
così importante da
dirle, da assentarsi perfino dall'allenamento dei suoi figli?
Splinter si era spostato in un angolo e trafficava con un termos di acqua calda e due tazze, versando il liquido bollente sulla polvere di tè verde, mescolando poi con vigore e attenzione; le porse una tazza e prese posto dall'altra parte del tavolo, tenendo la sua tra le mani. Si inchinarono rispettosamente uno all'altro, prima di prendere il primo sorso. Isabel assaporò con calma la bevanda dal retrogusto amarognolo, mentre una miriade di pensieri le affollavano la mente.
“Ho
notato che non frequenti
più gli allenamenti mattutini” disse Splinter
osservandola dal di
sopra del bordo della tazza dopo averne sorbito un po'.
Lei quasi si lasciò scappare un
sospiro sollevato. Possibile che fosse tutto lì quello che
lui
voleva dirle?
“Sì,
sensei. Ho pensato che
con gli allenamenti per il torneo avrei solo preso tempo e spazio e
creato fastidio” rispose, anche se era vero solo a
metà.
“Sarebbe
meglio che tu ti allenassi almeno una volta ogni due giorni o molti
dei progressi fatti andrebbero persi. E non daresti nessun fastidio,
il dojo è grande abbastanza da poter essere usato da
tutti... anche
se posso capire che qualcuno
potrebbe trovare la tua presenza una distrazione.”
Si era solo
immaginata
quell'occhiata penetrante? O in effetti Splinter forse voleva
parlarle per questioni inerenti alla sua relazione con Raphael, di
qualcosa che non poteva dire davanti agli altri?
I dubbi si stavano accumulando e
sentiva di star per scoppiare trincerata nell'ignoranza: se Splinter
non fosse stato più chiaro, da un secondo all'altro avrebbe
dato di
matto.
“Se
non è un problema allora
sì, ritornerò ad allenarmi, sensei. Non volevo
impensierirti, mi
dispiace” disse, sperando che fosse tutto lì e che
quello
chiudesse definitivamente la questione.
Lui sorrise soddisfatto,
annuendo appena col capo, come a volerle dire che non c'era niente di
cui dovesse scusarsi. Entrambi sorbirono in silenzio il tè,
con
gesti lenti; gli occhi di Isabel saettavano di qua e di là,
poi
nella tazza e di nuovo in giro, nella confusione e un pizzico di
sollievo.
“Ma
non ti ho chiamato solo
per questo, figliola. C'è un fatto molto importante di cui
volevo
parlarti da giorni, ma sembrava quasi mi stessi evitando”
spezzò
il silenzio la voce del sensei, catturando di nuovo la sua attenzione
con un violento batticuore.
Ogni sprazzo di sollievo si era
dissipato in un istante e adesso sentiva solo il battito furioso del
cuore nelle orecchie, mentre mille e più teorie le passavano
davanti
agli occhi. Cosa sapeva il maestro?
Lei
alzò lo sguardo dal fondo
torbido della bevanda e lo piantò su di lui, così
vicino eppure
così assorto da sembrare distante, mentre poggiava la tazza
garbatamente.
Il mutante frugò poi nella
manica del kimono, tirando fuori un involto di tessuto nero.
“Questo
è arrivato insieme a
quelli degli altri” disse con voce cauta, poggiandolo sul
tavolo
con un suono sordo e spingendolo verso la ragazza.
Isabel allungò una mano,
titubante; le dita afferrarono tremanti la stoffa e la svolsero con
angosciosa lentezza, svelando il gelido lucore dell'acciaio.
Guardò
il Kunai con sorpresa e cercò lo sguardo del maestro per
farsi
spiegare.
“Il
Battle Nexus è un
prestigioso torneo al quale sono chiamati i migliori combattenti di
ogni dimensione, mondo e pianeta. È una vera esibizione di
ogni
stile di combattimento presente, che permette ad ogni maestro di
misurarsi con i più forti e preparati guerrieri.
È un onore essere
scelti per parteciparvi. E tu sei stata scelta, Isabel.”
Gli occhi si spalancarono di
sorpresa. E tutto quello che fino a quel momento le aveva
attanagliato la mente, i dubbi e le paure di quel discorso vennero
relegati in un angolo, soffocati dallo sbalordimento di quella
affermazione. Era l'ultima cosa al mondo che pensava potesse
accadere.
Era stata scelta per un torneo
di lotta multidimensionale? Insieme a Leo, Donnie, Mikey, Raph...
“Io?
Ci deve essere... ci deve
essere un errore, sensei. Non posso essere stata scelta!
C'è...
qualcuno avrà sbagliato, probabilmente è per te
e...”
“Ho
controllato, figliola. La
convocazione è per te, nessun errore. Ammetto che anche io
sono
rimasto sorpreso, -non perché non ti reputi capace, ma
perché mi
era sembrato un po' presto,- ma poi ci ho ragionato sopra: credo che
nello sceglierti potrebbero aver tenuto conto del tuo potere magico
nell'amplificare la tua forza. Il tuo livello è degno di
essere
messo alla prova contro altri avversari, in quel caso”
spiegò con
sussiego lui, che si dimostrava davvero troppo calmo in confronto al
volto paonazzo e allo sbigottimento negli occhi di lei.
“Ma
sarebbe barare! Non potrei
usarlo per combattere in un torneo, non sarebbe giusto!”
protestò
con veemenza Isabel, sollevandosi un po' sul cuscino nella foga.
Lui sorrise
della sua reazione,
che di certo si era aspettato.
“No,
nel Battle Nexus non
sarebbe barare. Devi immaginare un torneo dove creature di altre
dimensioni e mondi e pianeti si riuniscono per mettere alla prova la
loro forza e la loro tecnica, usando ciò che la natura offre
loro.
Non è strano che qualcuno riesca a cambiare stazza o la
propria
massa muscolare o la propria agilità con caratteristiche che
sono
proprie della sua specie. La magia fa parte di te, non è
qualcosa
che hai acquisito o cercato solo per poter sconfiggere i tuoi
avversari, perciò non c'è niente di male
nell'usarla. Non è
barare” spiegò l'anziano semplicemente.1
Sembrava
così giusto e sensato
detto da lui, spiegato con così tanta pacatezza, ma una
piccola
parte di sé continuava a pensare che usare i poteri non
fosse
proprio pulito.
E non voleva davvero
partecipare. Non era una combattente, non era davvero una guerriera.
Era stata scelta dalla vita della lotta dalla sua necessità
di
difendersi, ma non vedeva di buon occhio dover combattere contro
qualcuno che non le aveva fatto niente per dimostrare il suo valore o
vincere un premio. Lottava solo per difendere e difendersi.
E se avesse accettato, poi,
avrebbe corso il rischio di doversi misurare contro Raphael e i suoi
fratelli, e non voleva che loro dovessero scegliere tra farle male o
perdere; o essere costretta ad usare la magia per superarli.
Senza contare che sarebbe
rimasta indietro con le lezioni, che avrebbe dovuto allenarsi
costantemente come loro, che aveva ben altro per la testa...
Prese un
grande respiro,
risoluta.
“Sensei,
se è possibile
rifiutare senza offendere coloro che mi hanno fatto un così
grande
onore, preferirei non partecipare” rispose con rispetto,
allontanando con una mano il panno nero con il Kunai, come per
scacciare via una tentazione.
Splinter non mostrò nessuna
emozione su cosa stesse pensando in quel momento, ci fu solo un
fugace scintillio nel suo sguardo che poteva dire tutto come nulla.
Eppure emanava la sua solita aura tranquilla.
“Capisco
tutte le motivazioni
che ti spingono a rispondere in questo modo. Ma vorrei che tu ci
pensassi ancora un po' su. Non devi rispondere subito. Parlane con
Raphael e gli altri, chiedi il loro parere”
replicò il maestro,
risospingendo il tessuto verso lei.
Parlarne
con Raffaello. Non
voleva parlare con lui, se avesse iniziato di sicuro avrebbe finito
per rivelargli più di quanto avrebbe dovuto, mossa dalle
paure.
C'erano così tante cose che si celavano nel suo cuore
nell'ultimo
periodo, in attesa del momento giusto in cui parlarne.
Una smorfia piegò il suo viso e
non fu abbastanza veloce da nasconderla al saggio ratto.
“C'è
qualcosa che ti turba,
Isabel? Qualcosa che non hai detto nemmeno a Raphael?” le
chiese
infatti lui, osservandola con interesse.
“No,
sensei. È tutto a posto”
mentì dopo un secondo, col cuore mortalmente colpevole.
Non che non volesse parlare,
anzi, desiderava da morire confidarsi con lui, con tutti loro, ma
prima doveva provare a risolvere da sola, senza impensierire la sua
nuova famiglia, senza scatenare in loro dubbi e paure.
“Ti
prometto che ci penserò
un po'” finì, alzandosi dal cuscino, nonostante
dentro si sentisse
inchiodata dallo sguardo penetrante dell'uomo, che leggeva dentro gli
animi con chiarezza.
Non voleva rimanere ancora, ogni
secondo era un'opportunità in più che lui potesse
capire.
Raccolse
il Kunai e il panno, poi si diresse verso la porta e la aprì
con
sicurezza, congedandosi.
Si
scontrò con le quattro tartarughe mutanti, che non avevano
fatto in
tempo a scostarsi da dietro la porta dove avevano cercato di
origliare: li osservò con lo sguardo di disapprovazione e
loro
gliene rimandarono uno colpevole e curioso.
Evidentemente
la convocazione del sensei non era passata inosservata come credeva e
sempre evidentemente l'allenamento era stato messo da parte per la
loro insaziabile attitudine a ficcare il naso.
“Come
mai il sensei ti ha...” iniziò a domandare Don,
prima di essere
spintonato via da Mikey, che le si fece incontro con gli occhioni
spalancati.
“Hai...
hai ricevuto l'invito!” strillò fuori di
sé, puntando col dito il
Kunai che lei stringeva nel pugno. L'attenzione di tutti fu sulla
scintillante arma e sui significati che racchiudeva.
“Sei
stata convocata al Battle Nexus?” domandò Raph
sconvolto, eppure
visibilmente fiero.
Lei
sorrise alle loro facce sorprese e alzò le mani per bloccare
le loro
reazioni.
“Non
ho intenzione di partecipare!” rivelò, svicolando
dal muro che le
avevano creato attorno, muovendosi verso l'uscita del dojo. Mikey le
corse dietro e si tuffò per bloccare la sua fuga, ma con un
gesto
fluido all'ultimo secondo si spostò, mandandolo al tappetto.
“Non
lotterò al torneo!” ripeté
più forte, accelerando il passo.
Forse stava usando la magia per scappare, di certo era molto veloce.
Leo
le apparve davanti, a qualche metro, con le braccia aperte per
fermarla: Isabel saltò e poggiò una mano sulla
sua spalla per darsi
la spinta, sorpassandolo in volo, atterrando come una ginnasta
dall'altra parte.
“Non
parteciperò al Battle Nexus!” ribadì
ancora una volta,
praticamente vicina all'uscita. Stava correndo, ormai. Finì
dritta
tra le braccia di Raph con un gridolino sorpreso, che la strinse
fermamente.
“Presa!
Allora, dimmi tutto: perché non dovresti partecipare al
torneo, dato
che ti hanno mandato l'invito?”
Isabel
provò a divincolarsi con vigore, ma Raphael la teneva con
tutta la
forza concessa senza farle male. Dopo qualche infruttuoso tentativo
lasciò perdere, lasciandosi andare mollemente.
“Non
mi va. Non sono pronta, va bene?” replicò
sconfitta, sperando che
la sua risposta fosse sufficiente a saziare la loro
curiosità.
“Ma
se ti hanno scelta! Significa che sei all'altezza!” si
intromise
Mikey, entusiasta, con un tono fiducioso.
La
ragazza abbassò il capo, poggiandolo contro la spalla di
Raphael.
“Si
sono di certo sbagliati” mormorò debolmente, di
colpo molto
stanca. Lui fissò la sua nuca, pensieroso, poi con un gesto
secco
sollevò il suo corpo, poggiandolo sulla spalla. Si
voltò, uscendo
dal dojo.
“Raffaello,
cosa stai...”
Il
mutante camminò velocemente, ignorando le sue proteste e le
domande
dei suoi fratelli e saltò invece fino al primo piano,
dirigendosi
verso la sua stanza. Spalancò la porta con urgenza e dopo
averla
richiusa alle loro spalle la poggiò con garbo sul letto,
sedendosi
al suo fianco.
Isabel
lo osservò in silenzio, senza sapere cosa avesse in mente.
Stringeva
ancora il Kunai nella mano, ma si sporse per poggiarlo sul comodino
accanto al letto.
“Allora,
cosa succede?” domandò Raphael, che invece non
aveva staccato lo
sguardo da lei.
“Niente.
Non succede nulla” mentì di nuovo, questa volta
totalmente
colpevole. Non le piaceva nascondergli le cose, quando la loro
relazione era iniziata aveva promesso che non se ne sarebbe
più
andata e che sarebbe stata sincera e ci credeva davvero in
ciò che
aveva giurato.
Eppure
quello che le stava succedendo, le verità che non poteva
ancora
rivelare, non le teneva per sé per sfiducia o cattiveria, ma
per
proteggere Raphael. Quando avesse avuto delle certezze, quello
sarebbe stato il momento in cui tutto sarebbe stato confessato e
spiegato, ma non era ancora arrivato.
“Perché
non vuoi partecipare
al torneo? Una motivazione vera” continuò lui
tranquillamente,
come se lei non avesse detto niente.
“Io
non sono pronta, non sono
all'altezza!” ripeté imperterrita, molto stanca
sotto il peso di
anche quella nuova situazione.
Non poteva capire, come era
logico, e lei non poteva proprio spiegargli che non aveva il tempo
anche per quello.
“Ma
se sei stata scelta!” fu
la pronta risposta di lui, come si era aspettata.
“Per
via della mia magia.
Perché posso modificare la mia forza e velocità
con la magia. Ma è
come barare! Ricordi, me lo hai detto anche tu una volta?”
“Io
parlavo di non fare solo
affidamento sulla magia, ma non c'è nulla di male ad usarla
se te lo
concedono. Non è un motivo per non partecipare, ma se
proprio ti dà
fastidio, non farne uso. Testa la tua forza normale”
asserì
fiducioso Raph, con un mezzo sorriso incoraggiante.
“ È
questo che pensi? Che
dovrei provarci sul serio?”
Aveva alzato la voce
nell'incredulità della sua affermazione e si era sporta
verso di
lui, nervosa. Ma Raphael le sorrideva con determinazione:
allungò le
mani e le poggiò sulle sue esili spalle, stringendo con
rassicurante dolcezza.
“Sono
dannatamente orgoglioso
e fiero di te, che ti abbiano convocata. Sarebbe fantastico vederti
lottare con tutta la tua forza. So che faresti una splendida
figura... ti ho allenato io o no?”
Isabel
continuò a guardare
inebetita la sua espressione splendente, chiedendosi per un istante
se non fosse impazzito. Sembrava un padre che passava in eredita al
figlio il proprio cimelio più prezioso, con le aspettative
al
massimo e una fierezza sconfinata.
“E
se accettassi e ci
trovassimo uno contro l'altra, tu saresti capace di lottare sul serio
contro di me?” gli chiese, per riportarlo alla ragione.
Forse non si era aspettato la
domanda, perché rimase senza parole, la bocca che si apriva
e
chiudeva a ripetizione, come un pesce fuori dall'acqua, la luce
emozionata che un po' svaniva al capire le implicazioni e
nell'immaginare la situazione.
“La
risposta più esaustiva
che potessi darmi!” lo canzonò lei con un mezzo
sorriso, andandogli incontro.
“No,
io...”
“Senti,
ho promesso al sensei
che ci avrei pensato su, ma penso che non cambierò idea. Io
non sono
una guerriera, tu lo sei e mi va bene così. Verrò
a vederti e a
fare il tifo, è tutto quello che voglio.”
Raphael mise su un mezzo
broncio, al vedere la possibilità di vederla lottare che si
allontanava; aveva davvero sperato di poter assistere alla
meravigliosa visione di lei che prendeva a calci nel fondoschiena i
suoi avversari da ogni dimensione: se poi qualcuno avesse osato farle
del male, lo avrebbe semplicemente distrutto.
“È
un peccato, saresti stata
grande. Ma immagino che non lasceresti mai gli studi per allenarti,
in fin dei conti, cara la mia secchiona” esalò
canzonatorio,
attirandola a sé. Si sedette a gambe incrociate e se la
strinse
contro.
“Assolutamente.
E faccio già
una gran fatica a seguire senza metterci gli allenamenti di
mezzo”
concordò lei, contenta che avesse capito, premuta contro il
suo
petto con gli occhi chiusi e un mezzo sorriso estasiato per quel
momento di intimità rubato al tempo tiranno.
“Sì,
lo so. Mi sembri così
stanca” mormorò assorto Raph, anche lui con gli
occhi chiusi e la
guancia premuta contro la sua fronte, così in pace e felice
come non
era stato negli ultimi giorni.
Isabel
trattenne appena il
fiato, un piccolo picco di batticuore la colse, che cercò di
scacciare in fretta: lui pensava che lei fosse stanca solo per gli
studi, non poteva sapere tutto il resto, non era possibile.
“Io?
Guarda che occhiaie che
hai. Cerca di non esaurirti con questi allenamenti”
cambiò
discorso, sollevando il viso e la sua maschera, svelando i segni
scuri sotto i suoi occhi per la fatica e l'addestramento.
“Ci
prenderemo qualche giorno
di pausa a metà del mese circa. Il sensei sa bilanciare bene
gli
sforzi per ottenere il meglio, e allora potremo passare un po' di
tempo assieme e io mi riposerò” la
informò lui con espressione
colpevole.
“Mi
dispiace di non dedicarti
abbastanza tempo. Ma finirà presto e staremo finalmente
assieme”
aggiunse infatti, scoccandole un bacio sulla fronte.
Sorrise,
conquistata dalla sua
dolcezza, che non mostrava mai a nessuno se non a lei.
“D'accordo,
è una promessa,
caro il mio guerriero. Ma adesso dovresti ritornare all'allenamento,
stai perdendo tempo con me e non vorrei poi tu mi possa dare la colpa
nel caso in cui perdessi.”
“Tu
sei più importante
dell'allenamento e del torneo, stupida.”
Isabel richiuse gli occhi e gli
si accoccolò contro, vinta ancora una volta, ma colpevole,
tanto,
troppo colpevole.
Le braccia di Raphael erano un
rifugio sicuro che sapevano di fiducia e amore, mentre le sue
trasmettevano solo menzogne, nascondevano troppe verità.
1: Nel
Battle Nexus ci sono
davvero razze che possono cambiare fisico o altro per agevolarsi
nella lotta. Mikey in finale si era ritrovato a combattere
contro un alieno che cambiava forma fisica diventando da piccolo e
mingherlino in un colosso muscoloso.
Note:
Salve a tutti.
Chiedo formalmente scusa per l'enorme e mostruoso ritardo. Purtroppo la mia salute non brilla e ultimamente alcune cose si sono acuite, costringendomi a mille visite e molte cose per la testa; niente di grave, ma comunque abbastanza per tenermi forzatamente lontana da internet e dal fandom. Adesso sono sotto regime per rimettermi in forma, sarà un anno lungo, ma si può fare! Sono ottimista.
So che
forse non vi interessa,
ma volevo davvero spiegare perché mi sono assentata
così tanto. Non
è da me e per tutto questo tempo mi sentivo in difetto per
avervi
lasciato così.
Grazie per la pazienza e per
leggere la storia.
Pubblicherò
con la solita
puntualità (per ora una volta a settimana, ma spero di
velocizzare
nel futuro) e vi prometto davvero di tutto e di più in
questa
storia. Certificato!
Grazie per i seguiti, i
preferiti!
Vi abbraccio fortissimo, mi siete mancati.