Prequel
di Konoha, mattina, ancora. Lo so, dovrebbero mozzarmi le mani per impedirmi di
continuare.
Torniamo
indietro di qualche anno, i nostri sono giovinetti.
Come
al solito, non prendetemi sul serio.
Buona
lettura.
suni
Modalità
padre-figlio
Non
gli sembra di essere strano. Sì, la cosa con Naruto – qualunque
cosa sia esattamente, per il momento preferisce decisamente non darle un nome
– va avanti da dieci mesi, inaspettatamente, e sta diventando
preponderante nella sua vita, l’unica cosa effettivamente preponderante,
e questo da qualche tempo lo rende inquieto, forse nervoso, sicuramente
incredulo. Ma non è strano, almeno rispetto al suo solito essere cupo e
taciturno, cose che ritiene di poter essere a pieno diritto, dopotutto. Gli
sembra già straordinario il fatto di essere riuscito, nell’anno e
rotti successivo al suo ritorno a Konoha e anche questo grazie principalmente a
Naruto, a ricominciare a parlare, uscire di casa e compiere tutte le azioni
quotidiane che una persona normale fa usualmente, anche quando non è un
fratricida e non ha il suo passato alle spalle. Lui non è mai strano,
è fatto a modo suo: mica per niente è Sasuke.
Cioè,
forse talvolta i suoi battibecchi in pubblico con il dobe
prendono una piega diversa da un tempo e può darsi che di tanto in tanto
vada un po’ in ansia se pensa che probabilmente dormiranno di nuovo
insieme per la terza notte di fila e cose simili, ma lui è una persona
d’un pezzo, di carattere, e non gli basta certo così poco per
perdere la calma e entrare in crisi, cominciare a comportarsi in maniere
assurde, andare in giro con gli occhi a cuore - rivoltante – o struggersi
di sospiri guardando il tramonto mentre si chiede se e quando la cosa
finirà o che dirà la gente se mai verrà a sapere.
Lui
è perfettamente normale, il solito Sasuke criptico e monolitico.
Però
Kakashi e Sakura ogni tanto fanno delle facce preoccupanti e sembrano studiarlo
di sottecchi. Il sensei lo fa anche con Naruto e Sasuke sa che quel maledetto
non ha bisogno di usare entrambi gli occhi per vederci come e meglio di
chiunque altro, specialmente se si tratta dei suoi allievi. Se scoprisse
qualcosa sarebbe un’umiliazione senza precedenti e lui non ha idea di
come reagirebbe e soprattutto di cosa penserebbe. È strano, ripete e
sostiene con convinzione che del giudizio di quel villaggio di ipocriti non gli
importa minimamente, ma è una cosa diversa se si tratta di Kakashi.
Ma
lo depisterà abilmente. Sarà particolarmente gelido e
indecifrabile e tenebrosamente scazzato affinché nulla indichi che
nasconde alcunché e soprattutto qualcosa che concerna anche il dobe, così i sospetti, sempre che di sospetti si
tratti e non di paranoie sue, cadranno.
Semplice
come bere un bicchier d’acqua.
“Sas’ke,
posso parlarti un momento?” lo riscuote la voce pacata di Kakashi.
“P-perché?”
Si
schiarisce immediatamente la gola nel constatare di aver replicato con una voce
più acuta del normale. Realizza anche di essersi voltato di scatto
balzando in piedi, da seduto che era.
Il
sensei gli getta uno sguardo spiacevolmente penetrante, senza cambiare
espressione.
“Per
parlarti, evidentemente,” risponde affabile.
“A…ah.
Naturalmente,” replica lui, compito. Annuisce una volta, con infinita e
generosa disponibilità.
Kakashi
si gratta la testa, imitandolo.
“Facciamo
due passi?” propone, lanciando un’occhiata di sbieco a Sakura e Ino, che distolgono immediatamente l’attenzione.
“Mi
sembra una buona idea,” commenta Sasuke asciutto, scoccando loro uno
sguardo torvo.
Kakashi
sorride benevolo, prima di precederlo fuori, ma a Sasuke dà
l’orrenda idea di essere un sorriso più in stile Orochimaru che
ninja copia: assolutamente falso. Esita a metà d’un passo, sulla
porta.
“Di’,
che hai in mente?” domanda altero.
Kakashi
si volta indietro, paziente.
“Non
ti mangio mica, eh,” ribatte in tutta tranquillità.
Ovviamente
no, che non lo mangia, perché quello è Kakashi. Sasuke scrolla il
capo, condiscendente, e lo affianca lungo il corridoio.
“Ho
notato che la tua vista è migliorata molto,” inizia poi il sensei,
svagato. “Mi fa piacere. I tuoi allenamenti sono molto soddisfacenti e
credo che l’impossibilità di usare lo sharingan non ti
impedirà di diventare un grande jonin.”
“Mi
sembri un tantino lungimirante. Sono appena stato reintegrato come
genin,” ribatte lui, con una smorfia sprezzante per quell’infame
condizione.
Kakashi
annuisce, palesemente senza badargli, e tiene aperta la porta della terrazza
facendogli cenno di passare per primo.
“So
che il tuo ruolo nelle missioni non è granché, per ora,”
commenta comprensivo. “A questo proposito ho parlato con Tsunade, ieri, e
ci sono buone possibilità che tu venga promosso al grado di chunin in
inverno, senza dover passare l’esame.”
Sasuke
lo osserva con genuina sorpresa, sia per la notizia inattesa, sia perché
realizza che era di questo che gli voleva parlare. Semplicemente del suo grado
di shinobi, che non c’entra niente di niente con Naruto.
Deve
calmarsi.
“Niente
esame?” ripete stupito, con espressione scettica.
Kakashi
si stringe nelle spalle, poggiandosi alla balaustra.
“Le
ho fatto notare che anche senza l’uso della tua abilità le tue
capacità sono almeno dieci volte superiori a quelle di qualunque genin
principiante. Non avrebbe senso farti scontrare con nessuno di loro e non
ritengo necessario sottoporti di nuovo e inutilmente al fastidio della seconda
prova, visto com’è andata la volta scorsa.”
“E
l’hai convinta?” chiede Sasuke dubbioso, storcendo il naso.
Kakashi
sbuffa con modestia, tornando a guardarlo.
“Sono
persuasivo, suppongo,” commenta saputo. “So che ci vorranno almeno
altri tre o quattro anni per passare al grado successivo, visti i trascorsi di nukekin, ma per fortuna eri molto giovane e quindi non
peserà eccessivamente a tuo svantaggio.”
Sasuke
lo guarda in silenzio, senza sapere cosa dire e vagamente imbarazzato. Kakashi
fa sovente questo genere di gesti che hanno il sapore di slanci di puro
affetto, posti in un modo dimesso e noncurante che li fa spesso scomparire. E
lui, ogni volta, si sente galleggiare in una bolla comoda, vergognandosi poi
immediatamente di aver dato loro tanto peso.
“Non
era necessario,” osserva fiero, prima di voltarsi a guardare il panorama.
“Non
ho mai detto che lo fosse,” replica distrattamente il ninja copia.
“Comunque, c’è un’altra cosa.”
Sasuke
è ben contento di essersi girato e di non poter essere visto in faccia,
dato il modo in cui i suoi occhi si sgranano e il suo spasmo di tensione
nervosa. Deglutisce pesantemente, simulando indifferenza.
“Sarebbe?”
Kakashi
inspira rumorosamente, inclinando il capo con fare pensoso.
“Io
e te non rispecchiamo il tipo di individuo che parli facilmente, specialmente
di cose personali,” inizia, e il cuore di Sasuke manca un battito con un
sussulto d’ansia. “Tuttavia…col passare dei mesi ti ho
trovato molto meglio. Più calmo, più sereno forse anche di quanto
non fossi già prima di tutta la storia di Orochimaru. So che stai male,
ma mi sembra di vedere un inizio di superamento,” prosegue, e Sasuke
sposta ripetutamente lo sguardo intorno a sé, a disagio, serrando le
labbra.
“Può
darsi,” commenta, senza sbilanciarsi.
Kakashi
annuisce, parendo soddisfatto di quella mezza replica.
“Ma
ti trovo irrequieto, da qualche settimana. Così, prima che la situazione
precipiti in chissà quale maniera e siccome sono noto per non essere un
uomo che commette due volte lo stesso errore, ho pensato di intervenire
tempestivamente, stavolta. Concludendo,” prosegue, nell’ascolto
sempre più attonito e febbrile del ragazzo,
“…c’è qualcosa che ti turba, Sas’ke?”
Sasuke
spalanca le labbra, esterrefatto.
“E-eh?” sfiata allucinato.
Kakashi
sbuffa quasi tra sé, facendo un cenno paziente con la mano.
“Mi
chiedevo se non ci fosse per caso qualcosa che ti rende inquieto,” ripete
Kakashi con atavica calma.
Sasuke
tenta di nuovo di deglutire senza il minimo successo, sentendo la sua granitica
espressione fredda sgretolarsi sul suo viso come la corazza sabbiosa di Sabaku no Gaara. Scrolla
freneticamente la testa, tentando di far tornare il proprio battito cardiaco ad
un ritmo che non sfoci nell’attacco di cuore.
“Assolutamente
no!” risponde, quasi indignato.
L’altro
si stringe nelle spalle, assorto.
“Sono
anche io una persona orgogliosa. Naturalmente puoi non parlarmene, lo
capisco,” risponde benevolo. “Ma se dovessi averne bisogno,
ecco…” si gratta la testa, imbarazzato, “io sono qua.
Ricordatene,” bofonchia fissando il pavimento, comicamente impacciato.
Peccato
che Sasuke non abbia minimamente voglia di ridere. In compenso quella schietta
e insolita profferta lo scombussola ulteriormente, lasciandolo basito e con
un’aria lievemente deficiente. Si riscuote, stringendosi nelle spalle e
ritornando alla sua fosca impenetrabilità.
“Se
mai accadrà, me ne ricorderò,” conferma distaccato.
Kakashi
annuisce, solleva la mano in un gesto di saluto e gli volta le spalle,
allontanandosi con il suo passo cadenzato e tranquillo. Sasuke sbuffa
profondamente non appena lo vede sparire oltre la porta, accasciandosi sul
parapetto. Così non va. Il sensei sa che lui ha qualcosa che gli frulla
per la testa, e questo significa che presto o tardi scoprirà.
“Ah,
Sas’ke?”
Fa
quasi un salto su se stesso, tornando a girarsi di scatto. Kakashi è
sulla soglia di nuovo, la mano sulla maniglia e un sorriso cordiale.
“Sì?”
“Tutto
a posto con Naruto?”
La
domanda è posta in maniera del tutto casuale e disinteressata, ma
l’occhio di Kakashi ha qualcosa di mostruosamente sardonico e consapevole
e Sasuke si sente sprofondare attraverso i tre piani del palazzo infossandosi
nella terra sotto le fondamenta, mentre la verità, indubbia, lo assale.
Il
sensei ha già scoperto.
“S…ì,”
rantola lui, atterrito.
Kakashi
annuisce, spiccio.
“Bene,”
conclude, prima di andarsene davvero.
Sasuke
fissa ancora la porta con rarefatto terrore, poi la sua fronte si aggrotta
rabbiosamente e le mani si serrano a pugno.
Sa
chi è il colpevole di tutto questo.
“Yo, Sas…”
“Tu,
idiota!” è l’urlo irato che interrompe il saluto sorpreso e
gioioso di Naruto, lanciato da un Sasuke straordinariamente su di giri, e non
per l’eccitazione, che gli sta puntando minacciosamente un dito a qualche
millimetro dal bulbo oculare sinistro.
Il
jinchuuriki lo osserva sbigottito per qualche secondo, senza nemmeno mollare la
maniglia della porta semiaperta, poi sogghigna malizioso.
“E’
un giochetto nuovo?” chiede ingenuamente, arretrando per far entrare il
genio in casa.
“Te
lo do io il giochetto, dobe!” ringhia Sasuke,
spintonandolo bruscamente. “Dritto in testa e di spigolo! Tu, specie
di…”
Naruto
si acciglia, risentito.
“Ma
che ti piglia?” chiede perplesso.
“Che
mi piglia? Che mi piglia, chiede lui!” sbotta Sasuke, entrando in casa
con ampie falcate. “Come se non fosse tutta colpa tua, e dire che lo
sapevo anche, ma francamente speravo che per una volta disattendessi le mie
fosche aspettative, ma figuriamoci, dopotutto…” blatera cupo e imbufalito,
percorrendo la stanza con andatura frenetica.
“Sas’ke,”
lo interrompe Naruto imbronciato, assottigliando gli occhi con bizzosa
sufficienza, “puoi evitare per una volta gli sproloqui da eroina tragica
e arrivare al punto?”
“Da
eroin…che cosa?” ruggisce il genio, prima
perplesso e poi scandalizzato per quell’avvilente definizione del suo giustificatissimo monologo sdegnato. “Come osi, dobe?” ringhia aggressivo, afferrandolo per la
collottola.
“Se
vuoi fare sesso violento al limite devi dirlo, non serve montare una
scenetta,” lo sbeffeggia Naruto ridacchiando, incurante della minaccia
nei suoi gesti.
“C’è
una sola cosa violenta che voglio fare, pezzo d’imbecille,” sibila
il genio senza mollare la presa, avvicinando il viso al suo, truce, “ed
è ucciderti.”
“Oh,
piantala!” esclama Naruto spingendolo via di scatto, spazientito.
“Cosa cavolo c’è, eh?”
Sasuke
lo studia con profonda avversità, incrociando sdegnosamente le braccia
al petto. Sembra valutare per un istante se concedergli o meno la grazia di
informarlo dei fatti, quindi sbuffa sprezzante.
“Kakashi
sensei sa,” annuncia, con tono
lugubre da funerale.
Naruto
sgrana curiosamente gli occhi, tacendo stralunato per qualche secondo. Poi
sbatte le palpebre qualche volta e si gratta il mento.
“Te
l’ha detto lui?” chiede stupito.
“Me
l’ha fatto chiaramente capire,” brontola Sasuke cupo, senza
spostare dal jinchuuriki il suo sguardo astioso.
Naruto
annuisce distrattamente, lo sguardo fisso e assorto, quindi si stringe nelle
spalle.
“Prima
o poi doveva succedere. Era troppo sperare di riuscire a ingannarlo ancora a
lungo,” commenta, fatalista e quasi divertito.
Sasuke
lo fissa per qualche secondo con perfetta immobilità, quasi non
respirasse nemmeno.
“Beh?”
stride poi, brusco. “Questa sarebbe la tua reazione?”
Naruto
solleva le sopracciglia e allarga un po’ le braccia. Il suo sorriso
svampito risplende quasi con sollievo.
“Che
dovrei dire, scusami? Era logico che prima o poi qualcuno lo avrebbe capito,
teme, e il più probabile era proprio Kakashi sensei. Penso che a questo
punto dovremmo parlargliene apertamente, spiegargli…”
“Non
abbiamo proprio niente da spiegare!” gracida Sasuke inviperito,
interrompendolo con durezza. “Non c’è nulla di cui parlare!
Nessuno lo doveva scoprire, invece tu te ne sei andato in giro con un maledetto
sorriso svenevole veleggiando a due metri di terra e ronzandomi intorno come se
fossi un fottuto barattolo di miele! Certo che poi era probabile che Kakashi
capisse, non è sordocieco!”
Naruto
lo guarda con fastidio per qualche secondo, aggrottando la fronte. Sbuffa
sonoramente con aria irritata e poi agita una mano come per allontanare un
insetto invisibile.
“Non
è così grave, dei!” ribatte sicuro. “Non si tratta di
un estraneo, è il nostro sensei, non è c’è nulla di
male se qualcuna delle persone più importanti per noi viene a sapere che…”
“Non
c’è. Niente. Da sapere!” scandisce ferocemente Sasuke,
fulminandolo con un’occhiata omicida. “Niente di niente! Non esiste
niente da sapere, ficcatelo in quella testa vuota da idiota,” intima
gelido.
Naruto
lo guarda allibito e ridacchia freddamente.
“Stiamo
insieme. Non è esattamente niente,
non credi, Sas’ke?”
“Noi
non stiamo insieme,” esclama lui secco.
Naruto
sporge la testa in avanti con sconcerto, serra le labbra fissandolo
intensamente e si rabbuia.
“Sas’ke,”
inizia, animandosi, “non dire cazzate! Dormiamo insieme almeno due notti
alla settimana, mangiamo insieme, facciamo sesso tre o quattro volte al giorno,
cosa credi che sia? Mi prendi in giro, eh?” conclude alzando la voce,
bellicoso.
E
Sasuke lo spiazza completamente. Raddrizza la testa con alterigia e lo scruta
freddo, in quel suo modo che ferisce.
“Credo
che tu abbia frainteso la situazione, Naruto.”
Il
suo pugno colpisce la mandibola del genio prima ancora che lui stesso se ne
renda conto, mandandolo a sbattere la schiena contro il muro. È un attimo,
poi il piede di Sasuke si scaraventa contro il suo stinco, facendolo piegare di
scatto in avanti. Naruto si sporge per istinto, conficcando il gomito nel suo
stomaco con forza.
“Stupido
imbecille arrogante!” bercia, prendendosi poi una botta in testa che gli
fa vedere nero per un paio di secondi. “Va’ al diavolo, buffone
presuntuoso!” ansima, mentre si avvinghiano in una lotta violenta.
“Cosa credi…cosa credevi quanto ti ho detto che sono innamorato di
te, eh?” sbraita inferocito. “Quanto scopiamo e ti dico che ti amo
tu capisci più piano? Eh,
Sas’ke?”
È
fuori di sé, continua a colpire alla cieca finché sente che
Sasuke non oppone più resistenza né reagisce. L’Uchiha ha
un filo si sangue che cola dal naso e lo sguardo gelido di due anni fa. Naruto
rimane immobile, appoggiato contro di lui rigidamente, lo sguardo fisso sul
muro.
“Quelli
sono problemi tuoi. Io non ti ho mai dato nes…”
inizia Sasuke sprezzante.
“Vattene,”
lo interrompe bruscamente Naruto, allontanandosi da lui e dandogli le spalle.
“Come?”
“Ti
ho detto vattene da casa mia. Vai via.”
Sasuke
si guarda intorno quasi intorpidito. Tira su di naso e porta la mano alle
labbra, come rendendosi conto solo ora che sta sanguinando. Aggrotta la fronte,
altero.
“Mi
stai buttando fuori?” chiede sarcastico.
Naruto
rimane girato, silenzioso e immobile, le spalle rigide e i pugni serrati
spasmodicamente. Sasuke lo guarda ancora per qualche secondo, poi si avvia
verso l’esterno. All’ultimo, quando e già sulla soglia,
Naruto parla nuovamente.
“Di
tutto il male che mi hai fatto non credo di averne mai meritato nemmeno un
grammo,” afferma, la voce sorda e grave. “Non ti permetterò
di farmene più.”
Sasuke
si acciglia.
“Te
lo sei fatto da solo. Non ti ho mai detto io di venirmi a cercare. Ti ho detto
esattamente il contrario.”
Non
può vederlo, ma il volto di Naruto si irrigidisce ulteriormente, le sue
labbra si piegano quasi con disgusto.
“Esci
di qui,” intima con rabbia silenziosa il jinchuuriki. “O ti faccio
male io.”
Il
suo tono è eloquente, non ha bisogno di muovere nemmeno un muscolo
perché si capisca che la minaccia non è fatta per cadere nel
vuoto. Sasuke china lo sguardo, scivola oltre la soglia e se la chiude
silenziosamente alle spalle.
Hanno
entrambi la stessa espressione incredula, dolorosamente amareggiata.
“Disturbo?”
Kakashi
solleva la testa dai fogli sorpreso, sorride nel riconoscere l’allievo e
getta via uno dei documenti con sollievo, rimandando la loro compilazione a
più tardi.
O magari anche a…mai.
“Sas’ke,”
lo accoglie benevolo, ben lieto di essere interrotto nell’assolvimento
della parte più spiacevole del lavoro di shinobi. Essere uno degli
uomini di fiducia dell’Hokage non è sempre una fortuna,
soprattutto quando lei è indietro con i carteggi da sistemare. “Vieni.
Come sapevi che ero qui?”
“Ho
chiesto al senpai Tenzo se
ti aveva visto,” risponde lui, spiccio. I suoi occhi neri sfuggono
curiosamente il suo, le sue dita si tormentano nervosamente e strofina i piedi
in terra. Tutte cose molto strane, per Sasuke.
“Hai
bisogno di qualcosa?” domanda il jonin, curandosi di non sembrare
apprensivo.
Sasuke
esita visibilmente, si guarda ancora intorno come se d’improvviso
desiderasse scappare. Poi arriccia le labbra riluttante, vagamente puerile.
“Prima
hai…”
“Che
hai fatto al naso?” lo interrompe Kakashi di getto, notando in quel
momento il livido che si sta formando sul suo osso nasale. Poi si stringe nelle
spalle a mo’ di scuse. Sasuke tende già a non parlare molto, se
poi lo si interrompe è la fine. “Scusami. Stavi dicendo?”
Il
ragazzo tentenna ancora, si passa una mano sul collo come se non respirasse
bene.
“Prima
hai detto che se avessi avuto bisogno di…”
“Sì.
Certo,” conferma Kakashi, evitandogli il disturbo di chiedere aiuto. Si
sistema meglio sulla sedia, voltando il busto verso di lui per dedicargli tutta
la sua attenzione, quindi allunga cautamente le gambe sul tavolo. Tanto non
è il suo. “Ti ascolto,” sospira bonario, indicandogli una
sedia vuota.
Sasuke
la guarda come se fosse un animale di razza ignota, quindi si avvicina
controvoglia e siede rigidamente. Le mani, chiuse, poggiano sulle sue gambe
piegate con eccessiva, innaturale compostezza.
“Bene,
la farò breve. Io…posso avere dell’acqua?”
Kakashi
spalanca leggermente l’occhio, inespressivo, quindi annuisce brevemente.
“Quello
che vuoi. Non è un interrogatorio,” risponde quieto.
Sasuke
annuisce distrattamente, alzandosi per riempirsi un bicchiere lentamente, in
perfetto silenzio. Kakashi sbuffa stando attendo a non emettere un suono, lo
osserva incuriosito dietro la facciata flemmatica e distaccata.
Sta
succedendo qualcosa di strano al suo allievo. A entrambi i suoi allievi. Non è
sicuro di cosa sia esattamente, anche se ne ha un’idea precisa che non sa
bene come considerare e che forse è solo un prodotto della sua fantasia.
Ma, di qualunque cosa si tratti, sta avendo un effetto contraddittorio su
Sasuke. È agitato, da qualche tempo.
Il
ragazzo si risiede con entusiasmo patibolare, sospirando.
“Dunque?”
lo esorta placidamente lui.
“E’…io
e Naruto.”
Kakashi
si sporge in avanti, incrociando le mani sulle ginocchia.
“Sì?”
“Noi…noi
abbiamo una specie di…relazione,” annuncia Sasuke con estrema
riluttanza. Abbassa lo sguardo sul pavimento e, se la vista non lo inganna,
Kakashi lo vede distintamente arrossire. Sasuke.
Poi
realizza il significato delle parole che ha pronunciato e il suo occhio si
sgrana da sé.
“Scusami?”
lo sprona atterrito, con il dubbio – forse speranza – di stare
equivocando e di avere sospetti del tutto erronei da giorni.
“Io
e Naruto abbiamo una relazione. Come…come le persone che stanno insieme.
Qualcosa del genere,” ribadisce il ragazzo, quasi irritato e con estremo
disagio.
Kakashi
è estremamente lieto, ancora una volta, che buona parte del suo viso sia
invisibile grazie alla maschera, perché probabilmente la sua espressione
la dice lunga sul suo sconvolgimento. Le affermazioni di Sasuke gli scavano in
testa lentamente mentre realizza in pieno tutte le loro implicazioni. Resta con
la bocca semiaperta, fissando l’allievo senza pressoché vederlo.
Sasuke
e Naruto. Naruto e Sasuke.
Dei,
allora è vero.
I
suoi due allievi, i frugoletti che gli sono stati affidati alla tenera
età di dodici anni, che si sono detestati, legati, massacrati di botte e
rimbalzati l’un l’altro da un angolo all’altro della terra. I
suoi ragazzi, le sue foglie.
Insieme.
È
così sconvolto e impegnato nella sua riuscita imitazione di un blocco di
granito che non si avvede dell’espressione ansiosa e febbrile del
ragazzo, delle sue mani sempre più strette sulle gambe e lo sguardo
quasi spaventato. Finché Sasuke non parla.
“Sei
deluso, sensei?”
C’è
un misto di orgoglio guerriero e lieve timore nella sua voce. Kakashi torna a
guardarlo, dritto e fiero e inconsapevolmente contrito come solo Sasuke sa
essere.
“Io
sono…sorpreso,” ammette schiettamente, passandosi una mano sul viso.
Poi aggrotta la fronte quasi severamente. “Perché dovrei essere
deluso?” chiede grave.
Sasuke
scrolla le spalle, altero e indifferente.
“Perché
siamo due uomini e siamo i tuoi allievi e io sono un nukekin,”
butta fuori con finta noncuranza.
“Tu
non sei una delusione, Sas’ke. Non lo sei in nessun campo.”
È
una delle cose più intime e sincere che abbia mai detto in vita sua,
scivola fuori con naturalezza e atterra dolcemente. Rimane lì, viva e
calda in mezzo ai loro occhi, quelli confusi e interiormente sollevati di
Sasuke, il suo trasparente e fermo.
Poi
il genio annuisce lentamente, stringendo le labbra inespressivo.
Kakashi
sospira tra sé, cercando di fare mente locale e rimanere calmo, vista
l’agitazione evidente che il giovane tenta, per una volta con scarso
successo, di celare.
“Quanto
tempo è che…?” azzarda pacatamente.
Sasuke
tentenna con il capo, volta lo sguardo sfuggendo il suo.
“Una
decina di mesi.”
Kakashi
allibisce, la sua gamba in parziale equilibrio precipita giù dal tavolo.
“Di
mesi?” ripete allibito. “E non mi avete…non me l’hai
detto perché credevi che sarei stato deluso?” continua, quasi
offeso e sconcertato.
Sasuke
nicchia ancora, poi rizza il busto più risoluto.
“Sì.
E perché non…non è che sia…non è una
cosa…”
“…Seria?”
ipotizza Kakashi sempre più perplesso, cominciando a chiedersi se non
sia tutto uno strano delirio. Uchiha Sasuke è il fenomeno naturale
più complesso e contraddittorio in cui si sia mai imbattuto.
Sasuke
si limita ad annuire.
“Cioè.
Io. Oh, cavolo.”
Kakashi
annuisce comprensivo a sua volta.
“Prenditi
pure il tuo tempo,” lo invita benevolmente.
Così forse io riuscirò
a prendermi il mio per assorbire la notizia.
“Abbiamo
litigato,” annuncia Sasuke, cambiando discorso di punto in bianco.
Kakashi assottiglia gli occhi, concentrandosi per cercare di seguirlo senza
perdersi qualche passaggio. Il ragazzo non è abituato a confidarsi, e si
vede.
“Tu
e Naruto? Quando?”
“Prima.
Il naso, è stato lui. Oh, non fa niente. Vado a casa,” stabilisce
Sasuke brusco, alzandosi di scatto.
“Sas’ke,”
lo richiama autorevolmente il sensei. “Aspetta un attimo, finisci di
parlare.”
“No,”
il ragazzo scuote la testa con sicurezza. “Non fa niente, non è
nulla di significativo.”
“Sospetto
invece di sì,” lo contraddice placidamente Kakashi, ragionevole.
“Hai qualcosa che frulla in quella testa ingarbugliata da qualche giorno.
Dai, Sas’ke, lo sai anche tu ormai: arrangiarsi da soli non è
sempre l’idea migliore.”
Il
giovane shinobi sbuffa ritroso, sollevando il naso all’aria. Poi si
acciglia e infine sventola una mano stizzosamente.
“E’
che non mi va…preferivo che non lo sapesse nessuno perché non
sembrasse chissà cosa, poi tu prima mi hai…” borbotta a
malincuore.
“Non
ti sto seguendo,” lo informa Kakashi pazientemente.
Sasuke
stringe le labbra quasi con disappunto, china la testa stancamente e gli
nasconde il proprio viso.
“Poi
come faccio se…se un giorno…se di nuovo…”
Non
dice nient’altro. Kakashi si lambicca per qualche secondo, cercando di
venirne a capo. Infine intuisce il punto, o così gli pare, e sospira
lungamente, scuotendo piano la testa.
“Sas’ke,”
inizia grave, “a volte la gente muore. Purtroppo sappiamo bene tutti e
due che a questo mondo succedono cose orribili. Ma rimanere ostinatamente soli e
mantenere le distanze per paura che le persone che ci sono vicine ci vengano
tolte è…stupido. So di cosa parlo, ho commesso questo errore.”
“Io
non ho paura!” protesta Sasuke, piccato.
“Qualunque
cosa sia, è stupida,” ribatte tranquillamente Kakashi, e Sasuke
sembra non trovare cosa rispondere, parendo quindi oltremodo infastidito. Poi
solleva di nuovo lo sguardo nel suo, che rimane incrollabilmente convinto,
fermo e affezionato, quindi sospira e annuisce.
“E
cosa succede se qualcun altro lo viene a sapere? Se Naruto vuol fare
l’Hokage e salta fuori che sta con…”
“Il
vero problema,” lo interrompe Kakashi, colto da un’improvvisa,
agghiacciante consapevolezza amara, “non è che qualcuno lo venga a sapere.” E
Sasuke lo guarda interrogativo. Lui sbuffa, dondolando la testa. “Mi
chiedo quale sarà la reazione di Sakura il giorno in cui lo
scoprirà. Credo che il nostro team abbia una nuova prova in
vista,” conclude, visualizzando l’immagine dell’allieva
intenta a utilizzare Naruto come bersaglio per i suoi pugni.
“Io
non…” inizia Sasuke rigido.
“Senpai?” chiama in quel momento Genma,
irrompendo d’’improvviso nella stanza. “Oh, chiedo scusa. Senpai, hai finito con i rapporti di
quest’inverno?”
Kakashi
si gratta la tempia con innocenza.
“Mh. Quasi,” mente, sereno. Sasuke trattiene un
sorriso.
“Io
vado, sensei,” annuncia, avviandosi alla porta. “Ci vediamo
domani.”
“A
domani, Sas’ke,” risponde lui cortesemente.
Lo
guarda andar via con un passo molto più leggero di quand’è
arrivato. E sorride tra sé.
“Non
mi parlare,” è la prima frase che pronuncia tra i denti Naruto,
prima ancora di aver raggiunto il compagno di team.
È
una bella mattina primaverile soleggiata, un po’ fresca ma piacevole.
Naruto è arrivato in clamoroso ritardo, attardandosi in una passeggiata
senza allegria, nella speranza che se non il sensei almeno Sakura fosse
già lì, di modo da non dover rimanere solo con Sasuke che
è sempre puntuale al decimo di secondo. Invece, con suo grande
disappunto, soltanto l’erede degli Uchiha è appollaiato sul
muretto sotto il sole.
“Yo,” mormora Sasuke atono.
“Dove
sono tutti?” chiede lui indispettito, voltando lo sguardo intorno.
“Possibile che si debba sempre aspettare due ore prima di riuscire a
muoversi?”
“Veramente
non stiamo aspettando nessuno,” lo contraddice Sasuke a voce bassa.
Naruto
alza lo sguardo su di lui per la prima volta, scoprendolo come al solito dolorosamente
bello. Si acciglia irritato con se stesso, con il genio che dice cazzate e col
mondo in generale.
“Guarda
che siamo un team di quattro,” afferma tagliente.
“Sì,
ma Sakura e Kakashi sono già andati dall’Hokage per informarsi
sulla missione,” spiega Sasuke, senza guardarlo.
Naruto
aggrotta la fronte, sorpreso.
“E
perché non ci hanno aspettati?” chiede, contrariato. Questo
è assolutamente estraneo alla procedura abituale.
“Perché
ho detto loro che ti avrei aspettato io per guadagnare tempo,” replica il
genio, con lo stesso tono piatto e dimesso che ha dall’inizio della
conversazione e che comincia a dare sui nervi a Naruto più della sua
faccia di bronzo.
“Ma
perché diavolo il sensei è arrivato meno tardi del solito proprio
oggi?” protesta lui, bilioso.
Sasuke
si stringe nelle spalle. Sembra profondamente assorto oppure solo molto freddo.
Naruto non ha nemmeno più voglia di stare a lambiccarsi su quale delle
due impressioni sia quella giusta: tanto non ne verrà comunque nulla di
buono per lui in ogni caso, come sempre.
“Meglio
così, no?” mormora il genio, alzando finalmente lo sguardo. Naruto
rimane impassibile, ostile e teso.
“Già.
Così possiamo iniziare subito. Andiamo?” esclama seccamente,
muovendo il primo passo.
“Aspetta,”
lo trattiene Sasuke, afferrando il suo polso. “Dei, quanto sei
idiota,” aggiunge.
Naruto
scatta rabbiosamente, sottraendo il braccio alla sua presa e scrutandolo torvo.
“Non
penso di essere io l’idiota,” ribatte aggressivo.
Sasuke
sospira con sufficienza, scuote piano la testa come se avesse a che fare con un
ritardato e questo, ovviamente, scatena l’ulteriore rabbia di Naruto.
“Smettila
di trattarmi come se fossi un cretino!” sbotta irato, agitandosi. “Senti,
andiamo semplicemente a vedere cos’è la nostra missione,
e…” intima, deciso ad abbreviare il più possibile il tempo
trascorso con lui. Se Sasuke vuole la guerra, guerra sia. Tanto per cambiare.
“Non
abbiamo missioni. Non noi due. Sakura è con il team Shikamaru e Kakashi
ha un incarico con il senpai Yamato,” smozzica
Sasuke tra i denti, a testa bassa.
“Cosa?”
ribatte Naruto sorpreso. “Ma ieri…”
“Uffa,
Naruto! C’è stato un cambio di programma, stamattina, e prima che
tu me lo domandi Kakashi non ti ha avvisato perché gliel’ho
chiesto io,” afferma Sasuke, apparentemente innervosito. Il suo broncio
sembra particolarmente riuscito, oggi. Gli dona, come qualunque sua espressione
facciale.
“Perché?”
domanda lui, già intuendo il punto e sentendosi esultare intimamente.
Sasuke
sospira, piegando il collo indietro e lasciando ricadere la testa.
“Per
parlarti,” ammette, e Naruto trattiene a stento un sogghigno. Non gli
risparmierà nemmeno una delle scuse che il teme gli deve, e se le
godrà un mondo. Oh, se le godrà.
“Ma
perché Kakashi…”
“Dei,
che testa quadra!” sbotta Sasuke sfinito, o almeno sembra. “Gli ho
detto che avevamo litigato.”
“Oh,
fantastico! Che scopiamo insieme non glielo dici, però se ti do un pugno
corri subito a…”
“Gli
ho detto anche quello,” borbotta Sasuke vergognoso. “Cioè,
non proprio in questi termini.”
Naruto
lo fissa con genuino stupore e l’altro distoglie lo sguardo in fretta,
seccato.
“Gli
ho detto che abbiamo una relazione,” annuncia, burbero.
Il
jinchuuriki sgrana gli occhi, diffidente. Incrocia le braccia rimanendo piantato
davanti al compagno con sicurezza, nonostante al momento sia quanto di meno
vicino al sicuro di sé che ricordi.
“Così?”
chiede scettico.
Sasuke
aggrotta la fronte, stancamente. La sua espressione è già tornata
più simile alla normale impermeabilità distante.
“Cosa
gli dovevo dire, che ci sposiamo?” risponde secco.
“Che
avevamo una relazione, fino a
ieri,” lo corregge Naruto ostile, in un patetico tentativo di convincere
almeno se stesso a mantenere le distanze che sa già essere perfettamente
vano.
Sasuke
non si dà nemmeno il disturbo di sembrare preoccupato per
quell’affermazione, limitandosi a guardarlo con condiscendenza.
“Sì?”
chiede canzonatorio, gettando un’occhiata intorno quasi casualmente.
Naruto
annuisce baldanzoso, rimanendo immobile a testa alta. Quando Sasuke si avvicina
lo coglie di sorpresa facendolo quasi sussultare: lì, appena fuori dal
centro abitato, in una strada pubblica, avere il viso del genio a nemmeno tre
centimetri dal suo lo spiazza.
“C-che fai?”
“Verifico
che la nostra relazione sia davvero conclusa,” sussurra Sasuke serio,
respirando quasi sulle sue labbra.
“Ci
vedono, eh,” biascica Naruto, sentendo il proprio collo farsi marmoreo
per la tensione nervosa e il battito cardiaco aumentare impietosamente.
Dannatissimo teme con la sua faccia impassibile.
“Chi?
Non c’è nessuno, dobe,” replica
l’altro, contegnoso.
Naruto
si lecca involontariamente le labbra, ritraendosi – secondo lui di almeno
mezzo metro, realmente di nemmeno due dita. Sasuke si limita ad assecondare il
suo movimento, accostandosi di un altro soffio. Naruto si scopre a perdersi nei
suoi occhi neri, pure sempre così dannatamente freddi e asettici. Quando
si muove lo fa quasi senza saperlo, colmando quell’ultima distanza che
gli sta facendo stringere lo stomaco e scottare i lombi. Sporge la testa in
avanti appena e sfiora le labbra di Sasuke, già pentendosene e facendo
per ritrarsi di nuovo, ma il genio è più veloce
nell’affondare la mano nei suoi capelli e trattenerlo, approfondendo il
bacio.
“Dunque,
dobe?” mormora poi contro il suo viso,
superiore.
Le
risate in lontananza li interrompono di soprassalto e Naruto si sente
spintonare indietro bruscamente. Incespica sulla strada dissestata e cade a
sedere in terra nel momento in cui tre ragazzini compaiono dalla curva che giunge
nel centro del villaggio.
“Sas’kee!” sbraita infuriato.
“Non
è mica colpa mia se sei una testa quadra. Non ti reggi in piedi,”
replica lui sprezzante, mentre i bambini trotterellano accanto a loro
guardandoli di sfuggita.
“Sei
un…” brontola Naruto. Forse deluso, forse così contento che
non sa nemmeno come prenderne atto.
Poi
la mano di Sasuke si tende verso di lui, e quando solleva lo sguardo Naruto lo
vede presuntuoso come al solito, con la sua aria di sufficienza, però
è lì e la sua mano non si muove finché lui, sbuffando, non
la afferra per rialzarsi.
“Vieni,”
ordina Sasuke, mantenendo la presa per appena un paio di secondi più del
necessario.
Non
dicono un’altra parola finché non sono nel quartiere degli Uchiha.
Anche se Naruto ne avrebbe di cose da dire e di domande nella gola, e vorrebbe
sapere cosa vuol dire quell’atteggiamento stranamente intimo e se
significa che ieri Sasuke aveva solo bisogno di dire cazzate e fare il duro
come al solito, oppure se quel ritorno sui propri passi vuol dire che dopotutto
lui conta più di quel che sembra e, nonostante tutto e a dispetto del
passato e del dolore che rimane – e che rimarrà sempre, se conosce
Sasuke almeno un po’ – lo rende almeno un po’ felice. O meno
infelice, a seconda del punto di vista.
Ma
il genio continua semplicemente a camminare in silenzio, quasi come se fosse da
solo, con espressione addirittura meditabonda, e Naruto non si spinge a
domandare nulla. Lo affianca soltanto, sorridendo scioccamente. E quando
arrivano davanti a casa Uchiha e Sasuke si volta e parla d’improvviso lui
quasi fa un balzo, sorpreso.
“So
che forse ultimamente sono stato più strano del solito,” annuncia Sasuke
riluttante, come se ogni parola gli costasse uno sforzo infinito. “Non ti
devo spiegazioni, l’unica cosa è che è passato, non
avrò più paura.”
Infila
le chiavi, apre la porta ed entra di fretta, quasi volesse scappare, mentre
Naruto rimane per qualche secondo imbambolato a fissare il vuoto senza capire,
perché finora non era nemmeno sicuro che Sasuke abbia mai avuto
veramente paura di qualcosa – tranne forse di Orochimaru,
all’inizio, quando ancora non sapevano nemmeno bene chi fosse – e
soprattutto di cosa avrebbe dovuto avere paura adesso, e cosa c’entri con
lui.
Né
potrebbe capire, del resto: Naruto non ha mai avuto paura di essere felice.
“Che
stai macchinando?” domanda diffidente, incassando la testa nelle spalle.
Sasuke
sbuca dalla soglia secondaria, sbuffando.
“Ti muovi?” ribatte scocciato.
Naruto scrolla la testa e si fa avanti, sfilandosi
i sandali. Fa in tempo giusto ad entrare in casa che Sasuke lo spintona contro
il muro, infilandogli le mani sotto la giubba.
“Ma noi non abbiamo proprio nessuna missione,
oggi?” domanda Naruto, in un ultimo barlume di resistenza. Sasuke sbuffa
sulla sua guancia, guardandolo storto.
“Ho chiesto al sensei se poteva fare in modo
di evitarci incarichi,” risponde spiccio, dedicandosi alla cintura dei
suoi pantaloni. Naruto boccheggia, le ginocchia molli e un gran caldo
dappertutto, e reclina la testa indietro scorrendo le mani sulle sue spalle,
sotto i vestiti. “Ho voglia,” mormora Sasuke contro il suo
orecchio, facendogli scendere lungo la colonna vertebrale un brivido che gli
arriccia persino le dita dei piedi.
“Hai…detto questo a Kakashi per farci
stare a casa?” biascica Naruto ridacchiando, venendo a capo
dell’apertura della giubba del genio.
“Ovviamente no,” risponde Sasuke
spingendolo verso le scale, con un sorriso sghembo e quasi compiaciuto.
“Gli ho detto che saremmo venuti qui perché dovevamo parlare e
chiarire le cose. Figurati, il sensei penserà che non sappiamo nemmeno
cos’è il sesso. La sola idea lo stroncherebbe,” conclude,
con una smorfia superiore.
Naruto sghignazza, rimbalzando contro la porta
della stanza del compagno prima di caracollare indietro ed atterrare sul letto
direttamente sotto il corpo di Sasuke.
“Mi
stai ascoltando, senpai?”
Kakashi
sbatte l’occhio, sorridendo accomodante.
“Scusami.
Stavo pensando a una cosa,” afferma, schietto, con un’espressione
pacifica che rende impossibile qualunque ritorsione.
Tenzo
lo fissa incuriosito, affondando le bacchette nella sua porzione di ramen.
“Tipo?”
Kakashi
sbuffa, stoico.
“A
cosa fanno due diciottenni in pieno sviluppo chiusi in una camera da letto alle
undici del mattino,” mormora quasi tra sé, e Tenzo
potrebbe quasi giurare che nel suo occhio passi un lampo d’orrore, se non
fosse che quello è appunto Kakashi e dunque non ha senso. Aggrotta la
fronte, perplesso.
“Uh…così,
a occhio e croce, direi che…”
“No!
Non lo voglio sapere. Lo stavo solo pensando, così, per ingannare il
tempo,” lo interrompe Kakashi, quasi nervosamente.
Tenzo
china il capo, avvilito.
“Ingannare
il tempo mentre ti parlo, senpai?” borbotta
rassegnato.
“Oh,
scusami,” fa Kakashi lieve. “È soltanto questo pensiero
fisso che resta lì, sai, come quando ti si incastra il collo della
maschera nella chiusura della giubba, hai presente? No, ovviamente non hai
presente.”
Tenzo
ridacchia esterrefatto, scrollando la testa.
“Sei
sicuro di sentirti bene?” chiede divertito.
Kakashi
sbuffa condiscendente, con fare magnanimo.
“Secondo
te c’è una remota possibilità che potrebbero stare
lì, non so, a parlare?” continua, parendo speranzoso.
Tenzo
inspira lungamente, spalancando un po’ gli occhi.
“Sai
che odio disilluderti e che ho grande stima di te, tuttavia…”
“No.
No, non continuare, non è necessario. Chiaramente, due ipotetici diciottenni
nella camera da letto alle undici di mattina stanno facendo sesso,”
termina il ninja copia, sospirando sconsolato.
Tenzo
ridacchia.
“Cos’è
questa storia dei diciottenni e del sesso? Nostalgia? Starai mica invecchiando,
senpai?” chiede ironico, portando un altro
boccone alle labbra.
Kakashi
pare essersi di nuovo estraniato leggermente, con suo grande disappunto.
“Cosa
ne pensi degli omosessuali?” domanda di punto in bianco, soavemente
assorto.
Tenzo
aggrotta la fronte preoccupato, ritraendosi leggermente con un certo allarme.
“Senpai…mi stai spaventando… Tieni a posto le
mani, eh.”
Kakashi
si riscuote d’improvviso, voltandosi di scatto a guardarlo con
l’aria stupita di chi s’è appena svegliato da un lungo
sonno.
“Cos..?”
Leva gli occhi al cielo, sospirando pazientemente. “Che razza
d’idiota, kohai.”
Tenzo
sta già ridendo di gusto. Kakashi sorride a sua volta, bonario.
“Ti
piacerebbe, eh?” aggiunge condiscendente. Tenzo
si piega su se stesso ridendo ancor più selvaggiamente.
“Guarda
che a molti piacerebbe. Sono un personaggio pubblico di grande successo,”
lo riprende Kakashi, fintamente avvilito.
E
Tenzo continua a ridere, esilarato.
“I-immagino,” balbetta tra le risa. “Soprattutto
con questi discorsi seducenti di camere e diciottenni.
Fanno la fila, ci scommetto,” commenta convinto.
“Dimentichiamo
la camera da letto e i diciottenni, vuoi?” geme Kakashi, con aria da
martire.
“Sei
tu che continui a parlarne,” protesta Tenzo,
ragionevole. “Io stavo cercando di spiegarti l’incarico che ci ha
dato Tsunade hime.”
“Perfetto,
comincia pure,” lo invita Kakashi, solerte, iniziando quindi ad
ascoltarlo.
Ma
non riesce a smettere di pensare a quella maledetta camera da letto. Alle
undici di mattina. Due diciottenni.
Accidenti
a loro.
Se vorrete avere la bontà di commentare, positivamente o negativamente, ebbene, non mi opporrò...^__^