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Autore: Ai_1978    12/02/2015    10 recensioni
Cosa succederebbe se due Ozora e un Wakabayashi si trovassero "costretti" a passare una domenica insieme al mare?
E se con loro ci fossero anche Kojiro Hyuga e Ken Wakashimazu?
E se la colpa di tutto ciò fosse di Taro Misaki?
Questa è una storia d'amore e di amicizia... soprattutto di amicizia.
Perchè si sa: i piccoli gesti contano molto più delle parole.
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Genzo Wakabayashi/Benji, Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio, Taro Misaki/Tom
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mito delle Metà'
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MORE THAN WORDS
 -PART III-
 
«Come stai? È un bel po’ che non ci sentiamo…»
La voce di Genzo dall’altra parte del telefono giunse chiara: a Nami sembrò quasi di averlo di fronte.
Una morsa di nostalgia le strinse lo stomaco. Lei ed il portiere non stavano più insieme da diversi mesi, tuttavia il ricordo di lui era ancora piuttosto vivido nella mente della ragazza.
«Bene Gen, grazie. Stiamo trascorrendo una giornata al mare tutti insieme.»
«Tutti insieme
«Sì: io, Kojiro, Sacchan, Taro, Ken e… Yasu»
«Ya-chan.» la corresse Genzo.
«Non la chiamo più così da un bel po’…» replicò mesta Minami.
«Ma perché? Io proprio non vi capisco. Siete sempre state ottime amiche!»
La ragazza stette un momento in silenzio, poi rispose: «Lo so… ma tua sorella ha una gran testa dura.»
 
Mentre la conversazione di Nami e Genzo procedeva, il malumore serpeggiava tra gli altri ragazzi, soprattutto Yasu e Kojiro.
Dopo una decina di minuti, Nacchan tornò e porse il telefono alla Wakabayashi: «Vuole parlare ancora con te…»
L’altra prese il cellulare e se lo portò all’orecchio, mentre Minami mormorò: «Grazie.».
Yasu si stupì molto, ma non replicò, preferendo prestare attenzione a ciò che il fratello le stava dicendo al telefono.
Hyuga si avvicinò alla fidanzata. L’attaccante non apriva bocca, ma aveva un’espressione scura in volto. Nami se ne accorse immediatamente: «Cosa c’è?» gli chiese.
Lui, senza giri di parole, domandò bruscamente: «Cosa voleva?»
La Ozora si aspettava quella domanda: era perfettamente legittima. Il Capitano della Toho sapeva perfettamente dei suoi trascorsi con il SGGK. La ragazza gli sorrise, quasi con dolcezza e si avvicinò a lui, stringendosi contro il torace muscoloso del ragazzo e guardandolo dritto negli occhi: «Voleva soltanto salutarmi, te lo assicuro. Non ci siamo detti niente di compromettente.»
Lui la abbracciò più stretta e le chiese in tono tutt’altro che dolce: «E allora perché ti sei allontanata per parlargli?»
«Non per i motivi che pensi tu. Mi sono allontanata perché la presenza di Yasu mi irrita.» rispose Nami con franchezza.
Kojiro sollevò un sopracciglio: «Sicura?»
Lei annuì con convinzione, aggiungendo: «Non devi essere geloso di Genzo. Non ne hai motivo.»
«Io non sono geloso!» si oppose Hyuga in tono offeso.
Minami sorrise ironicamente: «No, certo che no…».
Era incredibile quanto il suo ragazzo negasse l’evidenza! Si alzò in punta di piedi e lo baciò. Inizialmente in modo piuttosto casto, poi si fece trasportare e dischiuse le labbra approfondendo il contatto e avvinghiandosi sempre di più a quel corpo che adorava.
Un colpo di tosse riportò la coppia alla realtà: Wakashimazu era in piedi al loro fianco, lievemente imbarazzato: «Scusate… cosa ne dite di farci un bagno?».
A Nacchan sfuggì una risatina divertita: effettivamente non era il caso di lasciarsi andare in quel modo in un luogo pubblico.
Fu il Capitano tuttavia a parlare: «Ma sì, perché no?» e afferrando Minami per mano si diresse verso il mare seguito da Ken e Yasu che, nel frattempo, aveva concluso la telefonata con Genzo.
Taro e Sakura si unirono al gruppo.
 
I ragazzi si divertirono un bel po’ in acqua, nuotando, schizzandosi e cercando di affogarsi a vicenda.
Quando uscirono si distesero sulla sabbia ad asciugarsi al sole, concedendosi un po’ di sano relax.
Taro, all’improvviso, domandò: «Voi non avete fame?»
«Quella sempre.» confermò Ken.
«Idem.» disse Kojiro.
Yasu, stiracchiandosi, ebbe un’idea: «In fondo alla spiaggia dovrebbe esserci un chiosco. Potremmo farci una passeggiata e comprarci qualcosa da mangiare là.»
«Non serve.» esclamò Sakura trionfante: «Mi sono organizzata».
Detto questo, estrasse dal borsone diversi bento, graziosamente confezionati, sui quali campeggiava ogni genere di leccornia, e un paio di thermos di tè.
«Wow!» esultò Nami saltandole al collo: «Sacchan, sei il mio idolo!»
«Davvero.» aggiunse Hyuga: «Hanno un aspetto delizioso. Complimenti, Ozora.»
Sakura arrossì violentemente e balbettò: «Grazie. Non ho fatto nulla di particolare.»
Misaki le si fece vicino, baciandola delicatamente sulla guancia: «Non è vero. Sei una cuoca fantastica! Non fare la modesta.». Il contatto con Taro ebbe l’effetto di imbarazzare la ragazza ulteriormente.
La Tigre si volse verso Minami e commentò sarcastico: «Dovresti seguire l’esempio di tua cugina. Non cucini mai per me. Tutte le brave donne giapponesi lo fanno.»
Nacchan strinse gli occhi a fessura e sibilò: «Hyuga?»
«Dimmi…»
«Vaffanculo.»
Il Capitano della Toho sorrise leggermente, incassando l’insulto mentre Sakura esclamava scandalizzata: «Nacchan! Ma come parli?»
La cugina le rispose stizzita: «Ma l’hai sentito?»
«Ha ragione: cucinare per il proprio uomo è una dimostrazione di amore, oltre che un dovere.» sentenziò Sacchan.
Minami alzò gli occhi al cielo, esasperata: «Non voglio crederci. Non si può proprio contare sulla famiglia… Yasu, almeno tu: difendimi.»
Immediatamente si morse la lingua: involontariamente aveva invocato l’aiuto della sorella di Genzo. Era stato un gesto spontaneo: nel pronunciare quelle parole non aveva pensato al fatto che, al momento, lei e Yasu non erano esattamente “pappa e ciccia”.
La sorella del SGGK non rispose, ma si limitò a sussultare lievemente tirandosi sul viso il cappello rosso con visiera che indossava: quel copricapo era una specie di “stemma araldico” della famiglia Wakabayashi.
Ken, sempre taciturno ma comunque attento, se ne accorse e sviò il discorso: «Mangiamo? Facciamo onore alla cuoca.»
Kojiro protestò leggermente: «Ma da bere abbiamo soltanto tè?»
Sakura, prontamente, frugò nella borsa ed estrasse due lattine di coca: «Tieni Hyuga-kun. È un po’ calda, ma spero ti vada bene lo stesso.»
Il Capitano rimase completamente spiazzato dal gesto tanto cortese della ragazza. Prese le bibite e disse: «Grazie, Ozora.»
Lei, per tutta risposta, sorrise. La Tigre pensò automaticamente che le differenze tra Sakura e Minami erano abissali: le due ragazze, pur essendo parenti, erano come il giorno e la notte. Completamente diverse, eppure complementari. In più era evidente quanto fossero legate da un affetto profondo, nonostante apparentemente si stuzzicassero.
Quando ti metti con una Ozora, ti porti a casa il pacchetto completo!” lo aveva preso in giro un giorno Nami. Solo in quel momento Kojiro capì cosa realmente lei intendesse…
Si ritrovò a pensare che fosse una gran fortuna che almeno Tsubasa fosse in Brasile, fuori dai coglioni dall’altra parte del mondo. Altrimenti qualcosa gli diceva che avrebbe dovuto sorbirsi anche lui.
Seduti all’ombra di un gruppo di scogli, i ragazzi gustarono le pietanze preparate da Sakura, quindi chiacchierarono un po’.
Dopo un’ora circa, Taro ebbe un’altra idea: «Cosa ne dite di una partitella?»
Ken e Kojiro accettarono la proposta con entusiasmo e lo stesso fecero Sakura e Yasu. Entrambe giocavano nella squadra femminile della propria scuola e amavano il calcio. Inoltre erano sorelle di due stelle della Nazionale e si sa: buon sangue non mente.
«Fate pure, io vi guardo da qui.» commentò Minami con noncuranza. La caratteristica principale che differenziava la ragazza dal resto della famiglia Ozora era proprio un’idiosincrasia innata per lo sport che le aveva portato via l’amato cugino, trasferitosi oltreoceano per inseguire un sogno di gloria. Per quanto la sua vita fosse sempre stata costellata di calciatori e parenti, amici e fidanzati attuali e passati facessero inesorabilmente parte della categoria, lei non riusciva proprio ad appassionarsi al calcio.
«Dai Nacchan: non fare la preziosa! Ti annoierai a startene qui da sola.» la esortò Misaki.
«Tranquillo: non mi annoierò affatto.» rispose la ragazza.
Sakura appoggiò una mano sull’avambraccio del fidanzato: « Taro, non insistere. Se non se la sente, non se la sente…»
«Non è che “non me la sento” è che…» obbiettò Nami, ma venne interrotta da Yasu:
«… infatti Misaki: il problema è che Minami non è proprio in grado di giocare.»
Era vero: non ne era assolutamente capace. Ma sentendo quella frase pronunciata dalla Wakabayashi, l’orgoglio di Nacchan prevalse. Si alzò in piedi e proclamò: «Va bene: gioco.»
Kojiro, udendo quella dichiarazione, quasi sobbalzò: «Non dire cazzate! Nessuno ti obbliga.» disse avvicinandola.
«Infatti, hai detto bene: nessuno mi obbliga. Semplicemente mi va di giocare.» replicò lei risoluta.
Ken, a sua volta era perplesso: «Nacchan, non ti offendere, ma tu non sai giocare.»
«Certo che no!» confermò la ragazza.
«E allora? Cosa ti salta in mente? Cosa vuoi dimostrare?» sbottò Hyuga che incominciava a perdere la pazienza.
Minami guardò Yasu: era chiaro cosa stava cercando di dimostrare. Non voleva darla vinta alla sorella di Genzo.
«Ho detto che gioco e giocherò. Basta parlarne, ora.» concluse infine.
La cugina, con tono preoccupato, le sussurrò: «Sei sicura?».
«Sì.»
«Va bene.» si rassegnò Sakura.
Dopotutto non era una tragedia, ma una semplice partitella di calcio sulla spiaggia.
«Maschi contro femmine?» chiese Taro.
«Buona idea!» acconsentì Yasu, aggiungendo: «Io ovviamente sto in porta e…» fissò Kojiro: «Tu non mi segnerai, Tigre!»
Lui rise rispondendo: «Lo vedremo, stronza di una Wakabayashi.»
Wakashimazu li raggiunse, prese Yasu per le spalle e la costrinse a voltarsi. La baciò e sussurrò: «Chi di noi due prende più goal fa i massaggi alla schiena all’altro per due mesi. Ci stai?»
Yasu fece un sorrisetto sghembo, gli restituì il bacio e rispose: «Affare fatto, Amore.»
Nami osservava gli amici: forse accettare di giocare non era stata una buona idea. Erano tutti sportivi allenati e lei con lo sport in generale non c’entrava proprio nulla!
Fece spallucce e cercò di convincere se stessa che una partita non poteva essere una cosa così complicata: ce l’avrebbe fatta tranquillamente.
Le due squadre, maschile e femminile, si schierarono in campo e cominciarono a giocare.
Per i primi dieci minuti si rincorsero senza portare a termine nessuna azione. Minami stava in disparte, partecipando pochissimo.
Ad un tratto Kojiro, su passaggio di Taro, tirò in porta. Con un balzo laterale, Yasu parò.
«Bravissima!» gioì Sakura.
La Wakabayashi si sistemò il berretto rosso in testa e guardò Hyuga contrariata: «Ma Koji! Mi prendi in giro? Hai tirato pianissimo!»
Lui si grattò la testa, un po’ imbarazzato: «Lo so, scusa. Ma mi ricordo come fosse ieri quella volta che ti chiesi di aiutarmi negli allenamenti e, calciando con tutta la mia forza, ti lussai una spalla. Non voglio farti male di nuovo!»
Nami si intenerì: il suo ragazzo, per quanto scontroso ed un po’ burbero, era sempre pieno di premure verso le persone cui teneva davvero. E, suo malgrado, fu costretta ad ammettere che Yasu e Kojiro erano legati da un’amicizia sincera, dovuta ai tre anni di convivenza.
Proprio perché era persa nei suoi pensieri, non si accorse di Taro che stava correndo nella sua direzione senza guardarla, poiché con lo sguardo stava cercando il pallone che arrivava dall’alto. All’ultimo Nami tentò di scansarsi, ma non fu abbastanza veloce e venne travolta dall’ignaro centrocampista.
Cadendo a terra, Minami sentì un dolore lancinante alla caviglia destra.
«Per tutti gli dei, Nacchan!» urlò Misaki preoccupatissimo.
«Nacchan!» gridò anche Sakura correndole incontro.
Wakashimazu, Yasu e soprattutto Hyuga si avvicinarono preoccupati.
Imprecando, il Capitano della Toho, scostò in malo modo Misaki, esclamando: «Togliti di mezzo, cretino!». Quindi si chinò su Nami e con apprensione le chiese: «Ti sei fatta male?»
La ragazza scosse il capo: «Solo un po’, alla caviglia. Ma credo che non sia niente di grave.». Appoggiandosi al fidanzato cercò di rialzarsi ma una fitta acutissima al piede la travolse e si riaccasciò subito.
Kojiro la sostenne, aiutandola a risedersi. Le mormorò: «Stai giù, non sforzarti. Dove ti fa male?»
«La caviglia destra.» rispose lei con una smorfia. L’attaccante prese il piede di Minami e provò a muoverlo, strappandole un urletto di dolore.
Con voce cupa fece la sua diagnosi: «Mi sa che ti sei presa una bella storta, Amore mio.»
Sakura si portò entrambe le mani alla bocca: «Una storta?» domandò preoccupata: «Ed ora?». Poi, la Ozora si ricordò che con loro c’era Yasu che ormai da qualche mese seguiva un corso base di fisioterapia. Guardò la sorella di Genzo con occhi imploranti e le chiese: «Puoi darle una mano?»
La Wakabayashi fece per avvicinarsi, ma Nami la bloccò: «Non mi toccare.»
L’altra sbuffò e si mise a braccia conserte: «Come vuoi. Sono affari tuoi.»
Sakura intervenne: «Nacchan, per favore. Non fare la stupida: lascia che Yasu dia un’occhiata alla tua caviglia.»
«Non se ne parla proprio.» ripeté Minami piccata: «Non voglio che quella lì mi tocchi.»
Yasu si spazientì e ribatté: «Non ne ho la benché minima intenzione. Stanne certa.»
Ken le passò un braccio attorno alla vita sussurrandole: «Ya-chan, ti prego. Almeno tu! Aiutala.»
La ragazza rispose a voce più alta: «È lei che non vuole, non io.»
«Fallo per me.» le bisbigliò il portiere in un orecchio con voce talmente dolce che la sorella del SGGK vacillò. Non c’era che dire: il suo ragazzo sapeva toccare i tasti giusti per convincerla.
«E va bene…»  si rassegnò Yasu e si chinò per esaminare la caviglia di Minami.
Quest’ultima tirò indietro il piede urlando istericamente: «Ti ho detto di lasciarmi stare!»
Kojiro, a quel punto, non tollerò oltre. Con voce infuriata tuonò in direzione della fidanzata: «ADESSO MI HAI PROPRIO STUFATO! SMETTILA IMMEDIATAMENTE DI FARE LA STUPIDA BAMBINA VIZIATA. NON TI SOPPORTO!»
Nami lo fissò con occhi sgranati: mai, finora, il suo ragazzo le aveva parlato in quel tono. La stava guardando furibondo, con tanta intensità che la ragazza dovette distogliere lo sguardo.
Hyuga si rese conto immediatamente di averla turbata e se ne dispiacque: purtroppo era stato necessario per far ragionare quella cocciuta di Nacchan. Si chinò su di lei e, sollevandola come fosse un fuscello, le parlò con voce molto più raddolcita: «Adesso ti porto all’ombra degli scogli e tu fai la brava e ti lasci esaminare la caviglia da Ya-chan, va bene?»
Lei annuì, appoggiandogli la testa sulla spalla.
Domata, definitivamente.
Una volta che Kojiro l’ebbe adagiata a terra, Minami appoggiò la schiena agli scogli freschi e lasciò che Yasu le manipolasse la caviglia.
«Allora?» chiese Sakura.
«È grave?» domandò Hyuga
«Guarirà?» rincarò Misaki.
«Insomma Yacchan, dicci qualcosa!» la esortò Ken.
Basta.
Era troppo.
La Wakabayashi si voltò di scatto e disse d’un fiato: «Toglietevi dai piedi tutti quanti. Siete opprimenti. Lasciatemi dare un’occhiata alla caviglia di questa benedetta ragazza in pace.»
«Io non vado da nessuna parte.» si oppose la Tigre.
Inaspettatamente Minami intervenne: «Fai come ti dice, Koji. Yasu sa quello che fa.» poi rivolta a quest’ultima: «Può restare almeno Sacchan?»
Yasu sollevò lo sguardo, mentre i ragazzi si allontanavano, e per un momento sorrise: «Concesso. Non ti facevo così fifona, Nacchan!»
Nami, stupitissima, chiese: «Come mi hai chiamato?»
L’altra ci rifletté un momento: aveva usato inconsciamente il vecchio vezzeggiativo. Non lo faceva dal momento della famosa lite.
«Cre- credo di averti chiamato… Nacchan.» ammise infine.
«Già.» confermò Minami.
A quel punto Sakura decise che era giunto il momento di chiarire definitivamente una situazione che si protraeva da troppo tempo: «E cosa c’è di strano se ti chiama “Nacchan”? Vi conoscete dalle elementari!»
«Già.» ripeterono le altre due, all’unisono.
Sacchan insistette: «… E siete amiche dalle elementari.»
Le due rimasero in silenzio.
Infine Nami parlò: «Yas… YACCHAN: perché abbiamo litigato?»
Yasu eluse la domanda e torcendo il piede di Minami chiese: «Ti fa male se faccio così?»
«AIAH! Ma sei completamente scema?» strillò la Ozora
Sakura preoccupata esclamò: «Yasu, stai attenta per favore!»
«Scusa.» disse sommessamente la Wakabayashi.
«Rispondi alla mia domanda.» ripeté Nacchan con voce ferma.
L’altra lasciò temporaneamente stare la caviglia che stava manipolando e si mise a fissare Minami dritta negli occhi: «Perché abbiamo litigato, mi chiedi? È molto semplice: ti sei portata a letto mio fratello, poi l’hai buttato via come un fazzoletto usato senza nemmeno avere la decenza di dirgli in faccia che tra voi era finita. E come se non bastasse adesso stai ripetendo il giochetto con Kojiro.»
Minami era interdetta: le parole di Yasu l’avevano completamente spiazzata.
Effettivamente non aveva mai valutato appieno il proprio comportamento. Non era mai stata sua intenzione, ovviamente, prendere in giro nessuno. Lei aveva voluto bene a Genzo e ancora gliene voleva. Tuttavia successivamente, dopo la fine della sua storia col SGGK, si era innamorata sinceramente di Kojiro Hyuga. Amava il Capitano della Toho, ne era certa. Ma il portiere era stato il suo primo amore: lo conosceva sin da bambina e l’aveva desiderato per tanto tempo. Non riusciva proprio a dimenticarsi completamente di lui.
«Yacchan, ascolta…» esordì Nami: «Io ho voluto davvero bene a Gen. Non l’ho mai ingannato.»
«E allora perché l’hai lasciato? Io, superato lo shock iniziale, ero così felice che voi steste insieme! Il mio gemello e la mia migliore amica! Cosa avrei potuto desiderare di meglio?» le sputò in faccia Yasu.
Minami scosse il capo, accennando un leggero sorriso: «Allora è questo il vero problema…»
«Cosa?» chiese scocciata l’altra.
«Tu volevi che io e Gen continuassimo a stare insieme…» azzardò Nacchan.
«Anche… lo ammetto. Ma poi tu  ti sei messa con Koji e io ho capito che…»
«Io AMO Kojiro, Yasu. Lo amo sul serio.» la interruppe la Ozora
«Più di quanto amassi mio fratello?» chiese Yasu
Nami fece una pausa, poi rispose: «Sì… credo di sì. Non ho mai amato nessuno come amo Hyuga. Volevo bene a Gen, e tuttora gliene voglio. Ma non è mai stato “amore”. E poi siamo troppo simili io e tuo fratello: avremmo finito con l’ammazzarci. Fidati di me.»
La Wakabayashi scoppiò a ridere: «Su questo ti do ragione: siete due presuntuosi incredibili!»
«Ha parlato “Miss Modestia”!» ironizzò Nacchan.
Yasu ricominciò a massaggiare la caviglia dell’amica, e aggiunse distrattamente: «Quindi sei davvero innamorata del Capitano? Bene, bene… »
«Sì.»
«E allora stai attenta a mio fratello: ti assicuro che non demorde facilmente e non ama perdere. Tornerà all’attacco, prima o poi.» rivelò Ya-chan.
«Ma guarda che io e Gen ci siamo lasciati di comune accordo. Non è stata una decisione unicamente mia!» la informò Minami.
Yasu fece uno di quei sorrisi sghembi che tanto la facevano assomigliare al gemello: «E tu pensi che questa cosa possa minimamente far la differenza? Ti dico che Gen non ama perdere. Punto.» quindi le lasciò il piede: «Dovrebbe essere tutto ok. Hai solo una brutta storta: guarirai presto. Va meglio ora?»
«Sì, grazie.» annuì l’altra.
«Bene.»
«Yacchan?» chiese nuovamente Minami
«Mmmmh?»
«Avvicinati un secondo, per piacere. Io faccio ancora fatica ad alzarmi.»
Yasu ubbidì e si avvicinò alla ragazza seduta a terra. Quando fu a meno di mezzo metro, quest’ultima , con uno scatto, le si avvinghiò al collo urlando: «Ma quanto bene ti voglio? Mi sei mancata da morire, stupida di una Wakabayashi!»
Cercando di divincolarsi, la gemella del SGGK, esclamò ridendo: «Lasciami scema! Mi soffochi!» e solamente quando fu libera aggiunse: «Anche tu mi sei mancata, Nacchan.»
Sakura, che stava osservando la scena in disparte, annuì commossa e soddisfatta.
Era fatta.
Avevano fatto pace.
C’era riuscita!
 
Lo stupore di Ken e Kojiro quando videro Minami avvicinarsi zoppicante sostenuta amorevolmente da Sakura e Yasu, fu immenso.
I due calciatori della Toho si fissarono l’un l’altro allibiti. Poi decisero che non era il caso di far domande: le loro rispettive fidanzate sembravano andare d’amore e d’accordo. Meglio non spezzare l’idillio.
«Ora dobbiamo tornare a casa. Ce la fai a camminare fino alla fermata dell’autobus, Nami?» chiese premurosamente Taro.
«Posso provarci, ma ne dubito.» replicò quest’ultima sconsolata.
«Tu non devi assolutamente camminare!» sbottò Kojiro: «La tua caviglia deve riposare. Ti porto io.»
Il ragazzo stava per prendersi la fidanzata in spalla quando fu anticipato da Yasu: «Levati, Kojiro. Ci penso io. Qui servono le spalle forti dei Wakabayashi, non una mammoletta come te!» La ragazza si chinò di fronte a Nami e la esortò: «Dai Nacchan, forza. Saltami in groppa: ti porto io.»
Kojiro si scostò allibito mentre Minami chiedeva dubbiosa: «Sicura? Ma non ti peso?»
«Pesare? Ma se sei magra da far schifo!» la prese in giro Yasu sollevandola.
«Ti ringrazio del complimento.» replicò sarcastica la prima.
«Figurati: non c’è di che.» rispose la seconda.
Hyuga e Wakashimazu si accodarono alle fidanzate, sempre più perplessi, ma in fondo divertiti dallo scherzoso battibecco tra le due.
Sakura raccolse la sua borsa e si fermò a guardare la scena di Yasu Wakabayashi che portava in spalla Minami Ozora.
Benissimo.
Erano tornate quelle di un tempo.
Finalmente.
Spontaneamente gli occhi le si riempirono di lacrime. Rapidamente, vergognandosi, si asciugò il viso. Taro, che stava al suo fianco, fece tuttavia in tempo ad accorgersene e le chiese: «Tutto bene?»
«Sì.» ripose piano Sacchan: «Sono soltanto felice per loro. Non sai da quanto tempo aspettavo questo momento. Non vedevo l’ora facessero pace.»
Detto questo fece per avviarsi ma Misaki la trattenne per un polso e la attirò a sé: «È tutto merito tuo, lo sai?»
«Non è vero! È stata tua l’idea di questa gita tutti insieme: io ero addirittura titubante all’inizio.» protestò Sakura.
Taro le accarezzò il viso, dolcemente: «Ma senza di te non avrebbe funzionato. Tu sei stata la colla che ha rimesso insieme tutto.»
La ragazza arrossì e balbettò: «Ma no… che dici?»
Il centrocampista la guardò dritto negli occhi con maggiore intensità e dichiarò: «Tu sei una persona meravigliosa, Sacchan. Ti preoccupi sempre di tutti. Sei speciale ed è per questo che… ti amo.»
Il mondo di Sakura cominciò a girare vorticosamente: aveva capito bene? Taro aveva detto di… amarla?
In preda alla confusione vide il viso del ragazzo che si avvicinava al suo. Cosa voleva fare? Baciarla, forse?
In un luogo pubblico?
I suoi occhi si persero in quelli dolcissimi di Misaki e una dolce consapevolezza la invase: non le importava.
Per la prima volta in vita sua Sacchan si lasciò andare completamente, abbandonandosi in un dolce bacio e morendo mille volte sulle labbra del ragazzo che amava.
Nessun rumore, tranne i loro respiri…
… e la voce rude di Capitano della Toho che in lontananza urlava:
«Però, Nacchan, io te l’ho sempre detto che il calcio non è uno sport per signorine
E subito la risposta sgraziata di sua cugina: «Vaffanculo Hyuga.»
 
 
Due giorni dopo…
 
Minami uscì di soppiatto dall’ascensore del dormitorio maschile della Toho: erano le 22:30 e il coprifuoco era già scattato da mezzora. Se l’avessero trovata lì sarebbero stati guai.
Camminò velocemente rasente il muro fino a raggiungere la porta dell’appartamento che i ragazzi condividevano con Yasu.
Bussò piano.
E dai… muovetevi ad aprire!” pensò con impazienza.
Finalmente l’uscio si spalancò e lei si precipitò dentro travolgendo Sawada.
«Nacchan!» esclamò Takeshi sorpreso.
«Ciao Take-chan. Chiudi, svelto, prima che mi vedano»
Il ragazzo si affrettò a serrare la porta e poi disse: «Ti chiamo subito il Capitano.»
«Non sono qui per lui. Ho appuntamento con Ya-chan.»
«Yasu?» chiese Sawada sempre più stupito e gettando un’occhiata sorpresa a Sorimachi che era sdraiato sul divano a vedere la televisione. Anche Kazuki sgranò gli occhi, stentando a credere alle proprie orecchie.
Hyuga, nel frattempo, avendo udito la voce inconfondibile della fidanzata era uscito dalla propria camera da letto: «Nami? Cosa fai qui? E soprattutto: come hai fatto?»
La ragazza gli si avvicinò e gli diede un bacio sfiorandogli le labbra: «Ciao Amore. È un segreto.»
Kojiro era perplesso ma lasciò cadere la questione: «Ok, vieni in camera… stavo finendo di studiare.»
Una voce femminile li interruppe: «Spiacente Kojiro, io e Nacchan abbiamo altri programmi per stasera.»
Yasu, in maglietta e morbidi pantaloni larghi, era comparsa, seguita da Ken.
«Quali programmi?» domandò Wakashimazu.
«Quattro chiacchiere sul tetto della Toho.» proclamò la Wakabayashi trionfante. Quindi rivolgendosi nuovamente a Nami: «Ce le hai?»
La Ozora si mise a frugare nella borsa estraendone un pacchetto di sigarette: «Certo. Avevi dubbi?»
Yasu chiese stupita: «Ma come hai fatto a procurartele? Sei minorenne.»
«Il tabaccaio all’angolo ha un debole per me. È bastato fargli un po’ gli occhi dolci…»
Kojiro protestò con veemenza: «Come sarebbe a dire che è bastato che tu gli facessi gli occhi dolci
Nami e Yasu scoppiarono a ridere. La cugina di Tsubasa cercò di tranquillizzare la Tigre: «Ma su dai, non esagerare. Ho solo sbattuto le ciglia due volte, niente di più.»
Hyuga, per tutta risposta, grugnì.
Nami parlò di nuovo all’amica: «Tu piuttosto: le hai?»
«Ovviamente.» rispose l’altra estraendo dallo zaino quattro lattine di birra ghiacciata.
«E quelle?» domandò Ken che fino a quel momento aveva semplicemente ascoltato : «Da dove escono?»
«È un segreto.» replicò secca la sorella del SGGK facendogli l’occhiolino.
«Va bene» concluse Wakashimazu: «La serata si prospetta interessante. Cosa aspettiamo ad andare sul tetto?»
«No, ALT.» lo corresse Yasu: «Forse non siamo state chiare. Io e Nacchan andiamo sul tetto della Toho a fare quattro chiacchiere. Tu e Kojiro rimanete qui.»
L’attaccante ed il portiere si guardarono costernati. Il Capitano sbottò: «E ci lasciate soli? E cosa facciamo?»
«Mi dispiace, Koji . Questa è una serata tra donne. Sono convinta che tu e Ken vi divertirete un sacco anche senza di noi.» lo informò Nami.
Prese quindi Yasu per un braccio e propose: «Andiamo?»
L’altra fece un cenno di assenso.
«Hai preso la coperta?» chiese Minami
«Certamente.» confermò Yasuko.
Le due amiche si sorrisero ed esclamarono all’unisono: «Buona serata a tutti!»
E velocissime scomparvero nel corridoio.
Ken e Kojiro rimasero imbambolati a guardarle.
«Quasi quasi preferivo quando si odiavano…» disse sconsolato il primo.
«Mi associo.» gli diede man forte il secondo.
 
Le due ragazze si arrampicarono furtive lungo la scala anti-incendio in metallo che si trovava sul lato nord dell’edifico principale della Toho Gakuen, fino a giungere sull’enorme terrazza che costituiva il tetto del palazzo.
Yasu prese la coperta e la stese sul pavimento.
Aprirono una lattina di birra a testa, si accesero una sigaretta e si sdraiarono una accanto all’altra a guardare il cielo estivo stellato.
Fu Yasu la prima a rompere il silenzio: «Dici che Ken e Kojiro se la sono presa molto?»
«Naaa…» ripose Nami: «Vedrai: metteranno su il muso e rimarranno in silenzio per un paio di giorni. Poi gli passerà.»
«Musoni e silenziosi. Quindi perfettamente normali.» ironizzò la Wakabayashi strappando una risata divertita alla Ozora.
Stettero in silenzio per qualche secondo, poi Nacchan si girò su un fianco e, appoggiando la testa alla mano puntellandosi sul gomito, disse: «Raccontami qualcosa di te e Ken. Come va fra voi due?»
L’amica, aspirando sottili volute di fumo dalla sigaretta, rispose: «Al solito: ormai stiamo insieme da due anni e siamo una coppia rodata. Tu piuttosto? Come è stare col Capitano?»
Nami sorrise: «Cosa vuoi sapere?»
«Quello. Mi sembra ovvio! Sono curiosa: come è lui in quei momenti?» domandò sorniona Yasu.
Minami scoppiò in una risata gioiosa: «Esattamente come lo vedi nella vita di tutti i giorni: irruento, ma anche… non saprei spiegartelo… tenero, forse.»
La sorella del SGGK rifletté su quelle ultime parole poi aggiunse: «In un certo senso mi dispiace che io e te non siamo più “cognate”. Tuttavia stiamo con due ragazzi che sono molto amici, quindi sono contenta lo stesso.»
Nacchan confermò, tirandosi a sedere: «È vero: effettivamente Koji e Ken sono estremamente legati. Si capiscono al volo, anche se parlano pochissimo. Ma a loro basta uno sguardo o una pacca sulla spalla. Il termine migliore che mi viene per definirli è “complici”.»
Anche Yasu si raddrizzò e guardò l’amica: «Esatto. Non ridere, ma sai che a volte mi sono chiesta se tra loro non ci sia qualcosa di più?»
Minami si impensierì: «Perché? Secondo te loro due…»
La Wakabayashi alzò un sopracciglio e aggiunse: «Beh, se ci pensi sono più affiatati di molte coppie…»
«Quello sì.» confermò la Ozora.
Le due amiche rimasero immobili ad osservarsi per alcuni secondi. Poi scoppiarono a ridere.
«Ma dai! Figurati! Cosa andiamo a pensare?» esclamò Nami con le lacrime agli occhi per le risate.
«Ma infatti! Dico cazzate. Sicura che in queste sigarette ci fosse solo tabacco?» le rispose Yasu ridendo a sua volta.
Quando si calmarono, Minami ebbe una folgorazione: «Yacchan? Ti sei portata dietro il tuo avveniristico telefono senza fili?»
«Si chiama cellulare.» la prese in giro l’altra.
«Va beh, quella roba lì. Ce l’hai?»
«Sì: eccolo. Cosa vuoi farne?» ribattè la Wakabayashi porgendole il telefono.
«Chiamiamo Sacchan!»
«La “mocciosa”? E perché?» domandò perplessa la fidanzata di Ken.
«Non trattare male mia cugina! E poi è merito suo se io e te abbiamo fatto pace, non dimenticarlo.»
«Ok, scusa. Chiamala pure.»
Nami guardò l’orologio: erano le 23. Sicuramente la zia Natsuko avrebbe preso un colpo sentendo squillare il telefono di casa a quell’ora.
Se ne fregò: aveva voglia di parlare con Sakura e lo avrebbe fatto.
Compose il numero e dopo qualche squillo arrivò la risposta della voce di sua zia: «Pronto?»
«Ciao zietta, sono Nami. Mi fai parlare con Sacchan?» esordì la ragazza.
La signora Ozora esclamò stupita: «Nacchan? Ma lo sai che ore sono? Sakura è già a letto, e dovresti esserlo anche tu: domani c’è scuola.»
«E dai, zia. Per favore: passamela! È importante.»
«Va bene: controllo. Magari è ancora sveglia.»
Dopo qualche minuto, infatti, la cugina arrivò al telefono: «Pronto, Nacchan? Ma cosa ti salta in mente?»
Nami rise: «Ciao cuginetta. Sono qui con Yasu e avevamo voglia di sentirti.»
«Con Yasu? A quest’ora? Ma dove siete?» chiese preoccupata Sakura
«Sul tetto della Toho.» la informò Nami
«Sul… tetto… della… Ma siete pazze? E cosa state facendo?»
Yasu, che aveva accostato l’orecchio alla cornetta per ascoltare, strappò di mano il telefono a Minami e rivelò: «Beviamo birra, fumiamo sigarette e parliamo di sesso!»
«EEEEEH?» urlò sconvolta Sacchan: «Ribadisco: ma siete pazze? Se vi beccano avete idea di cosa vi potrebbero fare? Finirete in punizione o addirittura vi espelleranno!»
«Non ci beccano, fidati mocciosa.» la tranquillizzò la Wakabayashi
«Fidarmi? E come faccio? Voi siete due emerite incoscienti!»
Yasu e Nami si scambiarono un’occhiata di intesa. Quindi urlarono contemporaneamente nel telefono: «Sacchan, sei proprio una palla
Riagganciarono ridendo, lasciando la povera Sakura in preda all’angoscia per la sorte incerta della cugina e dell’amica.
Yasu si accese un’altra sigaretta e chiese: «Ti va un po’ di musica?»
«Ma ci sentiranno!» obbiettò Minami.
«Tranquilla ho il walkman. Vuoi un orecchio?» specificò l’altra porgendole un auricolare.
«Volentieri!»
Le due ragazze si  sdraiarono nuovamente. Yasu fece partire la cassetta e la musica si diffuse.
Minami disse estasiata: «Ma è “More Than Words” degli Extreme. Quanto adoro questa canzone!»
«Anche io, è stupenda. Cantiamo?» convenne Yasu.
La Ozora annuì.
E così, nel silenzio della notte, dal tetto della Toho si levò un coretto un po’ stonato di due voci femminili:
 
Saying I love you
Is not the words I want to hear from you
It's not that I want you
Not to say, but if you only knew
How easy it would be to show me how you feel
More than words is all you have to do to make it real
Then you wouldn't have to say that you love me
'Cause I'd already know
What would you do if my heart was torn in two
More than words to show you feel
That your love for me is real
What would you say if I took those words away
Then you couldn't make things new
Just by saying I love you
(More than Words – Extreme, 1990)
 
Nell’amicizia, come nell’amore, i piccoli gesti contano molto più delle parole.
 
##FINE##
 
 
NOTA FINALE:
Ciao a tutti!
Bentrovati.
Innanzi tutto vi ringrazio nuovamente per essere arrivati fin qui ed aver letto tutto ‘sto po po di roba.
Mi inchino grata.
Un grazie enorme a Sakura chan per il betaggio dell’intera fan-fiction.
Ribadisco i ringraziamenti sempre a Sakura chan e Berlinene che hanno “ideato” due OC femminili meravigliosi e che io ho adorato gestire e far interagire con la mia Minami.
Mi sono divertita come una pazza!
Queste tre insieme faranno grandi cose…
…E proprio a questo proposito vi faccio un grande annuncio: Sacchan, Nacchan e Yacchan probabilmente, d’ora in avanti, compariranno molto spesso in questo fandom.
Per mano mia, ma non solo.
Io e “La Cugi” Sakura chan abbiamo in ballo un grosso “progetto”… non nell’immediato, sia chiaro, ma preparatevi al peggio.
MUWAHAHAHAHAHAHAH!!
Diciamo che ci siamo lanciate in un’impresa titanica a “quattro mani”, ma per il momento è un po’ prematuro darvi troppi elementi.
Non vorrei spoilerare.
XD XD XD
Sappiate comunque che a breve avrete altri assaggi delle cugine Ozora e la gemella Wakab. Dei piccoli antipasti…
…In attesa dell’ “Opera Magna”!!
Un bacio a tutti… e grazie di nuovo a chi segue, preferisce, ricorda e recensisce.
Ai
   
 
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