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Autore: carocrazymofo    12/02/2015    3 recensioni
Louis/Harry, accenni Zayn/Liam | Conteggio: 7k |OT5
Liam forse è depresso, Zayn ha un amico, Niall non è anticonformista, e così e basta, Harry è paranoico e Louis è bloccato. Nessuno si conosce.
Genere: Commedia, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Niall
Non gli è mai piaciuta la musica heavy metal, e se è per questo neppure quella dubstep, in realtà non gli è mai piaciuta la musica, non più di tanto. Chiamatelo anormale. Inoltre è claustrofobico, si, non riesce neppure a starsene chiuso seduto sul sedile di un’auto o nel pullman, in ascensore o in treno, si sente come se qualcuno gli stesse ficcando una pallina da tennis in gola e contemporaneamente tappando le orecchie e coprendo gli occhi, potrebbe morire. Spesso si chiede cosa farebbe se si trovasse nella situazione di Nathan Young, chiuso in quella bara metri sottoterra, davvero. E a lui, Robert, tutto quello che gli viene in mente è farsi una sega, bah. Comunque, proprio per questo non riesce ad immaginarsi qualcosa di peggio della risonanza magnetica. Eppure se ne sta lì, sdraiato come fosse morto, immobile -ma dai- dentro ad un cubicolo tipo quello in cui si infilano i cadaveri negli obitori, con un ago ficcato nel braccio e suoni mostruosi sparati nelle orecchie. Fissa, davanti ai suoi occhi, una x segnata con un pennarello rosso sulla plastica della struttura che gli circonda la testa e si immagina di voler davvero stare lì, come se si stesse convincendo di essere entusiasta di essere dov’è, per sua scelta. Forse è insensata come cosa, ma lo aiuta; come quando sei in spiaggia e vuoi entrare in acqua e questa è gelida ma tu pensi che in realtà sia calda, e forse questo ti rende più facile riuscire ad immergerti.
Quando la tortura RMN termina, lo fanno - di nuovo- accomodare nella sala d’aspetto riservata a chi possiede come lui un’esenzione ad attende gli esiti. Solo un’ora dopo, nella quale Niall si è divorato quasi metà del terzo libro della saga Millennium, il medico dai capelli brizzolati che lo segue ormai da anni apre la porta scorrevole e gli fa cenno di avvicinarsi. I risultati sono buoni, la massa tumorale non si è ingrandita ma nemmeno rimpicciolita, ma comunque è ancora fuori pericolo; deve continuare a prendere la stessa dozzina di farmaci ogni giorno. E’ fortunato, gli dice il medico, perché cancri come questo raramente risparmiano vite. Niall annuisce automaticamente, guarda le lastre che tiene in mano e “Mi farebbe inviare un sms per cortesia?” chiede soltanto, come da manuale, al dottor Cowell, che estrae ridacchiando l’iPhone dalla tasca profonda del camice prima di porgerglielo. Gli suggerisce, forse per la millesima volta, di comprarsi un telefono, anche uno di quelli in bianco e nero da 20 sterline, perché sono utili ma Niall scuote la testa mentre digita sullo schermo touch, e gli dice che non ne ha bisogno, che al massimo ci sono le cabine telefoniche “E se ti sentissi male e avessi bisogno di aiuto?” e Niall si tocca a quell’affermazione e gli restituisce il cellulare. Cowell sorride tenue e sconfitto, gli dice di continuare ad essere forte e stronzate del genere, gli augura una buona giornata e torna dentro.
 
Quando sette anni prima lo avevano informato del suo tumore maligno, Niall era sicuro di morire. Ne era certo. Tutti quanti, volenti o nolenti, associano la parola cancro alla morte, è brutto da dire e tutto quello che vuoi, ma è così. Per questo lui aveva annuito, aveva stretto la mano al medico che aveva avuto l’orribile compito di dire ad un quindicenne di avere il cancro, aveva pensato “questo sarà l’uomo che mi vedrà morire” ed era tornato a casa. Aveva pianto, tirato pugni al muro, si era strappato qualche ciocca di capelli e aveva dormito per due giorni interi. Poi era andato in biblioteca, aveva afferrato un grossissimo libro impolverato sulle patologie del mondo e si era fatto un’idea della sua condizione.
Gli anni successivi li ha passati più in ospedale che a casa sua, la chemioterapia è diventata il suo pane quotidiano così come la radioterapia; ha visto i suoi capelli cadere a ciocche, ciuffi castani ovunque, ha smesso di mettersi i cappelli perché alla fine sembravano imbottiti di pelliccia all’interno, ha fatto urlare un ragazzo che si è ritrovato una sua ciocca in mano mentre gli tirava i capelli durante un pompino, e per questo alla fine si è fatto rasare a zero dal suo migliore amico. Ha affrontato tutto come solo un grande uomo sa fare. "Il cancro ha i suoi aspetti positivi” ha detto una volta a Zayn “il fatto che non sento freddo è figo” e Zayn gli ha sorriso e gli ha battuto il pugno.
Chissà cosa sarebbe successo se quella mattina non fosse andato dal suo medico per il dolore alla schiena se sentiva da giorni, chissà se avesse lasciato che passasse, come fa di solito, cosa sarebbe accaduto. Probabilmente non avrebbe mai scoperto di avere un cacro, perché Niall, stupido Niall, vedeva il proprio medico una volta l’anno se tutto va bene. Faceva di tutto per non andarci, insomma. E invece Zayn l’ha preso di peso, letteralmente, e lo ha portato in ospedale a fare un controllo. Grazie mille Zayn. Il caso vuole, adesso, che Niall sia passato da non sapere neppure dove fosse l’entrata dell’ospedale della sua città, a passare li più giorni che in casa sua.
in fin dei conti, ovviamente, il cancro Pancoast lo ha spaventato, Niall aspettava solo di morire, era certo di doverlo fare da un momento all’altro, ma non è stato così. Forse il suo coraggio, la sua faccia tosta nei confronti della malattia lo hanno fatto vincere, o forse è stata solo fortuna.
Fatto sta che a 22 anni ha riacquistato i suoi muscoli, ha i capelli, ricresciuti, di un biondo così platino che fa male agli occhi se lo guardi, non compra un maglione da anni ormai e la massa cancerosa situata nella parte alta del suo polmone sinistro adesso è benigna, innocua e tre volte più piccola. E lui è vivo.
 
E vaffanculo al cancro.
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Harry
Harry si lega sempre i capelli quando scende le scale per prendere la metro. Lo fa anche ora. Glielo ha insegnato sua madre. Di certo non vuole che i suoi boccoli si impregnino di smog e di tutta la merda che c’è lì sotto, non è mica scemo. Quindi se li tira su in una crocchia disordinata, si alza il collo del cappotto e sale sulla carrozza appena arrivata. Tiene stretti tra le mani i 5 o 6 oggetti che pensa siano necessari quella mattina - fogli di carta, una penna, la sua agenda foderata con del cuoio marrone, il cellulare, la sua fedora e il portafogli. “Devi comprarti una borsa Har, ok che hai le mani grandi, ma non puoi andare in giro così” gli ripete ogni giorno, ogni santo giorno Louis, ed Harry risponde con un “lo so, lo so” colpevole ma testardo.
Ma Louis ha sempre ragione, questo si sa. Harry lo sa. E maledice lui e il suo ghigno soddisfatto che gli appare in mente come se lo stesse osservando quando qualcuno gli si butta praticamente addosso subito fuori la metropolitana. Tutti i suoi preziosi oggetti sono sul marciapiede, un bastardo schiaccia anche la sua fedora e i fogli bianchi sono sparsi un po’ ovunque e minacciano di volare via da un momento all’altro. “Scusami! Sono mortificato” Harry agita una mano e sorride al ragazzo per non farlo preoccupare perché in fondo “non è successo niente”. il ragazzo comunque si abbassa sulle ginocchia e lo aiuta a raccogliere tutto “Amico, comprati una borsa” e Harry annuisce e scaccia via col pensiero la faccia di Louis che ride nella sua testa.
Il passante gli porge gli oggetti e gli sfiora la mano, gelata. “Tu comprati un maglione, amico, sei gelido”. IQuello unisce le mani, si riposiziona il suo zaino sulla schiena, coperta solo da una tank top, “oh si, non ti proccupare, ho il cancro, non ho freddo” e se ne va. Harry lo guarda allontanarsi con la bocca che forma una ‘o’
 
La vita è piena di cose magnifiche, un mucchio. Harry le elenca su un foglio di carta preso dalla riserva per la stampante, lo fa perché ci pensa mentre fa qualcosa di non particolarmente interessante o stimolante, e arriva ad un punto in cui le cose sono così tante che sente il bisogno di scriverle per la troppa confusione che si crea nel suo cervello. E’ come quando appunti mentalmente il latte e il pane che devi comprare al supermarket ma poi ti vengono in mente anche i cereali, la farina, i cerotti e altre mille cose, così senti il bisogno di scriverle nella famigerata “lista della spesa”.
La fissazione che ha di fare un elenco di qualsiasi cosa può essere vista nella maniera negativa, come una mania, ma Harry pensa che oltre ad essere estremamente rilassante sia anche utile: che senso ha sforzarsi di ricordare ogni cosa quando hai un foglio e una penna che ti permettono di avere tutto scritto lì davanti, ti basta vedere il tuo elenco e il gioco è fatto; come quando, ad esempio, Harry deve partire, lui sa benissimo che senza la sua lista di cose da mettere in valigia rigorosamente divisa per categorie, si dimenticherebbe qualcosa di vitale, così lui elenca tutto ciò che deve portare, dalle mutande, ai calzini, alla lacca per capelli e fa il bagaglio, poi si segna su un foglio a parte le cose rimaste da mettere all’ultimo minuto perché utilizzate fino al momento prima di uscire di casa - come il caricabatterie o il pigiama - e zac, ce le ha li già pronte da portare via.
Così adesso, seduto su una sedia all'esterno della caffetteria dove sta consumando un caffè, ha sotto gli occhi un foglio con un titolo scritto in blu “cose belle della vita” e pensa che ce ne siano così tante che non sa da dove iniziare; fa mente locale, si alza le maniche della maglietta bianca presa dal reparto Basic di H&M e si porta indietro il ciuffo di capelli ormai lunghi che, come sempre, si incastrano negli anelli e prova a iniziare.
Ne ha scritte tante, come i fiori, perché sono colorati e profumano tanto, e ce ne sono così tante specie che ti fanno capire quanto immensa sia la natura, ha scritto i blazers, perché lui ama i blazers di ogni tipo e fantasia, è forse uno dei capi di abbigliamento che preferisce,  il primo che va a guardare quando entra in un negozio, ha scritto anche l’universo, ma non inteso come mondo, come quando tu dici “il più bello dell’universo” o cose del genere, no, lui intende l’universo come quello che scientificamente parlando è, con tutto ciò che lo riguarda, come le stelle, le galassie, i pianeti e tutti i vari elementi affascinanti che ti fanno capire quanto tu piccolo e insignificante sia. Comunque. Le cose elencate da Harry sono troppe da, appunto, elencare. Così, dopo aver riempito entrambe le facciate del foglio che si era portato delle cose che lui considera belle della vita - il natale, la sensazione che provi quando in te sta nascendo la consapevolezza di starti innamorando, le fragole, Whitman e il cinema eccetera - alza forse per la prima volta lo sguardo sulla parete vetrata della caffetteria e semplicemente guarda - aggiunge alla lista Londra di mattina perché deve aggiungerla per forza - e si domanda come possa, nonostante tutto ciò di meraviglioso che il mondo gli offre, come possa sentirsi infelice. Anzi, no, non infelice, ma non felice, o almeno non completamente.
Si sente un egoista a pensare di non sentirsi felice - non completamente felice - perché pensa di avere davvero tutto ciò che gli serve per esserlo; ha un mucchio di Blazers a casa, dei fiori non mancano mai nei suoi vasi, ed è innamorato di una persona che considera fantastica. Lui ha sempre pensato che bastasse essere innamorati, amare e essere amati per essere felice e lui, deve dire la verità, quando sta insieme a Louis sa di essere davvero felice, ma poi, non capisce, cambia qualcosa. Molto probabilmente se non fosse arrivato lui a stravolgere la sua vita, Harry ora non sarebbe qui perché, se ne vergogna, gli è capitato di pensare al suicidio negli anni precedenti.
Non che ci abbia provato o cose così, no, ma ci ha pensato, questo si. Non è mai stato, comunque, una di quelle persone che si chiudono in casa e non si lavano, che non sorridono mai o che tu le vedi e sei convinto che chissà quali grandi problemi abbiano. No. Harry non è mai stato depresso o cose del genere, semplicemente non aveva niente per cui essere felice; si, in quel periodo, negli anni precedenti, può assolutamente affermare che era infelice.
Poi un ragazzino - ragazzino forse no perché comunque resta il fatto che sia più grande di lui di una manciata di anni, ma - alto un metro e sessanta o qualcosa in più gli ha detto di essere macchiato di dentifricio sulla guancia mentre erano in metro e Harry ha smesso di pensare, solamente pensare, al suicidio.

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Zayn
Ha freddo e sta maledicendo per la seicentomillesima volta quella mattina il suo capo che costringe lui e gli altri dipendenti a mettere come divisa solo una merdosissima camicia. E’ Dicebre, fuori ci saranno si è no 2 gradi e loro possono indossare solo una camicia di merda. Ma la colpa è anche delle persone, oltre che del suo capo del cazzo perché, andiamo, chi è che a dicembre preferisce accomodarsi all’aperto piuttosto che dentro. Ok, ci sono le stufe fuori, ma non cambia niente. Fa comunque freddo, quindi sedetevi dentro, cazzo. in più ci si mettono pure queste ragazzine, che stanno da dieci minuti a fissare il menù non sapendo che prendere fregandosene altamente che lui sta lì ad aspettare e a gelare, porco dio.
Le manda al diavolo mentalmente così tante volte che è sicuro potrebbero prendere fuoco da un momento all’altro - almeno lui starebbe al caldo. “Ma non potete andare a scuola?” pensa prima di saggiamente decidere di lasciare perdere e tornare dopo.
Il suo lavoro gli sta bene, guadagna un po', il giusto per vivere decentemente, scrocca qualsiasi tipo di cosa commestibile e poi è vicino a casa sua. Certo, gli capita, la mattina quando la sua sveglia squilla, di pensare di non alzarsi dal letto e inventarsi una scusa, ma andiamo, a chi è che non capita di vivere quel momento in cui, nei primi secondi in cui sei sveglio, si pensa a qualsiasi motivazione appena plausibile per rimanere lì al caldo e tornare a dormire magari fino alle tre di pomeriggio. Sono comunque pensieri che fai in uno stato in cui non sei te stesso, una specie di trance in cui non sai davvero quello che pensi o dici, come quando hai fumato tanta erba e fai cose senza nemmeno accorgertene e pensi “ma quando l’ho fatto?” o ti capita di pensare a delle cose che in quel momento sei super convinto di voler fare e ti sembrano la migliore idea di sempre e magari quando poi qualche ora dopo sei di nuovo te stesso pensi “ma cosa mi è saltato in mente? non lo farò mai”. Comunque. Si, lavorare lì gli va bene. Se ne sta sempre zitto, non scambia più di due parole con i colleghi, fa ciò che gli viene detto di fare, stop.
Per questo girovaga per i tavoli togliendo questo o quel fazzoletto, piattino o bicchiere sporco, pulisce i tavoli e prende ordini, saluta con un cenno della testa e con un appena accennato sorriso i clienti abituali.
Ora nella caffetteria, oltre a quelle ragazzine, c’è solo un ragazzo, seduto lì da almeno un paio d’ore, chino sulla sedia a scrivere furiosamente qualcosa.
“Cosa sono i blazers?” gli domanda mentre, con la brocca piena di caffè bollente, gli riempie per la seconda volta la tazza. Non stava spiando, semplicemente i suoi occhi sono automaticamente caduti sul foglio che aveva davanti, è una cosa involontaria, come quando parli con una persona e a questa arriva un sms, lo sguardo automaticamente ti cade sullo schermo che si è appena illuminato, ma non di certo perché ti interessa sapere i cazzi suoi. “E’ una giacca a metà tra il giubbotto e il cardigan” gli risponde il ragazzo grattandosi una guancia con un dito e ringraziandolo a bassa voce per il caffè. Zayn gli chiede il perché dell’elenco che sta scrivendo e l’uomo in questione non sembra infastidito dalla domanda, non trova che sia poco educato o invadente, semplicemente si stringe il labbro inferiore tra pollice e indice e gli spiega che lo aiuta a capire ciò che può renderlo felice. Il cameriere rimane in silenzio e accetta di buon grado quello strano metodo di pensare del ragazzo. “Ci hai scritto la ganja?”.
 
Quando il ragazzo gli ha domandato se gli andasse di chiacchierare giusto un po’ quella mattina, durante la sua pausa pranzo, Zayn ha annuito stranamente contento di non dover rimanere da solo su una panchina a fissare i piccioni e mangiare il suo panino. Non è che non abbia amici, semplicemente apprezza moltissimo passare il tempo da solo; lo fa stare bene il silenzio del suo appartamento, il poter decidere di vedere ciò che gli pare in televisione, il potere fumare liberamente in casa senza doversi preoccupare di dare fastidio a qualcuno, ma lui ha amici. Ok, ne ha uno, ma gli basta. Insieme passano la maggior parte del tempo stando da soli. No, non è pazzo, la frase ha senso, perché loro stanno insieme, ma stanno da soli insieme. Zayn se ne sta sdraiato sul letto con il pc sulle gambe o le cuffie nelle orecchie mentre l’altro è immerso nella lettura di qualche grande capolavoro della letteratura; non hanno niente per cui litigare ed è forse proprio questo il motivo per cui sono amici da così tanti anni, non si rompono il cazzo a vicenda e chicchierano solo quando ne hanno voglia del più e del mano o di questioni esistenziali chessia.
 
Zayn si toglie il grembiule che indossa sulla camicia per lavorare e lo appende ad uno dei ganci del ripostiglio, risponde ad un messaggio arrivatogli da un numero sconosciuto che “Sono Ni, passi a prendermi per le 8?” recita, sfila una sigaretta dal pacchetto da venti quasi finito e raggiunge l’altro ragazzo che lo sta aspettando fuori con le mani enormi nei pantaloni bucati.
Mangia il panino mentre cammina, accompagna il ragazzo che ha scoperto chiamarsi Harry a prendere un boccone in un posticino lì vicino e si siedono su una panchina; ridono quando un piccione si posa sulla testa di Harry e Zayn gli offre una sigaretta; Harry dice che ne ha fumate solo un paio ma che ora gli andrebbe di fumarne una così la accetta ringraziandolo a bassa voce.
“E tu, sei impegnato?” gli domanda Harry dopo avergli parlato di Louis perché era capitato in un discorso sui vizi, e persona non c’è con più vizi di Louis a detta di Harry.
“No, sono uscito da una relazione qualche mese fa” “Non ti manca, l’amore?” Zayn alza la testa che teneva bassa e guarda l’altro. Questo ragazzo sembra appena uscito da un film di Tim Burton, con i suoi capelli lunghi e boccoli, il suo cappotto leopardato e le domande sull’amore. “Si”.

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Louis
“Al giorno d’oggi si ha” cancella.
“Ultimamente s-“ cancella.
“Oggigiorno” ma esiste davvero la parola “oggigiorno”? Cancella.
Sbatte un pugno sulla scrivania di legno e si massaggia il ponte del naso da sotto gli occhiali da vista, sbuffando. Se li risistema e si sposta una ciocca di capelli cadutagli davanti agli occhi per colpa del suo sbuffo. Chiude gli occhi e respira profondamente piegando il collo a destra e poi a sinistra fino a quando non sente il tac delle ossa. Prende la tazza con l’immagine della Notte Stellata e sorseggia il the ormai tiepido. E fissa il computer. Passa così alcuni minuti, tanto che lo screensever da lui impostato parte, così si imbambola a guardare le foto sue e del suo ragazzo che scorrono una dopo l’altra in ordine casuale. Si accende una sigaretta e in quel momento squilla il telefono, come se chi fosse dall’altro lato, a chiamarlo, avesse intuito che Louis avesse bisogno di distrarsi e pensare per qualche minuto ad altro; ma Louis sa già di chi sarà la voce al telefono quando risponderà.
“Ciao Liam” risponde subito prima di fare un tiro dalla sigaretta e c’è così tanto silenzio adesso che Louis riesce a sentire il quasi impercettibile suono della carta della Marlboro che brucia “Li?” “Si, scusami Lou” risponde quello. Gli dice che vuole andare a prendersi una birra, quella sera, perché non ce la fa più a fare negozio-casa, casa-negozio come sta facendo da ormai una settimana, ma Louis declina l’invito nonostante gli dispiaccia, perché deve ancora iniziare l’articolo e perché non vede Harry da quella mattina e non gli dispiacerebbe passare la serata a fare sesso.
“Preferisci scopare piuttosto che sbronzarti col tuo migliore amico” “Si, Li”. Il ragazzo dall’altro lato rimane in silenzio e Louis può riuscire a immaginare l’espressione del suo amico in questo momenti, con le sopracciglia alzate e le labbra serrate “Non era una domanda, ma grazie di avermelo esplicitamente detto” “Di niente”. Chiacchierano un altra manciata di minuti, minuti in cui Louis suggerisce per l’ennesima volta al suo migliore amico di trovarsi qualcuno con cui sfogare la sua frustrazione sessuale ma lui, no, vuole il vero amore, bla bla bla. Louis comunque alla fine della telefonata gli promette che presto sarebbero andati a sbronzarsi in qualche locale come facevano quando avevano diciotto anni. Pigia il tasto “chiudi” nel momento esatto in cui sente la porta di casa aprirsi. Louis pensa seriamente che ci sia qualcosa dietro tutto questo, un organizzazione segreta o Dobby l’elfo domestico che controlla le sue mosse in modo da far accadere ciò che vuole, ne è sicuro. Comunque. Sa che si tratta di Harry e infatti qualche secondo dopo appare sulla soglia dello studio. Gli si avvicina e gli bacia la testa “Ciao” ma Louis fa un verso scontento e gli tira una ciocca di capelli per farlo abbassare “Baciami” gli dice e Harry lo bacia.
“Ancora quell’articolo?” gli domanda mentre si spoglia del cappotto leopardato che sistema sull’appendiabiti. Louis annuisce e si massaggia le tempie. “Basta bambino, vieni con me di là.” Harry gli accarezza il petto da sopra il maglione con la mani grandi aperte e gli bacia il collo, sistemato in piedi dietro la sedia dove è seduto. Louis mugola come un gatto che fa le fusa.
“Devo almeno buttare giù qualche parola o non inizierò mai.” Harry fa un verso e aggrotta le sopracciglia insoddisfatto, strusciando il naso sulla guancia del ragazzo. “Ti prometto che tra poco vengo.” “Si, bambino, vieni” sussurra nel suo orecchio e a Louis viene la pelle d’oca, così è corretto ad alzarsi e spingerlo letteralmente fuori da quella stanza di peso, mentre Harry ride con la voce roca e alza le mani in segno di resa.
Si risistema sulla sedia imbottita e pensa. Vorrebbe chiudere gli occhi, riaprirgli e trovare l’articolo lì, già scritto su quella pagina Word ora ancora bianca, o magari vorrebbe una di quelle pasticche che si prende Bradley Cooper in Limitless e scoprirsi capace di saper comporre un perfetto pezzo in pochi minuti; sarebbe un sogno. Chissà cosa tirerebbe fuori la sua mente, cosa il suo subconscio riporterebbe a galla ripescando da gli anni passati, qualche piccolo dettaglio, un insignificante elemento che neppure si ricorda di aver notato, una notizia letta di sfuggita. Sarebbe tutto così facile, una pacchia.
Cosa avrebbe scritto Howard Hays al posto suo adesso? Da cosa avrebbe iniziato Eugene Roberts? Continua a farsi domande del genere mentre fissa la tastiera bianca come aspettando di vedere i tasti iniziare a premersi autonomamente. Se continua così non vincerà mai il Pulitzer, e pensare che ha già riservato un posto per lui sulla mensola in camera da letto. E’ proprio un fallito. Si maledice per non essere nato genio e fatto ciò, chiude il computer portatile con un gesto secco, come se la colpa della sua non-ispirazione fosse del suo Mac, e esce dalla stanza.
 
Quando entra nella camera da letto Harry è sdraiato a pancia in giù sul matrimoniale, con dei boxer neri addosso e i capelli raccolti in un bun. “Ehi, bambino” lo saluta distogliendo lo sguardo dal libro che stava leggendo. “Sei così eccitante mentre leggi”. Harry lo guarda mellifluo e si morde le labbra perché sentire Louis dire eccitante è, beh, eccitante. Allunga una mano verso di lui per invitarlo ad avvicinarsi. “Ho trovato una persona da presentare a Liam” “Bene, perché mi iniziare a fare pena. E’ sempre solo. Oggi voleva che uscissi con lui a bere una birra come due divorziati. Una birra” Harry chiude il libro perché preferisce di gran lunga stare con Louis, anche se gli stava piacendo rileggere Anna Karenina “Perché non hai accettato?” Louis fa spallucce “Gli ho detto che preferivo restare qui a fare sesso con te”. L’altro lo guarda e sorride.
Harry ha due sorrisi, a detta di Louis: il sorriso con le fossette, quello dolce che ti fa pensare che sia la persona più buona e gentile del mondo, e lo è, niente da dire, e quello che si tira sù da un lato, dove spunta una fossetta più grande dell’altra, un sorrisetto affilato e compiaciuto che dipinge sul suo viso la parola lussuria insieme alla parola malizia.
Harry sta sorridendo con il secondo dei due “Oh davvero?” Louis annuisce lento passando i polpastrelli sulla sua schiena ampia e dinoccolata. “E cosa ti piacerebbe fare, bambino?”
“Dimmelo tu, cosa ti piacerebbe fare. Io sono così stanco” Louis parla lento e a bassa voce; si alza dal letto e si avvicina all’armadio di fronte, inizia a spogliarsi dei vestiti che ha tenuto tutto il giorno, stando di spalle all’altro.
Passano alcuni secondi in cui probabilmente Harry ha chiuso gli occhi e tirato il capo all’indietro “Voglio che mi bagni le labbra con la punta della lingua. Voglio che mi accarezzi il corpo con i polpastrelli.” Louis è di spalle ma se che Harry è, ne è certo, con gli occhi chiusi e che si sta eccitando, perché la sua voce è diventata ancora più profonda e roca, è gutturale e ormai ha imparato a conoscere le sue espressioni senza neppure guardalo. Si blocca, così, a torso nudo e con i pantaloni di tuta calati sui fianchi, inclina la testa all’indietro e non fa altro che ascoltare la voce dell’altro che lo fa rabbrividire, lasciando che il suo corpo reagisca e ne subisca l’effetto, come sempre. Il loro gioco continua con Harry che si serve del dirty talking non sicuramente per la prima volta, per piacere del suo ragazzo e anche di se stesso, perché tra di loro il gioco è fondamentale, nel sesso e non nel sesso. Si divertono a usare un linguaggio sporco a letto, a chiamarsi puttana e mettere in luce le loro fantasie, proprio come sta facendo Harry adesso, fino ad arrivare ad un punto in cui quasi si dimentica di starlo facendo per provocare l’altro, ma riuscendo in maniera perfettamente nitida a figurarsi nella mente ciò che lui stesso sta ansimando. Si ferma all’improvviso e Louis lo sente iniziare a gemere piano, sempre più forte; si gira e la testa inizia a girarli quando lo vede steso, ora a pancia in sù, con la testa affondata nei cuscini bianchi, che guarda il soffitto, e una mano che si muova lenta nei boxer. Il collo niveo e venoso è lì in bella mostra e sale fino alla linea definita come da uno scultore della mascella quadrata. “Continua” Louis gli dice sedendosi, ancora con i pantaloni di tuta, a cavalcioni su di lui e allontanandogli le mani dall’erezione; gliele tiene strette insieme sopra la testa mentre lo guarda corrugare la fronte con gli occhi chiusi e dimenarsi sotto di lui “Voglio che mi scopi forte” geme continuando a muoversi come se stesse già realmente facendo ciò che in realtà sta solo immaginando. Louis pensa di essere arrivato ad un livello di eccitazione che non può essere descritto a parole, pensa seriamente di poter esplodere da un momento all’altro
“Sei la cosa più arrapante che abbia mai visto e sentito” si fionda sulle labbra rosse e aperte riportando Harry ad uno stato di quasi realtà, quando apre gli occhi che si mostrano più chiari e liquidi, se così si possono definire degli occhi.
 
“Oggi mi chiedevo” Harry fissa il soffitto, facendo passare le dita tra le ciocche dei capelli dell’altro, sudate per il sesso “il perché non mi senta totalmente felice”.  Harry e le sue domande esistenziali post-rapporto, ah. Louis si muove leggermente per guardarlo in viso, mentre passa le dita sul suo interno coscia, in una maniera che da sempre lo rilassa “Perché non sappiamo cosa in realtà la felicità è, suppongo” fa una pausa in cui si morde il lato del labbro inferiore, dove una ferita verticale si è chiusa finalmente da qualche giorno, lasciandogli un piccolo gonfiore “io cont e sono scuro di esserlo” termina
“Anche io con te lo sono, bambino”.

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Liam
Louis è uno stronzo. E’ il suo migliore amico, una persona fantastica, intelligente e con un impressionante senso dell’umorismo, ma rimane uno stronzo. Uno stronzo patentato. Si conoscono da quando Louis era un bambino con le bretelle e le scarpe a occhio di bue e Liam un palla di lardo con i boccoli fin sopra gli occhi, questo dovrebbe far capire quanto si conoscano bene, tanto da capirsi a vicenda e tanto da non dover finire ad usare frasi fatte o sorrisi di circostanza. Ma un po’ di comprensione e affetto dovrebbe comunque esserci, in ogni caso. Per Louis a quanto pare no, per niente, perché quando Liam lo chiama disperato pregandolo di uscire per fargli annegare i suoi dispiaceri nell’alcol Louis non solo non accetta, ma non si preoccupa neppure di declinare l’invito con tatto, e Liam non è uno di quei tipi che ci ride su e che ha la forza di stare bene anche da solo, no, lui ci rimane male, davvero, si sente abbandonato e ancora più bisognoso di affetto, e questo è ciò di cui dovrebbe occuparsi un migliore amico. Ma lui gli vuole bene, non riesce a non parlare a Louis per più di mezza giornata dunque, dopo un “vaffanculo” iniziale e un facciata da duro che non gli parla momentanea, si ritrova a comportarsi come se niente fosse e anzi a riproporgli la stessa uscita il giorno dopo. Probabilmente finendo per ricevere un altro “no, Li, non mi va di sbronzarmi con te in un posto tristissimo”. E’ uno stronzo, e il ciclo ricomincia.
 
Casa di Liam è un macello, anche se lui si ostina a dire che quel macello ha in realtà un ordine, perché lui sa perfettamente dove qualsiasi oggetto sia e non ha difficoltà a trovare ciò che gli serve, e questo è l’importante per lui; in fondo, a cosa serve un perfetto ordine? Non deve dimostrare niente a nessuno e la cosa fondamentale e che lui si trovi bene e abbia un suo criterio. Anche se Liam e la parola criterio non possono stare nella stessa frase.  Proprio per questo c’è un posacenere in bagno, una sedia girevole e imbottita viene usata in cucina per pranzare - se e quando pranza seduto al tavolo- non c’è alcun armadio o cassettiera nella stanza dove dorme, una pila di piatti è sistemata sulla piccola libreria di legno antica nel salotto e capi di abbigliamento di ogni genere sono sparsi in qualsiasi superficie dell’appartamento. L’unico vano con forse un minimo di ordine è la sua stanza, ma che, più che ordinata, è mezza vuota, e in una stanza mezza vuota è difficile mettere disordine: il tutto si limita ad un letto a una piazza in un angolo, poster di dj, cantanti dubstep e reggae appesi con il nastro adesivo alle pareti, pile e pile traballanti di cd di eletronic dance music e vinili di Bob Dylan che vengono usati nei momenti di tristezza e depressione. Stop.
Il suo lavoro fa schifo, perché, andiamo, a chi piacerebbe fare l’impiegato in un negozio di pegni? A meno che non si tratti del Banco dei pugni di Les Gold, a nessuno. Sta a contatto tutti i giorni con soldi sporchi, gente avida e disperata, che pensa solo al denaro e ad arricchirsi il più possibile,lo tratta male e non lo guarda neppure in faccia, e non è piacevole, sopratutto se sei Liam, una persona estremamente bisognosa di affetto. E ce lo aveva, da Sophia, prima che quella stronza figlia di puttana non lo lasciasse, 6 mesi fa, dopo 3 anni di relazione, con una video. Un video del cazzo. Questa stronza si è ripresa con la sua videocamera da quattro soldi mentre gli dice che “non sta più bene”, che “è solo colpa sua” e che “non aveva il coraggio di dirglielo in faccia”, dopodiché ha lasciato la cassetta sul suo comodino con un post-it che recitava “per Liam, tua Soph”. E da lì i piani di Liam di cambiare casa, magari avere un bambino tra qualche anno, vantarsi con tutti di aver scoperto cosa effettivamente sia il vero amore e comprare un cane, sono crollati come le torri gemelle. E da lì, il suo appartamento è quello che ora, la sua barba è cresciuta tanto da coprirgli metà viso e i vinili di Dylan sono usati con sempre più frequenza, se non ogni giorno.
Anche se, come già precedentemente assodato, Louis è uno stronzo senza cuore, lui e Harry solo le sole persone ancora presenti nella triste vita di Liam. Louis ogni tanto lo invita a pranzo - pranzo che cucinerà Harry - per non fargli mangiare solo ed esclusivamente wrustel immersi nella mostarda, va a fargli visita per vedere con lui uno di quei film malinconici e con sfumature adolescenziali per cui va matto come Noi siamo infinito o Quel pazzo venerdì e quando proprio si sente buono, lo porta a sbronzarsi in qualche locale da hipster e che puzza di legno bagnato lasciato al Sole.
 
In un locale hipster che puzza di legno bagnato lasciato al Sole, Liam è brillo. Ha ordinato quattro o forse cinque bicchieri di Vodka al caramello e qualcosa da stuzzicare e per questo si ritrova davanti al naso una ciotola piena di orsetti gommosi colorati, dopo che il barista incredibilmente somigliante a Miley Cyrus lo aveva informato di aver finito le arachidi.
Così continua a infilarsi quegli orsetti in bocca mandandoli giù con un sorso di Vodka, parlando spasmodicamente al ragazzo in questione dietro al balcone di Sophia e di come vorrebbe farle del male, ma non male fisico, magari rasarle i capelli a zero o bruciarle tutte quelle merdosissime borse di Prada davanti agli occhi. Fa una pausa per scolarsi il goccio di drink che rimane a coprire il fondo bicchiere, e per riprendere fiato, e nel momento in cui sta per informare l’altro di voler forare le ruote della macchina della sua ex, si accorge di non essere più da solo al bancone del locale, e ci rimane quasi male, perché in questo modo non potrà più sfogarsi con quel così bravo ascoltatore che è il biondo, e dunque rimane in silenzio.
Il barman saluta con un abbraccio il ragazzo che si è appena accomodato e Liam scoppia a piangere. E neppure lui sa il perché.
“Amico. Tutto apposto?” alza la testa e vede che la mano del ragazzo - la mano più tatuata che abbia mai visto - è posata sulla sua spalla. Poi alza lo sguardo.
“No! Mi sto sbronzando da solo con della Vodka al caramello mentre racconto la mia penosa vita a uno sconosciuto. Sono patetico! E vorrei non averla mai amata.” il contrasto del tono di voce urlato della prima parte della frase rispetto invece al tono basso e palesemente triste della seconda parte è notevole.
Il ragazzo moro volge lo sguardo verso il barman che alza le mani in segno di impotenza e poi di nuovo su Liam
“Io sono Zayn. Quella è una steroia, e non ti stai sbronzando da solo. Ti stai sbronzando con me”. Liam lo guarda e lo vede sfocato per colpa delle lacrime ancora presenti.
“Hai davvero citato Mean Girls?”
“Ehi. Quel film insegna a vivere”.
 
 
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Era l’una passata da qualche minuto quando Louis ha ricevuto la chiamata di Liam. Era stranamente eccitato ed euforico, sicuramente sbronzo, e gli ha urlato di essere uno stronzo, che l’amore è una cosa relativa - e Louis non ha capito il senso di quest’ultima affermazione -  e che lui e Zayn vogliono far approvare una legge che preveda che la Tequila sostituisca definitivamente l’acqua.
E chi diavolo è Zayn?
 
Nella Range Rover di Harry, Louis muove convulsamente su e giù una gamba, che continua a scontrarsi con il cambio dell'auto provocando un rumoretto snervante anche per le sue stesse orecchie.
“Lou” Harry lo chiama piano, con la voce roca strascicata per il sonno interrotto bruscamente “Dimmi Har”
“Piccolo, non ti agitare, ma hai indossato i pantaloni di tuta sporchi” Louis lo guarda e corruga la fronte
“Chi se ne importa, quando arriverò a casa li metterò a lavare” ma Harry ridacchia “No bambino, sporchi di…” il suo sguardo si sposta verso il basso e le fossette compaiono sulle sue guance “..di me”. Louis segue i suoi occhi e si accorge dell'evidente macchia bianca presente sulla sua coscia. Rialza la testa, chiude gli occhi e respira profondamente.
Stai calmo Louis, mantieni la calma, si ripete. “Io lo ammazzo!” finisce alla fine per urlare.
 
Harry e Louis arrivano al locale che è stato indicato loro da un soggetto sconosciuto per telefono, soggetto che a quanto pare lavora lì e che a quanto pare ha tolto il cellulare dalle mani di Liam per far venire in soccorso i due. La situazione che si presenta è ambigua, oltre che totalmente inconsueta: il locale è vuoto se non per Liam e altri due ragazzi, seduti insieme a lui intorno ad un tavolo di legno scuro; le loro risate si sentono sin dalla porta di ingresso e la puzza di marcio misto ad alcol ristagna persino sulle pareti. Liam sembra notare i suoi amici così alza strisciando la sedia lungo il pavimento e creando un frastuono assordante, e si dirige barcollando verso di loro.
“Louiiiis!” sbiascica Liam con gli occhi lucidi e un bicchiere tra le mani
“Sei un idiota!” riceve come risposta e all’improvviso sembra ricordarsi ciò che fino a pochi minuti fa pensava del suo amico,i così “Tu! Tu sei lo stronzo, sei tu!” urla aggrottando la fronte per sembrare minaccioso, ma tutto quello che riesce a sembrare è un bambino in difficoltà “sei un pes’mo migliore amico, perché n’n vedi con me i film e perché non ti ubriachi con me!” riesce a dirgli alternando le parole ad un singhiozzo al sapore di tequila. Louis rotea gli occhi al cielo “‘nvece lui lo fa! Gli piace Mean girls e beve insieme a me” Si ferma e trangugia un sorso dal bicchiere, bagnandosi il mento e il collo della t shirt. “Ehi ma quello è sperma?” domanda indicando col dito la gamba di Lousi; Harry scoppia a ridere e Louis buffa ma gli mette un braccio intorno alle spalle.
“Lascia stare lo sperma sui miei pantaloni. Mi dispiace, Lì. Davvero.” lo abbraccia e lo bacia su una guancia, e Liam subito ricambia stringendoselo addosso e alzandolo un poco da terra
“Da, mettimi giù, scimmione. Si può sapere allora chi è questo sconosciuto che ama Mean Girls e chi beve con te?” Liam annuisce e barcolla nuovamente verso il tavolo, seguito dai due.
Arrivano di fronte ad un ragazzo troppo biondo che è seduto con i piedi sul tavolo mentre legge un libro,e ad un altro seduto di spalle intento a maneggiare delle caramelle colorate.
“Lui è Niall! E assomiglia a Miley Cyrus!” urla, e il ragazzo alza una mano in segno di saluto senza però spostare lo sguardo dalle righe fitte del romanzo “e lui è Zayn” indica poi l’altro Liam che si volta, anche lui con gli occhi lucidi per l’alcol
“Non capisco perché in una busta ci siano più orsetti gommosi rossi che di altri colori” è quello che dice con gli socchiusi, per poi volgere il suo sguardo verso Harry “ciao Harry della caffetteria!” Harry ricambia e Louis li guarda interrogativi.
“Vi conoscete?” domanda al suo ragazzo, lasciando perdere per un momento Liam che è tornato a riempirsi il bicchiere. Tanto ormai è ubriaco.
“Si, ci siamo conosciuti stamattina prima che andassi a lavoro ed era lui che volevo presentare a Liam. A quanto pare ci hanno pensato da soli”. Ed entrambi si voltano verso i protagonisti della loro conversazione e li trovano ad pomiciare come due adolescenti, Liam sulle cosce di Zayn. “Ora capisco cosa intendeva Liam quando ha detto che l’amore è relativo”. Louis è troppo sorpreso per aggiungere altro.
“E’ dalle 22 che vanno avanti. Non capisco come possano ancora avere fiato”. E’ la prima volta che la voce del ragazzo biondo si sente, e Louis ed Harry quasi si erano dimenticati di lui. Così si voltano mettendosi a sedere a quel tavolo
“Ciao amico” il ragazzo saluta Harry che lo guarda stranito per qualche secondo, poi pensieroso e alla fine “Ehi, il ragazzo del cancro!” esclama.
“Sono Niall.” “Io sono Harry." Louis lo guarda interrogativo per la seconda quella sera, nel giro di una manciata di minuti, e la richiesta di spiegazioni è implicita.
 
Dopo che Niall ha dato a Liam e Zayn acqua e zucchero da bere una volta che questi hanno vomitato per una stupidissima gara di shottini, sono tutti e cinque - più o meno sobri - seduti al tavolo, alle 2 di notte.
“Allora fatemi ricapitolare” dice Louis portandosi le mani alle tempie e chiudendo gli occhi come gesto per concentrarsi “Harry, tu stamattina ti sei imbattuto in Niall, che è il migliore amico di Zayn, che è il ragazzo che hai conosciuto oggi alla caffetteria dove lavora e che volevi presentare a Liam, mio migliore amico, che però ha casualmente incontrato in questo locale dove lavora Niall.” Si ferma, riapre gli occhi e guarda tutti i presenti, uno alla volta “Ho ragione?” Tutti annuiscono. Rimangono in silenzio.
“Il caso quando ci si mette è davvero un bastardo.”
 
 
 
Dopo mesi dalla serata certamente più strana della loro vita, a Zayn non manca più l’amore, Niall è ancora vivo, i vinili di Bob Dylan sono stati sostituiti da i DVD malinconici e con sfumature adolescenziali di Zayn, Harry durante il sesso è ancora volgare e sulla prima pagina del The Times trionfa il titolo “L’inarrestabile potere del caso” e la firma di Louis, che aspetta ancora il suo Pulitzer.
  
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