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Autore: Lunete    13/02/2015    8 recensioni
Lui, un ragazzo con molte insicurezze ma con un futuro segnato dal suo sangue. Lei, una maga dal passato oscuro ed un destino terribile che l'attende. Due anime che si incontrano in un presente incerto, pronti a combattere per il loro mondo anche se il rischio di pagare un alto prezzo per le loro azioni è elevato.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 – Decisione

 

La sveglia all'alba arrivò puntuale, come sempre del resto. In quel dannato tempio non c'era spazio per i dormiglioni e questo costituiva un motivo in più per sentirmi completamente estraneo a quel luogo. Mi ritrovo letteralmente incastrato qui da quando, a soli 10 anni, fui spedito in gentile concessione per poter essere addestrato come templare, prima che potessi avere la minima alba di cosa volevo fare della mia vita. Ma ehi! Salverò il mondo da tanta gente orribile, come maghi posseduti da demoni, maghi che usano il sangue per fare tante cose brutte e maghi eretici (quelli che, in poche parole, non vogliono vivere con il guinzaglio della Chiesa stretto al collo). E se proprio non sprizzerò gioia da ogni mio singolo poro per tutto ciò, almeno ci proverò con il massimo della convinzione che riuscirò a maturare.

«In piedi mammolette!» urlò il capitano Mardon, un templare sulla cinquantina che aveva ucciso talmente tanti maghi del sangue che avrebbero dovuto dargli una medaglia. Ma probabilmente sarebbe considerato di cattivo gusto. Mi guardai attorno, scoprendo di essere l'unico ancora mezzo imbambolato a letto, quindi mi affrettai a scendere dalla branda e mettermi sull'attenti; Mardon passò tra le due file di cadetti, scrutandoci uno per uno e sbraitando commenti sulla nostra postura sciatta, non adatta ad un vero templare. La cosa non era di buon auspicio, dato che di lì a pochi giorni tutti noi avremmo dovuto prestare giuramento, diventando così templari a tutti gli effetti. Di lì a pochi giorni si sarebbe conclusa la prima parte del mio addestramento, durata gran parte della mia vita. Di lì a pochi giorni avrei dovuto dire addio a qualsiasi libertà e diventare schiavo della Chiesa. O del lyrium. O di tutti e due.
Seguii i miei compagni nei bagni e mi appropriai di un lavandino; l'immagine di un ragazzo con occhi marroni, un ciuffo disordinato di capelli color miele ed una corta barba della stessa tonalità mi occhieggiava con aria poco convinta. Dovevo assolutamente sistemarmi quel ciuffo!
«Alistair!» Mardon mi chiamò mentre sfilavo assieme ai miei compagni verso la sala da pranzo.
«Sissignore!» risposi, facendo la rigida riverenza dovuta ad un mio superiore.
«Domani mattina dovrai presenziare ad un Tormento. Se non sbaglio non ne hai mai visto uno?»
«Nossignore!»
«Dopo l'addestramento ti aspetto all'entrata principale, partiamo nel pomeriggio per Kinloch Hold, la Torre del Circolo!».
Ecco un altro momento temuto, ma che sapevo prima o poi sarebbe arrivato. Il Tormento! Ogni apprendista mago doveva affrontare questa prova per poter dimostrare di riuscire a vincere le tentazioni dei demoni dell'Oblio, mettendo in pratica tutto ciò che aveva imparato negli anni. Se la prova veniva superata diventava a tutti gli effetti un mago del Circolo, altrimenti...beh, diciamo che non avrebbe fatto una bella fine. Uno dei doveri più importanti di un templare era proprio quello di presenziare a tale prova, dove, in caso di necessità, avrebbe dovuto prendere le misure necessarie al fine di evitare che un abominio (ovvero un mago posseduto da un demone) scorrazzasse indisturbato per il mondo. E già che c'erano, ad ogni Tormento un cadetto veniva letteralmente sbattuto in mezzo, cosicché potesse prendere coscienza di ciò che lo aspettava. Molto incoraggiante, davvero. Domani avrei quindi dovuto uccidere il mio primo apprendista? O si sarebbe dimostrato abbastanza forte?

Con queste domande andai al campo di addestramento del tempio e cominciai a torturare con la spada, la mia arma preferita da sempre, un manichino; l'allenamento restava uno dei miei metodi preferiti per impedire all'ansia di impadronirsi di me. Accanto a me c'era un altro cadetto, un ragazzo dai capelli rossicci ed il viso ricoperto di lentiggini: il suo nome era Ernald ed era l'unico in quel luogo con cui avevo un rapporto simile ad un'amicizia.
Al tempio i cadetti non venivano incoraggiati a stringere rapporti tra di loro, poiché i nostri compiti consistevano solo nel pregare, allenarci, pregare ed ancora pregare. In pratica ci si divertiva un sacco! Ma io sono sempre stato considerato il “ribelle”, solo perché mi piace eseguire gli ordini in modo, diciamo, creativo. Ad esempio, quando avevo circa dodici anni, Georgina, la venerata madre del tempio, mi chiese di pulire il cortile dalle foglie cadute dagli alberi. Io effettivamente liberai il cortile dalle suddette foglie, pensando che fosse cosa buona e giusta limitarmi a spostarle ai lati; chissà perché alla venerata la cosa non piacque e di conseguenza mi mise in punizione, facendomi mangiare pane ed acqua per tre giorni. Da quella volta non abbiamo proprio un rapporto idilliaco.
Quindi, da bravo ribelle, riuscii quasi a far amicizia con Ernald, il quale però era fin troppo timoroso, dunque non riuscimmo mai ad approfondire più di tanto. Diciamo che avevamo l'abitudine di scambiarci qualche frase in più rispetto ai normali convenevoli di pacifica convivenza, come avveniva con il resto dei cadetti.
«Chi sarà quell'uomo?» mi chiese il cadetto pel di carota, indicando con l'indice un punto alle mie spalle.
Mi voltai e da lontano vidi Mardon e Georgina che passeggiavano assieme ad uno sconosciuto; era alto, con la pelle scura, i capelli corvini legati in una coda e la barba folta. Sembrava fossero impegnati in una discussione piuttosto accesa e vedevo già il famoso cipiglio corrucciato della venerata madre farsi sempre più marcato, quello che appariva sempre quando pensava che le sue regole fossero state violate. O quando non voleva lasciare che l'interlocutore osasse pensare di aver ragione. O, più in generale, quando guardava me. Qualunque cosa stesse chiedendo, quell'uomo non l'avrebbe avuta vinta facilmente. Anzi, non l'avrebbe avuta vinta proprio. Osservai per un po' il trio mentre si allontanava lungo i portici che davano sul cortile, quindi continuai ad allenarmi fino ad ora di pranzo.

Dopo aver consumato il mio pasto, andai nella mia camerata ed indossai l'armatura da cadetto, quindi raggiunsi l'entrata, dove Mardon mi stava aspettando. Per quel giorno ero stato esonerato dalle lezioni di Antimagia, ovvero l'insegnamento delle tecniche che i templari dovevano usare per controllare i poteri magici dei maghi. Ovviamente era la materia che mi interessava di più e che in un certo senso mi affascinava, visto che era l'unica cosa simile alla vera magia che avrei potuto mai sperimentare in vita mia. Perchè il Tormento non poteva capitarmi quando c'erano le lezioni di Meditazione Avanzata o di Storia della Chiesa? Oh, certo, conosco la risposta a questo quesito: è tutta opera della mia solita fortuna!
M'incamminai attraverso i corridoi di pietra fredda, illuminati dalla debole luce pomeridiana, che filtrava a stento dalle finestre lunghe e strette poste lungo le pareti. Quando arrivai al pesante portone di quercia dell'ingresso del tempio,vidi che Mardon non era solo: assieme a lui c'era l'uomo misterioso con cui l'avevo visto discutere qualche ora prima.
«Ah ecco Alistair! Alistair, ti presento Duncan, Comandante dei Custodi Grigi del Ferelden!»
«Signore!» mi misi subito sull'attenti.
Un Custode Grigio? Pensavo che ormai fossero delle leggende, delle favole raccontate ai bambini! Sapevo che i Custodi Grigi erano guerrieri, scelti tra i migliori di una nazione, il cui compito era sconfiggere la Prole Oscura, ovvero dei mostri orrendi che periodicamente emergevano dal sottosuolo con l'intento di farsi una bella scampagnata in superficie, solitamente causando un bel po' di morte e devastazione. Riuscivo quasi ad immaginarmi questo Duncan in sella al proprio grifone, intento ad uccidere un sacco di Prole Oscura e ricacciandoli nelle Vie Profonde! Già, peccato che di Prole Oscura ormai non se ne vedesse in giro da secoli e i grifoni fossero estinti. Quindi cosa ci faceva al tempio un Custode Grigio?
«Riposo» ordinò Mardon «Duncan, questo è uno dei nostri cadetti più promettenti. Nonostante la venerata madre non sia d'accordo con me, penso che potrebbe diventare uno dei nostri migliori uomini».
Incredibile! Un complimento da parte di Mardon! Era una cosa rara sentirsi fare dei complimenti da parte dei superiori, soprattutto da un tipo come lui. Ecco una cosa di cui potevo vantarmi per i prossimo dieci anni!
«Salve Alistair, è un piacere fare la tua conoscenza» disse Duncan, con voce gentile e pacata.
«Per me, signore, è un onore conoscere una leggenda vivente! Pensavo non esistessero più i Custodi Grigi!» un silenzio imbarazzato calò su di noi lasciandomi interdetto.
«Cioè, volevo dire che...»
«Che è un onore conoscere un persona della sua levatura» completò Mardon al mio posto, togliendomi dall'imbarazzo ma riservandomi un'occhiata tagliente.
Duncan sorrise, forse comprendendo quel che volevo dire «non ti preoccupare Alistair, non serve che tu sia così formale con me. Non sono nemmeno un tuo superiore!».
Ecco, questo fu un errore da parte sua, poiché il farmi sentire a mio agio solitamente scatena la mia parlantina. Infatti la mia curiosità ebbe il sopravvento e non potei fare a meno di chiedere «Posso sapere perchè si trova qui al tempio?»
«Alistair!» mi rimproverò Mardon, scandalizzato dalla mia audacia.
«Non ti preoccupare Mardon, non c'è nessun problema, anzi la sua curiosità è un bene. Alistair sono venuto qua per cercare l'aiuto dei templari. A quanto pare i Prole Oscura stanno tornando in superficie e abbiamo bisogno della collaborazione di più eserciti possibile, non importa di che fazione».
«In superficie? Ma non vorrà mica dire che...»
«Ora basta con le domande! Alistair, dobbiamo partire subito se vogliamo arrivare alla Torre entro domattina» m'interruppe Mardon, sbuffando spazientito.
Rivolsi a Duncan uno sguardo pieno di domande, al quale rispose con un sorriso gentile e mi disse «non ti preoccupare, quando tornerai sarò ancora qui e mi potrai fare tutte le domande che vuoi!».

Il viaggio verso la Torre durò tutto il pomeriggio e la mattina dopo, ci accampammo solo poche ore alla notte ma non riuscii a dormire. Continuavo a pensare a Duncan e ai Custodi Grigi: quanto mi sarebbe piaciuto poter essere uno di loro per combattere la Prole Oscura, invece di inseguire maghi reietti ed eretici! Certo, proteggere il mondo dai Maleficarium (o maghi del sangue, che dir si voglia) era comunque importante e la magia doveva essere tenuta sotto controllo, ma semplicemente non faceva per me. Non volevo passare il resto della vita in un tempio, o alla Torre, o in qualche prigione per maghi. Io volevo l'avventura, volevo poter esplorare il mondo, volevo la libertà. Il libero vagare della mia mente fu incoraggiato anche dalla scarsa loquacità di Mardon, il quale mi rivolse raramente la parola lungo il tragitto.

Finalmente arrivammo al lago Calenhad, sul quale si stagliava la gigantesca Torre del Circolo, ovvero il luogo dove i maghi venivano rinchiusi fin dal primo barlume di magia manifestato, spesso ancora prima che imparassero a parlare. Ci accolse il capitano Greagoir, che era a capo di tutti i templari stanziati nella Torre.
«Benvenuti! Allora è lui che deve presenziare al suo primo Tormento?» chiese Greagoir, scrutandomi dall'alto in basso.
«Sissignore!» risposi da bravo soldato, il che mi fece guadagnare un'occhiata di approvazione da parte di Mardon. Se continuavo così la mia autostima sarebbe arrivata alle stelle e non so se sarebbe stato un bene, per lo meno per chi mi stava attorno.
Greagoir ci condusse verso il primo corridoio, superammo la biblioteca dove c'erano diversi apprendisti di tutte le età che seguivano le lezioni, passammo davanti alle camerate (ehi! Che hanno quelle due da guardare? Però, una delle sue è proprio carina...no! Concentrati Alistair!) e salimmo la prima rampa di scale. Ed era appunto la prima. Dopo non so quante altre rampe (sul serio, come fanno i templari della Torre ad andare su è giù completi di armatura e tutto?!) arrivammo nella Sala del Tormento. Ad aspettarci c'erano già altri due templari e il Primo Incantatore Irving. All'apparenza sembravano tranquilli, ma una goccia di sudore scivolò sulla tempia di uno dei due guerrieri, tradendo il suo reale stato d'animo. E così, dedussi, assistere ad un Tormento non era una cosa alla quale ci si faceva l'abitudine, nemmeno dopo anni di onorato servizio.
Poco dopo di noi, un altro templare portò all'interno della Sala una maga. Aveva più o meno la mia età, con lunghi capelli biondi, magrissima e un'espressione terrorizzata nel volto: aveva tutta l'aria di una persona alla quale avessero rovinato completamente la giornata.
Dopo averle dato alcune indicazioni sulla prova che avrebbe dovuto affrontare, Irving la fece avvicinare ad una ciotola di pietra, nel cui interno vorticava una sostanza azzurrina: liryum, il minerale indispensabile sia per i maghi (senza il quale non potevano lanciare gran parte degli incantesimi) sia per i templari, che, analogamente ai maghi, dovevano assumerlo per potenziare le tecniche Antimagia insegnateci al tempio. Peccato che provocasse una forte dipendenza e la Chiesa ne approfittava, controllando la dose di lyrium che ogni templare poteva assumere ogni giorno e impedendo la vendita al di fuori del suo controllo. La ragazza bevve la pozione e subito entrò in una sorta di trance, sprofondando nell'Oblio: ora dovevamo solamente aspettare che riemergesse da quell'incubo, sperando che tornasse vittoriosa.

Dopo più di un'ora la situazione non era cambiata. Il nervosismo era palpabile, poichè se fosse rimasta troppo nell'Oblio avremmo dovuto finirla comunque, che fosse posseduta o meno: infatti, più un apprendista rimaneva nell'Oblio, più aumentava il pericolo che il demone vincesse le sue difese e lo possedesse.
All'improvviso qualcosa cambiò: all'inizio fu impercettibile, una contrazione delle labbra, il tremito delle palpebre. Poi la ragazza cominciò ad urlare ed urlare sempre più forte, il suo viso cominciò a deformarsi.
«Alistair! Finiscila immediatamente! E' posseduta!» mi ordinò Mardon.
Ma io esitai: davanti ai miei occhi riuscivo solo a vedere la ragazza bionda e mite che era stata solo un'ora prima. La mia esitazione però si rivelò un grosso errore; la ragazza cominciò a trasformarsi completamente davanti ai nostri occhi, divenne alta almeno due metri, il volto dai lineamenti delicati sembrò liquefarsi e diventò mostruoso: era diventata una abominio. A quel punto tutti i templari le furono addosso e anch'io, dopo essermi ripreso, li aiutai. Fu una battaglia feroce, ma alla fine riuscimmo ad uccidere il mostro, che della maga non aveva più nulla. A causa della mia esitazione, però, sapevo che la mia prova non era andata per il meglio, lo leggevo nello sguardo deluso di Mardon. Ancora una volta mi chiesi cosa avrei fatto nel momento in cui avrei dovuto prestare giuramento come templare.

Durante il viaggio di ritorno non parlammo per nulla; mi limitai a tenere gli occhi fissi all'orizzonte, cercando di non pensare a ciò che era appena successo. Sapevo che se ci avessi rimuginato sopra il senso di colpa mi avrebbe schiacciato e non potevo permettermelo: in quanto futuro templare non dovevo provare compassione per gli abomini, non importa se prima di diventarlo erano delle persone normali, con desideri, sogni ed una vita alla quale sarebbero tornati più che volentieri. Il senso di rabbia e frustrazione, però, era in agguato nel profondo del mio animo; curiosamente all'improvviso mi balenò in mente il viso di Duncan e mi ritrovai nuovamente a pensare alla vita da Custode Grigio.
Arrivammo al tempio che era ormai sera, quando inaspettatamente Mardon aprì bocca e, con voce seria, mi disse «la venerata madre non ne sarà contenta». Come se fosse una novità!

Il giorno dopo fui svegliato dal solito urlo, mi trascinai nella solita sala da pranzo e andai al solito campo di addestramento. Mentre m'incamminavo verso la mia meta notai che gli altri cadetti mi guardavano con un misto di scherno e compassione; persino Ernald non mi salutò con la sua solita allegria, anzi, evitò del tutto il mio sguardo, defilandosi lontano da me.
Al campo c'era anche Duncan che si stava allenando. Quando mi vide sorrise, invitando ad avvicinarmi con un gesto della mano. Accetai l'invito, sollevato di trovare qualcuno che fosse almeno apparentemente felice di vedermi.
«Buongiorno Alistair, ti andrebbe di unirti a me per un veloce allenamento?» mi chiese e io risposi affermativamente, forse con fin troppo entusiasmo.
Ci battemmo per più di un'ora senza che nessuno dei due prevalesse sull'altro: Duncan era molto agile e veloce, ma io riuscivo a parare gran parte colpi con lo scudo e a rispondere con forza con la mia spada. Alla fine riuscì a farmi inciampare, facendomi scivolare la spada di mano e puntandomi la sua alla gola.
«Ehi, non è valido!» protestai.
«Pensi che in battaglia ciò che è valido o no conti qualcosa?» rispose lui, allungando la mano per aiutarmi a rimettermi in piedi.
«Ho saputo che la prova di ieri non è andata bene come speravano» mi riferì il Custode, mentre riponevamo le nostre armi sulle rastrelliere. Maledizione! Perchè in questo dannato tempio la gente non si faceva mai gli affaracci suoi?! Ora capivo tutti quegli sguardi strani da parte dei miei compagni.
Notando il mio sguardo scocciato, Duncan mi tranquillizzò dicendomi «non ti preoccupare, non ti giudicherò per questo. Ho visto che come spadaccino te la cavi egregiamente, quindi deduco che il fallimento di ieri fosse dovuto ad altro».
Quella risposta data con così tanta gentilezza, cosa veramente rara in quel tempio, ruppe qualcosa dentro di me: tutte le emozioni amare della mattina precedente si riversarono nella mia mente come un fiume in piena, facendomi sentire l'urgenza di esternarle. Non potevo più resistere, inoltre sapevo che probabilmente quella sarebbe stata l'unica occasione per me di sfogarmi con qualcuno.
«So che avrei dovuto ucciderla prima che si trasformasse in abominio, ma non ce l'ho fatta. Non ce l'ho fatta ad affondare la spada nel corpo di una ragazza che fino a poco tempo prima viveva la sua vita tranquilla. In questo tempio ti insegnano a temere i maghi come se fossero dei criminali, ma la verità è che sono persone normali, come noi. Con la sfortuna di essere nati con qualcosa in più» confessai di getto, quasi senza pensare alle parole che pronunciavo, lasciandole libere di uscire dalle mie labbra.
Duncan mi fissò meditabondo, quindi mi chiese «Alistair, rispondimi sinceramente: tu vuoi essere templare?».
Sentire a voce alta quella domanda, che per mesi e mesi mi ero posto senza mai avere il coraggio di rispondere, mi fece salire istintivamente la risposta : «no».
«E se potessi fare altro, se tu potessi scegliere...che cosa faresti?».
Ripensai a quello che avevo provato la prima volta che l'avevo visto, quando Mardon mi disse che ero al cospetto di un Custode Grigio: la sensazione di rispetto che nutrivo nei confronti di quei leggendari guerrieri, unita alla mia voglia sempre più consistente di libertà, mi fece salire istintivamente la risposta «voglio diventare un Custode Grigio!».

 

Note dell'autrice:
Salve a tutti! Ho appena aggiornato il primo capitolo perchè rileggendolo mi sono resa conto che faceva pena! -.-"
Ma d'altronde è la prima fanfiction che scrivo, quindi spero di migliorare con il tempo! Detto questo, vi ringrazio per
essere arrivati fino in fondo, scrivetemi pure se vi è piaciuta, se secondo voi devo cambiare qualcosa o qualsiasi
altro suggerimento vi passi per la testa!
Ciao ciao, alla prossima! ;)
 
   
 
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