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Autore: RoranForteMartello    13/02/2015    0 recensioni
Dopo un incidente all'Accademia Butei di Tokyo, Toyama Kinji decide di realizzare il suo sogno di una vita normale, trasferendosi in una città di provincia dove frequenterà una scuola normale. Peccato che gli istinti appresi in anni di addestramento siano duri a morire, e che la scuola in cui si è trasferito sia tutto tranne che normale. Tra demoni, angeli e la sua fastidiosa malattia, Kinji si troverà coinvolto in eventi molto più grandi di lui, ai quali però non potrà sfuggire pur volendo.
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Storia Cross Over tra [Hidan No Aria] e [Highschool DxD]
Gli eventi sono basati dopo il quinto volume della Light Novel di Hidan No Aria e durante il primo volume di Highschool DxD.
Genere: Avventura, Commedia, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un Butei alla Kuoh Academy

Disclaimer: Non posseggo ne Highschool DxD ne Hidan No Aria. La storia è scritta senza scopi di lucro

Prima Pallottola - Contratto

Quando ripresi i sensi la prima cosa di cui mi resi conto fu della luce. La luce mi colpiva da destra, abbagliando i miei occhi ancora abituati all’oscurità. Poi pian piano mi adattai ed alzando il capo cercai di capire dove fossi.

La stanza era grande e ben arredata, con un letto a baldacchino enorme in cui mi trovai sdraiato, ed ovunque guardassi c’erano orpelli e ninnoli preziosi. Il rosso era il colore che dominava l’ambiente, ma non era un rosso duro ed opaco, come potrebbe essere il colore del sangue venoso, al contrario era un rosso gentile, carico di bellezza, come il colore del sangue arterioso.

Presi fiato per quella che mi sembrava la prima volta da tanto tempo e tastai il retro della mia testa. Una benda mi fasciava il capo coprendo quella che aveva tutta l’aria di essere un bel bernoccolo. Cercai di ricordare e di razionalizzare, ma solo quando lei si mosse vicino a me iniziai a capire.

Capii che mi trovavo nudo, in un letto non mio con qualcuno al mio fianco. Immediatamente il mio cuore iniziò a correre ed il dolore al basso ventre indicò l’avviarsi dei sintomi della mia malattia.

Senza riflettere mi trassi a sedere, presi un cuscino per nascondere le mie nudità e mi avviai verso la porta. Non lo feci gentilmente, o con la dovuta attenzione per non svegliare la mia partner, al contrario mi mossi in fretta, completamente nel panico, per impedire lo scatenarsi di quel lato di me che odio così tanto…

… se mi fossi risvegliato in questo istante, in questa situazione, Dio solo sa cosa avrei potuto fare a lei o a me stesso.

Cercai di aprire la porta, la tirai a me con forza, ma questa era chiusa e la chiave non era in vista.

“Tojama-kun? Torna a letto, è presto ancora…”

Un brivido mi percosse la schiena, lentamente mi voltai e lei era lì.

Nuda, seduta sul letto mentre stancamente si strofinava gli occhi fissandomi.

I suoi seni enormi, con i piccoli capezzoli rosa ad ornare il tutto, erano puntati contro di me.

TUMP

La sentì avanzare, sentì la malattia crescere, arrivare al confine e quasi trasbordare, ma nell’angolo della stanza c’era la mia salvezza. Mi fiondai verso quella porta socchiusa che prima mi era sfuggita, sprangandomela alle spalle.

Mi ritrovai in un piccolo bagno signorile, con una vasca in stile giapponese, una doccia e più spazio di quanto ne servisse a dieci persone. Senza pensare mi diressi alla vasca e mi tuffai dentro, cercando di calmare i miei bollenti spiriti.

Per un minuto sembrai riuscirci, ma poi lei venne a bussare alla porta.

“Tojama-kun, tutto bene? Perché ti sei chiuso li dentro?”

La porta era chiusa, quindi lei non poté entrare, ma la sua presenza appena oltre un sottile strato di legno mi fece ribollire.

“Scusa!” urlai, cercai di mantenere il controllo. “I-Io non so come sia successo, non volevo davvero che accadesse… p-puoi vestirti per favore? Arriverò fra poco!”

La ragazza borbottò, ma fece come le avevo detto, tornando però a bussare una volta vestitasi.

“Ora puoi uscire Tojama-kun, ho messo in dosso qualcosa…”

Io sospirai di sollievo, mi avviai verso la porta, raccogliendo ed indossando quanti più accappatoi possibili lungo la via. Quando finalmente uscì nella stanza, sembravo un pinguino imperatore o una qualche sorta di strano esquimese…

…e lei era lì, con indosso l’uniforme della scuola e un sorriso bonario in viso.

La riconobbi per il semplice fatto che era impossibile che la dimenticassi, era la stessa ragazza che il giorno prima avevo incontrato all’uscita da scuola e che rividi una seconda volta in quell’appartamento…

Solo quando feci quest’associazione ricordai i trascorsi della sera prima, con lo strano prete che rapiva una suora, un cadavere appeso ad un muro e la luce che mi spinse ad arretrare facendomi battere la testa contro la ringhiera. Dentro quella luce c’era proprio lei.

Davanti alla mia espressione sembrò risollevarsi. “Bene, vedo che inizi a ricordare. La botta alla testa non era così grave, ma sarebbe stato un problema se avessi iniziato a soffrire di amnesia.”

La ragazza dai seni enormi e dai lucenti capelli rossi si avvicinò a me, studiando dubbiosa il mio abbigliamento. “Mi spieghi perché ti sei messo tutti i miei accappatoi? Con cosa mi dovrei asciugare io ora? Se volevi i tuoi vestiti indietro, sarebbe bastato chiedere. Sono proprio lì, su quella sedia.”

Mi indicò una sedia nell’angolo della stanza, e li perfettamente piegati c’erano in effetti gli indumenti che avevo in dosso la sera prima.

“I-I-I-Io non capisco, cos’è successo i-i-ieri sera?”

Solitamente quando i sintomi della mia malattia si mostravano, rimanevo comunque cosciente e ricordavo cosa facevo in quel periodo in cui non ero io al controllo, ma questa volta… era buio totale.

Ancora non capivo cosa ci facessi in camera di una bellezza simile, ne perché fossimo entrambi nudi, ne come mai lei fosse così tranquilla al riguardo.

“Fufu, sei così carino quando arrossisci. Tranquillo, ti spiegherò tutto una volta che mi sarò lavata, quindi ti va di restituirmi un accappatoio? A meno che a te non vada di vedermi nuda e grondate d’acqua….”

Parlò in maniera maliziosa, causandomi un ulteriore stimolo deleterio alla mia salute.

“N-N-N-No, tieni pure!!!”

Mi tolsi uno dei numerosi accappatoi e la vidi allontanarsi verso il bagno sorridendo.

Approfittai di quei minuti in cui lei era impegnata per riprendere possesso dei miei vestiti, riacquisendo almeno un sentore di normalità. Quando finii di vestirmi, lei uscì dal bagno. Ci mise straordinariamente poco per essere una ragazza, cosa che mi lasciò di stucco e mi diede appena il tempo di tirare su la zip dei pantaloni.

Era fradicia ed avvolta nell’accappatoio che le avevo dato, ma anche così attraverso il tessuto bagnato si riusciva a vedere o almeno intravedere tutto. Diedi le spalle a quella visione peccaminosa, gridando arrabbiato. “Sii più consapevole per piacere! Ed indossa qualcosa che ti copra!”

Ero furente, eccitato, preoccupato e stanco tutto insieme. Era incredibile come in pochi minuti fossi riuscito a passare dalla brace alla merda più totale. Rimase nel mio angolo, a tremare per qualche minuto, finché non senti la sua mano poggiarsi sulla mia spalla. Istintivamente feci un balzo indietro allontanandomi da lei.

“Ehi, ti comporti in maniera davvero strana sai? Potrei quasi offendermi se non mi avessi offerto il tuo corpo stanotte…”

Mi paralizzai, sbiancai completamente, perdendo ogni briciola di forza. Lei si accorse di questa mia situazione e mi fu subito accanto, ma per evitare che il peggio accadesse di nuovo, arretrai ancora di qualche passo.

“I-Io non volevo che accadesse. P-Per favore dimentica di stanotte. E-Era la mia prima volta e scommetto di essere stato s-strano durante il r-rapporto, ma anche così… non credo che dovremmo….”

Abbassai il capo, cercando di spiegare goffamente come non avrebbe dovuto fraintendere i fatti della notte prima in quanto quello non ero realmente io, ma sorprendendomi per l’ennesima volta, lei scoppiò a ridere.

“Ma cosa vai a pensare? Non l’abbiamo mica fatto, sono ancora vergine io!”

Continuò a ridere, ma io ero semplicemente confuso. Forse invece di un rapporto completo avevano passato il tempo in attività più soft? Magari lei aveva…. Ed io avevo…

Arrossì ancora, ma questo non mi impedì di parlare. “Sei davvero vergine?”

“Si lo sono.”

“Davvero, davvero?”

“Si che c’è, vuoi forse controllare?”

Lo disse con voce maliziosa alzando l’orlo della gonna, ma io scossi il capo velocemente. Non avevo la minima intenzione di ricadere in fallo, non ora e non con lei.

“Ora per favore, smettila di agitarti e lasciami spiegare. Ti ho portato qui ieri sera dopo che hai battuto la testa. Ti avrei portato a casa sapendo dove fosse, ma non conoscendoti così bene ho pensato che fosse meglio curarti da me….”

Quindi questa specie di stanza super-lussuosa, con bagno integrato era la sua camera da letto. I miei occhi si dilatarono alla sorpresa.

“Allora cosa intendevi quando dicevi che ti ho offerto il mio corpo?”

Lo domandai con voce bassa, ma decisa. Sembrava quasi che quella bellissima principessa si stesse prendendo gioco di me.

“Esattamente quello che ho detto, dopo averi curato ti ho messo a letto, e quando ti ho chiesto se potessi abbracciarti come un cuscino non hai risposto. Non è consuetudine umana dire che chi tace acconsente?”

Quasi caddi a terra di fronte a quella rivelazione. Quindi dopo tutto non avevo ceduto agli istinti della mia malattia, ed anzi non avevo davvero fatto nulla. Era stata lei ad approfittarsi del me incosciente, abbracciandomi tutta la notte come una qualche specie di cuscino. Nonostante mi sentissi in parte violato, la notizia mi rallegrò, andando a formare sul mio viso un sorriso sghembo.

“Va bene, se è così che è andata allora credo sia tutto a posto, solo… solo la prossima volta non farlo.”

Stancamente mi sedetti sul letto e lei mi seguì poco dopo.

“Tu vuoi salvare quella suora.”

Non era una domanda, ma solo una costatazione. Lentamente annuì alle sue parole, appoggiando i gomiti sulle cosce ed incrociando le mani.

“Ieri ho visto il tipo che probabilmente era il responsabile di quel massacro e non ho fatto nulla per fermarlo… come Butei… anzi no, come uomo, ho fallito ed ora devo rimediare in qualche modo. Salvarla è l’idea migliore che abbia.”

L’afflusso di sangue dovuto alla malattia iniziò a dissiparsi e lentamente tornai calmo e razionale. Ancora non sapevo cosa la ragazza facesse sulla scena del crimine, ne come mai fosse informata dei fatti, ma stranamente non mi preoccupai. Sentii intimamente di potermi fidare di lei.

“Anche se avessi voluto, non avresti potuto fare nulla contro quel prete, era semplicemente troppo forte per te. Sei davvero sicuro di volerla salvare?”

“Lo sono.”

“Anche se questo comportasse il mettere a rischio la tua vita?”

Per qualche secondo rimasi in silenzio, ma poi annuì.

“Si, è la cosa giusta da fare. Qualche tempo fa l’avrei fatto in ogni caso…”

La ragazza sembrò soddisfatta dalla mia risposta, perché sorrise radiosa alzandosi in piedi.

“Bene, allora faremo un contratto, noi ti presteremo la nostra forza per salvarla ed in cambio il 25% della tua anima andrà a noi.”

Eh? EH?!

Dalle spalle di lei comparvero due ali da pipistrello, che sarebbero potute sembrare un costume da cosplay se non l’avessero sollevata in aria lasciandola a qualche piede da terra. Rimasi imbambolato a fissarla per quasi un minuto prima di trovare il coraggio di parlare.

“Chi sei tu?”

Lei toccò di nuovo terra e mi porse quello che aveva tutta l’aria di essere un contratto stampato su carta-pecora.

“Sono Rias Gremory, erede  della Casata Gremory, uno dei 72 pilastri che reggono l’Inferno, ed insieme ai miei servitori saremo i tuoi compagni in questa missione di salvataggio.”

Il mondo si capovolse ed io persi di nuovo i sensi.

Quella ragazza formosa e bellissima era un demone.

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Quando ripresi i sensi mi trovai in un altro luogo. Questa volta la confusione passò più in fretta, ma ancora mi era difficile digerire quanto mi era stato detto.

Aprendo gli occhi mi trovai in una tetra sala scura, con mobili d’appartamento, una piccola cucina e decine di sigilli mistici disegnati al suolo. Non feci in tempo ad aprire gli occhi che uno dei sigilli si accese rilasciando la forma di una ragazzina dai capelli bianchi.

“Bouchou, missione compiuta. La via è sgombra, loro sono certamente nella chiesa.”

La ragazzina era piccola, esile, con uno sguardo spento e distante. Eppure sembrava trovarsi a suo agio nella stanza in cui mi accorsi esserci molte più persone di quante immaginassi. Oltre alla bellezza che si era presentata come Rias, c’erano la ragazzina dai capelli bianchi, una formosa ragazza dai capelli neri, il mio compagno di classe Issei e l’idol della scuola Kiba Yuuto, di cui mi avevano accennato durante il mio primo giorno di scuola.

“E così ti sei svegliato Toyama-kun? Cavolo, sei svenuto due volte in poche ora, soffri per caso di anemia? Ad ogni modo non abbiamo troppo tempo da perdere, il contratto parla chiaro, dobbiamo aiutarti a salvare quella suora, ma il tempo scorre e non possiamo sapere per quanto ancora non le faranno del male….”

Io provai ad aprire la bocca, ma intorno a me era un fervore di attività. Più degli altri, il mio compagno Issei si muoveva freneticamente quasi avesse fretta, ed io non m capacitavo della cosa. Ad ogni modo mi rimisi in piedi e davanti a me trovai la bellissima ragazza dai capelli neri tenuti insieme ad una coda cavallo.

“Toyama-kun, la Bouchou mi ha detto che non hai fatto colazione, ti prego mangia qualcosa prima di buttarti a capofitto nella lotta, sarà una battaglia difficile quella contro gli angeli caduti.”

Gentilmente mi porse una ciotola contenente del ramen, senza darmi il tempo di razionalizzare.

Angeli Caduti?

Esistevano anche gli angeli caduti?

Beh, mi trovavo al cospetto di un gruppo di demoni che frequentavano il liceo, non mi sarei dovuto sorprendere per qualcosa come l’esistenza degli angeli, eppure non riuscivo a togliermi il dubbio impellente che qualcosa fosse sbagliato.

Non avevamo un piano, non avevamo un equipaggiamento, nessuno di noi sembrava attrezzato per uno scontro. Io stesso non avevo indosso ne la mia divisa della vecchia accademia, che era a prova di proiettile, ne la mia Desert Eagle modificata.

Stavo rischiando grosso, davvero grosso, quindi non potei tacere.

“Gremory-san?”

Poggiai la ciotola vuota di ramen su un tavolino da caffè e mi avvicinai alla donna con la quale avevo passato la notte (incoscientemente).

“Non possiamo andare così, ci serve un piano, delle informazioni, non sappiamo nemmeno dove potrebbe trovarsi. Lasciami fare qualche telefonata, prendere il mio equipaggiamento, non posso gettarmi nella mischia senza quello.”

Ad ogni parola il mio tono di voce si fece più sicuro, cosa che portò molti a fermarsi per sentirmi parlare. In special modo Rias mi ascoltò leggermente sorpresa.

“Tu intendi combattere insieme a noi? Scusa se te lo dico Toyama-kun, ma sei un semplice umano, ed andremo ad affrontare cose decisamente pericolose. Il piano è che noi entreremo, salveremo la ragazza e te la porteremo, in questo modo avremo salvato lei ed adempiuto al contratto, insomma avremo preso due piccioni con una fava.”

Ascoltai le sue parole ed aggrottai la fronte infastidito. Avevo affrontato streghe, principesse egizie, vampiri ed uomini immortali vissuti quasi un secolo prima, eppure ora veniva a dirmi che non sarei stato al sicuro contro degli angeli. Repressi quella parte di me che agognava una vita normale, formulando nella mia mente una domanda impellente.

Perché sembrava che anche loro volessero salvare così tanto la suora? In quanto demoni avrebbero dovuto odiare un membro del clero quale era lei.

“Due piccioni con una fava? Cosa intendi? Non avrete in mente di consegnarmi la ragazza e poi portarmela via per sacrificarla in qualche rito occulto. Così avreste adempiuto al vostro contratto, ma ne sareste usciti comunque come vincitori.”

Ok, la mia era un’ipotesi un po’ stiracchiata, ma non ero in grado di cogliere la preoccupazione nell’aria, ne i segnali che i membri del gruppo mandavano.

“Buchou, siamo già in ritardo, potrebbero averle fatto qualsiasi cosa! Dobbiamo andare!”

Issei incominciò ad agitarsi, sembrava prendere la mia richiesta di informazioni come una sorta di ostruzionismo.

“No Issei-kun, lui è il nostro contraente, merita di sapere cosa sta succedendo. Visto che lo hai chiesto Toyama-kun, lascia che ti aggiorni sulla situazione attuale. La suora che tu hai visto portare via da quel prete è un’importante amica di Issei-kun. Loro sono diventati amici ed ora lui farebbe qualsiasi cosa per salvarla.”

Issei chinò il capo stringendo i pugni, e non mancai di notare l’ombra di una lacrima sul suo viso.

“Noi in quanto demoni non siamo autorizzati ad intrometterci negli affari degli angeli caduti a causa della fragile tregua che intercorre tra le nostre fazioni, ma piuttosto che vedere il mio servo adorato gettarsi da solo contro di loro, mi sono appoggiato a te. Il tuo desiderio di salvare quella ragazza è sincero, e formando un contratto con te, siamo autorizzati ad affrontare chiunque tu reputi tuoi nemici, cosa che ci permette di violare la tregua senza tuttavia violarla realmente. Comprendi ora? Sei il nostro pretesto per attaccare gli angeli caduti, senza scatenare una guerra di conseguenza…”

La spiegazione aveva senso, ma il modo in cui era stata posta e lo sguardo triste che mi venne rivolta dalla ragazza cremisi, mi fese sentire inutile come poche volte mi era capitato.

"Regolamento Butei Articolo 2: Devi rispettare il contratto in ogni sua parte"

"...?"

"Ecco gli accordi che abbiamo stipulato questa mattina: in cambio del 25% della mia anima, tu ed il tuo gruppo di demoni mi fare da supporto durante il salvataggio della suora rapita ieri sera. Non starò in panchina a vedervi rischiare la vita, affidandomi a voi che siete completi sconosciuti, io sarò con voi in prima linea e combatterò ogni volta che sarà necessario.”

Pronunciai quelle parole con rabbia, quasi spaventando me stesso per il mio coraggio. Era evidente che ero cambiato dopo la sua morte, dopo che anche lei mi aveva abbandonato. Eppure nella mia mente la vedevo sorridere con trasporto. Lei avrebbe fatto la stessa cosa.

“Detto questo ho bisogno di passare da casa mia. Vi ho visto usare quegli strani disegni per terra per teletrasportarvi, chi mi accompagna a prendere il mio equipaggiamento?”

Silenzio.

Anche Issei ora mi guardava con un sentimento non ben identificato in viso, ma alla fine Rias sospirò, infrangendo quel momento.

“Va bene, hai vinto. Non ho capito se tu sia uno stupido o coraggioso, è anche possibile che tu sia entrambe le cose, ad ogni modo non saremo responsabili di te. Koneko, accompagnalo a casa sua e ritroviamoci tutti un isolato prima della chiesa.”

“Chiesa?”

Rias mi fissò.

“Già, sappiamo dove si nascondono, ci mancava solo un pretesto per agire… beh, grazie per essere qui Signor Pretesto.”

La ragazza si voltò, ed io venni affiancato dalla stessa ragazzina dai capelli bianchi che da poco era comparsa nella stanza.

“Andiamo Signor Pretesto…”

La bambina cercò di toccarmi un braccio per guidarmi verso uno dei tanti cerchi per terra, ma d’istinto rifuggì da lei. La sua corporatura era troppo simile a quella di lei…

Gli occhi della ragazzina si strinsero, ma non fece commenti, si limitò a sistemarsi al centro del cerchio rimanendo in attesa.

“Io fornirò l’energia per l’incantesimo, tu pensa solo alla destinazione.”

Parlò tenendo gli occhi fissi davanti a se, senza rivolgermi nemmeno uno sguardo. Dal canto mio chiusi gli occhi, immaginando l’appartamento che a piedi non ero in grado di raggiungere.

Un’abbagliante luce mi avvolse e quando riaprì gli occhi ero nel mio appartamento…

… nel mio appartamento di Tokyo.

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Impiegai qualche istante a capire che qualcosa non andava.

L’enorme appartamento costruito per quattro persone era vuoto, non c’erano più mobili, non c’erano più elettrodomestici, non c’era più lei.

Shirayuki, la mia amica di infanzia, doveva averlo svuotato di tutto una volta saputo del mio trasferimento. Sarebbe stato tipico di lei raccogliere qualsiasi cosa mi appartenesse per conservarlo in un luogo sicuro, lì dove nessuno avrebbe mai potuto rubarlo o rovinarlo.

Feci un primo passo nella stanza vuota ed il mio cuore strinse. Non mettevo piede in quella casa da quando lei era morta, da quando mi aveva abbandonato, da quando anche lei mi aveva lasciato. Con la mano carezzai il muro bianco, sfiorando con le dita gli incavi circolari che l’adornavano.

Quelli erano i segni dei proiettili che lei aveva sparato, nient’altro che fori coperti di stucco e messi tacere per dare alla casa un’aria più familiare. Spostai lo sguardo in giro brevemente, ma nonostante l’assenza di tutto quello che un tempo definiva quell’appartamento come la mia casa, la mia mente si affollò di ricordi.

Quello era il balcone dove mi nascondevo quando Shirayuki e Aria combattevano, lì c’era l’angolo in cui Aria si stendeva sempre per guardare i suoi documentari sugli animali, dall’altra parte invece c’era il punto in cui mangiavamo i pasti cucinati da Shirayuki.

Erano passati mesi, tanti, tanti mesi, ma anche con tutto quel tempo passato lontano da lì, nella casa c’era ancora un vago odore di lei. Quel misto di Gardenia e polvere da sparo.

Sorrisi amaramente.

Amaramente senti qualcosa di caldo scivolare lungo la mia guancia.

Non mi accorsi di essere in ginocchio finché il demone, che mi aveva accompagnato in quella spedizione, non mi sfiorò la guancia intercettando la lacrima che era arrivata quasi sul punto di cadere.

“Stai piangendo…”

“Io non sto piangendo.”

Con forza mi strofinai gli occhi rimettendomi in piedi.

“Qui è successo qualcosa. Qualcosa che ti ha cambiato. Per questo piangevi?”

Diedi le spalle alla ragazza, per non darle modo di vedermi in viso.

“Ho detto che non stavo piangendo! E poi abbiamo sbagliato posto, siamo finiti a Tokyo… ma non è un problema, dovrebbe essermi rimasto qualcosa anche qui.”

Avanzai a passi pesanti per l’appartamento, aprendo le porte con forza come se ogni singola anta in legno fosse colpevole di avermi fatto un torto.

“Io sono Koneko Toujou.”

La ragazzina parlò ancora mentre raggiungevo la camera da letto. Al suo interno avrei dovuto trovare due letti a castello, ma anche quelli erano spariti lasciando la camera vuota e desolata.

“Piacere, Tojama Kinji. Puoi chiamarmi solo Kinji se vuoi.”

Arrivai lì dove una volta c’era il mio letto, controllai le assi del pavimento, costatando che quelle non erano state rimosse.

“Cosa stai cercando, non c’è più nulla qui.”

Feci pressione con le dita, premendo un nodo nel legno, che subito affondò di un pollice rivelando una piccola botola.

“Un butei deve essere sempre pronto a tutto, qui ho il necessario per la missione. Io e…. Io, tenevo sempre qualcosa qui per i momenti di difficoltà.”

Rovistai all’interno della botola, ne estrassi uno zaino, un paio d cinture, qualche lacrimogeno e dei caricatori. I caricatori erano divisi a seconda se fossero per la mia pistola o per quelle di Aria, ma chissà come io li presi tutti ugualmente, mettendoli nello zaino.

“Voi Butei siete strani umani…”

Ignorai le sue parole, recuperando la divisa da Butei, che appariva leggermente sporca dopo mesi passati a prender polvere. Osservai per un momento il tessuto con fili al carbonio ed alluminio, non preoccupandomi troppo della sporcizia, che non avrebbe potuto far nulla ad una divisa creata per resistere alle pallottole.

Quando finì di raccogliere tutto il contenuto della cassa del tesoro, raschiai per bene il fondo nella speranza di non dover tornare indietro a prendere nulla. Quello era il posto che più di tutti volevo evitare, ed invece ci ero tornato senza volere. Che triste ironia.

Fu durante quest’ultima ricerca che le mie dita sfiorarono qualcosa di piccolo, soffice ed inaspettato. La riconobbi subito dopo averlo tirato fuori e per poco non persi di nuovo il controllo.

“Puoi lasciarmi per favore? Devo indossare la mia divisa…”

Parlai con voce lenta, continuando a fissare quel piccolo oggetto che mai avrei pensato di trovare. Koneko annuì alle mie parole, uscendo dalla camera e chiudendosi la porta alle spalle.

Un piccolo peluche.

Uno di quei peluche che si attacca al cellulare e si vince in sala giochi.

Aria lo chiamava Leopone ed ero convinto che fosse andato perso quando lei stessa era andata persa, invece quel piccolo portachiavi era ancora lì.

Ricordo perfettamente le circostanze in cui entrò in mio possesso. Eravamo in sala giochi ed Aria continuava a provare a vincerlo senza risultati, allora le diedi una mano e con mio grande stupore, riuscì a prenderne due uguali in un solo colpo. Come ricompensa per il mio buon lavoro, io tenni uno dei pupazzetti ed Aria l’altro.

Purtroppo il mio ora non esiste più, lo bruciai quando le morì.

Non aveva senso tenerlo se lei non lo possedeva insieme a me…

Voltai il piccolo pupazzo, srotolando l’etichetta su cui sapevo che lei vi aveva scritto qualcosa. Qualcosa che non volle mai farmi vedere mentre era ancora in vita. Sorrisi vedendo la sua calligrafia infantile.

“Kinji X Aria”

Dal lato opposto dell’etichetta altre parole, altre memorie.

“Se scappi ti farò un buco!”

Risi leggendo quelle parole, risi pensando a quante volte mi erano state dette, a quante volte la minaccia era stata portata a compimento, a quante volte ci eravamo divertiti, ed avevamo pianto, ed eravamo stati felici.

“Aria, io non scapperò…”

Indossai la mia divisa da Butei tra le lacrime, legai il portachiavi di Aria al mio cellulare e quando finalmente uscii dalla camera fui pronto.

“Siamo in ritardo.”

Koneko mi aspettava.

“Questa cosa è difficile da indossare.”

La ragazza mi squadrò inclinando il capo, sempre con l’espressione impassibile.

“Non sembra molto diversa dall’uniforme della nostra scuola.”

Sospirai, sorridendo.

“Fidati lo è.”

“Tu hai pianto.”

Mi voltai un’ultima volta guardando la stanza che avevamo condivisa.

Era vuota e spoglia, così come il mio passato. Non mi sarebbe servito a nulla nascondermi lì dentro, lei non l’avrebbe voluto.

“Forse, ma ora dobbiamo andare. Come hai detto tu, siamo in ritardo.”

La ragazza continuò a fissarmi incuriosita, guidandomi nel punto in cui eravamo comparsi.

Da lì ci spostammo, tornando nella mia nuova città.

Strinsi Leopone tra le dita quando ricomparvi in un vicolo e vidi davanti a me le schiere dei demoni pronte ad agire.

Estrassi la mia pistola, inserì il caricatore e spostai un colpo in canna.

Ero pronto anche io.

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 Note: Ancora nessuna recensione, ma a me la storia piace e quindi continuo xD
  
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