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Autore: Butler    03/12/2008    6 recensioni
Chi doveva mancare?
Doveva per forza mancare qualcuno di loro… era l’unica possibilità.
Questo dicevano gli occhi della folla.
Poi il vecchio si voltò verso di loro e videro quello che teneva in alto sopra la testa.
Stretto nella sua mano rugosa e pallida, spiccava un fazzoletto nero come la notte.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Roronoa Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non appena tutti furono pronti, si guardarono per qualche attimo gli uni gli altri, poi cominciarono a camminare.
Molti, troppi probabilmente, si sarebbero chiesti perché non fossero fuggiti.
Lui li aveva pregati di andarsene, no?
Aveva accettato di proteggerli a costo della sua vita, a costo della sua stessa anima.
Perché non gli avevano dato ascolto?
La risposta era semplice: non c’era mai stata un’alternativa.
I loro sogni si dovevano avverare. Tutti.
Erano una famiglia, o forse anche qualcosa di più.
Nonostante le enormi differenze, nonostante i litigi quasi ridicoli, sapevano perfettamente che, si trattasse pure di una questione di vita o di morte, che si trattasse di affrontare l’inferno o le ire degli stessi dei, loro ci sarebbero stati gli uni per gli altri.
A medicare le ferite.
A proteggere.
A guidare.
A dare la carica.
O anche solo a regalare un sorriso.
Per questo non se ne erano andati, ma, anzi, avanzavano verso il pericolo.
Non era accettabile il sacrificio di uno per la salvezza di molti.
Passarono nel mezzo della piazza principale, gli abitanti dell’isola chiusero le finestre e sprangarono le porte.
Non osavano nemmeno incrociare i loro sguardi.
In qualche modo avrebbero risolto la situazione.
Lo avevano sempre fatto.
 
 
Davanti al tempio che si trovava dal lato opposto dell’isola, una ragazza vestita d’azzurro stava raccogliendo fiori e li riponeva in un cestello, che si trovava poggiato a terra poco distante da lei.
I suoi capelli erano biondi e la sua carnagione bianchissima.
I suoi occhi erano azzurri, venati d’oro come i suoi capelli.
Improvvisamente si interruppe e, fissando l’altro capo dell’isola, si alzò.
Dopo aver sbattuto le mani l’una contro l’altra per eliminare i residui di terra e polline le mise sui fianchi.
Possibile che doveva sempre fare tutto lei?
Gli era già costato un bel po’ di fatica fare in modo che quel tizio riuscisse a scappare e ad avvertire i suoi compagni.
Sbuffò, purtroppo non è che avesse molta scelta…
Scomparve.
 
 
- Dannazione! – sbottò Rufy, dopo l’ennesimo tentativo di inoltrarsi nel bosco che li separava dal tempio della guerra.
Non appena cercava di entrare, si ritrovava nello stesso identico punto da cui era partito.
Prima che potessero fermarlo, prese lo slancio e allungò un braccio fin dentro il bosco.
Sulle prime sembrò funzionare, fino a quando il pugno non sbucò dallo stesso punto in cui era entrato, prendendo il suo proprietario dritto nella faccia, scaraventandolo parecchi metri più indietro.
Robin si appoggiò ad un albero, cercando di mettere in ordine i pochi elementi a loro disposizione.
- Allora… - disse, attirando l’attenzione dei suoi compagni. – Lui è riuscito a uscire, quindi deve esserci per forza anche un modo per entrare.
Nami sbuffò, incrociando le braccia:
- E il fatto che lui sia riuscito a venirne fuori, mentre noi non arriviamo da nessuna parte mi ferisce un po’ nell’orgoglio, sapete?
Era irritata.
- Cioè, - rincarò la dose. – stiamo parlando di mister: “Senso dell’orientamento, questo sconosciuto”. Accidenti.
C’era qualcosa che non era ancora riuscita a capire.
Perché il giorno e la notte avevano tanta importanza?
I templi erano due, ma la divinità che si era data la briga di farsi vedere era solo una.
Se davvero tutta quella storia dell’equilibrio fosse stata vera, avrebbe dovuto esserci un’altra divinità…
Beh, pensò lei irritata, avrebbe potuto anche muovere il culo e dar loro una mano, visto che, oltretutto, stavano cercando di salvare il mondo…
Rufy decise di fare un altro tentativo, ma questa volta il pugno che sbucò dal bosco colpì Sanji, facendolo finire gambe all’aria e provocando l’ilarità del capitano, che fu subito soppressa con un calcio ben piazzato sulla testa di questo.
Sanji raccolse la sigaretta che gli era caduta in terra e la ripulì, prima di riaccenderla.
- Non stiamo facendo nessun progresso… cazzo. –
Improvvisamente furono circondati da un silenzio innaturale.
Il canto degli uccelli che fino a poco prima aveva fatto da sottofondo ai loro fallimenti era sparito.
Sanji si guardò attorno nervoso, poi qualcosa dietro la sua nuca cominciò a pizzicare e il suo sguardo fu attratto da un movimento.
Fu più o meno in quel momento che iniziò a sbavare.
Una bellissima ragazza bionda si stava dirigendo verso di loro a passi leggeri.
Seguita dagli occhi di tutti, si avvicinò al limitare del bosco e, con un sorriso a dir poco disarmante, li salutò:
- Buon giorno a voi. – poi si allontanò, costeggiando il bosco per una decina di metri, infine vi entrò a passi decisi.
Dopo qualche secondo, gli uccelli ricominciarono a cantare.
Sanji era rimasto pietrificato a fissare il punto in cui quella celestiale apparizione era scomparsa e, incapace di spiccicare una parola, apriva e chiudeva la bocca senza emettere alcun suono.
Rufy si mise accanto a lui e, guardando nella stessa direzione, prese ad imitarlo, subito seguito da Chopper.
L’effetto complessivo era quello di tre strani pesci dall’aria poco intelligente.
- A-hem. – Nami, facendo appello a tutta la sua femminilità e alla sua pazienza, cercò di attirare l’attenzione dei tre senza procurare loro delle lesioni corporee.
La cosa non sembrò riscuotere il successo sperato, quindi la navigatrice passò alle vie di fatto.
- Quello che stavo cercando di dire, - iniziò, quando fu sicura di avere la loro, se pur malconcia, attenzione. – è: non notate nulla di strano?
Sanji fu il primo, e forse anche l’unico, ad arrivarci.
- Non è tornata indietro… - commentò.
In tacito accordo si diressero tutti verso il punto in cui la ragazza era sparita.
Si guardarono per qualche istante e poi entrarono.
Nami dovette tornare indietro a recuperare Rufy, che avendo un quoziente di intelligenza a temperatura ambiente, non aveva ancora ben capito cosa volesse dire il: “non è tornata indietro”.
Camminarono per qualche minuto in un tunnel di foglie che a stento lasciava passare abbastanza luce da permettergli di vedere dove stessero mettendo i piedi, poi sbucarono in una radura, in cui spiccava una grande costruzione a pianta circolare.
Non c’era nessun cartello, ovviamente, ma non dubitarono nemmeno per un istante di aver trovato il tempio della guerra.
L’erba tutt’intorno alla costruzione era secca e bruciata, così come i pochi rami degli alberi che avevano osato crescere tanto da avvicinarvisi.
Nell’aria si sentiva un vago odore di metallo. Polvere da sparo, forse. Ma poteva benissimo essere un odore vecchio di secoli.
Rufy e Sanji rabbrividirono, quasi all’unisono.
La visione di quella costruzione, l’odore nell’aria e l’impressione che una battaglia potesse scoppiare da un momento all’altro, avevano scosso i loro nervi come delle corde di una chitarra.
Guerra. La si poteva sentire nell’aria, solida come il ferro.
Usop, che invece avvertiva la familiare necessità di tornarsene da dove era venuto, infilarsi sotto le coperte e aspettare giorni migliori, si mise a fare il giro della costruzione, alla ricerca di un luogo da cui si potesse entrare, o, per essere precisi, soprattutto da cui si potesse uscire.
Niente da fare, era tornato al punto di partenza. I muri erano intatti e continui.
- Non ci sono entrate… - azzardò.
Poi guardò in faccia il cuoco e il capitano.
La loro espressione sembrava dire qualcosa come: “E quindi?”
Nami li guardò, spostò lo sguardo sul muro e poi nuovamente su di loro.
Che problema c’era?
Da che mondo e mondo, le entrate e le uscite si potevano creare. Bastavano solo un paio di colpi ben assestati.
La ragazza indicò la costruzione.
- Dobbiamo trovare il modo di entrare. Fate in fretta.
E fu davvero questione di secondi, prima che una parte di parete cedesse sotto i colpi e, sollevando un discreto polverone, si accasciasse su se stessa.
Nami, Robin e Sanji entrarono per primi, Usop e Chopper subito dietro di loro, si misero ai lati dell’apertura.
Il buio era totale.
Il sole, poco sopra il livello dell’orizzonte, entrava direttamente dal buco nel muro, ma la sua luce rischiarava solo un cilindro, scontrandosi contro il muro di fronte.
Nami si guardò intorno, cercando di obbligare i suoi occhi ad abituarsi alla penombra. Appena fu in grado di scorgere i profili delle pareti, il suo sesto senso le fece notare anche l’enorme quantità di oro e pietre preziose che vi erano incastonate.
Fece un paio di passi per avvicinarvisi, per poi cadere a terra con una mezza imprecazione.
Era inciampata in qualcosa. Qualcosa di rigido. Qualcosa di sorprendentemente pesante.
Non riusciva ancora a riconoscere cosa fosse, perché il sole, che ormai calava inesorabile, riusciva ora ad illuminare solo un pezzo del soffitto riccamente decorato.
Mosse una mano, tastando la pietra contro cui era andata a scontrarsi, e nel contempo massaggiandosi la caviglia contusa.
- Ma che… - disse, poi il suo sussurro si tramutò in un urlo roco. – Ragazzi!
Sanji si precipitò verso di lei, rischiando anche lui di colpire ciò su cui la ragazza era inciampata.
Riusciva a vedere l’espressione scandalizzata di Nami, ma non riusciva a riconoscere cosa la avesse causata.
- Usopp! Ho bisogno di qualcosa per fare luce qui! – poi, notando che il ragazzo sembrava restio all’idea di raggiungerlo, urlò perentorio: - Ora!!
Il cecchino si mise a frugare nella sua inseparabile borsa, fino a che non riuscì a tirarne fuori una candela dallo stoppino molto spesso, che accese, per poi passarla al cuoco.
- Merda… - fu il suo commento. Strinse la candela tanto forte da lasciare il segno delle dita impresso nella cera.
La luce si diffuse in tutta la stanza, Usopp e Chopper avevano acceso le torce appese alle pareti.
Al che tutti videro cosa fosse stato a far inciampare Nami.
O, per meglio dire, chi fosse stato.
Lungo disteso sul pavimento, rigido e immobile come una statua c’era Zoro.
Gli occhi erano chiusi, le braccia parallele al corpo.
Se non fosse stato per il fatto che i colori erano tutti al posto giusto, Sanji avrebbe scommesso che quella sul pavimento fosse in realtà una statua, non il loro compagno.
- Portiamolo fuori di qui. – disse, cercando di afferrare lo spadaccino per un braccio e trascinarlo fino al varco nel muro.
Ma, per quanto tirasse, per quanto si sforzasse, non riuscì nemmeno ad alzare il braccio del ragazzo.
Non era umanamente possibile pesare così tanto. Nemmeno per Zoro, che non aveva mai comunque avuto un buon rapporto con le leggi della fisica.
Chopper si avvicinò, posò una mano sul collo dello spadaccino, per poi guardare gli altri con occhi pieni di panico.
- Non riesco a sentire nessun battito… non è possibile che sia così freddo. Cioè… - le parole sembravano bruciare come acido, non era davvero possibile.
- Cioè cosa? – lo spronò Sanji.
- Per essere freddo in questa maniera… - grossi lacrimoni spuntarono agli occhi del dottore, mentre riprendeva le dimensioni che aveva di solito, quelle di una piccola renna, con un cappello davvero troppo grande. – Dovrebbe essere morto da più di un giorno.
Non era possibile.
Non poteva davvero essere possibile.
E non solo per il fatto che Robin lo aveva visto vivo e vegeto quella mattina.
Si misero tutti a tirare, cercando di spostarlo. Non sapevano come, ma erano sicuri che se fossero riusciti a portarlo fuori di li, se solo fossero riusciti a muoverlo…
Si sarebbe svegliato. Sicuramente.
Avrebbe aperto gli occhi e si sarebbe lamentato del troppo rumore, scatenando una delle solite risse con il cuoco.
Sarebbe tornato tutto alla normalità.
Qualsiasi altra eventualità non era nemmeno da prendere in considerazione.
- Non riuscirete a muoverlo nemmeno di un millimetro. – disse una voce femminile dal varco che avevano aperto nel muro.
La ragazza bionda, la stessa che aveva mostrato loro il modo di arrivare fino al tempio, se ne stava immobile con le mani sui fianchi.
- È un po’ come – fece una piccola pausa per trovare le parole – se il suo spirito fosse fatto di pietra. Non si può spostare. Perché non ve ne siete andati finché eravate in tempo?
La ragazza guardò irritata il sole basso sull’orizzonte, poi fece qualche passo all’interno del tempio.
- Lo capite cosa succederà ora? Tutto perché dovevate fare gli eroi. Tutto per salvare uno stupido essere umano.
Non ci volle molto a nessuno di loro per capire chi fosse in realtà la ragazza. Anche Rufy ci arrivò abbastanza in fretta.
- Se…
- Stai zitta. -  era stato il capitano a parlare, interrompendola.
- Come, scusa? Quello che stavo cercando di dirvi è…
- Ho detto. STAI ZITTA. Semplice essere umano dici? – Rufy piantò gli occhi in quelli della ragazza. – Noi non lasciamo indietro nessuno. Se proprio non ti va di fare il tuo dovere e dare una mano. Tornatene pure da dove sei venuta.
Per un attimo lei lo fissò allibita.
Usopp si nascose dietro Sanji, Chopper dietro Usopp.
Per quanto pacifista, una divinità è sempre una divinità.
E quando la gente non porta rispetto, le soluzioni più semplici sono solitamente diluvi o piogge di fuoco. O anche entrambe le cose in rapida successione.
Ma la ragazza sorrise. Era un sorriso caldo, sincero.
Uno di quei sorrisi che ti costringevano ad abbassare le armi, qualunque fosse stata la causa per cui le avevi imbracciate.
- Non siete poi così tanto senza speranza allora… - disse. – Io non posso essere molto di aiuto… il sole sta tramontando.
Infatti questo era già affondato per più di metà nel mare.
- Tuttavia…  - continuò la dea – forse non tutto è perduto.
Rufy indicò lo spadaccino a terra, poi disse:
- Come facciamo a riprendercelo?
La ragazza mosse le mani, come se avesse lanciato qualcosa.
Usopp e Nami fecero appena in tempo a prendere al volo ciò che era apparso a mezz’aria davanti a loro.
- Provate con queste…
Tre katane atterrarono rumorosamente tra le loro mani.
Erano quelle di Zoro, non c’erano dubbi.
- Fatevi prendere – disse la dea in tono serio – e la rotta maggiore sarà condannata. Avete deciso di restare, spero che lo abbiate fatto perché eravate davvero sicuri di vincere.
Il sole affondò  del tutto, sparendo sotto il livello del mare.
La ragazza scomparve, come il vapore scompare da un vetro.
- Bella,  - commentò Sanji con un sospiro -  ma dannatamente inutile. Dopo tutto, forse, non poteva davvero fare altro.

TO BE CONTINUED
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ancora per poco direi purtroppo XD
questo è il penultimo capitolo. con il prossimo la storia si concluderà.
grazie mille ancora per tutte le recensioni... mi hanno fatto sentire orgoglioso di ciò che ho scritto XD cosa che non succede molto spesso...
spero che anche questo capitolo sia stato all'altezza delle vostre aspettative.
See you!
Butler
  
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