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Autore: Darik    04/12/2008    1 recensioni
Una esplorazione sospetta in un luogo sospetto. E si scatenerà qualcosa di terribile. Riuscirà Negi a salvare l'istituto Mahora? (Questo racconto si colloca tra l'8° e il 9° volumetto)
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Apparenze'
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9° CAPITOLO

La grande presidenza era vuota e silenziosa.

Il preside Konoe osservava dalla finestra dietro la scrivania gli studenti passeggiare e chiacchierare per il Mahora.

Sentì chiaramente il bussare sommesso alla sua porta . “Venga avanti, professor Takamichi”.

Il professore entrò e spense la sigaretta passandoci davanti una mano. “Preside, tutto a posto?”

“Oh oh, la ringrazio per la sua preoccupazione, professore. Ma almeno per questo non c’è più niente da temere.

Con la sconfitta di Arxelles, tutti i posseduti sono stati automaticamente liberati. Anche la barriera che isolava l’istituto è sparita subito, permettendo ai nostri maghi di risolvere tutto”.

“Infatti, hanno svolto un ottimo lavoro, riparando con la magia i danni dello scontro. Peccato che siano stati anche costretti a modificare i ricordi di tutte le persone normali”.

“A nessuno piace modificare la mente altrui, ma talvolta può essere necessario. Altrimenti come avremmo potuto spiegare a migliaia di persone la loro presenza in quel piazzale? Per non parlare dei fatti precedenti la possessione generale. Già siamo stati fortunati che si è trattato solo di quello. Se tutte quelle persone avessero mantenuto anche il ricordo di cosa hanno fatto o potevano fare sotto il controllo di Arxelles…”Il preside rabbrividì. “Per fortuna passata la possessione quei ricordi sono scomparsi”.

“Già, siamo stati veramente fortunati”.

“Come sta la professoressa Shizuna?”

“Sta bene, prima sono stato da lei”.

“Ottimo”.

“Mi dispiace di non essere stato presente”.

“Non si affligga, professore. Probabilmente l’unico risultato che avrebbe ottenuto sarebbe stato quello di aggiungere un altro nome sulla lista dei posseduti”.

Calò un breve silenzio.

Interrotto da Takamichi. “Adesso che facciamo?”

“Per prima cosa, dobbiamo condurre indagini su chi ha piazzato la collana di Arxelles in quella biblioteca. Impossibile che ci sia finita per caso. Vorrei anche sapere com'è finita in mano a delle allieve.”

“Questo in parte lo sappiamo. Il club di esplorazione della biblioteca era alla ricerca di un raro manoscritto per la gara mensile tra i club, e secondo Yue Ayase e Nodoka Miyazaki, che l’avevano accompagnata, Haruna Saotome aveva preso l’informazione alla biblioteca centrale, dall’ultima pagina di un libro anonimo sulle rarità letterarie. Era la pagina 352. Ho trovato il libro, e le due ragazze l’hanno riconosciuto. Però ho scoperto che in realtà quel libro è di 351 pagine”.

Il preside si massaggiò la barba. “Capisco. Dev’essere stato lo stesso che ha introdotto un oggetto così pericoloso nel Mahora. Ma chi poteva farlo senza farsi scoprire?”

“Molti penserebbero Evangeline. Ma lei era bloccata dalla maledizione, quindi non poteva andare alla ricerca della collana. Mentre Chachamaru le è sempre stata affianco. Però all’appello manca Chachazero”.

“Non regge comunque” obbiettò il preside “Il potere di Chachazero è legato a quello di Evangeline, quindi neppure quella bambola poteva allontanarsi dall’istituto. La sua sparizione deve avere un altro motivo”.

“Come se non bastasse, ci sono pure altri misteri”.

“Eh già” convenne il preside “Chi era il mostro che in pratica ci ha salvato tutti? Abbiamo ricostruito a grandi linee cosa è successo in questi giorni grazie a testimonianze come quelle di Negi, Kamo e delle sue allieve prima della possessione: dal nulla sbuca questo mostro sconosciuto, sconfigge come niente Chachamaru ed Evangeline, uccide quest’ultima con incredibile facilità sconfiggendo quindi Arxelles. Poi prende la collana, ce la fa ritrovare sulla mia scrivania e scompare nel nulla. Come fa un mostro di simile potenza ad aggirarsi per il Mahora senza che lo notiamo?”

“E’ vero, anche se non pensavo che Evangeline si potesse sconfiggere così facilmente. E dov’è la collana adesso?”

“E’ stata trasferita nella prigione magica del Kanto. Se tutto va bene, ci resterà per l’eternità”.

“Cosa mi dice degli studi su quella strana torre?”

“Stanno continuando, tra poco avremo i risultati. Ed è proprio quella torre che ci conduce ad un nuovo mistero: chi può averla costruita?”

“Forse Chao Linghshen e Saotomi Hakase possedute”.

“Forse. Ma i tempi non coincidono. Anche se Arxelles le avesse possedute sin dall’inizio, cosa che non sembra, si è trattato comunque di pochi giorni: come avrebbero potuto costruire una cosa del genere senza che nessuno se ne accorgesse? E’ molto più logico pensare che fosse già pronta da prima che tutta questa faccenda iniziasse. E la cosa mi inquieta assai”.

“Perché?”

“Perché mi dà la netta impressione che in tutta questa storia non sia Arxelles il vero cattivo. Temo che fosse solo una pedina, manovrata da qualcuno che è ancora nell’ombra. E noi dobbiamo scoprire chi è. Solo così troveremo una soluzione per gli altri misteri”.

Il telefono sulla scrivania squillò, il preside andò a rispondere. “Pronto? Oh, capisco, molto bene. Io e Takamichi saremo lì immediatamente”.

“Chi era?”

“Il laboratorio magico. Hanno finito di esaminare la torre. Andiamoci subito”.

Su una parete dell’ufficio apparve dal nulla un cerchio luminoso, i due uomini lo attraversarono e si ritrovarono in quello che appariva come un laboratorio ultratecnologico gestito da uomini e donne in camice bianco.

“Se qualcuno vedesse tutto questo, non ci crederebbe mai dei maghi” commentò Takamichi.

“Eh già, ma i tempi corrono e bisogna aggiornarsi” rispose il preside.

Una donna bionda andò incontro ai due. “Salve, sono Ritsuko Akagi, la direttrice del laboratorio” si presentò porgendo la mano.

Prima Takamichi, poi il preside gliela strinsero.

“Piacere di conoscerla, direttrice” disse quest’ultimo “Se non le spiace vorremmo vedere subito cosa avete scoperto”.

“Ma certo, seguitemi”.

I tre percorsero il laboratorio arrivando davanti a quattro colonne nere di due metri, che sorreggevano un grosso oggetto circolare collegato al pavimento da un tubo metallico.

Il preside e Takamichi riconobbero l’oggetto come la parte superiore della misteriosa torre di Arxelles.

“In base ai dati fornitici dal professor Negi Springfield” esordì la Akagi “abbiamo ricreato il meccanismo intero della torre. Sotto il pavimento ci sono degli emettitori di energia magica, con sopra un amplificatore. Adesso guardate”.

La donna schioccò le dita, dal pavimento si diffuse un ronzio che divenne sempre più forte, sul pezzo della torre si ebbero alcune scariche e poi si formò una bolla di energia di circa un metro di diametro.

“Non corriamo rischi?” domandò il preside.

“No, sappiamo controllare bene le dosi di energia. E adesso… professor Takamichi, potrebbe scagliare il suo colpo più potente contro la sfera?”

Takamichi rimase sorpreso. “Come scusi?”

“Non si preoccupi. Il fatto è che un esempio vale più di mille parole”.

Takamichi guardò il preside, che annuì.

“Va bene allora, ma per sicurezza state indietro”.

La scienziata e il preside indietreggiarono, Takamichi aprì i palmi delle mani che si illuminarono: “Nella destra l’energia del ki, nella sinistra il potere magico. Li unisco, però per sicurezza non userò il livello massimo” spiegò.

Unì i palmi, creando una sfera energetica. “Normalmente la scaglierei stando con le mani in tasca, ma questo non mi sembra il caso”.

Infine lanciò la sfera contro la bolla.

Non appena toccò quest’ultima, la sfera svanì.

Nessuna esplosione, o movimento d’aria, o ancora impatto contro qualche barriera: la sfera era scomparsa come se non fosse mai esistita.

“Ma che diavolo…?!”

La Akagi era già pronta a rispondere. “La sua sfera energetica è stata annullata, professor Takamichi. E la stessa cosa succederà con qualunque cosa contenga, in tutto o in parte, energia magica”.

“Come sarebbe a dire?” domandò il preside.

“Come questo meccanismo lo faccia, non lo sappiamo ancora. È una tecnologia del tutto sconosciuta. Ma gli effetti finali sono chiari: l’energia di questa torre annulla completamente qualunque tipo di energia magica. Noi l’abbiamo chiamata energia AM, ovvero Anti-Magia”.

“Però” continuò Takamichi avvicinandosi al pezzo della torre “Il professor Negi ci ha detto che questa torre doveva trasformare l’essenza di Arxelles in energia naturale, dopo che era stata potenziata all’infinito da Konoka Konoe, e infine riversarla nel corpo di Asuna Kagurazaka”.

“La prima cosa la fa. Anche in questo caso, non siamo ancora riusciti a capire il come, ma questa torre può davvero trasformare l’energia magica da soprannaturale in naturale. Ma una volta trasformata, il risultato finale è del tutto diverso, e sarebbe potuto essere catastrofico”.

Il preside si accigliò. “Direttrice, cosa intende dire?”

“I calcoli sono approssimativi, basati su deduzioni. Ma se l’energia di Arxelles, potenziata all’infinito e trasformata in energia naturale, fosse finita dentro questo pezzo, avrebbe generato una bolla di energia talmente grande da arrivare a coprire tutta l’Asia, forse il mondo intero”.

“Arrivando a cancellare completamente la magia da tutto il pianeta” concluse Takamichi.

La donna annuì, e il preside e Takamichi si guardarono.

“Aveva ragione, preside. Era solo una pedina” disse il professore.

****

Asuna rientrò nel suo appartamento con una busta della spesa. La porta sfondata e il disordine prodotti dalla passata irruzione erano già stati sistemati.

Sarebbe stato davvero difficile credere che fino al giorno prima il Mahora era occupato da una folla di persone possedute da un demone dei sogni.

La ragazza era stata anche dal preside, che le aveva detto come avrebbe dovuto comportarsi per poi riferirlo anche alle altre: ad eccezione delle ragazze che non erano state possedute, almeno non dall’inizio, nessuno avrebbe mai dovuto sapere cosa era successo. Neppure Konoka: delicata com’era, avrebbe sofferto troppo all’idea che aveva tentato di fare del male ai suoi amici.

Mentre per quanto riguardava la morte di Evangeline e la distruzione di Chachamaru, la versione ufficiale sarebbe stata che la prima era tornata in Europa in tutta fretta e forse per sempre, e Chachamaru l’aveva seguita, nonostante l’ovvio disappunto delle sue creatrici Hakase e Chao.

Data la freddezza di Evangeline verso le sue compagne, nessuno si sarebbe stupito se era partita senza salutare.

Asuna non potè tuttavia reprimere un sentimento di tristezza: nonostante il tradimento, Evangeline era comunque una loro compagna di classe, che a Kyoto li aveva pure salvati.

Chachamaru poi…

Takamichi le aveva spiegato che anche se era possibile ricostruirla, non avrebbero mai potuto restituirle la cosa più preziosa: la sua anima.

Solo Evangeline sapeva come infondere un’anima in quegli esseri meccanici.

Sarebbe stato bello vedere Chachamaru ridotta ad una bambola priva di sentimenti?

Ovviamente no e così la III A aveva perso un’altra alunna.

Ma in quella situazione c’era comunque spazio per una buona notizia: il preside aveva accettato la presenza di Shinobu, ritrovata mentre si nascondeva nella grande biblioteca, e proprio da quel giorno l’avrebbe iscritta al Mahora.

Inoltre l’avrebbe messa nella loro classe.

“Negi, Kamo, sono tornata” annunciò Asuna posando la busta.

Ma la stanza era deserta.

“Strano, avevo lasciato Negi a letto per riposarsi. Le sue ferite le hanno guarite con la magia, però era ancora piuttosto debole con tutto il sangue che aveva perso. Mah, sarà andato da qualche parte con Kamo”.

Cominciò a tirare la spesa fuori dalla busta, quando si accorse di una lettera poggiata sul letto di Konoka.

Prima che potesse prenderla, nella stanza arrivò Kamo con una lattina sulla schiena. “Ehi capo, ti ho portato il tuo the freddo… ehi, Asuna”.

“Kamo. Dov’è Negi?”

“Io pensavo che fosse qui dove lo avevo lasciato”.

“Ah sì? Io credevo che fosse con te…”

Asuna deglutì e puntò lo sguardo sulla lettera, precipitandosi ad aprirla.

Era una lettera magica e non appena la aprì, comparve una piccola immagine registrata di Negi.

Il giovane mago aveva lo sguardo basso, come se fosse incapace di guardare chi aveva di fronte.

''Asuna, perdonami se sono cosi vigliacco da non riuscire a dirtelo direttamente, ma ho deciso di andarmene. Non so dove e per quanto tempo, però devo cercare di risolvere quello che adesso mi sento dentro.

Il fatto è che durante l’ultima crisi sono stato un vero disastro: ho condotto te e le altre nella tana del lupo, e quando Arxelles stava per farti del male, anzi, stava per distruggere il mondo intero, non sono riuscito a fare niente.

Ho potuto solo mettermi a piangere come un bambino, perché è questo quello che sono.

Un bambino che cerca di indossare le scarpe di un adulto.

Ho voluto accollarmi troppe responsabilità, come mago, insegnante, amico e per poco non provocavo una catastrofe.

Finora mi sono cullato in un illusione, per via dei miei tanti presunti talenti, ma adesso devo guardare in faccia la realtà.

Lo so che se tu fossi qui adesso diresti che non devo prendermela, che in una situazione come quella chiunque si sarebbe trovato in difficoltà, anche Takamichi o mio padre. E aggiungeresti che nessuno poteva prevedere il tradimento di Evangeline. Ma io non posso sorvolare su queste cose, non posso pretendere di essere un mentore se poi non riesco a fare nulla per chi si fida a me.

Provo tanta confusione, anche nei confronti di Evangeline: nonostante il suo tradimento, non riesco ad odiarla. E nonostante ci abbia salvato tutti, non riesco a non odiare il mostro che ha ucciso lei e distrutto Chachamaru.

Forse se anziché chiederle egoisticamente di allenarmi, mi fossi dato da fare per liberarla dalla maledizione, non ci avrebbe mai tradito.

Comunque ho preso la mia decisione: salutami le altre, e anche Kotaro e Kamo. Ti prego poi di chiedere scusa da parte mia al preside e a Takamichi per tutti i fastidi che gli ho procurato, compreso l’ultimo: trovare una scusa per la mia partenza''.

L’immagine alzò lo sguardo, sembrò voler dire qualcos’altro, ma tacque e si limitò a fare un mesto sorriso.

Infine la registrazione terminò.

Asuna e Kamo si guardarono.

Poi la ragazza corse subito fuori dal dormitorio, con Kamo sulle spalle.

“Presto! Presto! Sono sicuro che è andato alla stazione. Dannazione, stamattina Negi mi era sembrato strano, ma non pensavo che avrebbe fatto una cosa del genere!” disse preoccupato l’ermellino.

“Quel maledetto moccioso! Appena lo trovo lo riporto al Mahora a pedate” mormorò Asuna rabbiosa e con gli occhi lucidi.

Grazie alla sua incredibile velocità, Asuna ci mise pochissimo ad arrivare alla stazione.

Kamo fiutò l’aria. “Lo sento. Si è fermato davanti a quello sportello, il numero quattro”.

Asuna corse fino alla biglietteria indicata dall’ermellino, c’erano due persone davanti, ma lei le scostò quasi lanciandole per aria.

Il bigliettaio rimase sconvolto davanti alla forza che aveva quella ragazzina.

Asuna cercò di parlare nonostante il fiatone. “Mi… scusi… poco fa… ha visto passare di qui un bambino occidentale, con gli occhiali e un bastone… sulla schiena?”

L’uomo tentò di ricordare. “Ah sì, penso di averlo visto. Ha preso il diretto 705. E’ partito dieci minuti fa”.

Asuna ammutolì, sussurrò qualcosa, forse un grazie, e se ne andò.

Uscì dalla stazione, muovendosi come se si fosse smarrita.

Anche Kamo sembrava incapace di dire qualcosa.

Poi Asuna cadde a terra in ginocchio e iniziò a piangere.

Sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla.

“Negi!” esclamò Asuna girandosi.

Invece si trovò di fronte una donna, molto bella e anche molto giovane, che indossava un elegante completo nero.

“Mi scusi, signorina, le serve aiuto?”

“N…no… si figuri” rispose Asuna cercando di asciugarsi le lacrime e rialzandosi.

La ragazza tentò di trattenere nuove lacrime.

In fondo certi dolori sono cose personali.

La donna le porse un fazzoletto.

Asuna lo prese ringraziando.

La donna tentennò un momento, poi si decise: “Mi scusi se l’ha disturbo ancora, signorina, ma potrei chiederle un informazione?”

“Si figuri, chieda pure”.

“Sa dirmi dove si trova l’istituto Mahora?”

“Be, sì, io sono una studentessa di quella scuola”.

“Davvero? Bene. Chissà, forse finirò nella sua classe”.

“Come sarebbe a dire? Lei chi è?”

Asuna squadrò quella donna.

Doveva avere al massimo una ventina di anni, quindi non poteva essere una studentessa.

“Sono un insegnante di inglese, mi chiamo Rei Ayanami” fu la risposta.

FINE

  
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