Disclaimer:
i
personaggi sono proprietà di Terajima.
Note: volevo scrivere una cosina
senza tante pretese per San Valentino, e questi due meritano amore, perciò ecco
(L)
Furuya si è abituato al freddo dell’Hokkaido
come ci si abitua a guardarsi allo specchio e a riconoscere quello che si vede
per se stessi: gradualmente, con naturalezza, il freddo è diventato una
costante e nella neve non c’è più quel qualcosa di eccezionale che riesce a
vedere chi non è abituato a intere distese di bianco che tolgono il fiato, al
punto da far dimenticare persino il freddo.
Tokyo è fatto di troppo caldo e troppa umidità, l’estate gli è insopportabile e
spesso l’ombra di un albero è la cosa che più desidera; eppure la primavera a
Satoru non dispiace: non è proprio come quella di casa, ma ha imparato ad
apprezzarla – è esagerata come tutto
in Tokyo, o così lui lo percepisce, eppure ci sono volte in cui è anche
piacevole. Occasioni in cui non è male sentire l’odore della pioggia così
forte, sentire il sole tiepido addosso che concilia sonni in cui Satoru non ha
mai avuto difficoltà a scivolare, o ritrovarsi ad annusare l’aria e avvertire l’odore
di fiori così chiaramente.
A Satoru Haruichi ricorda la primavera dell’Hokkaido
invece, che pian piano si fa strada in un inverno rigido, tra il ghiaccio sulle
strade e la neve alta nei cortili delle scuole; la primavera che sembra tardare
ogni anno un po’ di più ad arrivare e invece, prima di rendersene conto, è già
lì con qualche fiore sporadico che fa capolino dove la neve ha cominciato a
sciogliersi senza essere notata. Satoru ha imparato ad apprezzare la primavera
che permette di passare il poco tempo libero tra allenamenti estenuanti e ore
scolastiche fuori senza avere né troppo caldo, né troppo freddo: in quelle
occasioni capita che Haruichi si addormenti, che cada piano in un sonno leggero
tipico di lui, così diverso dalla capacità di Furuya di addormentarsi quasi in
ogni luogo.
A volte, come ora, Haruichi si appisola poggiando la testa alla sua spalla e il
respiro regolare culla anche Satoru – rimane immobile e guarda davanti a sé,
abbandona l’idea di portare un boccone del proprio bentou alle labbra per non
svegliarlo, e sbircia con la coda dell’occhio in sua direzione: una ciocca di
capelli chiari scivola lungo la guancia dell’altro, ed è quasi inconscio il
movimento che fa di allungare la mano a scostarla piano, cercando di non
sfiorarlo neanche. S’imbroncia appena, un’espressione che è quasi indecifrabile
al pari di quella che gli altri gli attribuiscono di solito, quando Haruichi
apre lentamente gli occhi e porta una mano a coprire uno sbadiglio mentre si
raddrizza.
«Scusami, non volevo addormentarmi.» pronuncia con il tono morbido
rivolgendogli un sorriso che muta in pochissimi istanti prima in un’espressione
sorpresa e poi di nuovo in un sorriso, una risata sommessa e appena accennata
che scappa tra le labbra di Haruichi: «Non mi sono svegliato per colpa tua»
dice divertito «e poi non mi va di dormire quando siamo insieme, Furuya-kun.»
Satoru non sa come faccia, Haruichi, a leggere sul suo viso cose che gli altri
non vedono neanche.