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Autore: Queila    15/02/2015    3 recensioni
Margaret e Rose hanno solamente tre cose in comune: hanno un nome associato a quello di un fiore, sono nella stessa classe ed entrambe provano un uguale, smisurato odio l’una per l’altra.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Capitolo Uno -  Lillà
 
 
“Lo senti questo bum bum… è qui dove batte il cuore“
Qui, dove batte il cuore
 
 
 
 
Rose si mise a sedere al solito banco in fondo all’aula dieci minuti prima che la campanella suonasse, era particolarmente irritata e continuava a torturarsi la gonna con le mani, stringendola con tutta la sua forza. Aveva le calze smagliate e l’aria di chi è arrabbiata con il mondo intero, anche se i suoi sentimenti d’astio erano rivolti a una persona in particolare. Man mano che i compagni di classe occupavano posto, Rose sentiva crescere la rabbia nei confronti di se stessa per non aver reagito, come faceva di solito, e nei confronti di Margaret, che era sempre pronta a canzonarla di fronte a conoscenti e sconosciuti.
Un momento. Il mondo intorno alla mora si fermò per un secondo e il ricordo della caduta e del tentato salvataggio, assediò la mente della ragazza, facendola vacillare.
Si diede della stupida, sbarrò gli occhi e si nascose la faccia tra le mani, disperata. Chi era il ’ragazzo angelo’? Perché era scappata senza rivolgergli neanche una parola?
La causa della sua fuga entrò in classe in quel preciso istante con la sicurezza che le si addiceva: muoveva i fianchi sorridendo, consapevole di essere vista e ammirata da ragazzi e ragazze.
Un conato di vomito colpì Rose all’improvviso. Buttò un’occhiataccia verso Margaret e si preparò per la lezione, cercando il più possibile di non pensare agli occhi blu oltremare che l’aveva spiazzata circa venti minuti prima. Non riusciva a ricordare altro, però, del ragazzo, troppo accecata dalla luce che emanavano i suoi occhi, ma il ricordo della sua mano calda sulla spalla la fece arrossire, e il calore che le aveva trasmesso era ancora percepibile, quella parte del corpo le scottava, bruciava, ma non faceva male, anzi… il cuore di Rose prese a battere a quel pensiero, cosa le stava succedendo? Il bum bum che il suo petto produceva era talmente intenso che la ragazza pensò per un momento che tutti lo avrebbero sentito, nessuno, però, sembrava curarsi di lei. Poi il professore entrò in classe con un carico di libri impressionante e la ragazza si costrinse a concentrarsi sulla lezione, eppure in varie occasioni il suo cuore mancò un battito durante tutta la giornata al ricordo del ragazzo e dei suoi occhi.
“Quindi lo soprannominiamo uomo-angelo, un po’ come Beatrice e Dante, no?” Una ragazza con i capelli rossi a caschetto e una montatura d’occhiali notevolmente troppo grande per il suo viso, osservava Rose stupita.
“Evy, mi spieghi come cavolo fai a nominare opere straniere semi-sconosciute con tanta scioltezza?”
“Leggo, ecco tutto” affermò facendo spallucce, prima di finire quel poco succo rimasto nel bricco, aspirando con forza dalla cannuccia.
Rose sospirò e si riconcentrò sul suo panino al tacchino.
“Dobbiamo trovarlo” disse la rossa portando il pugno in alto con fare convinto.
“E perché mai?” Rose era confusa da tanta disinvoltura.
“Beh, è ovvio, perché hai una bella cotta!”
“Ma cosa stai dicendo?” alzò leggermente il tono di voce e i suoi occhi schizzarono subito dritti sul pavimento a quell’affermazione.
“Se non ti piace, perché sei rossa come un peperone?” le sorrise facendole la linguaccia Evy, divertita.
“Adesso non ho tempo da perdere, devo andare alla riunione per il giornalino della scuola”.
“Come? Anche il primo giorno di scuola?”
“Un reporter non dorme mai!”  si affrettò a dire prima di alzarsi dal tavolo.
Rose si allontanò di corsa dalla sua migliore amica, cercando di ignorare i suoi battiti cardiaci che erano decisamente aumentati.
Lei avere una cotta?
Impossibile.
Perché allora avvertiva il viso in fiamme?
E perché il suo cuore non la smetteva di fare quel suono fastidioso?
La mora scrollò la testa per allontanare quei pensieri e si avviò verso l’aula dove si sarebbe tenuta la tanto attesa riunione; la classe in cui prendeva sede il giornale della scuola aveva sempre lo stesso odore: pino e inchiostro, era un profumo così familiare che Rose sorrise non appena messo piede nella stanza. Tutto era come lo ricordava: i vecchi numeri buttati nell’angolo a destra, un tavolo rotondo che padroneggiava il centro e una lavagna con scritto il nome degli articoli e a chi erano stati assegnati.
Un’ora dopo, finita la riunione, la mora uscì più irritata che mai; le avevano affidato un’intervista e la cosa non le piaceva per nulla: per il suo curriculum di Yale quell’articolo era carta straccia, in pratica.
“Rose, questo è un ragazzo nuovo, nessuno ha le palle, in senso metaforico s’intende, come te per andargli dietro e punzecchiarlo, fallo, per favore”. Gli occhi di Jim, il caporedattore, l’avevano così colpita che non era riuscita a dire di no, erano stati troppo supplichevoli.
E aveva accettato, aveva acconsentito a stanare e intervistare il nuovo acquisto della scuola, stella promettente del basket americano, Rose si lasciò scappare uno sbuffo. Ma non mancò dal chiedersi se quel paio di occhi dell’uomo-angelo corrispondesse a quelli del giocatore di pallacanestro, un certo Allen Cooper.
E il cuore riprese a martellarle in petto.
 
Uscita dalla palestra, dopo l’allenamento delle Cheerleader, Margaret vide Rose appoggiata al muro vicino l’uscita della scuola, intenta a toccarsi il torace in modo bizzarro.
Un sorriso le nacque in volto.
“Ehi, racchia amorfa!”
La mora sussultò e girò di scatto la testa.
“Asina giuliva! Hai finito di sventolare palline colorare per farti ammirare?” la sua espressione era dura e sfrontata.
“Almeno qualcuno mi guarda…” rispose a tono Margaret, portandosi indietro una ciocca di capelli di colore oro.
“Speriamo si limitino a guardarti allora, perché se apri bocca, li fai ridere”.
“Tu, brutta…” la bionda stava per avventarsi su Rose puntandole contro il dito con fare minaccioso, quando Joey, capitano della squadra di basket, non che fidanzato ufficiale di Margaret, la trattenne per il vestito.
“Dai, Margaret, andiamo… o faremo tardi” le disse in tono superficiale avviandosi verso l’uscita.
La bionda abbassò il braccio e sussurrò un ‘non finisce qui’ proprio mentre passava accanto alla mora.
Salita in macchina, sbatté forte lo sportello, irritata oltre ogni misura, si allacciò la cintura di sicurezza e voltò il viso in direzione del suo ragazzo seduto al posto del passeggero.
“Ti devo accompagnare a casa, Joey?”
“Avevo altre intensioni a essere sincero” disse carezzandole la coscia destra con fare malizioso.
“Non oggi, non sono in vena”la bionda allontanò le dita del capitano di basket da sotto la sua gonna, irritata.
“Ultimamente non sei mai in vena…” sbuffò il biondo.
“Chissà perché” rispose beffarda e mise in moto, partendo velocemente per allontanarsi il più presto possibile dal parcheggio della scuola.
“Che cosa vorresti dire, Margaret?” Joey era diventato color porpora e le sue guancie esplodevano di rabbia, era evidente.
Mentre grosse gocce di pioggia cominciarono a cadere sull’asfalto, Margaret si chiese perché ancora stesse con quel tipo… era carino, era popolare, ma era un’idiota di prima categoria, e non se la cavava neanche tanto bene a letto come voleva far intendere lui ogni volta che usciva l’argomento con i loro amici.
“Mi stai ascoltando?” chiese irritato il ragazzo agitando una mano davanti alla visuale della bionda.
“Ma sei impazzito? Così non vedo nulla, vuoi farci ammazzare?” Margaret urlò nell’abitacolo della macchina e la sua voce risonò più dura che mai nelle orecchie di Joey.
“Forse ha ragione la racchia: sei solo una gallina…” sputò con rabbia.
La frenata brusca di Margaret arrivò due secondi dopo. A testa china, troppo offesa per guardarlo negli occhi, la bionda sussurrò un ‘scendi immediatamente’ che a Joey arrivò ovattato per colpa dello scosciare della pioggia, aumentata d’intensità nel giro di pochi minuti.
“Scusa?”
“Mi hai sentito: scendi subito da questa macchina” ripeté con gli occhi fissi sul volante. Il ragazzo aprì lo sportello dell’ Audi con forza e lo richiuse con rabbia, la ragazza lo vide allontanarsi con le mani in tasca e a testa china sotto l’acqua che continuava a scendere imperterrita.
Appena Joey fu lontano dalla vettura, Margaret parcheggiò e uscì sotto la pioggia senza ombrello: aveva un disperato bisogno di prendere aria prima di tornare a casa e strafogarsi di gelato alla vaniglia, il suo preferito. Cominciò a vagare per la piccola cittadina, ripensando alla sua storia con Joey, di come lui le avesse chiesto di uscire e della loro, non che sua, prima volta… lo amava? Forse sì, forse no, sapeva solo che il suo cuore non faceva le capriole quando lo incontrava e non prendeva a battere impazzito quando la sfiorava o le sussurrava dolci parole all’orecchio. Non era presa dalla voglia irrefrenabile di vederlo, né aveva le farfalle nello stomaco dall’ansia e paura che lui potesse essere davvero quello giusto; era semplicemente un ragazzo, come tanti, solo più carino.
Probabilmente avrebbero fatto pace e la cosa si sarebbe risolta, ma Margaret aveva la vaga sensazione che quella non sarebbe stata comunque la scelta migliore per se stessa, sbuffò pensando che ci stava rimuginando troppo sopra.
La pioggia continuava a cadere senza sosta, i capelli della bionda erano ridotti a una massa senza forma, quasi pianse specchiandosi in una vetrina: il suo riflesso era un disastro, con il trucco colato e le scarpe rovinate. Si guardò intorno come appena svegliata da un lungo sogno: vagava senza una meta specifica da circa quindici minuti e solo ora si era resa conto di essersi avviata verso una via a lei sconosciuta.
La cittadina di Garden Hill non era grande e Margaret ne conosceva quasi tutte le strade; intercettò la lavanderia dove la governante portava a lavare gli abiti più delicati (riconobbe il nome sull’insegna e lo ricollegò a quello scritto su delle buste che possedeva in casa), ma il resto dei negozi le rimase completamente estraneo.
Ancora tentava di orientarsi quando si bloccò di colpo.
Il suo corpo non rispondeva alla sua volontà, era immobile, fermo in mezzo al marciapiede e il cuore impazzito, prese ad accelerare i battiti come scosso da una forza esterna, il suono le arrivava fino alle orecchie, facendole pulsare.
Margaret cominciò a intercettare una melodia, era vicina eppure lontana, come generata da un intimo ricordo dimenticato in qualche antro della mente. La musica proveniva dal negozio oltre il marciapiede, era così familiare che la ragazza sapeva le note che sarebbero arrivate ancora prima che queste venissero prodotte, ma non sapeva spiegarsi il perché.
Il palpitare del cuore di Margaret non le impediva di godersi la calda e dolce armonia che proveniva da un pianoforte; la bionda intravide un ragazzo suonare, assottigliò gli occhi per focalizzare meglio i dettagli: il negozio si chiamava “Le note fiorite” e vendeva strumenti musicali… mentre lo sconosciuto continuava a muovere le dita sui tasti, il petto della ragazza batteva all’impazzata e una lacrima solitaria bagnò il viso della giovane, facendola sussultare.
Proprio mentre stava per attraversare la strada con il cuore in gola e le farfalle nello stomaco, il telefono le squillò.
“Pronto?” rispose con voce impastata per l’emozione.
“Margaret dove sei con questa pioggia?” Maria, la governante aveva il tipico accento messicano, colorato da una evidente preoccupazione.
“Scusami, sto per rientrare a casa”.
Riattaccò e alzò gli occhi verso il negozio di musica: la melodia era cessata e il ragazzo che prima intravedeva oltre la vetrina, ora era scomparso.
Fece spallucce scoprendosi delusa, si asciugò la lacrima e si avviò verso la macchina, con il respiro corto e il petto ancora a soqquadro.
 
 
Note Autrice:
 
Salve a tutti, come va? Cosa ne pensate del capitolo? Fatemelo sapere, mi raccomando ^^ Mi sto appassionando a Margaret sempre più, sebbene io sia più una Rose… e voi?
Ringrazio le magnifiche lettrici che hanno commentato e anche tutti i lettori silenziosi, grazie!
Un saluto speciale a niobe88 che continua a consigliarmi!!
Al prossimo capitolo!
 
P.S.
Il Lillà secondo il linguaggio dei fiori è legato al batticuore (provocato dal primo amore **, quanto siamo romantici).
 
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