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Autore: Alexandra e Mac    15/02/2015    4 recensioni
Il Passato e il Futuro si mescolano in questo racconto che conclude la trilogia iniziata con Giochi del Destino. Per tutti coloro che hanno amato i personaggi storici da noi inventati.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel Destino'
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Capitolo XLIII

Ritorno a Cluny



Di solito nulla era in grado di liberargli la mente come macinare una vasca dietro l'altra, con ritmo lento e costante; invece quella mattina neppure nuotare sembrava dar sollievo ai suoi pensieri e restituirgli la calma. Forse era distratto dall'aria frizzantina di metà ottobre, che conferiva all'acqua una temperatura poco allettante per una lunga e lenta nuotata, come ne avrebbe avuto bisogno. L'insolito clima favorevole di quelle giornate che si erano da poco affacciate sull'autunno, lo aveva invogliato a tuffarsi come sempre all'alba, ma per stare in acqua a lungo avrebbe dovuto attendere la tarda mattinata o il primo pomeriggio, quando la temperatura avrebbe sfiorato anche i venticinque gradi. In quel momento ce ne saranno stati dieci scarsi.

Eppure nuotare riusciva comunque a schiarirgli le idee, quindi decise di proseguire, sfidando il freddo. Da quando Nicole se n'era andata erano diverse le sfide intraprese con se stesso; una in più non avrebbe fatto la differenza.

Era ormai trascorsa un'intera stagione senza di lei e in quei tre mesi aveva attraversato metà continente per ben due volte, aveva pressoché scritto un intero romanzo ed era diventato il proprietario dello Chateau dell'antica e nobile famiglia dei conti D'Harmòn, dove si era trasferito a vivere. O meglio: ne era diventato proprietario per metà, poiché aveva preteso che l'altra metà restasse a Nicole. Il legale di Lady Sinclair non era riuscito a convincerlo ad accettare tutta quanta la proprietà per la cifra stabilita dalla contessa, che lui stesso aveva definito irrisoria rispetto all'effettivo valore.

Un mese prima, dopo aver parlato coi suoi genitori, aveva fatto di nuovo i bagagli ed era tornato a Cluny, con tutta l'intenzione di restarci per sempre. Aveva già deciso di tornare in Francia e accettare, almeno in parte, le volontà di Nicole. Stava solo attendendo di arrivare alla fine della prima stesura del romanzo; per quel motivo aveva lavorato giorno e notte, nonostante fosse triste e sentisse in maniera fisica la mancanza della donna amata. Nei sogni che coltivava quando ancora era con lei, avrebbe scritto il suo capolavoro assieme a Nicole, tra una notte d'amore e l'altra. Invece le cose erano andate diversamente, ma forse, per il romanzo, era stato meglio così: si era infatti immedesimato a tal punto nel conte abbandonato sulla Medea e successivamente ammalato di polmonite, senza la donna amata tra le braccia, che aveva riversato nelle parole scritte ancora più passione, più dolore e più nostalgia di quanto sarebbe stato capace di fare senza aver provato certe emozioni sulla propria pelle. Il romanzo necessitava ancora di una fine opera di limatura, ma la struttura c'era tutta e in quella struttura vi era anche l'essenza di un possibile capolavoro. Ross sarebbe stato soddisfatto di lui.

Il giorno successivo il suo arrivo era tornato a Parigi e si era piazzato nell'ufficio di monsieur Renaud deciso a non andarsene finché non avesse raggiunto il proprio obiettivo. Aveva perorato la propria causa con sottigliezza e perseveranza, meritandosi alla fine i complimenti dell'avvocato il quale gli aveva detto, salutandolo, che se mai avesse deciso di cambiare professione e intraprendere la carriera legale sarebbe stato felice di averlo con sé. Lo aveva ringraziato sorridendo, dicendogli che i suoi genitori, se lo avessero saputo, sarebbero stati molto orgogliosi di lui. Alla fine di quella giornata, infatti, aveva ottenuto di diventare co-proprietario assieme a Nicole della residenza dei D'Harmòn: aveva fiaccato le obiezioni di monsieur Renaud insistendo sul fatto che la cifra suggerita da Lady Sinclair non copriva neppure metà dell'intero valore; di fronte alla reticenza dell'avvocato, lo aveva minacciato che se non avesse accettato di intestargli solo metà della proprietà, l'avrebbe rivenduta a terzi per un quarto di quanto l'avrebbe pagata lui, immaginando che Nicole, pur sperando che ciò non accadesse mai, nella fretta di andarsene con molta probabilità si era scordata di far aggiungere quella clausola al contratto d'acquisto. 

Sistemata la faccenda della proprietà, aveva organizzato il primo e unico cambiamento che avrebbe apportato: la sistemazione delle scuderie, che giacevano abbandonate all'inizio del bosco che circondava il castello, nonché l'assunzione del personale per prendersi cura dei cavalli che vi avrebbero alloggiato.

Aveva deciso di lasciare Joy in America, per evitarle lo stress di un viaggio oltre oceano e il doversi adattare ad un nuovo luogo. La cavalla era abituata ad essere accudita da altri e alle sue assenze, quindi l'avrebbe cavalcata, come già faceva, ogni volta che sarebbe tornato in California. Però non voleva privarsi del piacere di andare a cavallo e le scuderie erano la sua priorità. Nelle lunghe chiacchierate con Nicole aveva saputo che lei aveva già in mente di portarle di nuovo al loro splendore originale, per trasferire in Francia il purosangue che al momento alloggiava in quelle del fratello; dando inizio ai lavori non aveva fatto altro che concretizzare le sue idee.

Quindi era volato in Inghilterra per cercare un animale per sé. Si era fermato a Londra una settimana, ospite di zio Paul e zia Belinda, felicissimi di rivederlo dopo tanto tempo. In quei giorni, oltre ad occuparsi dell'acquisto del cavallo, con l'aiuto di Marie-Antoinette, della quale si era guadagnato la stima con un sorriso ma soprattutto con l'interesse mostrato per Lady Sinclair, era riuscito persino nell'impresa quasi titanica di incontrare Lord Edmund Charles Philip Sinclair, duca di Kesington, fratello di Nicole.

L'incontro aveva avuto luogo nella residenza londinese di Sua Signoria; assolutamente deciso a non farsi liquidare rapidamente com'era solito fare il Duca persino con la sorella, lo aveva conquistato con la sua abilità nel narrare, affascinandolo col racconto di alcune avventure che aveva vissuto durante le ricerche per il suo primo romanzo, nonché con le prime edizioni autografate dei suoi libri. Aveva infatti scoperto, sempre grazie a Marie-Antoinette, che anche colui che considerava a tutti gli effetti il suo futuro cognato era un suo ammiratore e aveva sfruttato a suo favore la propria notorietà per ingraziarsi l'uomo al quale aveva anche formalmente chiesto la mano di Nicole. Se lei lo avesse saputo, sarebbe inorridita e sarebbe esplosa in una sfuriata assolutamente poco adatta ad una nobildonna, poiché non sopportava certe tradizioni che considerava superate, per non parlare di quanto odiava l'idea che fosse il fratello a doverle permettere qualsiasi cosa; ma come aveva detto al Duca, Nicole in quel momento non c'era e lui ci teneva a rendere formale la sua proposta, rispettando persino superate tradizioni. Lord Sinclair era rimasto molto colpito da questo atto di rispetto, soprattutto tenuto conto che giungeva da un borghese americano, e il gesto aveva sortito l'effetto che, al termine dell'incontro, i due uomini si erano salutati con un'amichevole stretta di mano.  

Tutto ciò era accaduto due settimane prima. Da allora era tornato a Cluny, deciso a terminare il romanzo, nell'attesa che Nicole si rifacesse viva.

Era sicuro che sarebbe successo. Lei era innamorata di lui; doveva solo affrontare se stessa e le proprie paure e poi sarebbe tornata. E lui sarebbe stato lì, ad attenderla.

Eppure negli ultimi giorni quella convinzione, quella sicurezza sembravano non bastargli più. Più passava il tempo senza sue notizie, più l'ansia di sapere dove fosse, cosa stesse facendo, se stesse bene oppure no, aumentava a dismisura, sgretolando le sue certezze, e aveva iniziato a renderlo irrequieto, al punto che neanche nuotare bastava più a tranquillizzarlo.

Uscì dalla piscina e si avvolse rapido nell'accappatoio, asciugandosi quel tanto che bastava per non lasciar dietro di sé pozze d'acqua; quindi si rifugiò in cucina, dove Madeleine lo attendeva con una sostanziosa ma soprattutto calda colazione.

"Avete le labbra blu" lo apostrofò preoccupata, non appena lo vide, mentre gli porgeva un telo asciutto e piacevolmente caldo, che lui accettò con gratitudine.

Tolse l'accappatoio bagnato e si avvolse nella spugna confortevole, poi si sedette per buttar giù la tazza di tè fumante.

"Ah, ah!" Madeleine gli ordinò con un cenno di alzarsi e sfilarsi anche il costume prima di iniziare a mangiare. Sorridendo per essere stato redarguito come un bambinetto,  afferrò un pezzo di croissant ed effettuò la manovra di levarsi lo slip da sotto il telo, masticando nel frattempo il dolce appena sfornato. Si ritrovò a pensare divertito all'espressione dell'anziana domestica se si fosse liberato del costume senza preoccuparsi di restare coperto, come avrebbe fatto se avesse avuto ancora otto anni. In genere si toglieva l'indumento non appena uscito dalla piscina, dopo essersi avvolto nell'accappatoio e prima di lasciarsi riscaldare dal sole sorto da poco; ma col fresco di quelle mattine l'unico pensiero era quello di rifugiarsi al chiuso, per rifocillarsi con qualcosa di caldo. Fin da quando aveva preso l'abitudine, da ragazzo, di nuotare all'alba, non era mai riuscito a farsi la doccia prima di buttar giù qualcosa nello stomaco; preferiva concedersela dopo, con calma, una volta placati i morsi della fame.

"Un giorno o l'altro vi verrà una polmonite..."  brontolò di nuovo Madeleine, con malcelato affetto.

I due coniugi non avevano esitato un attimo ad accoglierlo come nuovo datore di lavoro e ogni giorno trovavano almeno un'occasione per fargli sapere quanto sarebbero stati felici di averlo lì per sempre assieme a Lady Nicole.

"Tranquilla, Madeleine, sono di sana e robusta costituzione. Ora fai la brava, smettila di preoccuparti e siediti qui, con me. Ti voglio vedere con una tazza di qualcosa di caldo da bere in mano, per almeno dieci minuti. E questo è un ordine!" disse con un sorriso.

L'anziana domestica brontolò qualcosa del tipo che sfacciataggine questi americani  ma alla fine obbedì, felice di accontentare quel giovane che stava imparando ad amare come un figlio.

"Nessuna notizia?" si arrischiò a domandargli, dopo aver bevuto il suo caffè.

Andrew si limitò ad un cenno di diniego col capo.

"Tornerà, vedrete" tentò di consolarlo. Era preoccupata anche lei per la sparizione improvvisa di Milady, ma ancora di più non riusciva a capacitarsi per come la giovane contessa avesse potuto abbandonare un uomo come mr. Rabb, così bello e così innamorato, e per di più famoso. Era a conoscenza del passato di Nicole e della sua convinzione di non voler aver più a che fare con l'amore, ma quando l'aveva vista con l'affascinante americano, aveva pensato che con lui avrebbe potuto essere davvero felice e si era sentita sollevata. Trovava infatti ingiusto e inconcepibile che una donna come Milady si privasse volontariamente dell'amore a causa del suo passato. In questo era assolutamente d'accordo con mademoiselle Valèns.

"Forse dovrei fare qualcosa..." rispose Andrew, sorprendendo l'anziana domestica con un tono insicuro che in genere non aveva.

"Perché dite questo?"

"Non so, Madeleine... da qualche giorno penso che avrei potuto fare di più per trovarla. Vorrei poterla raggiungere e farle capire così quanto tengo a lei. Quanto desidero passare il resto della mia vita amandola..."

"Avete fatto tutto quanto era in vostro potere per rintracciarla. Avete persino contattato di nuovo quell'antiquaria... Neppure mademoiselle Lacroix, se dobbiamo crederle, ha idea di dove possa essere Milady. Eppure la conosce bene... è l'unica amica che abbia da queste parti. Solo il Signore sa cosa abbia visto in quella donna..."

"Mi sembra di capire che non approvi mademoiselle Lacroix" disse Andrew con un sorriso. "E neppure che ti fidi di lei... Posso sapere come mai?"

"Suvvia, monsieur Andrew, non sono nata ieri. Quella donna vi muore dietro. Fosse per lei vi avrebbe trattenuto per sempre nel suo letto... E non venite a raccontarmi la frottola che non ci siete mai stato! Ho occhi per vedere e testa per capire" disse, bloccando sul nascere qualunque obiezione avesse voluto fare in merito.

Non osò negare, limitandosi ad un gesto con la mano, quasi a volersi proteggere. Chi avrebbe avuto il coraggio di mentire a quell'anziana e dolce signora?

"Chi può dire che vi abbia detto la verità quando sostiene di non avere notizie di Milady?"

"Io le credo; Monique sa che sono innamorato di Nicole e, benché, come dici tu, mi vorrebbe ancora nel suo letto, sa bene che non ci tornerei più. Ti sorprenderà sapere che mi aveva consigliato di dirle al più presto la verità sulla mia reale identità".

"Mademoiselle Lacroix la conosceva?"

"No, ma aveva intuito che non ero un professore. O almeno non solo".

"Se lo dite voi..." disse la donna con aria scettica. Poi si spinse a domandargli:

"Non sarà proprio il fatto che non le abbiate subito detto chi siete ad averla fatta fuggire?

"Non credo. Ci eravamo già chiariti in proposito. All'inizio l'ho pensato anch'io, ma poi ho dovuto dar ragione ai miei genitori, che hanno notato che se n'è andata solo dopo aver letto il diario che le avevano consegnato... Deve esserci stato qualcosa che, unito alla sua paura di legarsi, le ha fatto decidere di andarsene. Una ragione che ci è sfuggita...".

"Sì, ma quale?"

"Non lo so. Le ho pensate tutte e l'unica plausibile è la sua paura di un legame serio, quella che mi ha comunicato nella sua lettera. Secondo mio padre è stato leggere della fuga di Lady Sarah, che lasciò il Conte sulla Medea, a darle la spinta a fuggire. E' probabile che abbia ragione. Eppure ho la sensazione che il tutto non si riduca solo a quello. Inoltre l'altro giorno ho riletto alcuni passi di alcuni diari e proprio nelle pagine in cui è descritta la nascita dell'antenata di Nicole, forse ho trovato qualcosa...".

"Che cosa?" domandò speranzosa Madeleine.

"Mi è saltato all'occhio un particolare, al quale non avevo fatto caso prima, perché non avevo ancora letto il diario mancante. Nicole deve averlo notato mentre leggevamo le parole del Conte André ritrovate dai miei genitori e deve aver collegato il tutto molto prima del sottoscritto, ovviamente. E' un particolare che in seguito non viene più menzionato, ma credo d'aver trovato la chiave del mistero e, soprattutto, dove possa trovarsi Lady Sinclair. Ieri ho chiesto a Marie-Antoinette di attivarsi per capire se la mia intuizione è giusta e sto aspettando una sua risposta".

Madeleine non fece in tempo a chiedere ragguagli, poiché furono interrotti dal marito.

"Monsieur, ha appena chiamato mademoiselle Valèns... Non rispondevate al cellulare e così ha chiamato allo Chateau. Non voleva attendere oltre per farvi avere la notizia: mi ha pregato di riferirvi che avevate ragione..."

Andrew non lo lasciò terminare:

"Grazie, Pierre" disse alzandosi di scatto. Poi si avvicinò a Madeleine e l'abbracciò felice:

"L'ho trovata!"

"Ma, ne siete certo?"

"No. Eppure qualcosa mi dice che non potrebbe trovarsi che lì e ho tutte le intenzioni di verificarlo di persona..." e così dicendo sparì dalla cucina, lasciando i due anziani coniugi attoniti.

"Ma... che cosa è successo a quel benedetto figliolo?" domandò Pierre alla moglie.

"E' convinto d'aver capito dove si trovi Lady Sinclair e, a quanto sembra, ha intenzione di raggiungerla per riportarla a casa".

 

  
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