«Tutti
i bambini desiderano stare da Albert's, per un altro po'!».
Risatine
si levarono dal microfono appeso alla parete.
«Perché Albert's è
speciale, non solo pizzeria! Un parco di divertimenti per i
vostri figli più piccoli, per questi angioletti che
aspettano solo
di spiccare il volo!»
Jack alzò un sopraciglio, gettando la
testa all'indietro. «Angioletti? Che cavolate spari,
Albert?»
mormorò, mentre dal microfono la voce dell'uomo si faceva
sempre più
alta. «Signori e signore, ma soprattutto bambini che siete in
ascolto! Albert's riapre domani alle 12. Vi auguriamo una dolce
nottata!». Schiamazzi e gridolini di bambini inondarono il
microfono.
Jack
gettò un'occhiata all'orologio appeso sopra la scrivania. Le
23. «E'
il mio turno...» sussurrò, dondolandosi sulla
sedia, le ruote
che scivolarono sul pavimento.
«Il
mio discorsetto è finito!» una voce
tuonò dietro alla porta
dell'ufficio, seguita da una risata. Albert entrò
spalancando la
porta, con una manata colpì la schiena di Jack.
«Allora, come sta
il mio security man?»
«Spari
sempre tutte quelle idiozie? Angioletti, dolce nottata...».
Albert
scrollò le spalle. «Così i genitori
sono più contenti di venire»
- alzò un indice verso l'alto - «Sii paziente, ed
i frutti
cadranno!».
«E'
ora anche per te di passare una dolce nottata» disse Jack,
alzando
le sopracciglia. Cliccò il pulsante rosso sulla scrivania.
Con un
ronzio, lo schermo della telecamera davanti a lui si accese.
«Voglio
assicurarmi che tutto vada per il meglio qui». Albert
avvicinò il
viso allo schermo, dove un salone colmo di tavoli aveva fatto la sua
comparsa. «Vedi, se clicchi su questa freccia, puoi vedere le
altre
stanze» - posò un dito sulla freccia verde sotto
lo schermo. Con un
ronzio la telecamera si spostò su un corridoio pieno di
disegni alle
pareti. Un altro ronzio, peluches di animali seduti in cerchio
comparvero sullo schermo sorridenti. «Le nostre mascotte. I
bambini
adorano questa stanza!» esclamò Albert, sollevando
le braccia sopra
la testa. Uno sbadiglio uscì dalla sua bocca.
«Puoi
andare, capo» disse Jack, alzando una mano verso l'alto -
«Me la
cavo, sono stato assunto per questo».
«Controlla
sempre ogni stanza. Hai tutta la notte davanti, vedi di non
addormentarti sulla sedia! » Albert sparì oltre la
porta - «Se
senti gli occhi caderti, vai alle cucine e fatti un
caffé!»
Jack
cliccò sulla freccia, gettando un'occhiata al cerchio di
peluches,
alla sala colma di tavoli, al corridoio tapezzato di disegni.
Alzò
il dito dal tasto, lo schermo si fermò su un lavandino e su
uno
specchio che ricopriva una parete. Uno sbuffo uscì dalle sue
labbra.
«Anche una telecamera nei bagni? Non penso che qualcuno
vorrebbe mai
derubare una pizzeria per bambini!» L'immagine di
una figura
con un mantello nero e un passamontagna sulla testa che entrava nella
stanza dei peluches apparve nella sua mente. Sorrise, scuotendo il
capo. «Spiacente, qui abbiamo solo peluches, disegni di soli
e
casette, e-» si fermò, le labbra
spalancate a formare un
cerchio. Sgranò gli occhi, chinando la testa sullo schermo.
Il
corridioio era davanti a lui, con le pareti tappezzate dai soliti
disegni. Un battito accellerò nel suo petto. Un disegno era
finito
sul pavimento. «Prima era lì appesso...»
sussurrò, corrugando la
fronte. "O forse prima era per terra e non l'ho visto?".
Mosse il dito sul pulsante, le altre stanze si sussegguirono
sullo schermo. «Tutto normale.».
La
stanza dei peluches comparve davanti a lui. Un peluche con una
proboscide e due orecchie tonde, uno con un becco ed una cresta sulla
testa, un altro con un muso appuntito e una fila di denti aguzzi.
Jack strinse gli occhi, fissando le sagome di quegli animali, le loro
bocche aperte in un sorriso, i loro occhietti neri spalancati. La
proboscide dell'elefante ruotò a sinistra. Jack
sobbalzò sulla
sedia, un dito scattò sulla freccia. I peluches scomparvero
dallo
schermo.
«Pupazzi
che si spostano, eh? Per piacere!» esclamò,
spostando la mano verso
il sacchetto di patatine di fianco alla telecamera. Il braccio si
bloccò a mezz'aria, le dita sfiorarono il sacchetto giallo.
Nel
corridoio tre disegni erano a terra. «Cristo, questi sono
proprio
caduti!» afferrò il sacchetto, estraendo
una patatina. «Forse
una corrente d'aria?»
"Forse
era per quello che i peluches si spostavano". La proboscide che
si spostava, ruotava su se stessa. La proboscide del peluche.
Jack
ritornò nella stanza dei peluche disposti in cerchio,
stringendo i
denti. Sobbalzò, le patatine finirono sulla scrivania. Tre
peluches
mancavano dal cerchio. Gli altri se ne stavano a sorridere nel buio.
«Chi
è che manca?» sussurrò, gli occhi che
vagavano sugli animali. Si
battè una mano sulla fronte. «L'elefante e quel
pennuto di sicuro!
E poi chi c'era vicino all'elefante?»
Una
musichetta giunse alle sue orecchie. Girò di scatto la testa
verso
la porta ancora spalancata. Si alzò, dirigendosi verso la
porta, le
gambe molli. Si affacciò sul corridioio. La musichetta
arrivava da
lontano, una di quelle con le note acute che bombardava la pizzeria
tutto il giorno per far ballare i bambini.
Rabbrividì,
chiudendo la porta con uno scatto.
«Pazzesco,
Albert, pazzesco...». Si gettò sulla sedia,
massaggiandosi le
tempie. «Chi ci crederebbe mai, Albert?»
sussurrò, schiacciando di
nuovo la freccia verde. Con un ronzio la telecamera si
spostò sul
corridoio. I disegni erano caduti dalla parete. Alcuni fogli erano
stropicciati. Jack gemette, gli occhi incollari sullo schermo.
In
fondo al corridoio, una figura avanzava. Superò i disegni
con uno
scatto, una proboscide che ruotava.
«E'
lui!» esclamò Jack, sbarrando gli occhi. Si
sfregò il viso con una
mano. L'elefante era sparito. Un disegno si staccò dalla
parete,
volteggiando a terra. "Neanche un bambino ci crederebbe. Forse
stai avendo le allucinazioni, Jacky".
Soffocò uno sbadiglio,
scuotendo le braccia cosparse da tremiti. Spostò gli occhi
verso
l'orologio. Le lancette avanzavano sul quadrante, diffondendo il loro
ticchettio nella stanza. «Di già le
due?». Si alzò, stiracchiando
le gambe, il corridioio ancora sullo schermo. «Sapete che vi
dico?
Al diavolo elefanti, al diavolo i peluches!»
esclamò, correndo
verso la porta e trascinandosi lungo il corridoio. La musichetta era
svanita.
"Perché era un'allucinazione, ecco perché non la
senti. Riguardo ai disegni, forse una folata d'aria". Jack
sorrise, scuotendo il capo. Solo il suono dei suoi passi che
colpivano il pavimento riecheggiava lungo il corridoio. Si
fermò non
appena vide la porta con il cartellino rosso e con la scritta in
corsivo "Cucina, riservato ai dipendenti".
«Un
caffè è quello che ci vuole, e poi
tornerò a controllare!»
esclamò, aprendo la porta. Un odore di pizza e fritto gli
entrò
nelle narici. Sospirò, prendendo una tazza da un ripiano, la
posò
sul distributore. Schiacciò un pulsante, il liquido nero
gorgogliò
nella tazza. «Così si sta meglio!»
disse, afferrando il
contenitore.
Un
cigolio alle sue spalle. Jack sussultò, la tazza
tremò nella sua
mano. Una musichetta inondò il corridoio. Avanzò
verso la porta,
stringendo la tazza fumante, le spirali di vapore che salivano verso
l'alto. Ritornò suoi suoi passi, il cuore che risuonava nel
petto.
"Non devo agitarmi così, per tre stupidi peluches. Ora
guarderò
lo schermo, e li vedrò seduti al loro posto!".
Un
brivido gli corse lungo la schiena, le gambe si irriggidirono. La
porta del suo ufficio era chiusa. Con uno scattò
afferrò la
maniglia, tirandola verso di sè. La porta rimase incollata
al muro.
«Non
ricordo di averla chiusa a chiave!»
Si
girò, corse lungo il corridoio. "So che Albert ha delle
chiavi
di scorta nell'ingresso" pensò, svoltando l'angolo e
raggiungendo il corridioio con i disegni. Calpestò i fogli
accasciati sul pavimento, sfrecciò nel salone, superando le
tavolate. Si arrestò di colpo, posandosi una mano sul petto.
Il
cuore rimbombava sotto la sua mano, il suo respiro si sentiva per
tutta la sala. "La stanza dei peluches è qui
vicino,
posso controllare se sono tornati ai loro posti" pensò,
girando
il collo a destra ed a sinistra. «Devo
controllare...»
Deglutì,
camminando avanti, le dita serrate attorno al manico della
tazza, le spirali di vapore che ancora fuoriuscivano, salendo fino al
soffitto.
La porta della stanza dei peluches era spalancata. Il
buio usciva da quella sala, assieme alle note acute della musichetta
che suonava mattino e sera.
Jack prese un respiro, sporse il
collo oltre la porta. Il cerchio era sparito. «I peluches
sono-» le
sue labbra tremarono, la tazza colpì il pavimento, il
caffè si
sparse a terra. Una risatina alle sue spalle. Jack si voltò,
indietreggiò con uno scatto, fino a sfiorare il muro della
stanza.
L'elefante era davanti a lui. Il pennuto e un cane dai denti a punta
entrarono dietro di lui.
"Albert, non ci crederesti".
Jack fissò gli occhi neri dei peluches puntati contro di
lui. Un
ghigno si aprì sui loro volti.
Note
Questa storia è stata scritta mesi e mesi fa, e l'ho postata
solo adesso perché mi piaceva. Volevo postarla mesi fa ma
poi tempo e voglia mancavano. Una controllatina e via! L'idea mi era
venuta guardando un gioco per computer che forse qualcuno conosce, "5
Nights at Freddy's". E' davvero inquietante così ho scritto
qualcosa di simile, ma forse diverso perché poi la mia
immaginazione se n'è andata per conto suo. Comunque con questa mi sono divertita a scrivere.
Ditemi se vi piace o se non vi piace, alla prossima! Inserirò altre storie scritte ultimamente.