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Autore: pierre    15/02/2015    1 recensioni
Spencer Reid sarà coinvolto in una delle indagini più pericolose e dolorose della sua vita.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Spencer Reid
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
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“Ciao ragazzino… ben tornato tra noi…” la voce di Derek gli arrivava da lontano.
Ok, pensò Reid, io sono morto e questi sono gli ultimi scampoli di sogno che mi stanno regalando i neuroni cerebrali.
Poi si fece largo nel suo cuore il doloroso pensiero che, se vedeva Morgan era perché anche l’amico fraterno era morto.
“Sei morto?” Bisbigliò.
“Io no ma tu sei preoccupante! La botta in testa ti ha rincoglionito!” Esclamò Derek abbracciandolo.
Lo aveva scosso procurandogli fitte di dolore ma la cosa non l’impensierì minimamente, anzi ogni sensazione lo stava riportando sul pianeta terra.
Alberto!
“Alberto…” sussurrò aggrappandosi alla camicia dell’amico.
“Lo chiamo subito” ma non fu necessario.
La porta della stanza d’ospedale dove Spencer evidentemente si trovava si aprì con discrezione e il ragazzo ebbe modo di vedere il suo compagno, stravolto, entrare con un bel mazzo di fiori in mano.
Appena Alberto si accorse che Spencer, il suo Spencer era sveglio, le peonie gli caddero dalle mani.
In un attimo si ritrovarono abbracciati mentre Reid usciva discretamente dalla stanza.
“Non farmi più uno scherzo del genere! Cerca di aspettare una cinquantina d’anni prima di rischiare la vita un’altra volta!” Singhiozzò Alberto.
“Dovresti lasciarmi subito allora… non posso prometterti questo” gli rispose roco Spencer.
“Allora dovrò vivere con la paura di perderti ogni giorno della mia vita?”
“Lo so, non posso pretendere questo da te… lasciamoci, è la soluzione più intelligente” balbettò Reid con il cuore stritolato dalla morsa del dispiacere.
“Non potrei mai vivere senza di te maledetto sbirro!” replicò Alberto stringendolo forte al suo petto.
Redi aveva la bocca spaccata e il viso smagrito, lividi sulle guance e intorno agli occhi, tremava per la febbre ma anche per il trauma subito… ci sarebbe voluto un po’ di tempo per permettere al suo cervello di fare pace con la terribile esperienza che aveva vissuto.
Il suo era stato uno splendido risultato.
Hotchner insieme a Ghideon, nei giorni successivi al suo risveglio, lo avevano informato su ciò che era successo: il serial killer lo stava per ammazzare ma per fortuna Derek lo aveva centrato con una bella pallottola che dalla nuca era fuoriuscita dalla fronte, un centro perfetto.
Reid era disidratato e in preda dello choc e solo l’abbraccio disperato di Alberto, entrato insieme agl’altri, lo aveva calmato ma poi si era allontanato da tutti confinandosi in una sorta di torpore.
Aveva un’ustione da scossa elettrica al lato del collo, un trauma cranico, i segni di due frustate sull’addome e un morso su una spalla, per il quale aveva dovuto sopportare una profilassi antibiotica che lo aveva ulteriormente spossato.
Uscito dall’ospedale, Spencer era ridotto piuttosto male, Alberto fu irremovibile: lo caricò in macchina e lo condusse nel Maine dove, tempo addietro, aveva acquistato un delizioso piccolo cottage.
Intorno a loro solo boschi e un ruscello dove, di notte, andavano ad abbeverarsi i cerbiatti.
L’acqua calda e l’elettricità erano garantite da un paio di pannelli solari discretamente nascosti sul tetto della casa.
L’interno, tutto in legno, era composto di una saletta comprensiva di un cucinino, un ampio camino e un divano largo e comodissimo.
Un’altra piccola stanza era fornita di un lettone di legno, essenziale ma accogliente. Il gabinetto era stato arredato con elementi ritrovati in un vecchio deposito, sbreccati ma decorati a mano con piccoli tralci di edera. La doccia, provvista di una provvidenziale incannucciata era all’esterno, dietro alla casa, e vi si poteva accedere dalla stanza da letto.
“E quando nevica come si fa?” Si era incuriosito Spencer di fronte a tanta spartana semplicità.
“Non ci si lava” gli aveva risposto sereno Alberto.
Niente televisione e tantomeno Internet.
Ovviamente Spencer era dotato di un satellitare ma aveva promesso al suo compagno che si sarebbe connesso con la sede operativa del suo gruppo di colleghi solo una volta al giorno… giusto per rimanere in contatto e avere nuove opportune informazioni.
Perché Reid era tormentato da mille dubbi.
Il serial killer, Lukas Green, era un cameriere del Regency molto apprezzato per la sua solerzia e per la sua memoria.
Il passato di bambino violato ne aveva fatto un mostro e probabilmente la sua prima vittima era stata proprio il professor Robert Moore, l’uomo che per primo aveva abusato di lui.
I genitori erano introvabili, possibile che avesse ucciso anche loro? E perché?
Ciò che assolutamente lo tormentava era la facilità con cui era riuscito a prendere il sopravvento su Lukas.
Certamente le altre vittime non avevano la sua capacità di resistenza, l’allenamento anche psicologico con cui a Quantico preparavano i profiler, l’esperienza già accumulata in pochi anni di servizio, un paio di brutti incontri già vissuti.
Le vittime del killer erano state abusate atrocemente… e lui ci era andato molto vicino, l’intrusione delle dita dell’uomo nella sua bocca erano state il preludio di future torture sessuali.
Stranamente però Robert si era addormentato dando modo a Luke di esporsi con la sua preda.
Già… perché lui? Il seriale aveva chiaramente fatto capire che le sue preferenze erano riservate a soggetti tra i quaranta e cinquant’anni, circa l’età di Robert Moore: lui ne aveva 24…
Questi pensieri erano formulati nei rari momenti in cui Spencer non era oggetto felice delle attenzioni del suo amante.
Alberto quando aveva condotto uno Spencer stremato fisicamente e psicologicamente nel suo cottage era ben risoluto a trasformare quel soggiorno nell’esperienza più gratificante della vita di Reid.
Voleva che memorie appaganti, intense… uniche, seppellissero sotto le coltri del piacere, lo spavento e il dolore che il suo compagno aveva patito.
Lo aveva infilato nel letto e cullato tra le sue braccia, lo aveva lavato e asciugato, massaggiato con oli essenziali dalle proprietà rilassanti. Gli aveva cucinato piatti prelibati utilizzando i prodotti dell’orticello biologico che aveva piantato in una piccola serra e lo aveva imboccato, incurante delle proteste di Reid.
“Sei debole come un uccellino…” gli sussurrava innamorato.
I giorni passavano e le forze cominciavano a ritornare insieme alla serenità.
Era arrivato il momento di passare al secondo round.
Alberto lo aveva stordito con il sesso trovando il suo amante assolutamente d’accordo: annullare i brutti ricordi facendosi concupire assiduamente sembrò a Spencer una brillante idea.
Non aveva mai fatto una cosa del genere, anzi, non avrebbe mai pensato che il proprio corpo avesse bisogno di tutto questo.
Fluttuava drogato di continui stimoli erotici dal letto al divano, dal divano al bosco e da lì al ruscello con le sue acque fresche e corroboranti.
Dormivano, mangiavano e scopavano… anzi spesso Alberto lo amava e lo nutriva contemporaneamente.
A Spencer piaceva leccare le sue dita dolci di miele mentre l’amante, sdraiato sulla sua schiena, si muoveva delicatamente dentro di lui.
Gratificazione orale e sessuale… sconvolgente e primordiale.
Non aveva più la nozione del tempo, la notte e il giorno scandivano solo il riposo e la passione.
Una volta che Alberto lo aveva concupito per la terza volta in poche ore, si era fermato sollevandosi dal suo corpo per fissarlo negli occhi.
“Sto esagerando vero?”
Spencer aveva fatto un veloce calcolo.
“Dunque: la mia maturità sessuale l’ho raggiunta intorno ai sedici anni. Ammettendo un numero imprecisato di seghe, avrei dovuto avere un rapporto sessuale almeno ogni due, tre giorni. Quindi otto rapporti sessuali al mese… un centinaio all’anno che moltiplicati per otto anni… no, non stiamo esagerando” e lo aveva baciato con passione.
Il luogo offriva loro la possibilità di allenarsi in mezzo a una natura incontaminata: correvano tra gli alberi, si arrampicavano su rocce millenarie che spiccavano monolitiche nella boscaglia e terminavano il percorso con una serie, che Alberto definiva esagerata, di pettorali e addominali sulla veranda del cottage.
Era la fine di maggio, il tempo era strepitosamente bello: Alberto aveva invitato la famiglia di Reid a passare una fine settimana da loro.
JJ insieme a un altro estroso elemento, una certa Penelope Garcia, genio informatico, tutti fremiti e cinguettii estasiati, si erano sistemate nella camera da letto, Ghideon e Hotch nel tinello…. e loro insieme a Derek  avevano piantato un paio di tende accanto al ruscello.
Il risultato fu esilarante, il gruppo molto compatto assorbì anche Alberto nella loro dinamica di gruppo e dopo un primo timoroso approccio, il professor Diotallevi si sentì uno di loro.
La sera, furono raggiunti da Tim, cha aveva fatto una spesa esagerata e Margherita con diverse torte, tutte fatte da lei, pericolosamente in bilico tra le mani.
Al di fuori del loro gravoso lavoro, gli amici di Spencer erano tutt’altro: JJ si rivelò dolcissima e Morgan un fratello burlone che non smetteva mai di prendere in giro il cucciolo di casa.
Ghideon aveva passato tutto il pomeriggio a leggere un libro di poesie e qualcuna l’aveva declamata ad alta voce alla pittoresca Penelope che nel frattempo era riuscita a connettere la metà degli Stati Uniti d’America sotto il pergolato del cottage.
Hotchner sempre misurato, aveva parlato a lungo con Alberto, era curioso delle sue specializzazioni in campo alimentare.
“Ho una laurea in Agraria e una in Biotecnologie. Poi mi sono specializzato in scienze alimentari e ho voluto girare l’Amazzonia, il Borneo e l’Oceania per studiare gli usi e costumi alimentari delle culture meno evolute secondo i nostri standard malati.”
Spencer si era intromesso: ”Pensavo di accompagnare Alberto in Tibet” Aaron aveva sollevato sorpreso un sopracciglio mentre il ragazzo proseguiva ”ho parecchie ferie accumulate, tra due mesi sarò nuovamente operativo”.
Reid aveva lo sguardo un po’ colpevole, era la prima volta che si allontanava dalla squadra per tutto quel tempo.
“Per me va bene” aveva invece asserito il suo capo “ma se è il preludio alle tue dimissioni dall’unità investigativa, vorrei saperlo con un certo anticipo.”
Non c’era nessuna inflessione nella sua voce ma lo scintillio negli occhi nerissimi dichiarava una certa apprensione.
“No, non vi abbandonerei mai…” aveva subito dichiarato Spencer.
Alberto aveva asserito con un convinto sì del capo dandogli un’altra informazione: “vorrei approfittare di quei giorni anche per fargli conoscere il luogo da dove provengo, io sono di Vinci, una zona molto bella della Toscana: i miei hanno una tenuta agricola dove producono olio e vino. Sarebbe fantastico ospitarvi tutti sotto un tetto fatto di tegole, un salone con camino, stanze grandi con lettoni accoglienti e cibo sopraffino!”
“Ecco che si presenta il marchese dei miei c…” aveva esordito Tim entrando prepotente nella conversazione “non ve l’ha detto vero? Lui è così signore… vi presento un rappresentante della nobile casata dei Diotallevi…”
Alberto gli aveva abbaiato un: “piantala!”
Penelope aveva esclamato un: “ooohhh” sospirando.
Spence era arrossito imbarazzato perché non aveva il ben che minimo interesse per i natali del suo compagno.
Era preoccupato riguardo la scelta solo emotiva che in quel momento stava facendo Alberto.
Ne avevano parlato a lungo, una sera, dopo aver fatto l’amore.
“Amo te ma anche il mio lavoro” aveva sospirato Reid “pensaci bene prima di cercare casa dalle parti di Quantico… andrò spesso in missione, la nostra sarà una relazione che dovrà barcamenarsi tra le mie missioni e i tuoi viaggi di studio. Non potrò starti sempre dietro anche se lo vorrei tanto…”.
“Lo so e non posso pretendere nulla da te: sei bravo nel tuo incarico Spence, c’è bisogno di persone in gamba come te per catturare i cattivi e difendere i buoni… sei il mio super eroe… e io la ragazza che ti aspetterà sempre a casa, innamorata e fedele!”
“Ma piantala” aveva sghignazzato Reid “sarò costretto a rincorrerti per il Mondo… per fortuna ho Penelope che mi darà una mano! Riuscirò a scovarti anche in mezzo all’oceano Atlantico… occhio a come ti comporterai!” Giocava… glielo stava insegnando il suo professore personale.
Sarebbe stata dura, lo sapevano entrambi ma erano pronti a correre il rischio.
“Che ne sarà di questo paradiso?” Spencer avrebbe voluto vivere lì, in quel cottage piccolo e delizioso, lontano da stress, dolore e paura “saremo lontani più di settecento chilometri quando ci trasferiremo in Virginia”.
“Lo venderò e troveremo un altro nido comunque bello” aveva risposto accomodante il professor Diotallevi “un posticino in mezzo al bosco anche lì”
“Ci sono i coccodrilli!” aveva esclamato Reid.
“Dettagli” aveva sussurrato Alberto.
Tutto era diventato semplice da quando c’era lui.
   
 
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