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Autore: wheezayne    15/02/2015    3 recensioni
Il rumore dei suoi passi mi fece stringere contro il suo cuscino, il suo odore ancora ad impregnare il tessuto. Un uragano di sensazioni mi ricordò di averci fatto l'amore giusto qualche attimo prima, e giusto qualche attimo prima mi aveva ripetuto per l'ennesima volta “devo andare, mi sta aspettando” che spezzava il mio cuore un po' per volta. La porta dell'ingresso sbatté e allora capii di essere libero di sfogare la mia frustrazione come meglio potevo, come solo io sapevo fare. Raggomitolato sul letto, mi strinsi addosso le coperte e piansi tutta la notte.
Secret Lovers!Larry [Larry/ Lirry/ Zouis] [12.149K]
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Triangolo
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Mi sentivo completamente svuotato da ogni cosa. Succedeva sempre così, dopo le poche ore passate assieme, il mio amore mi straziava l'anima fino a lacerarmi del tutto. Era terribile vederlo rivestirsi, rimettersi a posto i capelli e poi uscire dalla porta di casa mia. Era terribile dover stare attento a non lasciargli nessun segno addosso, peccato che lui ne lasciasse uno dentro me tutte le volte. Lui era – è – questo, un amore lacerante, a senso unico; un amore senza inizio e fine, un amore senza speranza.

Lo guardai muoversi dentro la mia stanza, come se fosse sua da sempre. La verità era che quella stanza era nostra solo per qualche ora, solo per qualche notte – quando mi era concesso. Era sempre così silenzioso, silenziosamente soddisfatto, da far ancora più male. Peccato lo amassi troppo per lasciarlo andare via. Il mio amore per lui era esasperante, terribilmente forte, non c'era nulla che potesse allontanarmi da lui. Da lui e quei due occhi che mi guardavano profondamente mentre facevamo l'amore, o semplicemente mentre steso su un fianco, mi guardava. No, non quel giorno però. Doveva correre via, via da me per tornare alla sua seconda vita. Perché era questo che faceva, vivere due vite separate, ed io avevo preso parte a quella che sembrava solamente una seconda opzione. Quando era solo o esasperato o bisognoso, correva fra le mie braccia e si lasciava amare. Si lasciava amare per come meritava davvero, senza pensieri e senza nessun rimorso o rimpianto. Era se stesso fra le mie lenzuola, il problema nasceva sempre e solo quando metteva fuori i piedi dal letto e allora sapevo. Sapevo che semplicemente avrebbe finto che fosse solo un dettaglio le ore passate insieme. La nostra bolla veniva sempre distrutta dai suoi passi lungo le assi in legno di casa mia, un rumore carico di strazio. Era sempre il mio cuore a rimetterci, andava via con lui ogni volta, pezzo per pezzo. Forse speravo davvero che, un giorno, sarebbe stato solo mio. Che avremmo potuto svegliarci insieme, bere il caffè, scambiarci qualche moina e poi separarci solo per correre al lavoro. E speravo di ritrovarci la sera, l'uno fra le braccia dell'altro stretti possessivamente dentro al nostro letto. No, niente di tutto ciò sarebbe mai successo. Semplicemente perché la sua vera vita prevaleva su tutto il resto, e quel resto ero soltanto io ed il mio amore. Lui sapeva, ma semplicemente fingeva, perché egoista, perché bisognoso d'amore. Lo amavo, anche per questo. Ogni giorno avevo baciato i suoi difetti, e li avevo fatti miei. Erano cose preziose, ogni cosa proveniente da lui lo era. Ogni bacio, ogni carezza, ogni più piccolo sguardo.

Gli sorrisi da lontano, un sorriso stanco e rassegnato. Per un solo attimo notai qualcosa passare nel suo sguardo, ma svanì immediatamente. Si avvicinò al mio letto, mi stampò un bacio sulla tempia e mi rimboccò meglio addosso le coperte. Mi lasciò un apatico sorriso e poi si richiuse la porta alle spalle.

Il rumore dei suoi passi mi fece stringere contro il suo cuscino, il suo odore ancora ad impregnare il tessuto. Un uragano di sensazioni mi ricordò di averci fatto l'amore giusto qualche attimo prima, e giusto qualche attimo prima mi aveva ripetuto per l'ennesima volta “devo andare, mi sta aspettando” che spezzava il mio cuore un po' per volta. La porta dell'ingresso sbatté e allora capii di essere libero di sfogare la mia frustrazione come meglio potevo, come solo io sapevo fare. Raggomitolato sul letto, mi strinsi addosso le coperte e piansi tutta la notte.


*

“Harry, Gesù!” lo avvertii tirarmi su, sbattei le palpebre ancora impastate di lacrime e sonno prima di metterlo a fuoco. Sempre i soliti capelli biondi, sempre quegli occhi blu così chiari. Per un attimo non capii il motivo per la quale avesse quello sguardo preoccupato, poi mi bastò specchiarmi allo specchio di fronte al letto. Ero bianco, sotto gli occhi due grosse borse e de cerchi violacei attorno. Ero spettrale, e a rendermi così era stato lui, come al solito. “Odio tutto questo” mi passò un bicchiere stracolmo di caffè bollente e ne mandai giù un sorso. Solo per una frazione di secondo spostai lo guardo al mio fianco, scoprendo il suo lato vuoto e le lenzuola tutte stropicciate. Ero nudo come un verme, coperto solo dal lenzuolo leggero, e non era quello a vergognarmi così tanto. Era il suo sguardo preoccupato, il suo sguardo accusatorio. “Lo so” borbottai solamente, stropicciandomi gli occhi. Mi alzai dal letto lentamente e recuperai i boxer appallottolati ai piedi del letto, li indossai senza farmi vedere da lui e corsi in bagno. “Harry-” ma lo zittii, avevo mal di testa. Tutto ciò di cui avevo bisogno era una doccia ed il silenzio. “E' colpa mia Niall, inutile ripetere sempre la stessa cosa”. Mi chiusi la porta alle spalle e lo sentii sospirare semplicemente. Mi lasciai scivolare nuovamente i boxer, ed entrai in doccia. L'unico desiderio era quello di cancellare i ricordi della sera prima, e la prima cosa da fare era lasciar scivolare via tutto, lavarmi e strofinare bene la pelle fino a scorticarla se fosse stato necessario. Peccato che mi fosse entrato sottopelle. C'era una soluzione? Ancora non lo sapevo.


*

Era una mattina come tutte le altre, il sole era alto ed il venticello piacevole. Ero uscito di casa giusto qualche ora prima, per fare una lunga passeggiata e riflettere su tutto quello che era successo. Era rimasto, o almeno era questo che mi aveva fatto credere. Eppure, quando mi ero svegliato non c'era più. Era sparito durante la notte. Sul comodino un misero biglietto con su scritto delle promesse senza senso. Sapevo già che quella sera non sarebbe venuto, non lo faceva mai tutte le volte che quel bigliettino prendeva vita sul mio comodino. Ad addolcirmi del caffè ed un croissant caldo. Attraversando un viale alberato sentii subito il solito profumo di doli provenienti dalla mia pasticceria preferita, probabilmente era stato quel turbinio di profumi ad avermi ricordato ciò che mi aveva fatto, ancora. Sorrisi a me stesso, scorgendo da molto lontano la Tour Eiffel, solo un ammasso di ferraglia ma che aveva il potere di far innamorare tutti. Come aveva fatto anche con me, vero? Era stato facile trovarsi casualmente sotto quel ferro e molto casualmente trovarci lui. “Puoi farci una foto?” certo, sei bellissimo avevo pensato. Avevo indugiato così tanto, di proposito da averlo avvicinato a me. E non mi pentii affatto, nemmeno in quel momento, di averlo fatto. I suoi occhi azzurri brillavano mentre mi spiegava quale tasto premere. Le sue labbra sottili mi pregavano silenziosamente di essere baciate, mentre parlava. Ed il suo ragazzo non aveva fatto altro, se non sorridere in sua direzione. “Grazie” ed era andato. Peccato che i suoi occhi mi stessero cercando persino quando il suo ragazzo gli intrecciò le dita, strette strette. Peccato che mi avesse sorriso ancora, peccato che fosse sparito subito dopo. Ed ero certo, che lo avrei rivisti. In un modo o nell'altro sarebbe successo. E forse era per questo che la mia pasticceria preferita profumasse così tanto. Aveva il suo odore, i suoi colori, i suoi deliziosi sorrisi.

Ero stato sempre attratto da quella vetrina colorata, dal profumo intenso di dolci, dall'insegna così invitante. Ci avevo messo piede e subito i suoi occhi si erano fatti spazio dentro me. Era lì, con un sacchetto di croissant in mao e dei bollenti bicchieri di caffè. Era lì e mi aveva sorriso apertamente. Era lì pronto a farmi innamorare.

“Dio, scusa!” non capii assolutamente nulla, ci fu un solo istante in cui percepii un paio di mani afferrarmi per le spalle e dei fogli a svolazzarmi attorno. “Andavo di fretta, mi dispiace!” una voce che abbinai subito dopo al suo viso tondo, alle guance rosse per la corsa, il fiato corto e gli occhi color oro. “Va tutto bene” gli sorrisi, mi rimisi in piedi e rimasi a guardarlo per dei secondi di troppo. Pi si abbassò per poter recuperare dei fogli da terra. Lo aiutai in silenzio, alzò lo sguardo una sola volta per sorridermi e ringraziarmi in silenzio. “Buona fortuna” gli dissi solamente, scorgendo su quei fogli qualcosa che sembrava un esame. “Grazie mille” sibilò. Una volta qualcuno doveva avermi detto che un modo per guarire da un amore malato c'era. Ma poteva essere il mio caso? Fatto stava che lo avevo aiutato a riprendere tutto e gli avevo sorriso. Poi semplicemente lo notai sparire, come una piccola sfumatura di colore tra le nuvole, alle mie spalle.


*

Tutte le volte che lo baciavo sembrava essere un addio. Mi piacevano le sue labbra, mi erano sempre piaciute. Fu per quel motivo che le tirai leggermente con i denti, lasciandolo mugolare di piacere. Alla fine era venuto, le promesse non erano rimaste solo parole impresse su carta. Era stato capace di lasciare tutto pur di raggiungermi. E non mi era mai scoppiato il cuore così tanto come in quel momento. “Ehi” sibilò pianissimo, tanto che mi parve di essermelo immaginato. Ma tirò piano una ciocca dei miei capelli, arrotolandola fra le dita. Quella sua voce così fine, lo sguardo liquido ma intenso. “Mon petit trésor” e Dio, Dio. Lo amavo così tanto quando mi ripeteva quella cose all'orecchio. Il solo pensiero che lo facesse anche con quello, mi faceva contorcere lo stomaco. Era gelosia malata la mia, era amore malato. Ma era amore ed era l'unica cosa a cui pensavo. A cui davo peso. “I tuoi occhi... tu es belle” e ancora, quel suono straziava il mio cuore. Era lui quello bello, era lui che quando mi baciava diventava decisamente la persona più bella che avessi mai visto in tutta la mia vita. Sospirai contro la sua bocca e gli strinsi le mani sulla schiena. Mi liberò dai vestiti e mi guardò come si fa con un quadro. Era silenzioso e attento, era bello da strapparsi il cuore. Rimasi in silenzio, lasciandomi spogliare da tutti i miei vestiti, forse anche di tutti i miei sentimenti. Era dentro che andava a scavare. Non fra la mia carne, era dentro. In fondo, fino a giungere al cuore. “Louis” pronunciai quando le sue labbra scivolarono troppo verso il basso. Sapevo quanto adorasse sentire il suo nome scivolare via dalle mie labbra, con quella pronuncia di cui ero capace solo io. Lo sapevo. “Mon amour, non parlare, non adesso” non lo feci. Lasciai semplicemente che mi spogliasse e mi facesse suo su quel letto ancora disfatto e le lenzuola troppo impregnate del suo dolce profumo. Bastò che i suoi occhi si sciogliessero dentro ai miei per scordare per un po' il dolore che sentivo ogni giorno, quando lui non c'era. E mi guardò negli occhi, pronunciando qualcosa in francese a cui non diedi peso, prima di lasciarsi andare al suo piacere e lasciar raggiungere il mio. Mi baciò la fronte e si poggiò su un fianco. Non riuscii a resistere alla dolce tentazione di passare una mano fra i suoi capelli, scivolare lungo i suoi zigomi e le sue labbra. Mi baciò i polpastrelli e mi fece uno di quei sorrisi che sapevo non avrei mai dimenticato. “Sei bellissimo” gli sussurrai. Mi accarezzò la guancia con la punta delle dita, era straziante. Sapevo già cosa stava per succedere. “Anche tu”, ma rimase immobile. Il piumone ci fece da seconda pelle e niente mi avrebbe reso più felice in quel momento. Mi strinse in un abbraccio, che mi portò a far scoppiare il cuore in mille battiti. Mi rigirai su me stesso e lasciai che mi tenesse stretto al suo petto, le sue piccole gambe fra le mie. “Harry?” mi richiamò, il suo accento francese a prevalere su quel poco inglese rimasto. “Sì?” sorrisi senza voltarmi. La sua mano scivolò lungo il mio braccio, poi mi baciò la nuca dolcemente. “Posso rimanere?” e davvero? Davvero me lo chiedeva. Ciò che feci fu voltarmi, sfiorando il suo naso col mio. Fece una smorfia, arricciando quel delicato nasino facendogli comparire delle rughette espressive accanto agli occhi. Esplosi in un sorriso, baciandolo semplicemente. Avvertii solamente le sue labbra piegarsi verso l'alto durante il bacio, poi le sue mani chiudersi attorno alla mia schiena. Era bellissimo e non era un sogno.


*

“Niall, sei a casa?” e quante probabilità ci sarebbero state di incontrarlo ancora? Era Parigi, la città dei miei sogni, la città dell'amore. Ed era una grande città. Sapevo anche essere la città del caso, del destino, del fato. Dare a un nome a quello che stava succedendo era l'ultimo dei miei problemi. Quella piccola sfumatura fra le nuvole se ne stava seduta al mio tavolo, con un bicchiere di caffè fra le mani e dei libri sotto al naso. “Oh eccolo”, il biondo mi afferrò per un polso e quel ragazzo si voltò in mia direzione. Inizialmente parve schiudere le labbra, alla fine sorrise. “Harry, lui è Liam” gli strinsi la mano avvertendo un giramento di testa, come se mi fossi appena elevato troppo in alto. “E' un piacere, rivederti” e Niall ci guardò storto. “A quanto pare Parigi non è poi così grande” sorrise nel sentirmelo dire e notai quanta tenerezza avesse nello sguardo. “O è solo colpa del destino” mi guardò, non mollando la presa. Quello strano silenzio spezzato solo dal suo respiro era piacevole. Era quasi come navigare verso un porto sicuro. E Liam aveva lo sguardo buono, di una persona affidabile, decisamente rassicurante. “Ci siamo scontrati, ieri mattina” informai Niall, quando finalmente sentii di aver esagerato nel studiare quel ragazzo. “Bien! Lui è un mio compagno di corso” mi spiegò. Annuii semplicemente. Quando il ragazzo dagli occhi buoni parve voler dire qualcosa, fummo interrotti dal mio cellulare, che prese a squillare. “Excusez-moi” mi allontanai dalla stanza, avvertendo il suo sguardo sulla schiena.

Mi voltai, mi sorrise, mi sciolsi dentro.

“Louis” pronunciai chiudendomi in camera, era sempre così bello sentirlo. “Vuoi stare da me per qualche giorno?” giurai ci fosse un sorriso fra le sue parole. Inghiottii l'urlo di gioia che mi nacque dalla gola, reprimendo ogni altro sentimento straboccante. “Zayn non c'è?” domanda stupida. Ovvio che no. Ma forse sentirglielo dire era l'unica cosa di cui avevo bisogno. Tirai nervosamente l'orlo della mia maglia, ricordandomi delle sue labbra, del suo sorriso. Era un piccolo sole stretto fra le mie mani. Era sempre pronto a scappare, però. Sempre pronto a lasciarmi indietro, preferendo lasciar posto alla sua luna. “No, starà via per un po'. Posso averti tutto per me, mon petit?” era così semplice sciogliermi il cuore. Era così semplice riscoprirmi innamorato di lui tutte le volte. Era così bello avvertire sempre le stesse sensazioni, lasciar vagare dentro quel senso di amore profondo. Era strano, ma era bello. Sì, lo era. Era una sensazione diversa dalle altre, era qualcosa di cui non sarei mai stato capace di fare a meno. Era tutto ciò di cui avevo bisogno. “Oui” il mio fu un piccolo sussurro, ma mi accorsi di avere il cuore a mille e le mani sudate. Il sorriso che mi crebbe sul viso quasi mi cambiò faccia, ero sempre diverso quando Louis mi faceva sorridere. Era bello ed era completamente saziante. Mi riempiva senza nemmeno saperlo. “Metti qualche vestito in borsa, passo a prenderti” mi salutò con un scroscio di bacio e gettai il telefono sul letto sistemando freneticamente qualcosa in borsa. Le mani mi tremarono, me le portai al petto stringendomi i polsi, come se servisse a calmarmi e dopo aver notato uno strano rossore sulle guance e gli occhi lucidi capii di non avere nessuna scelta, nessuna via d'uscita. Non sarei mai fuggito dal mio amore malato.


*

Ero terribilmente innamorato dell'amore, un sognatore romantico. Probabilmente nato nell'epoca sbagliata. Perché sembravo essere sempre io quello strano, quello troppo attaccato ai sentimenti. Fra tutta quella gente superficiale c'ero io, un piccolo puntino con un animo romantico. Ed era bello che ci fosse ancora qualcuno pronto ad apprezzalo. Era bello quando era Louis a farlo, a sussurrarmi dolcemente quanto adorasse quel mio lato. Adorare, già. Non amare. Lui non mi amava e non l'avrebbe mai fatto, o almeno non abbastanza. Il suo egoismo superava di gran lunga ogni altra cosa, ma non il mio amore. No, quello no. Se c'era una cosa di cui ero profondamente sicuro era quello. Lo amavo con tutto me stesso, avrei fatto qualsiasi cosa per lui. Peccato solo che amare a senso unico fosse terribilmente faticoso; sostenere un amore per due era la cosa più esasperante e avvilente del pianeta. Forse addirittura umiliante. Ma non per me, amarlo era ciò che volevo e desideravo. Quel desiderio mi bruciava dentro ormai da troppo tempo e mi consumava, lentamente.

Ma in quel momento mi persi nell'osservare il suo viso addormentato. Quelle lenzuola che non profumavano di noi ma di qualcosa di anomalo, di poco mio, nostro. Non riuscii a resistere, quello era un campo di battaglia non mio. Non avrei potuto vincere una guerra in quel modo, non quando non si sarebbe svolta ad armi pari. Perciò mi alzai di malavoglia. Mi avvolsi attorno al lenzuolo rannicchiato ai piedi del letto e mi sedetti sul davanzale della finestra. Quella casa mi era poco familiare, forse perché c'ero entrato solo due volte, forse perché non avevo nessun ricordo. La luna, così alta e imperiosa, mi fissò dal suo cielo. Era bella tra le stelle, bella e ammaliante. Osservai Louis, era lui la mia luna. A danzare attorno a lui troppe stelle preziose, troppo luminose. Forse io, ero la stella meno luminosa. Quella meno degna in quel cielo. Eppure, era con me quella notte. Steso su quel letto mi parve più piccolo del solito, era tutto scomposto. I capelli scompigliati e tutte quelle curve in evidenza. Avrei voluto toccarlo perché era bellissimo, come un'opera d'arte, ma rimasi immobile a godermelo. Chissà quando avrei potuto rifare una cosa del genere. Ed era bello, con quel nasino all'insù e le labbra leggermente pronunciate, quasi come se avesse messo su un leggero broncio. Aveva un braccio sotto al cuscino e l'altro a penzolare mollemente oltre il letto. Era bellissimo, nella sua posa imperfetta. Mi scoppiò un po' il cuore nel vederlo agitarsi e poi rannicchiarsi contro se stesso. “Harry...” mi chiamò. Sbattei le ciglia, ma non aprì gli occhi né disse un'altra sola parola. Mi stava sognando? Mi venne spontaneo sorridere, lasciar scivolare le labbra verso l'alto fino a mostrare a quella luna lassù che anche io ero capace di splendere per una volta. Sospirai ripensando al nostro pomeriggio insieme. Fatto di baci, di carezze, di belle parole. Perché Louis era tutte queste cose. Cose che mi spingevano solamente ad amarlo, era l'opera d'arte di cui tutti si sarebbero innamorati. Peccato solo che qualcuno me l'avesse portata via, lasciandomi solo qualche briciola. A me le briciole non bastavano, ma per lui mi sarei fatto bastare anche un solo granello di sporca polvere.


*

Bonjour” un sussurro al mio orecchio mi portò a sbattere le ciglia, ritrovandomi catapultato dentro ad un mare. Dentro un cielo azzurro. I suoi occhi erano la cosa più bella del mondo e vederli al mattino era il miglior risveglio di sempre. Mi spostai lento verso lui, fino a sfiorargli le labbra, con una lentezza esasperante. Così tanto da ritrovarmi coinvolto in un bacio passionale. Ansimai contro le sue labbra e lasciai che le mie mani vagassero contro il suo corpo, alla ricerca di un appoggio stabile. Raggiunsi i suoi fianchi e lo strinsi, più vicino. “Mon petit” mordicchiò scherzosamente la mia mascella e mi fece il solletico. Era da troppo tempo che fra noi non avveniva tutto quello. Scherzare, coccolarsi, mangiare assieme, condividere una doccia o la televisione. Ci eravamo ridotti a consumare il nostro amore velocemente, e mi ero ridotto a ritrovarmi da solo poco dopo. Consumato e corroso da un amore che mi avrebbe solo distrutto, col tempo. Ne ero consapevole, eppure sarei stato capace di rifare la stessa cosa, sempre. Di innamorarmi di lui altre mille volte. “Ciao” mi portò sul suo corpo e lo schiacciai. Avrei voluto soffocarlo fra il mio amore, ma mi accontentai di fargli sentire la mia sola presenza. “Mi era mancato” borbottò contro le mie labbra. Lo baciai rispondendo alla sua constatazione, perché sì, era mancato tutto quello anche a me. “Perché stanotte hai dormito sulla poltrona?” mi chiese. Riuscii a leggere nel suo sguardo qualcosa come dolore. Una leggera ferita ad aprirsi in mezzo a quegli blu. Deglutii, l'ultima cosa che desideravo era vederlo soffrire, bastavo già io. Una coppia malata d'amore, a soffrire d'amore era la cosa più triste dell'intera esistenza. “Mi hai rimesso tu a letto?” il mio fu un sussurro, le sue labbra si velarono di un sorriso. E lo immaginai afferrarmi premurosamente da sotto le gambe e distendermi al suo fianco. E a giudicare dal suo sorriso in risposta e dalle sue braccia avvolte al mio corpo quando avevo aperto gli occhi, doveva essere così. “Perché?” ed ancora, quello sguardo ferito. Come potevo dirgli di non riuscire a sopportare quelle quattro mura? Quelle lenzuola? Quella casa? Lui, quando non era con me? “Ti stavo guardando, mentre dormivi” sentii il nostro profumo, quello impresso anche nelle mie lenzuola e gli sorrisi. Andava già molto meglio. “Perché?” sospirai, prima di lasciargli un altro bacio. Ne avevo bisogno, godermi Louis più che potevo era l'unica cosa che potessi fare. “Perché eri bellissimo” si morse le labbra per evitare che un sorriso gli scappasse via, ma fu tutto inutile perché notai i suoi dentini – persino quelli storti – venir fuori. “Non potevi farlo rimanendo a letto?” la verità che provai a schiacciare faceva troppo male. Non sopportavo stare con lui chiuso in una casa piena di ricordi non nostri, in un letto che divideva con un altro, in una vita che non era la mia. “Mon petit trésor” chiuse le dita attorno alle mie e non ebbe nessuna intenzione di lasciarmi andare. Il suo sguardo blu chiudeva qualcosa, voleva delle risposte sincere. “Che cosa c'è?” spostò di poco la testa sul cuscino e sorrisi fra me, perché nonostante non avesse nulla in perfetto stato era bellissimo. E la sua voce al mattino era diversa, meno fine e più roca del dovuto. “Guardarti da lontano era meglio, avevo una visione completa di te” provai a sorridere e fui certo che fosse venuto fuori qualcosa di storto e poco carino. Ma non disse nulla. Era meglio così. Aveva capito e non aveva abbastanza coraggio per affrontare quella situazione, giusta o sbagliata che fosse, era un codardo. Lo amavo. Era codardo ma lo amavo. Mi baciò il naso e poi la fronte e giocò coi miei capelli. Appoggiai una guancia sul suo petto seguendo il ritmo leggero del suo cuore e del suo respiro. Mi rilassai contro le sue carezze lente, lasciandomi stringere con un braccio. Era intossicante e non m'importava.


*

Era intenso, e passionale. Era Louis Tomlinson ed era un misto di tante belle cose, tutte pronte a fondersi e creare un'alchimia di colori sgargianti. Non era solo il blu dei suoi occhi ad attrarmi, era anche il colorito dorato della sua pelle, il rosa pallido della sua bocca, il marrone chiarissimo dei suoi capelli. Era questo, ed era fantastico.

Con quei pensieri per la testa, gli strinsi le mani sulle guance e lo baciai. Mi fece ridere per tutto il tempo, solleticandomi i fianchi e stringendomi dentro ai suoi abbracci. Erano davvero belli e comodi, aveva delle braccia perfette per farlo. E quando mi stringeva come solo lui sapeva fare, morivo dentro in mille battiti. Era la cosa migliore del mondo, lo sarebbe stato sempre. Probabilmente, le sue braccia, sarebbe stata la prima cosa che avrei associato alla parola casa. O alla felicità o a tutto. Perché Louis era tutto.

Mi accarezzò i capelli e mi sussurrò parole dolci alle orecchie, sfiorandomi ogni piccolo sprazzo di pelle con le labbra calde e umide. Il mio corpo venne scosso da numerosi brividi e mi sentii mancare. Chiusi gli occhi, lasciandomi sfiorare lentamente, in ogni parte. Aveva delle labbra leggere come piume, ma il peso del suo passaggio bruciava sulla mia pelle coperta da brividi. “Louis...” mormorai, stringendogli le mani sulla schiena. Mi costrinse contro il materasso e mi tolse di dosso tutto quello che avevo. Eravamo sempre al solito punto di partenza. La storia iniziava con lui che mi baciava lentamente e finiva con lui che mi abbandonava sul letto. Ma non questa volta. O almeno era quello che speravo vivamente. “Harry, sei così bello...” mi mormorò contro le labbra. Mi baciò ad occhi chiusi, raggiungendo qualsiasi posto potesse. “Louis” lo richiamai ancora, desideravo con tutto me stesso che mi guardasse negli occhi. Quegli occhi azzurri che tanto amavo. Soffiò sulla mia pelle tesa e mi strinse in un abbraccio, contrariamente a quanto pensato, mi strinse a se e rimase immobile sul letto. Intrecciò le gambe alle mie e mi baciò le spalle. Lo stomacò mi si ribaltò mille volte nel sentirlo compiere quel gesto così semplice, ma terribilmente pieno di significato. E sospirai quando avvertii le sue dita disegnare qualcosa sulla mia schiena, forse forme o forse delle lettere. Non riuscii a capirlo. Mi persi semplicemente nell'avvertire il calore dei suoi polpastrelli e la dolcezza impressa in essi. “Ti amo” sputai fuori, non si mosse, non smise di toccarmi. Non era la prima volta che gli pronunciavo quelle parole, nelle precedenti non era mai stato abbastanza cosciente per poterlo sentire. Ma questa volta non era così. Strinsi gli occhi sentendo una strana paura salirmi fino alla gola e serrarla violentemente. “Lo so” mi sfiorò l'orecchio con le labbra e mi baciò sul collo, lentamente. Mi sciolsi fra le sue braccia, non pensando più a niente. “Stai tremando” mi fece notare. La mia reazione fu quella di tremare più forte e le sue braccia mi serrarono la vita. Eravamo così stretti da sembrare una cosa sola. Un solo ed unico corpo. Era bello da pensare. Ci fu un momento, durato forse più di mezz'ora, in cui il silenzio fece da padrone. Avvertii per tutto il tempo solo le sue mani a sfiorarmi le braccia o le cosce, o ancora la schiena ed il ventre. Era delicato e sembrava voler riscoprire il mio corpo per quella che sembrava la milionesima volta.

Ma il nostro momento idilliaco venne interrotto dallo squillare insistente del suo cellulare. E non era necessario capire chi fosse. Chiamava tutte le sere per sapere come stava e cosa stava facendo, ed io puntualmente andavo via, cambiavo stanza perché era insopportabile. Il solo pensiero mi attorcigliava le budella e mi rendeva nervoso. Ero geloso, geloso di una persona non mia. Di una persona che non lo sarebbe stato mai. “Non muoverti, petit” mi sussurrò. Ma non avevo nessuna voglia de provare a ricomporre quei piccoli pezzi ad uno ad uno. Ma non feci comunque in tempo. Mi legò il braccio in vita ed allungò l'altro verso il comodino. Mi respirò contro la pelle ed ebbi un fremito. “Zayn” e chiusi gli occhi. Avrei tanto voluto essere sordo per quel momento, evitare di sentire la voce del ragazzo in questione in forti bisbigli, così vicino. “Oh, niente sono a letto” e sorrise, potei avvertirlo dalla sua voce. Mi passò una mano sul braccio, facendo scorrere il dorso lentamente. Come se fosse una tortuosa ed insidiosa tortura. “Come?” ed alzò la voce di un'ottava. Si scansò immediatamente dal mio corpo, fu solo allora che mi voltai e osservai il suo cipiglio preoccupato sul viso. “Oh no no no! Pensavo solo che-” ma si bloccò. Ed avevo già capito. Chiuse la telefonata poco dopo, e mi osservò con quel suo sguardo ghiacciato. “Harry, devi andartene” e quel tono non ammetteva repliche. Mi tirai a sedere e respirai, tutto pur di non piangere di fronte a lui. Era già finito tutto, il mio tempo era scaduto. “Subito” sibilò a denti stretti. Sentii il mio corpo tremare sotto quello sguardo accusatorio, sotto quel tono incazzato. Non era il mio Louis. “Va bene” ispirai, evitando di lasciar scivolare delle lacrime indesiderate. Mi tirò addosso i vestiti e mise i suoi. Diede una veloce sistemata alla camera e lo notai con la coda dell'occhio osservarsi in giro con circospetto. “Maledetto il tuo profumo” lanciò le mani per aria e corse ad afferrare la sua boccetta dal bagno. Se ne spruzzò addosso e nell'aria. Come se bastasse questo a cancellare le mie tracce, pensai. Ma non lo dissi ad alta voce. Mi sospinse fuori dalla stanza, spezzando il mio cuore e calpestandolo con una violenza assurda. “Louis-” ma mi zittì. “Ne riparliamo dopo, va!” e non ebbi il tempo di gettarmi sul marciapiede poco lontano che cominciai a piangere. Qualche minuto più tardi osservai il moretto fare ingresso in casa ed un Louis alla porta con un grosso sorriso sulle labbra. Si baciarono ed io ero solo lo sporco segreto, lo sporco amante. Non smisi di piangere.


*

Sentii i bisbigli provenire dalla stanza accanto, come se fossi solo uno stupido e non fossi capace di accorgermi della situazione. Mi rannicchiai più su me stesso e sospirai, come ormai quei due giorni passati. Sentii dei passi leggeri lungo il corridoio e poi dei leggeri colpi alla mia porta. Chiusi gli occhi, di affrontare Niall ancora, dopo essergli piombato fra le braccia, in lacrime non avevo voglia. “So che sei sveglio” avvertii un sorriso nelle sue parole “e so che non hai voglia di parlare con Niall” al che sorrisi sollevato. Sbattei le palpebre e lo lasciai poggiarsi al mio fianco. “Ehi” sussurrò con dolcezza, passandomi una mano fra i capelli. Mi lasciai andare contro quella piccola sfumatura di un colore indefinito, lasciandomi alleviare un po' di dolore stanziato al petto. Da quando Louis era praticamente sparito, il mio umore e la mia dignità erano calati a picco. Ed avevo sempre bisogno di qualcuno, di qualcuno a tendermi la mano e trarmi in salvo. “Non ti arrabbiare, Niall mi ha raccontato cosa ti sta succedendo” ed era diverso da Louis. Il suo sguardo liquido mi permetteva di risalire in superficie e respirare, se invece pensavo a Louis beh, quel suo sguardo ghiacciato mi portava alla deriva. “E' tutto ok” probabilmente avrei dovuto arrabbiarmi o vergognarmi. Ma cosa poteva esserci di così terribile nell'essere innamorati? Cosa c'era da vergognarsi nel mostrarsi sofferenti di fronte alla cosa che un tempo pensavi potesse essere la più bella del mondo? Niente. Lo sapevo io e lo sapeva anche Liam. Fu per quel motivo che mi strinse in un semplice abbraccio e si lasciò trascinare sul letto. Ed ancora, quello strano senso di sicurezza mi invase. Mi guardò negli occhi con affetto sincero. Ci conoscevamo da così poco eppure sembrava una vita. “Se posso dire la mia... posso?” rise fra le parole. Ed io lo seguii, sconcertato dal trovare adorabile quel suo modo di ridere ed arricciare il naso. Non era Louis, non aveva le sue stesse rughe d'espressione. Non aveva quel modo carino di socchiudere gli occhi azzurri e mostrarmi i suoi dentini bianchi. No. No, ma rimaneva comunque adorabile e particolare. “Avanti” lo incoraggiai con un sorriso. Parve rasserenarsi, perché sospirò e si tirò su, reggendosi con un gomito. Mi guardò con attenzione, scrutandomi. Sapevo che stava cercando di dire ciò che pensava nella maniera più giusta e meno rozza, perciò non gli misi addosso nessuna fretta. “Lo ami?” per poco non smisi di respirare, perché mai mi sarei aspettato che mi chiedesse proprio questo. Annuii alla sua domanda, guardandolo deglutire. “Ne vale la pena?” fu la domanda successiva. “Ne vale la pena stare male fino a consumarsi? Fino a disintegrarti piano piano?” i suoi occhi assunsero una nota di tristezza, che risuonò stonata nei miei. “Liam, ti sei mai innamorato?” e mi scoppiò il cuore nel chiederlo. Non ero intenzionato a rimproverarlo per quella sua domanda. Ero semplicemente curioso, come lo era lui. “Non abbastanza da morire dentro tutte le volte” a quella risposta mi fece una carezza sul viso. Socchiusi gli occhi lasciandoglielo fare, quel gesto mi rilassò così tanto da spingermi contro il suo palmo caldo. “Louis mi sta consumando sì, però probabilmente rifarei la stessa cosa sempre. Ogni suo bacio compensa un saluto; ogni sua carezza cancella la notti passate da solo; ed il suo sorriso ripaga le lacrime versate” rimase a labbra spalancate per un paio di secondi e mi venne spontaneo sollevare una mano sforando quella leggera ruga al centro dei suoi occhi. L'appianai con un dito e lo sentii sospirare. “Meriti qualcosa di meglio, lo sai vero? Qualcuno che ti ami quanto ami tu, o almeno una parte. Il tuo amore sembra immenso” nel dirlo sorrise, facendomi fare lo stesso. Scossi solamente la testa e mi distesi sulla schiena, osservando il soffitto. Louis era sparito da due giorni ed invece di odiarlo per il suo modo rude, per il suo tono di voce usato nei miei confronti pensai a cosa stesse facendo o con chi fosse. Ma la risposta la conoscevo già. “Liam” borbottai quando sentii il silenzio pesarmi addosso. “Sì?” intercettai la sua mano e la strinsi, intrecciando le nostre dita assieme. Era un pessimo accordo, non erano le dita minuscole di Louis e perfettamente conformate alla mia mano a stringermi. “Come affronteresti questa situazione?” e forse non ero del tutto certo di voler sapere la risposta. Perché ero stupido ed innamorato, di superare e affrontare quella situazione non avevo nessuna voglia. Louis era ormai tutto ciò che contava nella mia vita. “Non vuoi saperlo” rise leggero. “No, non voglio”.


*

“Vuoi ballare?” mi chiese. Lo guardai dal basso, scorgendo quel sorriso capace di tagliarmi la carne. E lo fece, senza nessuna esitazione. Mi trapassò fino a farmi male. Ed era questo Louis, un male fisico indicibile. Come ci ero finito nuovamente fra le sue braccia? Non ne avevo la minima idea. Era bastata qualche scusa sussurrata ed un bacio rubato a calmarmi totalmente. Mi tese la mano, e l'accettai. Chiusi in camera mia, la voce di Sam Smith a risuonare fra le pareti. Quando mi strinse le braccia in vita mi lasciai andare contro la sua spalla. Nonostante fossi più alto, mi sentii più piccolo. Quasi minuscolo in quell'abbraccio così intimo. “Scusami” mi sfiorò i capelli ed ondeggiò piano. Chiusi gli occhi e mi accoccolai contro il suo collo, sfiorandolo con le labbra. Lo sentii rabbrividire e sorrisi involontariamente. “Mi perdoni?” mi chiese per quella che sembrava la centesima volta. Sollevai lo sguardo fino ad incatenarlo al suo e gli sorrisi leggero. Le mani a circondargli le guance lisce e profumate. Lo baciai. Lo baciai come se fosse la prima volta e sentii uno sfarfallio dentro alla pancia. “Per un attimo ho temuto di averti perso” mi sussurrò contro l'orecchio dopo avermi baciato il viso parte per parte. “Sono stato indelicato, mi dispiace. Tu mi-” ma lo stoppai con un bacio. Non era necessario sottolineare l'amore che provavo nei suoi confronti. Mi sentii sprofondare quando le sue labbra cercarono qualcosa di più. Ma non smise di ondeggiare, continuò baciandomi con un leggero velo di malizia. Cozzò più volte contro i miei denti, ma non smise. Poi scoppiò a ridere, a me scoppiò il cuore. “Perché non balli?” mi fece roteare, fino ad inciampare e finire stesi sul pavimento. Continuò a ridere saziando le mie orecchie ed il mio cuore di amore. Era tutto ciò che avevo desiderato in quei pochi giorni passato chiuso fra quelle quattro mura e quelle del mio posto di lavoro. “Sei rigido come un tronco” mi fece notare. Gli feci una smorfia affettuosa e lui mi sfiorò il naso con le labbra, fino a lasciarmi dei baci umidi lungo la mascella. “Posso insegnarti a ballare?” sorrisi mordendomi le labbra. Louis era anche questo. Un ballerino terribilmente sensuale. Mi tirò su allungandomi una mano e mi si posizionò di fronte. Poi mi strinse la vita possessivamente, andando alla ricerca della mia mano destra. “Uno, due, uno due” ripeté lentamente, spingendomi avanti ed indietro. Osservai i suoi piedi e seguii i movimenti. Mi guidò e mi ripeté i passi più volte, e si lamentò un paio di volte per avergli pestato i piedi. Quando alzai lo sguardo, mi fiondai sulla sua bocca. “Harreh” sussurrò contro le mie labbra. “Louis” sbatté le ciglia, aprì bocca ma non ne uscì nessun suono. Il bacio che mi diede poco dopo, ripagò tutte le lacrime versate e le parole non dette.


*

C'era qualcosa di sbagliato in tutta quella situazione. Perché quando mi ero svegliato ero convinto di aver vissuto una bellissima serata, quando ero uscito di casa per correre da lui ero sicuro di aver perso persino il fiato. Ed era stata la sua aria rude, i suoi gesti bruschi nel mandarmi via ad avermi fatto esplodere in un pianto terribile. Ero crollato. Non ero riuscito nemmeno a raggiungere casa mia. Ero rimasto minuti, o forse ore, stretto contro un muro e la pioggia a battermi addosso senza ripensamenti. Il suo sguardo mi aveva lasciato l'amaro in bocca, il suo “come ti sei permesso a venire?” mi aveva dato il colpo finale. Come ti sei permesso, Harry? Come ti sei permesso di perdere la testa per uno fidanzato? Come ti sei permesso ad innamorarti di un ragazzo che aveva già con chi dividere il suo letto? E piansi, ancora più forte. I singhiozzi mi sconquassarono terribilmente tanto, perché la mia fragilità non aveva nessun limite. C'era davvero poco che potessi fare, quella corazza che portavo in determinate occasioni adesso non c'era, e non ci sarebbe stata per molto tempo. Tutto quello che avevo bisogno era di vederlo, di poterlo baciare. Ed invece, ero solo, sotto la pioggia a mescolarsi con le mie lacrime salate. Ero solo, e nessuno mi aveva teso la mano.

Avevo chiamato Niall, perché non avevo il coraggio di tornare a casa a piedi, la mia vista era poco affidabile e quel mancamento d'aria improvviso mi spaccò quasi le costole. E mi stupii quando qualcuno mi si parò davanti, un ombrello blu a volare via dietro alle sue spalle, il cappotto zuppo d'acqua e lo sguardo preoccupato. “Harry!” s'inginocchiò ai miei piedi e mi accarezzò una guancia. Dovette capire che stavo piangendo, perché strofinò i pollici come a voler cancellare qualsiasi traccia di dolore. “Perché sei sempre tu a salvarmi?” chiesi piano, come un filo di vento a disperdersi nell'aria. Mi guardò con uno sguardo triste e dispiaciuto, provò a sorridermi ma non servì a nulla. “Forse perché a me importa salvarti” e la sua non era cattiveria, era la pura e semplice verità. A Louis non importava nulla di me, di salvarmi e trarmi in salvo quando ne avevo di bisogno. E poi c'era Liam. Era sempre lì pronto a tendermi entrambe le mani e tante altre se ne avesse avute. Era lì a guardarmi come si guardano le cose belle, come io guardavo gli occhi di Louis. E capii, capii di essermi imbattuto magicamente in qualcosa di meraviglioso. Di essere caduto fra le braccia di un ragazzo che aveva tutta l'intenzione di tirarmi fuori, giorno dopo giorno, in modo silenzioso, da quella situazione assurda. “Mi porti a casa?” annuì, gli tesi le mani per tirami su, ma le ignorò. Mi afferrò per le ginocchia e mi strinse a se. Mi tenne stretto, non mettendomi giù. Piansi contro il suo giaccone sentendo l'affetto per lui crescere, sentendo il suo cuore rimbalzare furioso contro la gabbia toracica. Il suo profumo sapeva di buono, di protezione. Era pieno d'amore, e non ne aveva nessun motivo. Non c'era nulla che potesse spingerlo fra le mie braccia, eppure era lì. Era lì anche nelle situazione peggiori, nelle situazioni in cui entrambi saremmo potuti uscire feriti. Mi lasciò un bacio fra i capelli e mi lasciai cullare da lui, dal suo respiro. Anche fra le lenzuola del mio letto, mi lasciai stringere dalle sue braccia. E anche se non erano le braccia di Louis, erano piacevoli. Erano ingiustamente perfette per me, ingiustamente protettive e rassicuranti. Quando Louis mi abbracciava mi lasciava scivolare sottopelle la gelosia, la possessività, la passione. Liam era quasi tutto il contrario. Mi iniettò solamente protezione, rassicurazione, dolcezza. E continuò a farlo, baciandomi le tempie e la fronte, ripetendo uno schema di carezze che avevo ormai memorizzato. Fra i capelli, sul collo, sulle braccia, sui fianchi. E poi tutto da capo. “Resti?” sospirai piano. Mi guardò come se gli avessi chiesto la luna, ma dovette annuire perché si posizionò meglio, intrecciandomi le gambe alle sue. Le sue braccia sollevarono solamente un piumone caldo sopra i nostri corpi e forse per quella sera avrei dormito, mi sarei addormentato senza piangere.

Mi addormentai col suo profumo e le sue labbra premute sulla fronte.


*

“Louis” lo guardai, gli occhi piantati nei miei. Sembrava preoccupato o forse incazzato. Forse entrambe le cose. Entrò in casa mia come una furia, dandomi una leggera spallata che mi fece voltare automaticamente verso lui. Aveva le sopracciglia aggrottate e numerose rughe di preoccupazione sulla fronte. Ormai avevo imparato a conoscerle, avevo passato numerose notti a contarle una per una. Non riuscii a pensare molto in quell'istante, mi ero chiuso in stanza con Liam a farmi compagnia per una lunga settimana. E avevo avvertito una lunga mancanza, una fitta atroce al petto, quando mi rendevo conto che non fosse Louis a stringermi. “Harry, perché non hai risposto alle mie chiamate? E hai messaggi?” gli occhi azzurri gli divennero liquidi e più scuri, contornati da leggere ciglia biondicce. Sembrava distrutto, stanco, ma rimaneva lo spettacolo più bello di sempre. Era come un cielo, ed io ero lo spettatore pronto ad innamorarmi di una nuova alba o di un nuovo tramonto. Ed era lui a regalarmelo, sempre quello sprazzo di cielo troppo grande, troppo grande per accorgersi di me. Del suo spettatore innamorato. Non riuscii a rispondere, non avevo nulla da dire. Possibile che non capisse quanto mi avesse ferito? “Harry?!” mi scosse dalle braccia, gli occhi ormai fuori dalle orbite. Era terrorizzato ed alzai involontariamente una mano per sfiorargli quel leggero strato di barba sulla guancia. Sospirò e si sospinse piano contro il mio palmo. “Parlami” disse, tenendo gli occhi chiusi. Sembrava quasi un gattino bisognoso di coccole, pronto a fare le fusa. E si sa che i gatti sono infedeli. “Non ho niente da dire, Louis” mormorai piano, sicuro comunque che mi avesse sentito. Sentii al petto quella strana sensazione di dolore, quella che mi colpiva tutte le volte che spezzava il mio cuore con una frase detta o un gesto mal compiuto. Quel dolore sordo che mi colpiva quando mi giurava di restare e poi la mattina mi ritrovavo a piangere da solo fra le lenzuola. Quel dolore imbevuto di speranza, ma che si stava prosciugando. “Scusami” disse mollando la presa. Chiusi gli occhi e mi voltai verso destra. Ero incapace di stare a sentire ancora le sue scuse. Mi ferivano, mi ferivano più della verità. Forse più della solitudine dopo una notte passata insieme. “Ho bisogno- ho bisogno che tu creda che mi dispiace, per quello che ti ho detto” pronunciò tutto con i denti stretti, la mandibola serrata ed il fiato corto. I miei occhi scandagliarono ogni più piccolo particolare, ogni neo, ogni singolo difetto sul viso. Era bellissimo, e nonostante avesse lo sguardo spento era decisamente bello, bellissimo. Era imparagonabile, era un dolore sordo la sua bellezza. Era accecante e tossico. “Non è solo quello” e sentii i miei occhi bagnarsi di lacrime. Ero arrivato al limite e forse era stato Liam a farmi aprire gli occhi. A mostrarmi una via più semplice, a rendermi più forte. “E allora cosa? Dimmelo Harry, dimmelo” aveva lo sguardo duro, di una persona ferita. E come poteva essere lui a sentirsi in quel modo? Come poteva anche solo pensare di avere il minimo diritto di arrabbiarsi con me? Mi strattonò per un braccio ed avvertii un brivido lungo la schiena infilarsi sotto la pelle e giungere al cuore. I suoi occhi azzurri mi tolsero il fiato, quel suo profumo era inebriante e mi sentii stordito. Ma non mi mossi, il suo tocco bruciava e mi rendeva vivo come mai poche cose nella vita. Mi lasciai avvicinare e poi baciare le labbra con fare rude. “Dimmelo” mi sibilò più dolcemente, il respiro a sbattere con violenza sulla mia bocca. Era tutto sbagliato, non potevo lasciarlo giocare. Non potevo. “Non vedi cosa mi stai facendo?” a quel punto lasciai scivolare giù le lacrime. Mi bagnarono le labbra e lui si premurò di catturarle tutte con un bacio. Le sue mani passarono frenetiche sulla mia fronte, fra i miei capelli, sulle guance, sugli occhi. I suoi occhi saettarono lungo tutto il mio viso, non lasciandosi abbattere da quella debole barriera posta fra noi. “Non piangere” mi sussurrò, mi fece un sorriso storto, che trovai bellissimo, ma non riuscii a smettere di piangere. “Louis ti prego” lo implorai con lo sguardo di allontanarsi, ne avevo abbastanza di cadere fra le sue braccia. Di lasciarmi abbracciare e consolare e farci l'amore fino a sentire male al petto. Ero stanco di amare a senso unico, stanco di non riuscire a prendere parte attivamente alla sua vita, stanco di non poter essere l'unico a fargli battere il cuore. “Mi parli? Mon trésor...” soffiò. La rabbia nella sua voce era ormai sparita. Era ormai stata sostituita da una dolcezza assurda, una dolcezza impressa in quel gesto. Mi circondò la vita con un braccio e mi carezzò le guance con l'altra mano. Chiusi gli occhi e mugolai disperatamente. Il suo tocco era rilassante, terribilmente caldo. “Louis...” mormorai, sentii solo il silenzio attorno a noi padroneggiare. “Ti amo, ti amo come non ho mai amato niente e nessuno. Ti amo e tutto questo amore per te mi sta solo distruggendo” aprii gli occhi e lo vidi deglutire, era preoccupato ed allarmato. Aveva gli occhi gonfi e rossi di pianto e sapevo che gli sarebbe scivolata via qualche lacrima. Non era da lui piangere, non l'aveva mai fatto, ma a quanto pare a tutti era concesso farlo. Anche lui era capace di piangere. “Non dire così” quasi mi supplicò, una lacrima ormai scivolata via dal suo occhio destro. E così lucidi e blu erano ancora più belli da guardare, era un mare in cui mi sarei lasciato affogare. “No Louis, non capisci? Vorrei essere l'unico nella tua vita, invece non c'è spazio per me, non hai mai pensato che volessi il posto che ha Zayn?” mi guardò deglutendo a fatica, sbatté le palpebre come se gli avessi appena dato uno schiaffo. E sussultò, così tanto da far tremare anche me. “Harry io-” ma lo interruppi ancora una volta, la voce roca per il pianto, la vista offuscata dalle lacrime, la gola stretta per la voglia malsana di urlare. “Lou, dammi un motivo per restare” lo implorai. Mi lasciò andare. Fece un passo indietro ed inclinò il capo da un lato. Fece scivolare il dorso della sua mano sulla guancia, cancellando ogni traccia possibile di pianto. “Perché ho bisogno di te” rispose serio, coinciso. Il suo sguardo mi ghiacciò sul posto. “Non abbastanza” riuscii a dire, nonostante le parole fossero rimaste incastrate in gola. “Invece sì” a quel punto colmò nuovamente la distanza fra noi e mi circondò le guance con le mani. Mi tenne stretto e si lasciò guardare negli occhi. Mi sciolsi nel vedere la sincerità sprigionata dal suo sguardo prepotente, forte, ma bello ed elegante. “Lascia Zayn” gli chiesi in un sussurro. “Lascialo e dimostrami che hai bisogno di me, che è me che vuoi e non lui” singhiozzai e mi lasciai stringere fra le sue braccia. Il viso nascosto sulla sua clavicola e le sue labbra a lasciarmi numerosi baci sulla testa. “Non posso” mi sussurrò tra un bacio e l'altro. “Non posso perdere te e non posso perdere lui” continuò. Ebbi la forza di staccarmi e mettere qualche centimetro di distanza fra noi. Osservai il suo viso sfocato dalle lacrime e trattenni un singulto. “Perché?” borbottai fra le lacrime, provando a lavare via il mio dolore. Non serviva a niente, più ne toglievo più ne scivolavano. “Perché- perché vi amo entrambi, vi amo e non posso perdervi. Non posso. Vi amo” ripeté come se fosse una sorta di litania. Mi tremarono i polsi, perché Louis Tomlinson mi amava. In un modo tutto suo, ma mi amava. Eppure, non mi sembrava abbastanza. Il cuore sussultò e batté all'impazzata, come se quelle parole avessero attivato una sorta di congegno. Mi venne addosso, ancora una volta baciandomi il viso in ogni parte. “Mon amour” e quello era quasi una preghiera. Chiusi gli occhi e lasciai che ogni parte delle sue labbra toccasse ogni parte della mia pelle. Poi le parole di Liam e tutti i ricordi mi invasero. Mi presero in pieno come un treno e sentii il solito dolore farsi spazio in me. “Louis, vai via, per favore” lo implorai. Gli occhi rossi e straziati dal pianto. La sua testa iniziò a scuotersi seguita da un numero elevato di “no, no, no” detti come se avessi commesso un omicidio. “Mi stai lasciando?” la voce era ormai rotta dal pianto e si lasciò cadere per un attimo con le ginocchia al pavimento. Mi voltai dandogli la schiena perché era troppo da sostenere. Non sarei riuscito a porre dei limiti a quel casino. Mi amava, ma non abbastanza. Mi amava ma avrei dovuto dividere quel poco amore con un altro. Mi amava ma non avrebbe fatto nulla per tenermi con sé, non realmente. Mi amava ma non del tutto, mi amava ma c'era Zayn. Non era abbastanza. “Non siamo mai stati insieme Louis” lo corressi. Perché quella non era una relazione. Era una cosa malata, era qualcosa che avrebbe solo rotto di più i nostri cuori, le nostre menti, le nostre anime. “Ti prego” mugolò a bassa voce. Ma il suo spirito combattivo si spense quando mi voltai e lo guardai negli occhi, irremovibile. L'unica cosa che fece fu alzarsi e andare via. Quando la porta si chiuse, iniziai a piangere provando a raccogliere tutti i cocci del mio cuore in pezzi.


*

Dovevo avere uno sguardo da pazzo in quel momento. Mi guardò con quegli occhioni pieni di sonno ed i capelli sparati tutti per aria. Si passò una mano sul volto, come a voler cancellare ogni traccia della stanchezza. Lo trovai adorabile, terribilmente adorabile. Provai a fargli un sorriso, ma uscì fuori una smorfia poco carina. Ma fu abbastanza gentile da non farmelo notare. “Come?” chiese, come se non avesse capito, ma doveva essere solamente sorpreso. Certo che presentarsi da lui alle quattro del mattino non era stata proprio un'idea geniale. Ma avevo passato tutto il mio tempo a riflettere su quella una proposta, su tutta la situazione venutasi a creare. “Partiamo, voglio venire con te ovunque tu voglia andare” sibilai. Come se avessi paura di pentirmene poco dopo. Scosse la testa e mi fece spazio per entrare dentro casa. Lo notai grattarsi la nuca, i pantaloni della tuta calati tutti da un lato e quei due occhi semichiusi addolciti dalle mie parole. “Sei impazzito?” mi si avvicinò, poggiandomi una mano sulla guancia. La dolcezza di quel gesto mi ricordò che Louis avrebbe messo la mano più in alto e più chiusa a coppa, ma scacciai in fretta quel pensiero. “Sì Liam, ti prego” e la mia dovette suonargli come una richiesta disperata. E lo capì, come faceva tutte le volte. Aveva capito il mio spasmodico bisogno di andare via, di lasciarmi alle spalle quel posto ma soprattutto Louis. Aveva capito e letto la mia voglia di ricominciare tutto da capo. “Lo hai fatto?” mi circondò la vita con le braccia e lo guardai negli occhi. Erano due pozzi scuri di niente. Ma vi lessi dentro talmente tante cose da spaventarmi. Ed avevo capito a cosa si stesse riferendo. Voleva sapere se avevo lasciato Louis. “Mi ami?” gli chiesi di getto. Come se fosse normale. Non si mosse di un solo centimetro, il mio cuore batté più forte quando mi sorrise in quel modo tenero. Non era capace di farlo come lo faceva Louis, ma era incredibilmente bello e rassicurante, era una mano tesa solo per me. “Sì” mi bisbigliò sfiorandomi una guancia con le labbra. Non mi avrebbe baciato, non al momento almeno. Aveva troppo rispetto nei miei confronti e nei suoi per farlo. Conosceva ogni cosa di me, conosceva ogni più piccola mia debolezza.

Mi scappò un sorriso e lasciai andare il cuore a nuove sensazioni. “Sì, ti amo” mi ripeté, e mi lasciai andare ad una lacrima. Era tutto ciò che avrei voluto sentir uscire dalle labbra di Louis. Quel ti amo rivolto solo a me. Quell'amore solo per me. Non quel 'vi amo' Che aveva solo contribuito a spezzare il mio cuore in miliardi di frammenti. “Dove vuoi andare?” mi sussurrò. “Possiamo farlo anche stanotte” quel suo sorriso caldo mi rese ubriaco. Era confortante in maniera indicibile. E se fossi stato lo stesso Harry di qualche mese fa mi sarei sentito in colpa, egoista per aver scelto la strada più facile. Mi sarei dato la colpa per un amore a senso unico, per non essere riuscito a far innamorare Louis di me. Ma Louis lo era, era innamorato di me. Ma non era abbastanza, non lo sarebbe mai stato. “Sì, ma... devo fare una cosa, mi aspetti? Vado- vado a preparare le valigie” abbassò lo sguardo sulle nostre mani intrecciate e mi baciò le nocche con dolcezza. Sospirai, aveva capito. Aveva capito che avevo qualcosa da fare prima di abbandonare totalmente quella piccola parte della ma vita lì, a Parigi. “Vai” m'incitò. Mi stampò un bacio leggero sulla guancia e mi voltai con quella promessa nell'aria.


*

Correre fino a perdere il fiato era ormai diventata una sorta di abitudine. Peccato che, il fiato lo avessi perso persino davanti ad i suoi occhi semichiusi. Peccato che avessi provato a combattere una voglia incredibile di baciarlo, di fare mie quelle sottili labbra rosate.

Più lo guardavo più mi rendevo conto di aver perso tutto, di averlo perso il giorno stesso in cui lo vidi per la prima volta. Più lo guardavo e più i suoi occhi provavano ad affondarmi.

Ci mise qualche secondo per capire la situazione, per rendersi conto che fossi proprio io, di fronte al suo viso. Sbatté le ciglia più volte stupito, totalmente meravigliato dal trovarmi lì, davanti la sua porta. Avevo anche corso il rischio che ad aprirmi fosse Zayn stesso, che tutto il lavoro costruito in quei tre anni fosse saltato. E quando mi resi conto di star per mettere un punto a tutto mi fece male il cuore. Il mio respiro cambiò esattamente come il suo. “Dio, sei pazzo!” esclamò, ma non sembrava particolarmente preoccupato. “Se ci fosse stato Zayn sarebbe stato un disastro” alla fine mi sorrise e mi afferrò per un polso. Mi trascinò lungo il corridoio sospingendomi verso la sua stanza. “Sapevo che saresti tornato” mi costrinse contro il muro e mi sorrise come mai avevo visto prima d'ora. Aveva provato la terribile sensazione di perdermi, quella che provavo costantemente, giorno dopo giorno. E come avrei potuto mettere fine a tutta quella storia con quel sorriso davanti agli occhi? Con quello sguardo emozionato? Mi si strinse il cuore nel pronunciare quel “no” che gli fece schiudere le labbra. Abbassò le braccia, fino ad allinearle ai suoi fianchi. Affogai dentro ad i suoi occhi azzurri, così belli da stare male, e tutto il mio mondo crollò. Quella sicurezza divenne solo uno spiffero d'aria fuoriuscito dalle mie labbra. “Ti prego” bisbigliò così piano che dovetti sforzarmi per sentirlo, ma mi bastò leggere il labiale per percepire le sue parole. Era completamente in balia del dolore almeno tanto quanto me. “Sto partendo” provai a non piangere, ma fu tutto inutile quando spalancò le labbra e respirò affannosamente contro le mie. Provai a chiudere gli occhi ma non me lo permise, quel mare azzurro di fronte era distrutto. Boccheggiò in cerca di qualcosa da dire ma sollevò solamente entrambe le mani andando a circondare le mie guance. “Harry, ti prego, non farlo” m'implorò, i suoi occhi si bagnarono di lacrime. Ed era la seconda volta che lo vedevo così in difficoltà, così triste e distrutto. “Devi lasciarmi andare” lo pregai. Nonostante avessi preso la mia decisione, sentivo ancora il nostro legame tenerci stretti. E me ne resi conto quando mi sfiorò il naso con il suo, quando chiuse gli occhi e poggiò la fronte contro la mia. “Non posso”, mi confessò. Respirai chiudendo gli occhi, lasciando le sue mani a scivolare sule mie braccia. Il suo respiro caldo mi fece venire i brividi. Lo amavo, lo amavo da morire. E mi tremarono le gambe al pensiero di lasciarlo andare. Mi tremò il cuore al pensiero di non poter più vedere i suoi occhi, quel sorriso sbarazzino, quelle adorabili rughette ai lati degli occhi. Di non poter baciare più le sue labbra, di non poter più essere toccato dalle sue mani, farmi amare a modo suo. “Sì che puoi. Ti prego, slegami da questo legame. Slegami da te” lo pregai. Avevo davvero bisogno di sentirglielo dire, di sentir uscire quelle parole dalla sua bocca. Avevo bisogno di rompere quel filo, dare un taglio netto a quella spessa corda che ci teneva legati. Mi baciò sulla bocca, improvvisamente. Cogliendomi totalmente alla sprovvista. La sua lingua andò a scontrarsi con la mia, alla ricerca di un contatto più profondo. Gemetti, se di dolore o di piacere non riuscii a capirlo. Ma poi sentii del salato sulle labbra e solo allora mi resi conto di aver ricominciato a piangere disperatamente. “Ti prego, non andare” mi pregò ancora, la sua voce spezzata dal pianto. Le sue lacrime andarono a mescolarsi con le mie. Le sue mani fredde a sfiorarmi le guance ed il viso, come se ormai si fosse rassegnato a dirmi addio nonostante le sue parole dicessero tutto il contrario. “Louis...” sospirai contro la sua bocca e gli sfiorai le labbra, piano. Un tocco leggero, come una piuma. “Harry...” sussurrò allo stesso modo. Mi si spezzò il cuore nel sentirlo così abbattuto. Non era il solito Louis, non era il mio bellissimo e forte ragazzo dagli occhi azzurri. Quello era un bambino, era un dolcissimo bambino da prendere per mano e guidare in posti sicuri. “Ti amo” mi fece sapere. Abbassai lo sguardo prima di rispondergli con un “anche io” smorzato dalle lacrime. “Fai l'amore con me” mi pregò. Lo baciai semplicemente sulla bocca, sentendo le sue mani scivolare fra i nostri corpi. Si disfò dei nostri abiti e non appena avvertii la sua pelle calda addosso rabbrividii. Quella era davvero l'ultima volta che lo avrei visto, l'ultima notte insieme. Mi sentii mancare quando mi toccò l'erezione e si dedicò a lasciare baci su tutto il mio corpo. Mi abbandonai contro le sue lenzuola, mi lasciai toccare, sfiorare, baciare. Mi lasciai entrare dentro fino all'anima. Lo lasciai penetrarmi a fondo, lo sentii stanziarsi fra le pareti del cuore. Più indelebile che mai. Louis sarebbe stato per sempre una parte di me, sarebbe stato il mio cuore. Eppure, stavo per abbandonarlo.

E me ne resi solamente il mattino successivo, quando gli lasciai un bacio fra i capelli ed un addio sussurrato a mezza voce. Ricominciai a piangere fino a casa.


*

Mi baciò sulle labbra prima di sedersi al mio fianco, un braccio stretto in vita. Quella mattina la casa era completamente piena di energia e vitalità. E più mi guadavo attorno più sentivo la gioia crescere. Era bello, bellissimo. Era uno spettacolo impagabile, non mi ero mai sentito così felice, con il cuore in gola a scoppiare di gioia. E sentii quella felicità filtrare in ogni parte del mio corpo, irradiarsi da quel braccio che avevo stretto in vita. Mi solleticò con i polpastrelli, attirando la mia attenzione e sospirai nel voltarmi ad incontrare i suoi occhi. Era bellissimo, più uomo. Ed ero commosso quanto lui, che nel suo sguardo sembrava esserci una tempesta in arrivo. Non riuscii a trattenere un sorriso, uno di quelli sinceri. Ed era ormai una cosa normale farlo, svegliarsi la mattina e ritrovarmi al suo fianco. Svegliarsi con un bacio, una carezza o con le sue braccia strette in vita. Non mancava mai un giorno di troppo, non mi lasciava mai troppo solo. Mi faceva sentire tutto l'amore possibile, facendomi esplodere il cuore in miliardi di pezzi. Non ero mai stato capace di guardare oltre il mio naso, non mi ero mai reso conto di saper ancora amare, di saper gestire una relazione. Ed era appagante poter dare e ricevere lo stesso amore, poter dare tutto di se stessi e ricevere in cambio altrettanto. E Liam era tutto, tante e troppe cose insieme. Era stato capace di dar luce alle mie giornate, di farmi tornare a respirare, era stato capace di essere paziente. Innamorarsi di me era stato facile, ma capire di esserlo di lui era stato molto difficile. Ma era questa la prima cosa di cui mi ero innamorato, della sua infinita pazienza. Della su dolcezza nei miei confronti, del suo rispetto nell'aspettarmi. Mi aveva dato tutto senza pentirsi, mettendosi in gioco e rischiando di crollare e rimanerne ferito. Invece era andata bene. Ne eravamo usciti entrambi vincitori, e felici. Soprattutto felici.

E veder scorrazzare i figli di sua sorella, tre teste biondissime dagli occhi scuri, con quel sorriso sulle labbra era una gioia. Veder prendere i colori e provare in tutti i modi a rifare i nostri muri con le loro manine piccole, mi fece stringere il petto. Ma ciò che mi fece più piangere fu quel piccolo fagottino stretto e addormentato nell'ovetto. Era minuscolo, era bellissimo e puro. Era il ritratto dell'innocenza, della bellezza, della calma. Era il ritratto della nostra felicità. Liam si alzò, sotto lo sguardo delle sue sorelle, trascinandomi con se. “Guardalo” inclinò il capo da un lato, stringendomi la vita, allungando poi l'altra mano a sfiorare la guancia del piccolo addormentato. Lo contemplai, così dannatamente piccolo da tenere fra le mani i nostri due cuori. “E' bellissimo” gli feci eco. Era arrivato da un solo giorno, o meglio da qualche ora, e già aveva catturato l'attenzione di tutti. “Avete fatto una cosa bellissima” ci fece sapere la sorella di Liam, sbucando alle nostre spalle. Toccò una manina chiusa a pugno del piccolino e mi fece un grosso sorriso. “Non riesco a credere di essere appena diventata zia” lessi della commozione nei suoi occhi, gli stessi di Liam. La stessa commozione che aleggiava nello sguardo di tutti. “Questo piccolo stava aspettando solo qualcuno che lo amasse” il piccolo mi strinse il pugno attorno al dito, e quella sembrava un'accurata rappresentazione del mio cuore nelle sue mani. “Gli daremo tutto quello di cui ha bisogno” mi sussurrò Liam contro una guancia. Gli sorrisi, sì. Lo avremmo fatto, perché quel piccolo era entrato in silenzio e ci aveva già portato ad un livello alto, diverso. “Guardalo, Cristo! E' piccolissimo, ed è nostro” sospirai. Mi sarei volentieri rimesso a piangere. Anche se non era nostro figlio biologico, sarebbe stato nostro. Per sempre. Avrebbe portato nelle nostre vite la gioia di cui avevamo bisogno. E guardarlo, addormentato ed in pace col mondo, mi apriva il cuore a nuove sensazioni. Avevo sempre pensato ad una famiglia, ad un futuro del genere. Ma ero sempre stato frenato, o forse distratto dal pensare ad altro. E adesso che non c'era più niente ad ostacolare la mia felicità, il mio cuore sarebbe stato capace di sanarsi. Ed era merito di mio figlio, del piccolo Simon, se il processo si sarebbe velocizzato. “Già, staremo bene” mi sussurrò. E guardandolo negli occhi capii che quella doveva essere una vera e propria promessa.


*

“Simon, per favore stai attento!” lo sgridai per quella che sembrava la decima volta in meno di cinque minuti. Possibile che fosse un tale pazzo spericolato? E poi osservai Liam, in fondo al giardino, a testa in giù appeso ad un albero. Era colpa sua, se il piccolo Simon era diventato un pazzo in cerca di un modo per ammazzarsi. “Harry, dai rilassati” mi sollevò una mano da quella scomoda posizione e risi nel vedere Simon toccargli e scompigliargli i capelli. Si lamentò più volte, ma non smise un solo secondo di ridere. I suoi più brillanti che mai. Amava suo figlio infinitamente ed era tutto ciò che mi rendeva felice, così tanto da far scoppiare il cuore. “Liam, ti prego, non cercare di far ammazzare nostro figlio” lo pregai, cercando di non far bruciare la cane sul barbecue. Sentii la risata di entrambi espandersi nell'aria, penetrarmi nelle orecchie e farmi mordicchiare le labbra per la gioia infinita che sentii scorrermi nelle vene. Era quella la felicità vera. Una famiglia, una risata. Condividere il letto con la persona che si ama, dedicare attenzioni a tuo figlio. Ed era quello che avevo sempre cercato. Era ormai il mio angolo di Paradiso. “Papà! Non rompere” notai quella piccola peste mettere su un broncio ed incrociare le braccia al petto. Era uguale a Liam, e questo mi spaventata ogni giorno di più. Liam scese dall'albero, dandosi una sistemata, prima di sibilare qualcosa all'orecchio di Simon e veder correre quest'ultimo al mio fianco. “Scusa papà” mi diede un bacio sulla guancia e me lo strinsi forte addosso. Poi lo lasciai andare. Rincorse il suo pallone e Liam mi si affiancò.

“Papà!” urlò improvvisamente Simon dall'altro lato del giardino. Storsi il naso, non sembrava un urlo allarmato. “Vai a vedere cosa vuole, resto io qui” annuii dandogli un bacio sulle labbra. Gli mollai il forchettone fra le mani e mi diressi verso Simon. “Che c'è amore?” gli baciai la fronte e lo presi in braccio. Iniziava a pesare, stava ormai iniziando a crescere. “C'è una persona, ti sta cercando” a quel punto scalciò e con un grosso sorriso sulle labbra lo lasciai andare, scorrazzò contento fino a che non si gettò a pesce sul pallone. Cadde ma si rialzò ridendo e continuando la sua folle corsa. Scossi la testa rassegnato e mi diressi verso il cancello principale.

E probabilmente dovevano essersi fermati tutti i Pianeti, la Terra doveva aver smesso di girare, il Sole di splendere e la luna di sorgere alla sua ora. Mi mancò l'aria, i polmoni mi implorarono di respirare, di lasciar funzionare tutto come al solito. Ma fu difficile. Fu difficile mantenere il controllo d fronte quello che pensavo fosse ormai solo uno stupido incubo. Invece no, era reale. Ed era lì. Di fronte a me. I suoi occhi azzurri mi gelarono le vene, ma il suo sguardo era diverso, era cambiato. In quegli ultimi tre anni di vita avevo giurato a me stesso che non l'avrei mai più rivisto, che non avrei nemmeno provato a cercarlo, che non ci sarebbe più stato posto per lui. Eppure, sembrava essere stato lui ad avermi trovato, ad aver scovato il mio angolo di Paradiso. “Louis” la voce mi si strozzò in gola. Il suo nome mi suonò estraneo, era da troppo tempo che non lo pronunciavo. Ed era strano, le sensazioni nascoste riemersero immediatamente. Era così diverso, aveva la barba folta e lo sguardo più addolcito, le guance incavate ed il viso spigoloso. “Oh Harry” e l'unica cosa che sentii negli attimi successivi furono le sue braccia attorno al collo, a stringermi così forte da farmi mancare il fiato. “Che ci fai- Louis” mormorai scoordinatamente, non riuscendo più a capire cosa stesse succedendo. Lui era lì. E sembrava un uomo distrutto dal tempo o forse consumato dai sensi di colpa. “Ho lasciato Zayn” mi comunicò con un sorriso, era pieno di speranza. Spalancai le labbra ma le richiusi subito dopo. Feci un passo indietro e mi mossi a disagio, lo sguardo rivolto verso terra. “Louis” mi decisi poco dopo, alzando lo sguardo. Mi guardò con gli occhi lucidi, gettando lo sguardo alle mie spalle. Stava osservando Simon. “Sì, è mio figlio” confermai i dubbi nel suo sguardo e parve improvvisamente riscuotersi. “E quello è mio marito” non seppi perché ma la voglia di mostrargli la fece nuziale stretta al mio dito crebbe, fino a che non gliela sbattei sotto al naso. “Sei sposato... e hai un figlio...” mugolò come se fosse appena caduto dalle nuvole. Annuii, sentendo la distanza fra noi farsi più evidente. Deglutì trattenendo le lacrime, potei notarlo dal modo ossessivo con cui mordeva le sue labbra. “Perché sei qui?” gli chiesi comunque. Forse lo sapevo già, ma forse sentirglielo dire sarebbe stato diverso. “Io-” ma si bloccò abbassando lo sguardo verso i suoi piedi. Ma poi respirò, forte. “Mi sono pentito di averti lasciarti andare, di non aver lasciato prima Zayn. Sono fortemente pentito di non aver scelto te, di non aver capito prima di amarti. L'ho capito tardi, ma l'ho capito” ed a quel punto stavo già piangendo. Perché era ormai troppo tardi. “Ero venuto per dirti che ti amo, che amo solo te. Ero venuto per dirti che ho scelto te e che... non esiste nessuno a parte te. Ho passato ogni attimo della mia vita ad immaginare come sarebbe stato con te, adesso guardando tuo figlio ho capito cosa mi sono perso” stava singhiozzando. Aveva gli occhi rossi e tristi. Aveva il cuore a pezzi quanto il mio. Provai a raccattare i suoi cocci, ma erano troppi ed avevo ancora da tagliarmi le dita con i miei. Sarebbe stato difficile continuare la mia vita dopo ave saputo tutto ciò. Mi stava dando una seconda vita, una seconda scelta. “E' troppo tardi, Louis” bisbigliai, piano. Piano perché ero terrorizzato dal ferirmi con le mie stesse parole. Si asciugò le lacrime annuendo. Mi voltai alle mie spalle, osservando il sorriso di mio figlio. Ed allora capii di avere tutto ciò di cui avevo bisogno, che Louis non era più compreso in quel progetto. Capii di aver superato la cosa a modo mio, capii di non poter abbandonare la mia nuova vita, di abbandonare Simon, tanto meno Liam. L'unico che aveva realizzato il sogno di una vita felice e che ci aveva dato la possibilità di ricominciare da capo. “E' pronto, Harry!” lo sentii richiamare anche Simon, che gli trotterellò dietro contento di mangiare. Sospirai urlandogli che sarei arrivato presto. Una goccia scivolò sulla mia guancia e andò a mescolarsi con la sottile pioggia che stava iniziando a venir giù. “E' troppo tardi, è troppo tardi per noi. Ho una famiglia, un figlio che amo follemente e... ho pensato più volte che forse avresti dovuto esserci tu al suo posto, ma solo adesso mi rendo conto che non cambierei affatto quello che ho. Sono felice, non rovinarmi, ti prego” lo supplicai. Mi morsi le labbra disperato. Perché anche a distanza di anni era capace di uccidermi, di farmi stare male. Louis era sempre stato capace di ferirmi, di straziarmi l'anima. Fece un passo avanti, mi circondò le guance con le mani e mi fece un sorriso amaro. “Ci ho pensato anche io, ma... sii felice, Harry. Te lo meriti” detto questo mi lasciò andare. Respirai a fondo, cercando di cancellare ogni traccia di lacrime sul mio viso. Mi voltai dandogli le spalle, nascondendomi subito dopo in bagno. Il cuore esplose contrariato, ma respirai fino a calmarmi e far sparire ogni traccia di sofferenza dal mio viso.

Quando tornai in cucina sorrisi alle due persone a tavola. Due delle persone più importanti della mia vita. Mi strinsi nelle spalle nel rispondere vacuamente alle sue domande. Poi mi alzai per chiudere la finestra. Fu lì che lo vidi, accovacciato contro un albero a piangere. La pioggia gli scivolò addosso senza sosta, i suoi singhiozzi mi sconquassarono persino da quella distanza. Ma era tardi. Era troppo tardi, e per Louis non c'era più spazio.

Ritornai dalla mia famiglia, non prima di aver chiuso le tende.



***

Salve! Non ho idea da dove sia uscita una cosa simile.
Fatto sta che un giorno mi sono messa e ho iniziato a scrivere questa cosa.
Avevo tutta l'intenzione di farla finire male, cioè così.
Potrebbe sembrare un finale in sospeso ma non lo è.
A voi l'interpretazione della cosa, comunque.
In ogni caso, non so cosa dire.
Solo, spero vi sia piaciuta comunque, nonostante l'angst.
Mi mancava proprio scirvere cose del genere ahahah.
Non ho altro da dire se non grazie!
Per qualunque cosa potete trovarmi su twitter, sono @wheezayne
Detto questo, buona domenica!
Baci
   
 
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