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Autore: RoranForteMartello    15/02/2015    1 recensioni
Dopo un incidente all'Accademia Butei di Tokyo, Toyama Kinji decide di realizzare il suo sogno di una vita normale, trasferendosi in una città di provincia dove frequenterà una scuola normale. Peccato che gli istinti appresi in anni di addestramento siano duri a morire, e che la scuola in cui si è trasferito sia tutto tranne che normale. Tra demoni, angeli e la sua fastidiosa malattia, Kinji si troverà coinvolto in eventi molto più grandi di lui, ai quali però non potrà sfuggire pur volendo.
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Storia Cross Over tra [Hidan No Aria] e [Highschool DxD]
Gli eventi sono basati dopo il quinto volume della Light Novel di Hidan No Aria e durante il primo volume di Highschool DxD.
Genere: Avventura, Commedia, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un Butei alla Kuoh Academy

Disclaimer: Non posseggo ne Highschool DxD ne Hiden No Aria. La storia è scritta senza scopi di lucro

Terza Pallottola - Raiting Game

Nell’oscurità il tempo non scorre, non passa, non avanza. Secondi sembrano minuti, minuti sembrano ore, ore sembrano giorni. Dopo un tempo infinito iniziai a sentire la sete, poi venne la fame. Incominciai a pensare che quella stanza tetra e buia sarebbe stata la mia tomba, quando fui avvolto dalla luce.

Non ricordo bene come accadde, in quel momento ero leggermente confuso, ma fui certo solo che la porta si fosse aperta. Quando i miei occhi si adattarono e riuscì a vedere di nuovo, mi ritrovai davanti l’intero team di demoni che mi aveva supportato nella chiesa più persone che mi erano sconosciute.

Fui lasciato solo per molto tempo ed ora ero circondato di persone, persone alte e basse, uomini e donne, ma tra tutti risaltava lei, la suora, che anche in mezzo ad un branco di demoni continuava ad indossare le sue vesti sacre.

Anche nella mia spossatezza fui felice di vederla. Stava bene, era viva, era salva. Dopotutto la missione non era stato un completo fallimento.

Sorrisi alla ragazza dai capelli biondi, che mi guardò spaventata riparandosi dietro Issei, il mio compagno di classe. Ora che facevo più attenzione, parecchie persone sembravano trovarsi a disagio di fronte a me. Nelle loro menti doveva essere ancora impressa l’immagine del mio combattimento con l’angelo caduto.

Il sorriso si spense così com’era andato a formarsi, ed anche se i miei muscoli erano completamente atrofizzati cercai di mettermi più comodo sulla sedia.

“Non sembri agitato.”

Rias, la bellissima ragazza dai capelli rossi, mi parlò con naturalezza. Lei sembrava essere una delle poche persone a non temermi.

“Cerco di risparmiare le forze. Urlare ed inveire non mi farebbero andare via di qui più in fretta, invece conservare quel po’ di energia che mi resta potrebbe farlo.”

Il mio aspetto doveva essere orribile, non so da quanto tempo non mi lavavo, probabilmente puzzavo un sacco.

Rias mi si avvicinò stringendo un mazzo di chiavi, con le quali iniziò a sciogliere tutte le cinghie e catene che mi legavano. Sul suo volto c’era un’espressione dispiaciuta, quasi fosse colpa sua se mi trovavo lì.

“Toyama-kun, mi dispiace per quello che ti abbiamo fatto, ma dovevamo essere sicuri che tu fossi realmente umano. Abbiamo raccolti campioni del tuo sangue e li abbiamo fatti analizzare negli inferi, c’è voluto un po’ di tempo, ma ora sappiamo che non sei una minaccia per noi.”

Quando mi sciolse di tutte le catene la prima cosa che feci fu di massaggiarmi i polsi. Non provai nemmeno ad alzarmi, prima dovevo riavviare la circolazione in quelle parti atrofizzate, altrimenti l’unica cosa che mi sarebbe successa era di cadere.

“Non devi scusarti Gremory-san, hai fatto quello che hai fatto per proteggere i tuoi compagni, non c’è nulla di vergognoso in questo. Mi dispiace solo avervi fatto vedere un lato tanto orribile di me.”

Le sorrisi di nuovo, passando in rassegna le persone dietro di lei. Oltre ai membri del gruppo che già conoscevi, c’erano altri ragazzi, tutti con l’uniforme della scuola e tutti guardinghi. Una donna teneva addirittura una mano sulla spada portata alla cintura, come se tu potessi saltarle addosso da un momento all’altro.

“Sei molto, molto diverso da quello che mi aspetto. Che tutti noi ci aspettavamo. So che non hai voluto spiegare la fonte di quel tuo potere, ma devo chiedertelo comunque, da dove arriva? È forse opera di Dio? Nel tuo corpo potrebbe esserci una sacred gear, ed in quel caso dovremmo insegnarti ad usarla prima di lasciarti andare…”

Anche se era un demone, Rias si dimostrò buona e comprensiva, forse perfino troppo. Per un secondo un’espressione di fastidio balenò sul mio viso, ma presto anche quella fu messa da parte.

“Grazie, ma davvero non credo ci sia nulla che voi possiate fare per me. Non ho idea di cosa una sacred gear sia, ma la mia è solo… una patologia ereditaria. Mia padre l’ha avuta prima di me, e mio nonno prima di lui. Tutti i maschi della mia famiglia ne sono affetti.”

Le diedi quel briciolo di verità in cambio della sua gentilezza, ma davvero non potevo sopportare oltre quel pubblico che mi fissava. Facendo leva con le braccia sui manici della sedia, cercai di rimettermi in piedi. In quel momento Issei assunse una posa d’attacco coprendo Asia con il suo corpo, Kiba evocò una delle sue spade ed Akeno fece scintillare la magia sul palmo della mano.

In tutta risposta io barcollai e quasi caddi. Le mie gambe non avevano ancora recuperato a sufficienza, ed ora stavo per rovinare al suolo, tuttavia la mia caduta fu frenata da un piccolo corpo sottile che mi sorresse. Mentre gli altri si preparavano a combattere, aspettandosi da parte mia un qualche attacco a tradimento, lei fece in modo che non mi facessi ulteriore male.

Io mi appoggiai completamente a lei e quando i nostri occhi si incontrarono le sorrisi.

“Grazie.”

Parlai semplicemente, ma di fronte a quella semplice parola lei arrossì e distolse lo sguardo.

“Ti abbiamo già trattato male abbastanza. Tu hai salvato Kiba-kun e Issei-kun ed hai aiutato a salvare Asia-chan, non meriti il nostro disprezzo e la nostra ingratitudine.”

Quando la piccola ragazzina pronunciò quelle parole, una sensazione di vergogna serpeggiò tra i demoni, che si rilassarono e posarono le armi. Rias, che ci era di fianco sorrise, anche se sembrava che sorridesse più a Koneko che a me.

“Hai detto che la tua è una patologia? Negli esami del sangue non abbiamo trovato nulla di simile, sei sicuro di quello che dici? Asia è quella che ha curato le tue ferite e qualsiasi altro problema sarebbe dovuto scomparire sotto il suo potere.”

Per un attimo strabuzzai lo sguardo, cercando la suora che mi fissava da dietro la schiena del suo eroe. E se davvero avesse rimosso da me la maledizione dell’Hysteria Mode? Se mi avesse curato arrivando a cambiare quello che c’era di sbagliato nel mio corpo? Era una teoria che dovevo assolutamente provare, dovevo provarla per capire se finalmente ero riuscito ad ottenere una vita normale.

Sempre sorretto da Koneko, mi chinai quel tanto che bastava per sfiorare la sua fronte con le mie labbra, carezzandole nel frattempo il viso. Il mio sangue gorgogliò, iniziò ad accumularsi, ma non superò il livello limite che mi avrebbe trasformato. La malattia era ancora presente  e davvero non c’era nulla che nessuno potesse fare.

“Ehi! Non avvicinare le tue brutte labbra a Koneko-chan! Lo sapevo, sei solo un Lolicon!”

Eh?

Ah già, avevo di nuovo sfruttato Koneko, questa volta come cavia per vedere se la malattia era ancora presente. A ribellarsi davanti al mio gesto spudorato fu Issei, che gridò e si fece avanti quasi saltandomi addosso. Solo l’intervento di Kiba gli impedì di colpirmi, ma anche così potevo capire che non aveva intenzioni davvero ostili. Stava solo cercando di proteggere la sua Kohai da quello che credeva essere un maniaco.

Koneko d’altra parte era avvampata, ed ora aveva iniziato a tremare.

“Disgustoso…”

Tra  tutte le cose che avrebbe potuto dire quella era l’ultima che mi sarei aspettato. Scrollandomi di dosso fino a farmi ricadere sulla sedia, la piccola ragazza mi guardò con rabbia, allontanandosi dalla stanza.

Rias ridacchiò e lo stesso fece la maggior parte delle persone presenti.

“Fufu, fammi indovinare hai voluto vedere se Asia era riuscito a curarti. Vedendo la tua faccia direi che no, non c’è riuscita. Quindi la tua non è una malattia del sangue?”

Di nuovo sulla sedia, sospirai affranto, poggiandomi allo schienale.

“No, non è nel sangue, è qualcosa a livello di DNA, non può essere curato in nessun modo, ma dovete stare tranquilli, sono diventato piuttosto bravo a tenere a bada questa condizione, non c’è davvero bisogno che vi preoccupiate. Anzi, penso sarebbe meglio per tutti se cambiassi di nuovo scuola.”

Le mie parole tolsero il sorriso a Rias.

“Cambiare scuola? Se sei preoccupato per le assenze puoi stare tranquillo, Sona-chan è la presidentessa del consiglio studentesco ed ha fatto chiudere un occhio ai professori.”

Rias mi indicò una delle persone che non conoscevo, una ragazza dai corti capelli neri ed occhiali bordati di viola.

“Rias, ti ha già detto che a scuola devi chiamarmi Kaichou, e sì, per questa volta il consiglio studentesco coprirà le tue assenze, del resto è colpa di noi demoni se hai saltato due giorni di scuola.”

Due giorni? Contando la missione, avvenuta nel mio secondo giorno di scuola, ero rimasto incosciente per davvero poche ore, ed ancora meno erano le ore che avevo passato sigillato in quella stanza.  Socchiusi gli occhi, presi fiato, cercando di rimettermi in piedi.

Questa volta le gambe mi ressero e fui capace di muovere qualche passo senza bisogno d’aiuto.

“Non è per voi, o per le assenze, solo che sono venuto qui per cercare una vita normale, ed è evidente che in questa scuola non c’è nulla di normale. Perfino il consiglio studentesco è formato da demoni. Davvero, qui sarei solo d’intralcio a tutti voi.”

Non senza sforzo mi tastai i vestiti, mi guardai intorno, tornando a Rias.

“Le mie cose? Pistola, coltello ed anche la cintura, è sparito tutto.”

Rias sembrava voler ribattere ancora, convincermi a non trasferirmi, ma dovette capire di non avere possibilità. Alla fine si arrese all’evidenza non senza rimpianto.

“Va bene, abbiamo già incassato il nostro pagamento, non abbiamo ulteriori motivi per trattenerti. Ti prego seguimi, ti permetteremo di fare una doccia, cambiarti e ti ridaremo le tue cose, così sarai libero di andare.”

La donna si fece strada, i demoni servitori si spostarono davanti a lei ed io mi limitai a seguirla. Mi sentì gli occhi di tutti addosso mentre passavo, ma la maggior parte dell’ostilità sembrava essere evaporata ed ora erano sguardi incerti e curiosi a cercarmi.

Una volta fuori dalla stanza, capì dove mi trovavo, era lo stesso edificio in cui mi ero risvegliato dopo aver perso i sensi in camera di Rias ed a seconda dei corridoi che stavamo attraversando e del numero di trascuratezza dei corridoi e delle aule, doveva essere il vecchio edificio scolastico.

Rias mi guidò fino ad un bagno al piano terra, che sembrava ristrutturato a nuovo e conteneva più lussi di quanti ne servissero. Una volta lì fui lasciato solo e finalmente potei rilassarmi e ragionare. Mi spogliai dei miei logori abiti, mi immersi nella calda acqua della vasca da bagno, grande almeno quattro metri e profonda un metro e mezzo, lasciando che l’acqua facesse il suo dovere.

I muscoli si distesero, il torpore in tutto il corpo iniziò a svanire ed anche lo sporco che ancora avevo addosso venne lavato via. Dopo poco meno di mezz’ora fui sul punto di uscire, rinfrancato e pronto ad andar via. Dei morbidi vestiti dell’accademia erano stati lasciati fuori dalla porta, così che potessi indossare qualcosa di pulito.

Terminai di prepararmi, mi guardai allo specchio e sorrisi. Avevo un accenno di barba sul mento, ma tolto questo il mio aspetto era passabile. Quando raggiunsi il resto del gruppo nella sala d’attesa, notai immediatamente i miei beni più preziosi su un tavolino.

La mia Desert Eagle, un caricatore tolto all’arma per lasciarla senza munizioni, il coltello a farfalla e soprattutto… i resti infranti del mio cellulare.

Il telefono era rotto, inutilizzabile, eppure si trovava comunque tra i miei effetti personali come se qualcuno si aspettasse che io lo rivolessi indietro. Guardi il tavolino, cercai con gli occhi lo sguardo della ragazzina che mi aveva accompagnato fino a Tokyo e quando le sorrisi lei alzò lo sguardo al soffitto.

Non mi importava nulla del telefono, quello avrei sempre potuto cambiarlo, ma il cordoncino che c’era attaccato con il piccolo pupazzetto di Aria, l’ultimo ricordo di lei, era inestimabile per me. Come un fantasma avanzai nella stanza, presi il telefono tra le mani, carezzando il piccolo Leopone.

Aria.

Aria.

Aria.

Srotolai di nuovo l’etichetta, lessi di nuovo le sue parole.

“Se scappi ti farò un buco!”

E cosa stavo facendo ora se non scappare? Ero scappato dalla mia vecchia vita, stavo scappando dalla mia nuova vita, ovunque andassi c’era sempre qualcosa che mi ricordava lei. Non ero mai riuscito a vivere con coraggio, la mia ricerca di pace e tranquillità era una fuga dal dolore della morte di mio fratello, ed ora continuavo a fuggire dal dolore della sua morte.

Guardai di nuovo Koneko, questa volta avevo gli occhi lucidi e lei non distolse lo sguardo. Qualcuno chiamava il mio nome, ma non mi importava. Quegli occhi dorati sembravano dirmi qualcosa che non ero sicuro di riuscire a cogliere.

“Toyama-kun! Mi senti? Se vuoi andare ti conviene farlo prima che tramonti il sole, altrimenti arriverai a casa che è già buio.”

Rias mi parlava, mi diceva in effetti qualcosa di sensato. Sarei dovuto andare, ritirarmi nel mio piccolo appartamento e preparare la domanda di trasferimento. Da qualche parte avrei trovato un luogo dove vivere in pace. Da qualche parte sarebbe esistito un luogo solo per me.

“Se scappi ti farò un buco!”

“Gremory-san, ho cambiato idea. Ho deciso di restare.”

Lo dissi senza distogliere lo sguardo dagli occhi di Koneko. Sul suo volto in genere inespressivo c’era il più piccolo dei sorrisi. Strinsi con forza il pupazzetto, mi promisi di nuovo di non fuggire mai più e non solo dalle lotte o dai miei doveri, ma dalla mia vita.

Le mie parole lasciarono di stucco tutti i presenti, nessuno a parte me e Koneko ci aveva capito un beneamato...

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La cerimonia di reincarnazione fu piuttosto informale. Non c’erano candele, ne rituali oscuri, ne sacrifici di sangue. Sembrava proprio che tutte le idee che gli umani avessero sui demoni fossero semplicemente il prodotto della propaganda corrotta della chiesa, che cercava di far passare i demoni per malvagi in modo da giustificare il continuo combattere con loro.

Un pezzo degli scacchi venne posto davanti al mio petto, una luce intensa avvolse me e la mia padrona Rias, ed il pezzo entrò nel mio petto causandomi una dose minima di fastidio.

Adesso qualcuno si domanderà sicuramente, perché asservirsi ad un demone come Rias, se avevo solo deciso di restare?

La risposta era semplice, avevo assistito in prima persona ad una battaglia della squadra della principessa cremisi, ed oltre ad approvare i loro metodi che li portarono a non uccidere nessun umano presente, non potei non lodare lo spirito di gruppo e l’amore che si respirava trai ranghi di quella formazione.

Rias era un padrone docile, molto affezionata ai suoi servi, che era arrivata al punto da trovare un pretesto per combattere contro gli angeli caduti piuttosto che lasciar andare Issei da solo a salvare Asia. Se davvero dovevo ricominciare, senza più fuggire, mi sarei immerso anima e corpo in quella nuova avventura, accettando volentieri di diventare il servitore di quella persona.

Il pezzo che mi fu assegnato, per la mia grande capacità tecnica in Hysteria Mode, fu il cavallo, il che mi poneva al pari di Kiba. L’unica differenza tra noi era che le mie capacità avevano delle restrizioni ferree per essere attivate, mentre le sue erano naturali.

Mi aspettai un ferreo interrogatorio riguardo queste restrizioni, ma dopo un iniziale rifiuto di spiegazioni, tutti smisero di domandare, dando per scontato che nel momento di bisogno avrei mostrato le mie reali capacità. Questo gesto mi fece apprezzare ancora di più i miei compagni, che lentamente si stavano abituando a me e mi stavano accettando, mettendo da parte l’idea di pazzo psicotico che si erano fatti.

La mia vita cambiò radicalmente nel giro di pochi giorni, passai dall’essere un uomo distrutto ad essere un demone rinato, con ancora tanto dolore e sofferenza, ma anche un briciolo di felicità. Iniziai a fare volantinaggio, ad assolvere i miei doveri come servitore, passando le mie notti ad esaudire i desideri degli umani che volevano contrattare la loro anima.

A differenza di Issei, con la trasformazione in demone guadagnai anche una piccola quantità di potere magico, utile ad utilizzare il teletrasporto, quindi le cose furono facili per me. O almeno furono facili fino a che non mi capitava di dover fare qualche commissione con Koneko, o non capitava per qualche strana ragione che nei due fossimo lasciati da soli.

I membri più grandi del club di ricerca per l’Occulto (quella era la nostra copertura a scuola), cercavano in ogni modo di farci interagire e parlare tra noi, ma mentre io mi trovavo in imbarazzo per tutte le cose che le avevo fatto, lei si limitava a non parlarmi o a voltare i tacchi quando ero io a rivolgerle la parola.

Per certi versi Koneko mi ricordava uno strano incrocio tra Reki il cecchino ed Aria, la mia vecchia… amica. Come Reki era perlopiù silenziosa ed impassibile, ma se messa alle strette era capace di fare espressioni adorabili e tenerissime, proprio come Aria.

Il mio interesse per lei era sincero, ma non romantico, l’unica cosa che volevo era appianare le divergenze che si erano create tra noi, riprendendo la nostra vita come compagni di club e compagni demoni.

Tuttavia avevo rinunciato ad una vita tranquilla divenendo un demone, ed i primi imprevisti erano dietro l’angolo. Avvenne tutto senza che me ne rendessi conto, un giorno durante la riunione del Club. L’aria era tesa, Issei era rosso in viso e nella stanza oltre a noi membri c’era una strana donna dai capelli argentei, vestita come cameriera.

Come noi anche lei doveva essere un demone, ed in me iniziò a crescere la convinzione che non esistessero brutte donne all’inferno, perché fino a quel momento tutte quelle che avevo incontrato erano estremamente avvenenti. La donna che si trovava davanti a noi non faceva eccezione.

“Sembra che tutti siano qui. Prima di iniziare con il club, c'è qualcosa che ho bisogno di dirvi.”

“Ojou-sama, vuole che spieghi io la situazione?”

La Buchou rifiutò l'offerta della cameriera, con un cenno della mano.

“La verità è...”

Nello stesso momento in cui la Buchou iniziò a parlare, un cerchio magico brillò sul pavimento. I disegni e le rune del cerchio cambiarono, formando un simbolo diverso da quello del clan Gremory, cosa che mi lasciò perplesso. Mi voltai verso i miei compagni, molti dei quali avevo espressioni confuse come la mia, solo Kiba ed Akeno sembravano sapere chi fosse in arrivo.

“....Phenex”

Ecco ciò che disse Kiba, che stava accanto a me. Non avevo mai sentito il nome dei Phenex, ma era evidente dall’espressione del suo viso che non fosse qualcuno con cui di raccomandabile.

La luce esplose, c'erano delle fiamme che provenivano dal cerchio magico e che si scatenarono in tutta la stanza. Caldo! Le scintille mi stavano bruciando la pelle. Dietro le fiamme c'era la sagoma di un uomo. Quando mosse il suo braccio di lato, le fiamme scomparvero.

“Fuu. Era un po’ che non venivo nel mondo umano.”

Dal cerchio magico apparve un uomo con abiti casual rossi, con la camicia aperta sino al petto e nessuna cravatta a fare compagnia. Non fui impressionato dalla sua apparizione, ma il modo in cui si atteggiava ed il suo modo altezzoso di porsi, me lo fece diventare subito antipatico. Appena dopo aver fatto un passo fuori dal cerchio magico iniziò a guardarsi intorno, i suoi occhi vagarono su di noi servi a cui non parve interessato. Mi fece irritare il modo in cui i suoi occhi si soffermarono qualche istante su Koneko, ma poi la vera destinataria di quegli occhi voraci si fece avanti.

“Mia amata Rias. Sono venuto a prenderti.”

I miei occhi si restrinsero e per un momento rimasi interdetto cercando di leggere l’atmosfera. Il nuovo arrivato, con l’aria del tipico bullo da liceo, si rivolse alla mia padrona, che di suo socchiuse gli occhi prendendo un profondo respiro. Non sembrava che lei gli stesse dando il benvenuto, anzi al contrario sembrava irritata dalla sua presenza. Con un movimento lento della mano sbottonai la giacca a prova di proiettile e sganciai la sicura della fondina.

“Allora Rias. Andiamo a dare un'occhiata alla sala della cerimonia. La data della cerimonia è decisa quindi dobbiamo controllarla prima di allora.”

L’uomo continuò ad avvicinarsi, non diede conto a noi, e nemmeno a Rias, che si lasciò afferrare il bracciò, ma non si mosse di un passo dalla sua posizione.

“……Lasciami andare, Raiser.”

Rias gli spostò la mano stringendola e lo disse con una voce seria e profonda. In quel momento sembrava davvero arrabbiata, probabilmente neanche lei apprezzava i modi dell’uomo davanti a lei. Lo sconosciuto che rispondeva al nome Raiser, dal canto suo, non sembrò  per nulla impressionato, ed al contrario sorrise.

Io ero pronto ad intervenire se il nuovo arrivato avesse fatto una mossa azzardata contro il mio padrone, ma altri meno pazienti di me scattarono.

“Oi, tu. Ti stai comportando male con la Buchou. Pensi che questo sia accettabile?”

Issei parlò con foga, alzandosi in piedi per fronteggiare l’uomo. Da come fu guardato in risposta, era facile intuire che Raiser lo considerava spazzatura. Da lì iniziò un battibeccò interminabile, una sequela di frasi senza senso e situazioni imbarazzanti che non voglio nemmeno ricordare. Troppe nudità e cose vergognose per la mia povera mente, dunque eviterò di richiamarle e passerò oltre.

Il succo fondamentale del discorso era che la mia padrona, Rias Gremory, come erede principale della casata Gremory era stata promessa in sposa al bell’imbusto appartenente alla famiglia Phenex. Il matrimonio sarebbe stato un vantaggio per entrambe le famiglie, ma per gli spasimanti le cose non erano così. Certo, Raiser ci avrebbe guadagnato, del resto chi non vorrebbe sposare una donna formosa e bellissima come Rias mantenendo al contempo un harem fatto dai propri servitori?

Ma al contrario la bella Gremory avrebbe solo perso le sue libertà sposando Raiser, venendo costretta a tornare negli inferi, costretta a vivere un uomo che non amava e costretta ad avere figli da lui. Quello che prese peggio la notizia fu Issei, che sembrava essersi infatuato della sua padrona che ora voleva salvare ad ogni costo.

Quasi risi per la sua ingenuità, ricordando il tempo in cui anche io ero così. Non esitai ad affrontare ogni sorta di creatura per proteggerai Aria, arrivai addirittura al punto di cavalcare una testata nucleare intercontinentale… ma quel tempo era passato ed ora per quanto volessi salvare la mia padrona, il mio non era più un fuoco ardente che brillava di innocenza e passione.

Per evitare ulteriori grattacapi, alla fine Raiser e Rias si erano accordati, con il benestare degli alti demoni dell’inferno, per una sfida ai Raiting Games. La squadra d Raiser avrebbe affrontato quella di Rias e quali delle due avrebbe vinto, avrebbe guadagnato il diritto di far valere la sua ragione.

Per Raiser era la volontà di avere una donna docile ed ubbidiente, che appagasse tutte le sue perversioni, per Rias il rompere il contratto matrimoniale avendo dunque la possibilità di innamorarsi di chiunque lei volesse.

Il che ci riporta alla settimana di allenamento infernale sui monti in previsione dello scontro. La nostra squadra aveva bisogno di migliorare, ma soprattutto Issei aveva bisogno di imparare ad usare il suo Sacred Gear che gli permetteva di raddoppiare ogni dieci secondi la sua forza.

L’allenamento fu duro, mi vennero insegnate tante cose, soprattutto da Kiba ed Akeno (Koneko si rifiutava di insegnarmi), ma anche io insegnai qualcosa ai miei compagni. Senza di me il gruppo sembrava come privo di mente, un corpo muscolo pronto a colpire qualsiasi cosa si muovesse, senza una ben precisa strategia.

Resomi conto di questo mi feci carico della situazione ed organizzai meeting su base giornaliera per discutere e trovare un modo per affrontare e vincere i nostri avversari.  La nostra squadra era in svantaggio sia numerico che per livello di esperienza ed abilità, ma avevamo anche qualche carta vincente che intendevamo far valere.

Per prima cosa modificammo le nostre divise, basandole tutte sul polimero con cui erano costruite quelle per l’accademia Butei. Ciò avrebbe aumentato le nostre difese rendendo ai nostri avversari più difficile porta a segno i colpi. A tutti vennero date siringhe ripiene con il cocktail “Razzo!”, utile per riprendersi dalle ferite ed evitare il ritiro forzato. Questo ci avrebbe dato il tempo di retrocedere per farci curare da Asia, il nostro Jolly.

Finchè lei fosse stata viva ed a portata di mano, una nostra sconfitta era improbabile. Qualsiasi nostra ferita sarebbe stata curata e l’adrenalina avrebbe nascosto temporaneamente lo spossamento. A tutti furono consegnate manette a prova di abilità speciali, fumogeni e per ogni precauzioni teaser, che comunque avrebbero avuto poco o nessuno effetto sui demoni.

Io ordinai anche altre cose, cose introvabili perfino per i Butei di alto rango, ma che grazie alle connessioni della famiglia Gremory ricevetti a tempo di record.

E poi si arrivò al giorno dello scontro.

Con Koneko ero ancora ai ferri corti, ma per la fine dello scontro le cose sarebbero molto cambiate.

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“Rias, ti dico che è la soluzione migliore. Ho studiato tutte le schede di valutazione e visto i filmati, un combattimento di questo tipo è la nostra migliore risorsa per vincere.”

Stavo ancora cercando di fare valere le mie ragioni. Si era arrivati al giorno dello scontro decisivo, ed eravamo già stati trasportati con la magia nel luogo dello scontro. Ad occhio sembrava che non ci fossimo dalla stanza del club, ma in realtà eravamo passati dalla realtà, ad un mondo fittizio, del tutto uguale a quello di partenza, dove avremmo potuto combattere e distruggere quanto avessimo voluto senza trattenerci.

“Ed io ti ho detto di ascoltare la tua padrona! Non metterai in pericolo la tua vita in questo modo, non ti permetterò di fare di testa tua! Sia per te, che per i tuoi avversari! Cosa succederebbe se perdessi di nuovo il controllo?! Non tutti hanno superato l’incidente di quel giorno ed al momento c’è solo un fragile equilibrio tra di noi. Seguì la strategia che IO ho deciso e vedrai che andrà tutto bene.”

Digrignai i denti, presi un profondo respiro iniziando a giocherellare con Leopone. Era diventato un mio vizio stringere tra le mani il piccolo pupazzo, domandandomi in ogni momento come si sarebbe comportata Aria al mio posto. Ero stato un Butei, mi era stata insegnata l’importanza della catena di comando, ma anche così non riuscivo a tollerare un piano con così tante variabili imprevedibili.

“So di essere un nuovo membro del gruppo, che quasi nessuno qui si fida di me, ma io posso farcela. Posso porre fine a tutto questo prima ancora che i nemici capiscano cos’è successo. Sei un grande Leader Rias, con carisma ed una volontà di ferro, ma verranno giorni in cui dovrai affidarti a qualcun altro e non contare solo su te stessa. Sai qual è il primo articolo di noi Butei? Credi nei tuoi amici e proteggetevi gli uni con gli altri…”

Ancora pochi minuti e sarebbe iniziato lo scontro, il dibattito tra me e la Bochou era acceso, ma nessun altro sembrava esserne interessato. Nessuno in quella stanza aveva appoggiato la mia idea, alla fine ero stato il solo a voler rischiare in un’unica mossa, tutti gli altri preferivano far valere la loro ragione con la forza…

…poveri sciocchi, in questo mondo non era la forza a prevalere, ma l’arguzia.

Rias soppesò le mie parole, sembrò quasi sul punto di cedere, ma poi un forte gong riecheggiò nell’aria. Lo scontro era iniziato, non c’era più modo di tornare indietro. Rias prese un sospiro, si sedette sul divano della sala del club, ignorandomi completamente.

“Avete tutti i vostri ordini, inizierete ad andare tra dieci minuti. Akeno, ti va di mettere su un po’ di the?”

Un fremito di agitazione mi percorse il corpo, ma lo misi a tacere. La strategia di una battaglia in campo aperto, con divisione a squadre ed assalti mirati non era male, anzi era perfino ben congegnata, ma non ci avrebbe portato alla vittoria.

Avevo passato l’ultima settimana a sfruttare il difetto fatale dei miei avversari contro di loro. Quell’unico difetto che loro avevano e noi invece no.

Loro erano famosi.

Erano giocatori esperti dei raiting games ed in quanto tali le quantità di notizie che era possibile reperire era quasi illimitato. Studiai i loro scontri, le loro vittorie, le loro sconfitte e le capacità generali di ognuno di loro, arrivando ad un  unico esito possibile.

Noi avremmo perso.

Per quanto forti, per quanto capaci, non avremmo potuto battere la loro regina senza sforzo. Ed anche se l’avessimo battuta non avremmo potuto battere il loro re.

Raiser era della casata Phenix, nel cui sangue scorreva il potere della mitologica creatura. Una creatura leggendaria, prolifica, con una potenza di fuoco invidiabile ed una resistenza quasi assoluta. Pochi attacchi erano capaci di danneggiarla realmente e nessuno di noi era capaci di sferrarli.

L’unica possibile via d’uscita era il piano che avevo concepito durante l’Hysteria Mode della mattina, quando il sangue affluì senza controllo voi-sapete-dove (come in ogni maschio sano), ed entrai in quello stato per qualche minuto.

La trasformazione era sparita da tempo, ma il piano era rimasto. Mi allontanai dalla stanza dei miei compagni, mi inoltrai in un corridoio buio che non sboccava da nessuna parte, e li diedi sfogo alla mia rabbia. Un muro di mattoni fu il mio triste avversario e quando finì con lui era leggermente ammaccato e le mie mani erano sanguinanti.

Tornai nella stanza in tempo per partire, ed insieme ai miei compagni mi allontanai dall’edificio scolastico. Uscimmo in quattro dal nostro campo base, ma ci dividemmo subito in gruppi da due. Io viaggiai in coppia con Koneko, mentre Kiba era con Issei.

Le squadre vennero decise in maniera tale che ci fosse un veterano con esperienza (Kiba e Koneko), ed un giovane demone inesperto (me e Issei). Anche così era improbabile che finissi con Akeno, visto e considerato che ultimamente a stento riuscivamo a stare nella stessa stanza insieme, ma la necessità di una coppia formata da persone capaci sia nel corpo a corpo, che in attacchi a distanza giocò a mio favore.

Io andai con Koneko, in maniera tale che mentre lei teneva occupata i nemici a distanza ravvicinata, io li spazzavo via a distanza. Stessa cosa valeva per Issei e Kiba, anche se la loro squadra era leggermente tendente al corpo a corpo per via dell’incapacità di Issei di usare la magia.

Per dirlo semplicemente, fu tutto organizzato dalle nostre sempai che cercavano di fari riappacificare.

Durante i primi minuti di marcia nella fitta foresta che divideva i due edifici scolastici, nessuno parlò. Koneko si teneva qualche passo di fronte a me, facendo ben attenzione a non guardarmi nemmeno per sbaglio.

“Andrà avanti ancora per molto?”

Parlai con voce stanca, quasi spenta e lei mi rispose nel suo solito modo freddo ed atono.

“Il gioco è appena iniziato.”

Non si dilungò, ne cerco di trovare un modo di conversare, fui io a cercare di far chiarezza.

“Non sto parlando del gioco, sto parlando di noi.”

Il corpo della mia kohai si irrigidì, ma oltre a questo non diede altro segno di tensione.

“Non esiste nessun noi. Non esisterà mai. Sei solo un pervertito.”

Ogni sua frase una coltellata, ogni coltellata un dolore lancinante. Cercai di ridacchiare per alleggerire la tensione, ma non venne fuori niente.

“Mi sono già scusato per averti baciato… non volevo farlo davvero…”

Provai ancora la stessa strategia che non mi aveva portato a nulla nell’ultimo mese, ma stavolta a differenza del solito, non ricevetti la solita risposta. La ragazza si fermò, il suo sguardo impassibile sostituito da un affranto.

“Proprio non capisci… Quando mai ti ho chiesto di scusarti per quello?”

Il mio cuore mancò un battito, ma non ci fu tempo per dire altro perché arrivammo alla nostra meta primaria. Davanti a noi, oltre il limitare degli alberi si estendeva la palestra della scuola. Quello era uno dei punti cruciali, in cui sarebbe stato facile sia difendere che attaccare e dovevamo assolutamente conquistarlo.

“Andiamo.”

Koneko si lanciò all’assalto a testa bassa, ed io tenni il passo dietro di lei facilmente. Grazie alla mia trasformazione in demone, ed in particolare alle mie specifiche di cavallo, la mia velocità era aumentata enormemente, rendendomi facile quel compito particolare.

Koneko sfondò la porta con un pugno, io andai in avanscoperta con la pistola sguainata e trovai tre persone ad attenderci. I file che avevo attentamente letto riconobbero le persone di fronte a noi come una torre e due pedoni. Nemici non troppo ostici per noi due soli.

“E così siete arrivati. Se volete saperlo era una mossa fin troppo prevedibile, ma non otterrete questa palestra, abbiamo ricevuto l’ordine di difenderla con la vita. Io presi posizione, Koneko si spostò davanti a me per difendermi e lo scontro cominciò.

Le torri si scontrarono tra loro mentre io mi occupavo dei pedoni. Lo scontro era duro, lo scontro era difficile, ma ero pur sempre un cavallo, ed anche senza Hysteria Mode dovevo solo tenermi a distanza e sparare. Molti miei proiettili colpirono il bersaglio, ma nessuno di questi fece danni sufficienti ad eliminare i due pezzi.

I demoni erano più resistenti degli umani, perfino i proiettili di una Desert Eagle avrebbero penetrato la carne per solo qualche centimetro, rendendo i miei attacchi decisamente più deboli di quanto sarebbero stati normalmente. Lo scontro si protrasse e sembrò quasi che i nostri avversari stessero cercando di guadagnare tempo, cosa che si rivelò vera quando nella palestra arrivarono altri due pedoni ed un cavallo.

Lo scontro era ora a nostro svantaggio, con sei nemici contro solo noi due. Ma mentre loro pensavano di averci messo sotto scacco, la verità era che noi avevamo messo sotto scacco loro.

“Akeno-san. È il momento.”

“Fufu, grazie Kinji-kun, avete fatto un buon lavoro.”

Comunicammo con la sempai tramite le auricolari che tutti i demoni in gioco avevano a disposizione, dimostrando ai nostri nemici come la loro trappola si fosse rivolta contro di loro. Corsi più veloce che potei, raccolsi Koneko tra le mie braccia, ed insieme ci fiondammo fuori dalla palestra, giusto in tempo per evitare uno scoppio pauroso di magia che investi l’edficio.

[Quattro pedoni, una torre ed un cavallo della squadra di Raiser sono eliminati.]

La voce del conduttore del gioco annunciò questo alla squadra ancora in gara, dandoci di che rallegrarci. Con  la nostra avanzata sconsiderata, avevamo fatto finta di puntare all’edificio, mentre tutto quello che volevamo era raccogliere il maggior numero possibile di nemici al suo interno.

Avevamo così sacrificato una valida postazione in campo nemico per 1/3 dei suoi servitori.

Akeno discese dal cielo con le sue sottili ali da pipistrello e ci sorrise vedendo Koneko ancora stretta tra le mie braccia.

“Fufu… Kinji-kun, non pensi di dover fare questo genere di cose dopo il game? Forse la nostra piccola Koneko non è ancora pronta a queste dimostrazioni di pubblico affetto.”

Koneko arrossì, tremò e quando la lasciai andare mi colpì con un pugno che quasi mi fece volare via. Rialzandomi a fatica guardai verso la regina del nostro gruppo, che ancora ridacchiava.

“Akeno-san, per favore smettila di dire cose del genere, altrimenti finirò eliminato per colpa di un mio compagno di squadra.”

Parlai con voce supplichevole, ma la ragazza si limitò a continuare a ridere, volando via. Il piano prevedeva che ora lei andasse a fare da supporto ad Issei e Kiba, che sentendo quanto comunicavano via radio erano in difficoltà.

Fu quello il momento in cui le cose per me e Koneko volsero al peggio.

Rimasti da soli in uno spiazzo desolato, con pochi nemici da affrontare, dovevamo infiltrarci nel nuovo edificio scolastico cominciando ad eliminare le difese che coprivano Raiser, in modo che l’intero gruppo potesse poi caricare il re nemico, eliminandolo.

Il nostro errore fu quello di pensare che Raiser ce lo avrebbe lasciato fare.

La magia venne dall’alto, era al livello di quella di Akeno, ed entrambi ce ne accorgemmo all’ultimo momento perché nascosta da un’illusione. Avverti i miei piedi alzarsi da terra, il mio corpo volare, la mia schiena sbattere forte contro uno degli alberi della foresta.

Respirai a fatica, mi tastai le costole contandone almeno un paio rotte.

Questo però era nulla in confronto al dolore che provai quando alzai lo sguardo sullo spiazzo davanti a me. La palestra non esisteva più, ma ora anche lo spiazzo che la costeggiava era sparito, sostituito da un grande cratere.

Al centro del cratere, coperta di sangue, con gli occhi a malapena aperti c’era Koneko. Era stata lei a spingermi via, a rinunciare alla possibilità di difendersi per mettere in salvo me. In qualche modo si era accorta un istante prima dell’attacco, in qualche modo lei aveva fatto quello che sarebbe dovuto essere compito mio.

Lei mi aveva protetto.

Dall’alto discese una donna. Bella, fiera, imponente.

Era la regina di Raiser, venuta a sterminarci per la nostra recente carneficina ai danni della loro squadra.

Non mi curai di lei, non mi curai del suo sguardo divertito ne del modo in cui mi guardava.  Scesi nel baratro, fui accanto a lei, la sostenni. Stava piangendo, i suoi occhi erano bordati di lacrime, ma non sembrava soffrisse. Tra le mani stringeva una siringa vuota, aveva usato l “Razzo!” per comprarsi qualche minuto prima di sparire.

Ma anche senza sentire dolore non poteva impedire alle sue gambe rotte di rimanere accasciate al suolo, ne al suo piccolo petto di respirare affannato.

“Kinji…”

La sua voce era acquosa, senza dubbio colpa delle lacrime.

“… non volevo essere un peso, scusami…”

Un piccolo pezzo del mio cuore si infranse, mentre l’altro venne investito dalla rabbia.

“… devi vincere per la Bochou. Promettimi che vincerai per la Bochou.”

Una luce bianca aveva iniziato ad avvolgerla. Il team medico la stava teletrasportando in infermeria, dove si sarebbero presi cura di lei. Lei non sarebbe morta, non sarebbe stato come con Aria. Il suo pezzo era la torre, aveva le difese più alte di tutti in campo, anche con un attacco del genere sarebbe sopravvissuta.

“Io vincerò.”

Lo dissi con voce sicura, prima che anche il suo busto sparisse. E le nostre labbra si toccarono, fui lei a cercare il bacio stavolta, ed io non potei che assecondarlo. Il sapore di menta selvatica, l’odore di Vaniglia e quel gusto salato di lacrime.

[La torre del gruppo Gremory è stata eliminata]

Il calore mi avvolse. Il calore mi circondò.

Il calore eruppe nel mio petto.

Ero entrato in Hysteria Mode.

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Note: Non ho un beta, dunque se trovate errori segnalatemeli. Grazie =) RFM
  
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