Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Colpa delle stelle    15/02/2015    3 recensioni
Hanno vinto i giochi. Sono entrate nei cuori dei capitolini. Sono diventate famose. E sono sopravvissute. Ma quella era solo una delle tante battaglie.
La vita le ha messe di fronte a nuove prove e l'edizione della memoria le reclama, trascinandole in un nuovo vortice di pericolo e di sangue.
Chi dice che l'amore regali solo gioie? E che gli insegnamenti ricevuti da bambini siano davvero giusti?
Per quanto ferma nei suoi ideali, Lucinda arriverà a mettere in dubbio tutto quello in cui credeva e sarà difficile recuperare la certezza nelle sue scelte.
Incredibilmente alle sue aspettative invece, Camille è sopravvissuta ed è tornata nel Distretto 11, ma l'ultima cosa che le riserva il destino è proprio la pace che lei tanto desidera.
E Felicity, che aveva promesso di essere forte, sempre, capirà che davanti a certi tipi di dolore sarà complicato ritrovare il coraggio di alzarsi in piedi senza spezzarsi.
Gli Hunger Games ricominciano. Per cosa vale la pena combattere davvero?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The power of the elements'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The power of the elements - Il sacrificio del fuoco





 Il tramonto in uno sguardo 

 

 

« Il gioco della provocazione non deve essere perseverato.
Tu provochi e l'altro tace, tu provochi e l'altro ignora,
tu provochi e non hai risposte
 e il silenzio spinge a provocare ancora più pesantemente.
Ed è proprio lì che si deve stare attenti,
perché chi è rimasto in silenzio di fronte alle provocazioni 
può stupirti non con le parole, ma agendo. »

Silvia Nelli

 

Il tramonto che si scorgeva dal finestrino del treno era magnifico e nonostante Camille avesse l'umore a terra, non poteva non accorgersene e ammirarlo. L'ultimo vagone del treno era diventato ormai una sorta di rifugio. Guardare fuori da quelle vetrate dava quasi una sensazione di libertà inappagabile.
- Bella vista. - commentò Joey, sedendosi di fianco a lei.
Camille sorrise, ma non si voltò a guardarlo.
- Hai ragione. -
Si appoggiò con le braccia allo schienale del sedile e nascose il mento nell'incavo del gomito.
- Mi dispiace per l'altro giorno. -
- Ti dispiace per cosa? Non sapevi nemmeno cosa volevo dire. -
Il tono di Camille era tranquillo, la sua voce distante e gli occhi persi dietro alla fila di alberi infinita che si intravedeva oltre il vetro. Joey non poteva fare a meno di pensare che tutti avessero la stessa espressione quando erano tristi. Aveva sorpreso Lucinda molte volte in spiaggia, a fissare il mare, e tutte le volte aveva la stessa identica espressione di Camille in quel momento.
- Non sapevo cosa volessi dire, ma sono certo che sarebbero state belle parole. - la rassicurò Joey, convinto.
Finalmente Camille lo guardò e gli riservò un sorriso.
- Non hai detto giuste e per questo ti ammiro. Sei una delle poche persone che riesco a sopportare in questi giorni. -
Joey sollevò le sopracciglia, incredulo.
- Nemmeno Felicity? -
Scosse la testa.
- Vuole raggiungere il suo obiettivo a tutti i costi, ma lo fa in modi crudeli, non fa che eguagliare il presidente Snow nel suo gioco. Alexander non riesco a capirlo, è scostante. Nick è antipatico e odio la confusione di Lucinda. -
- Dovresti darle tempo – propose Joey. - Non c'è persona più equa di lei. -
Camille sospirò e si fissò le unghie.
- So benissimo che la conosci bene e forse proprio per questo dovresti fare qualcosa per farle cambiare idea. -
- Ci ho provato e mi ci è voluto molto per capire che era uno sbaglio. Non voglio ripetere lo stesso errore. Io sono amico delle persone che lo meritano, quindi a prescindere, per me, i loro ideali sono giusti. -
- Come puoi essere amico suo e mio contemporaneamente? -
- Tu hai tutte le ragioni, lei ha ricevuto un'educazione diversa. Ci sono arrivato e ho capito. Lo farà presto anche lei. -
Il sorriso di Camille tradiva preoccupazione, ma Joey non se ne accorse.
- Lo spero davvero. -
Lo sguardo che gli rivolse subito dopo lo fece arrossire e si grattò la nuca, imbarazzato.
- Perché mi guardi così? -
- Sei intelligente – affermò Camille, spostando una mano sul suo ginocchio. - E molto saggio. Solo lo dimostri raramente. -
Non sapendo se prenderlo come complimento o come un insulto, Joey fece spallucce e fissò con insistenza la mano di Camille.
- Solo un amico, eh? - chiese dopo un po', con un sorriso sghembo.
Camille finse di cadere dalle nuvole.
- No, ho detto che Nick mi sta antipatico. -
Joey si avvicinò di qualche centimetro e riuscì a cogliere il riflesso rossastro del tramonto nello sguardo di Camille.
- Non parlavo di Nick. -
Camille ignorò l'improvvisa vicinanza e il suo sorriso finì per raggiungerle anche gli occhi.
- Ti voglio bene Joey – confessò allora, prendendogli la mano. - Solo questo conta adesso. -
 

 

Felicity e Lucinda erano sedute allo stesso tavolo del vagone ristorante e si lanciavano qualche sporadico sguardo, di tanto in tanto. La prima stava leggendo un libro all'apparenza incomprensibile, l'altra stava affilando il proprio coltello. Era da una settimana che non si allenava e quella immobilità alla quale l'avevano costretta le pesava, forse più di dover leggere gli stessi identici cartoncini ogni volta. Nick era seduto di fronte a Lucinda e la fissava. Di Alexander nessuna traccia.
- Mi sto annoiando – esordì Nick. - Tutti i giorni le stesse identiche cose. -
Felicity sollevò appena lo sguardo dal suo libro, per fare un cenno abbastanza evidente a Lucinda.
- Puoi far tacere il tuo ragazzo? - domandò, ironica. - Starei cercando di leggere. -
- Non è il mio ragazzo. - commentò Lucinda.
- Non ancora. - ribatté Nick.
Nascondendo un finto conato di vomito, Felicity si alzò il libro sugli occhi, ignorandoli.
- Ai capitolini piaceremmo, se sono sicuro. -
Lucinda lasciò cadere il coltello sul tavolo, forse con troppa foga, e lo guardò, trattenendo un sorriso.
- Grazie a me, piaceremmo a chiunque. - affermò, raddrizzandosi con finta noncuranza la coda.
- Ne sei sicura? -
- Precisamente. -
- Avevo detto qualcosa sul fatto di stare zitti. - protestò Felicity, stringendo con tanto nervosismo le pagine da farle piegare.
- Davvero? - chiese Nick, incrociando le braccia al petto. - Non ti ho sentita. -
- Io posso dire di avere ascoltato, invece. -
L'uomo comparve dal nulla, e all'improvviso, e solo Lucinda lo riconobbe. Aveva ripreso in mano il coltello, ma aveva di nuovo mollato la presa, colta alla sprovvista. Non era da tutti i giorni ritrovarsi il mentore che non vedeva da mesi davanti agli occhi.
- Caleb. - sussurrò, sbattendo un paio di volta le palpebre, come per accertarsi che la persona che vedesse davanti a lei fosse vera e non frutto della sua immaginazione.
- Precisamente. - disse l'uomo, avvicinandosi al tavolo.
Teneva dei foglietti in mano e nonostante riproducessero fedelmente lo stemma di Capitol City sul retro, Lucinda riconobbe una scritta che non c'era nella versione ufficiale, ma non riuscì a leggerla.
- Cosa ci fai qui? - domandò, recuperando alla svelta la voce.
- Sono stato il tuo mentore, non c'è copertura migliore di questa. - disse solo, lanciandole un'occhiata piena di significati.
Felicity lo squadrò a lungo.
- Sei un ribelle anche tu. - affermò, mantenendo comunque il tono di voce particolarmente basso. Nei treni della capitale c'erano occhi e orecchie ovunque. Quando Caleb annuì, Lucinda si sentì per qualche secondo come tradita, ma ignorò la fitta improvvisa che le colpì lo stomaco. Deglutì, provando a cacciare l'amaro che sentiva in bocca. Le succedeva con ogni persona di recente, perché nessuno era mai come voleva apparire. E non capiva perché tutti volessero rovinarsi la vita in quel modo.
- Una copertura. Astuto. - commentò invece Nick, incrociando le braccia al petto.
- In rappresentanza del Distretto 9, andranno Alexander e Joey – ricordò Caleb, senza troppi preamboli. - Consegnate loro questi. È importante che evitino di leggere quello di Capitol City. -
- Hai visto cos'è successo nel Distretto 11 – obiettò Lucinda. - Potrebbe ripetersi. E finire male. -
- Un incidente di percorso – minimizzò Caleb, con un gesto della mano. - Al Distretto 11 se lo aspettavano perché conoscevano da tempo l'indole di Camille. Alexander è sconosciuto per la maggior parte dei suoi concittadini e i Pacificatori non si aspettano una nostra mossa, dopo quello che è successo. -
- Abbiamo il fattore sorpresa dalla nostra parte! - esclamò Felicity, evidentemente soddisfatta.
Caleb infatti annuì.

- Dobbiamo sfruttarlo, non ci capiteranno altre occasioni del genere. -
Lucinda non li ascoltava più. Lei e Nick si erano guardati e avevano scosso la testa, contemporaneamente. La capitale sapeva e si sarebbe aspettata qualsiasi cosa. Non avevano possibilità.
- Non parteciperò al vostro piano. -
Le parole di Alexander gelarono in un solo istante l'intero vagone.
Caleb sembrava così sicuro, così certo delle parole scritte sui foglietti che teneva in mano, che non aveva pensato per un solo momento che c'era la possibilità di non avere il contributo di uno dei vincitori.
- Non parteciperai? - domandò Felicity, quasi non credendo alle proprie parole.
Alexander scosse la testa.
- Finché si trattava di parlare in uno scantinato buio e abbandonato, a illuderci di poter cambiare il mondo e di spodestare Snow, mi andava bene. - spiegò, senza pietà. - Ma al Distretto 9 c'è la mia famiglia ed è loro che prenderanno di mira a una mia sola parola sbagliata. Non sono pronti per morire per me. Non voglio che muoiano per una causa che è già fallita e che voi invece vi ostinate a portare avanti. -
Nessuno sembrava trovare il coraggio di parlare e vedere Caleb in evidente difficoltà, con le sopracciglia aggrottate, era una visione che aveva del terrificante.
- Ti tiri fuori? - domandò.
- Non contate su di me per questa cosa. - ripeté Alexander. - Chiedetemi tutto, ma non di mettere in pericolo la mia famiglia. -
Felicity si alzò e se ne andò, senza dire una parola. Il libro era aperto a faccia in giù sul tavolo ed era quello che Alexander fissò insistentemente, quando anche Caleb abbandonò la stanza e seguì Felicity, portandosi dietro i foglietti.
- È giusto. - considerò Lucinda ad alta voce.
- Nessuno ti giudica. - disse invece Nick.
Alexander sospirò e le sue spalle si abbassarono, in preda allo sconforto.
- Lo hanno appena fatto. -
- Ognuno ha la propria vita, i propri affetti, le persone per cui lottare. - affermò Lucinda, decisa.- E nessuno ha il potere di decidere cosa fare di te. Noi siamo responsabili e padroni delle nostre scelte. Nessun altro. -
Nick la guardò e sorrise divertito.
- Hai appena detto una cosa particolarmente intelligente. -
Lucinda gli restituì lo sguardo.
- Perché io sono intelligente. - ribatté, strappando addirittura un timido sorriso anche ad Alexander. - Tutto si aggiusterà – ripeté Lucinda, tornando seria. - Felicity capirà e tornerete come prima. -
Alexander sollevò di scatto lo sguardo e strinse gli occhi a fessura.
- Perché tutti dicono che non siamo più quelli di una volta? - domandò, esasperato. - Non è cambiato niente tra di noi! -
Lucinda sobbalzò.
- Lo davo per scontato. - confessò.
- Perché? -
- Perché prima sorrideva quando era con te. E non parlo di quel ghigno odioso e insopportabile che ha sempre quando vuole fare una battuta ironica, nonostante tutta la sua tristezza, ma non ci riesce. - gli fece notare Nick, dando a Lucinda di che pensare. Evitava di chiedergli come avesse fatto ad accorgersi del suo sorriso, perché si sarebbe resa solamente ridicola. E non voleva.
- Concordo. - disse solo, prendendo in mano per l'ennesima volta il suo coltello. Non era ancora riuscita a pulirlo e il manico era pieno di impronte.
- Felicity sorrideva solo con me. – sussurrò Alexander, scuotendo la testa.
- Voi maschi lo fate spesso. - commentò Lucinda, ma ormai Alexander non l'ascoltava più. - Non vi curate dei dettagli. -
Sembrava essere caduto in una specie di trance, perché si era alzato senza dire una parola e aveva iniziato a camminare verso la porta, fermandosi di tanto in tanto, come per riflettere meglio.
Nick la guardò.
- Gli unici veramente normali, qui dentro, siamo solo noi. -
- Per la prima volta, ti do pienamente ragione – confermò Lucinda. - Senza rimorsi. -

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Colpa delle stelle