Lì, sul campo di battaglia, caldo del sangue versato, l’avevo vista: bellissima nella sua fierezza. I capelli, i soliti indomabili, le ricadevano sul viso. La bocca rossa, sanguigna, deformata in un urlo adrenalinico, quelli che fai quando attacchi. Le gambe, mostrate dai pantaloni corti, tese, guizzanti nel movimento. Il busto piegato verso l’avversario.
E gli occhi. Gli occhi.
Dio.
Certe debolezze sono così stupide, ma lo ammetto, vedere i suoi occhi fiammeggianti nella battaglia mi ha fatto bruciare il sangue nelle vene.
Ha sbaragliato coloro che le si opponevano.
Si è trovata di fronte me. Me, coperto dalla mia maschera. Dalla mia potenza oscura.
Mi ha riconosciuto. Si dice che le donne abbiano un sesto senso, dopotutto.
Bè, se in un primo momento ho pensato che sarebbe rimasta un po’ spiazzata, mi sbagliavo.
Ha semplicemente raccolto le forze per un altro attacco.
La spavalda guerriera, l’amazzone indomita.
E io, io non ho potuto fare a meno che desiderarla più che mai.
Era brava, incredibilmente brava, ma io lo sono di più. Ciò non sminuisce le sue capacità.
Fatto sta che si è ritrovata sotto tiro.
Mi sono avvicinato, non troppo, attirato dalla forza che ha sempre esercitato su di me.
Abbiamo scambiato le solite battute sprezzanti del caso, come due eroi omerici.
Poi, poi.
Sono debole, sono sempre stato debole con lei nei paraggi.

Cosa ti manca di noi?
Come ballavamo.

Il tono, il tono freddo, con cui l’ha detto. Gli occhi, gli occhi caldi, che ha cercato di nascondere.
E poi, bè.. sono un uomo..l’ho lasciata andare.