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Autore: Thelooking    16/02/2015    0 recensioni
Genere: Commedia, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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PREFAZIONE.

-Il passato fa sempre male-

 

 

"14 Settembre 2010"

<< Mrs Campell, come lei già sa sono maggiorenne da oggi. Sono venuta qui solo per informarla che io e Chris Taylor ce ne andiamo oggi, perciò non dovrete più preoccuparvi di noi poveri orfani. Mi stia bene >> le dissi prima di congedarmi da sola, in tempo per sentire in lontananza la madre superiora dell'Istituto Orfani di Los Angeles urlare verso la mia direzione, ma in quel momento non m'importava più di niente... se non di andarmene definitivamente da quella gabbia di pazzi in cui ero intrappolata da diciotto anni, da quando quella puttana di mia madre mi abbandonò lì.. e ci rimasi fino ad oggi perchè nessuna famiglia mi voleva: ero la pazza che parlava da sola, solo una persona mi aveva voluto bene lì dentro: Harry Styles, ed ormai quella persona non era più lì. A differenza mia aveva trovato una famiglia benestante che lo adottò all'età di quattordici anni, e lui era l'unico a proteggermi dalle bestie che vagavano in quell'edificio. Ed era andato via. Scacciai i pensieri tristi dalla mente, concentrandomi su Chris che mi aspettava fuori, con in mano il nostro borsone con i pochi effetti personali, un biglietto per il prossimo autobus e una busta gialla in mano.

<< Cos'è quella Chris? >> chiesi incerta trascinandomi fino alla fermata dell'autobus.

<< Oh... è per te. Mrs Campell mi ha detto di fartela aprire solo una volta saliti a bordo. Te la senti di aprirla? >> chiese salendo a bordo, facendosi timbrare il biglietto per la corsa verso Las Vegas.

<< Si, ormai nulla potrebbe farmi cambiare idea per farmi ritornare in quel manicomio. Ormai m'importi solo tu >> dissi lasciandogli un bacio sulle labbra.

Chris non era di certo un bravo ragazzo. Era arrivato lì a sedici anni, dopo essere stato coinvolto in parecchie risse ed essere stato picchiato più volte dalla sua famiglia: degli psicopatici drogati che lo costringevano a  spacciare per L.A mentre era ancora un bambino. Sollevò lo sguardo, scostandosi dalla fronte una ciocca ribelle di capelli neri corvini, mostrando la cicatrice che gli prendeva tutta la fronte. Se l'era procurata quando suo padre ubriaco fradicio l'aveva picchiato con una bottiglia di birra, procurandogli un trauma celebrale, fortunatamente suo padre era ancora lucido e l'ha portato all'ospedale giusto in tempo per evitare che Chris morisse, ma non appena constatato chi fosse la persona che lo avesse quasi ucciso, avevano tolto la custodia alla famiglia di Chris e l'avevano spedito a marcire insieme a me in quell'inferno. Nonostante tutto, quella cicatrice faceva risaltare i suoi occhi verdi, e lo faceva apparire ancora più sexy di quanto potesse apparire.

Aprii la busta gialla quando l'autobus aveva già iniziato ad allontanarsi, ed iniziai a leggere la lettera:

 

Cara Georgia,

non sono riuscita a trattenerti dall'andartene dall'Orfanotrofio, ma non potevo nasconderti questo per altro tempo. Soprattutto adesso che te ne stai andando. So che dopo quello che ti dirò tu mi odierai più della prima volta che mi hai visto, ma devo dirtelo:

tuo padre è vivo, si chiama Lucas Rose fa il dentista e vive a Manatthan, sulla 74sima. Lui non era a conoscenza che tua madre fosse rimasta incinta. Semmai lo vorrai cercare, ti ho dato le informazioni che sono riuscita a  trovare, non odiarmi.

Mrs Campell.

 

<< Georgia! Georgia! Cosa succede? >> mi chiese allarmato Chris.

Lasciai i miei occhi vagare nel vuoto, iniziando a sentirli inumidirsi. Stavo piangendo. Dentro di me era come se tutto si fosse bloccato, grazie a poche righe di una lettera e di parole mai dette. La lettera mi cadde dalle mani, e mentre Chris chiedeva spiegazioni riuscii solo a sussurrargli: <<..è vivo. Mio padre >>

 

*

 

" 18 Settembre 2010 "

 

Contemplavo la Chiesa in cui stavo avanzando, un sorriso stampato in faccia ed un vestito bianco corto con una stupida tiara giocattolo che le bambine utilizzavano per sentirsi delle principesse. In mano due semplici collanine a forma di cuore, che se avvicinate si completavano. Chris vicino ad uno dei tanti sacerdoti che avevano il potere di poter dichiarare ufficiale un matrimonio a Las Vegas. Anche lui sorrideva, come me, del resto. Impeccabile nei suoi jeans bianchi e la sua camicia migliore. Aveva cercato di pulire la brutta chiazza di Coca Cola sulle sue scarpe, ed adesso sembravano più pulite di quanto non fossero mai state. Una volta avvicinata, Chris mi tese la mano, fissandomi e sussurrandomi all'orecchio un 'sei bellissima, sei sicura di voler passare la tua vita con uno come me?', ed io mi limitai ad annuire in preda alla gioia. Il sacerdote cominciò a parlare e a fare battute tipiche newyorkesi, mentre io continuavo solo a fissare quello che sarebbe potuto diventare il mio futuro marito. Da un momento all'altro.

<< Quindi: vuoi tu prendere Georgia Rose, in sposo per sempre, il qui presente Chris Taylor. Tengo presente che questa è la tua ultima possibilità di cambiare la tua risposta >> disse sorridendo il vecchio, massaggiandosi la testa calva.

<< Lo voglio, adesso e per sempre. Finché morte non ci separi >> dissi mettendogli al collo una parte della collanina, ed infilandogli quello che era l'ultimo ricordo di mia madre: un anello d'oro puro che mi aveva lasciato prima di lasciarmi sulla soglia dell'Istituto.

<< Okay, e tu Chris Taylor vuoi tu prendere, in sposa Georgia Rose? >> chiese osservandolo.

<< Si, lo voglio >> disse mettendomi al collo l'altro pezzo della collanina, e mettermi al dito l'altro anello che avevo legato al collo quando le suore mi trovarono.

<< Beh, allora con i poteri conferitomi da Las Vegas.. vi dichiaro marito e moglie.. può.. >> iniziò a dire, ma ormai lui si era già fiondato sulle mie labbra, e mi trascinava fuori per recarci al McDonald's dove avremmo festeggiato, noi due soli, il ricevimento.

*

 

"18 Settembre 2012"

 

<< Cosa significa che credi di essere incinta, Georgia? >> mi chiese Chris continuandomi a fissare, mentre stringeva infuriato il volante. Nella macchina nel frattempo per la radio, veniva trasmessa la canzone di Demi Lovato: Give Your Heart a Break.

<< Chris, significa questo. So che non era programmato, non sono pronta nemmeno io, ma è successo... >> dissi cercando di calmarlo.

<< Ma niente, Georgia. Cazzo Eravamo io e te, non c'è posto per un altro. Proprio adesso che le cose stanno andando bene, abbiamo una casa, hai incontrato tuo padre, abbiamo un lavoro.. decidi adesso di complicare le cose? >> chiese continuando a discutere. Che problema aveva? Non l'avevo programmato nemmeno io un piccolo bebè, ma forse sarebbe stato bello allargare la famiglia. Dare un nipotino al papà che avevo sempre sognato, dare un figlio al marito tanto amato.

E poi accadde.

Chris rimise gli occhi sul volante troppo tardi per riuscire a cambiare la rotta dell'auto. E ci schiantammo. Un sonoro rumore di vetri rotti riecheggiò nell'auto, e cercai di ripararmi dall'urto proteggendomi con tutto quello che avevo a disposizione.  Cercando di proteggere quel piccolo esserino che probabilmente era la causa di quel brutto incidente.

E poi ci fu il buio.

Mi risvegliai in preda al panico in una barella d'ospedale, mentre dei medici mi trasportavano nella stessa stanza in cui vi era posata un'altra barella. Voci in lontananza urlavano qualcosa d'incomprensibile, ed io cercavo di mantenere gli occhi aperti osservando il paziente accanto a me. Chris. Urlai e piansi, per non so quanto tempo, o forse fu tutta una cosa che immaginai, ma sta di fatto che continuai a fissare i dottori cercare di rianimarlo, fino a quando non vidi i suoi occhi verdi spalancarsi e il suo braccio cadere a peso morto giù dal lettino.

Cacciai un altro urlo, ma probabilmente immaginai anche quello, perché l'unica cosa che ricordai fu una mascherina d'ossigeno invadermi il corpo, e facendomi perdere i sensi, continuando a sentire in lontananza voci che urlavano qualcosa a me ancora incomprensibile.

*

 

"21 Settembre 2012"

 

<< Sono ormai tre giorni che è in questo stato. Continua ancora ad essere incosciente Lucas >> sussurra una voce, in preda al panico.

<< Oh Katerine, sono preoccupato quanto te. Non voglio immaginare quello che succederà una volta sveglia >> disse un'altra voce.

<< Lei non riuscirà mai più a riprendersi, Lucas. Lei, ci teneva. Probabilmente ad entrambi, anche se lei non conoscerà mai quello che avrebbero potuto avere insieme. Oh, tesoro. Hanno perso tutto quello che desideravano >>

Avrei voluto aprire gli occhi, ma erano come chiusi da una forza superiore. Sembravano cuciti, volevano solo farmi ascoltare qualcosa, prima di farmi ricadere in un sonno inondato di sogni strani e da Chris che mi saluta da un bel posto bianco e profumato, continuando a ripetermi tante parole... e poi comprendo che mi sta sussurrando una frase: 'Andrà tutto bene, ti guarderò sempre'

<< Se non si sveglia Lucas, sono terribilmente preoccupata. Come se lei fosse figlia mia >> sussurrò una voce.

<< Lo sono anch'io per lei, tesoro. Mia figlia, non ci posso credere. Non può finire così.. ehi, ha appena mosso la testa. INFERMIERA! QUALCUNO CI RAGGIUNGA"

A poco a poco, apro gli occhi e trovo il nulla ad attendermi: solo uno spazio bianco. Forse il paradiso è così? Riapro nuovamente gli occhi, e trovo ad attendermi mio padre, la sua segretaria ed un'infermiera che cerca di trafficare con la mia flebo.

<< Chris >> sussurro prima che loro possano parlare.

<< Voglio vederlo. Dov'è? Sta bene? >> chiedo.

<< Tesoro, non ne hai le forze. Non riesci a mantenerti sveglia. Mangia e noi ti diremo tutto >> dice Katerine, l'assistente bionda di mio padre.

<< No! Voglio sapere come sta mio marito! >> dico in preda al panico.

<< Lui, tesoro... non so come dirtelo >> dice mio padre mentre abbassa gli occhi.

Improvvisamente inizio a singhiozzare furiosamente comprendendo quello che mio padre non riusciva a dire, gridando sperando che tutto questo sia un sogno, e mentre mi accarezzo la pancia e capisco che il piccolo essere che ha procurato tutto questo dolore non c'è più nemmeno lui, mi lascio riabbandonare al buio.

*

   
 
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