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Autore: Mariannuzza    16/02/2015    1 recensioni
"Lui sorrise, potevo intravederlo dal casco. Alzò la visiera e disse: " Puoi anche salire appoggiandoti a me dandoti la spinta sulla moto, sono forte, ti reggo!" Io diventai color porpora e ringraziai il cielo di avere il casco integrale cosicché lui non riuscisse a vedere le mie guance in fiamme. Finalmente riuscì a salire sulla moto e fui costretta ad abbracciarlo per reggermi su di essa. Partimmo verso il centro commerciale ed una volta giunti scesi dalla moto sempre abbastanza goffamente. "
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Da quando ero bambina ho sempre avuto un'attrazione particolare per i ragazzi. Che c'è di strano? Nulla. Però la mia (s)fortuna nella sfera amorosa accomuna tutte le storie della mia vita. Il primo fidanzatino della mia vita lo ebbi alle tenera età di 5 anni. Era un bimbo magrolino, capelli rossi ed occhi verdi. Litigavamo ogni giorno e poi tutto si risolveva con un bacino sulla guancia. A quell'età è tutto più facile. La nostra "storia" finì perché lui cominciò le elementari. Crescendo, anche io, come tutte le ragazzine del mondo, creai il mio "prototipo" di ragazzo ideale: bello, biondo, occhi azzurri, bel sorriso e via dicendo. La prima cotta più importante in assoluto fu per mio cugino: cresciuti insieme, lui sempre affettuoso, gentile e con una passione l'uno per l'altra. Adoravamo giocare insieme. Un giorno mi feci la pipì addosso e lui anziché deridermi, andò in giardino e si bagnò tutti i pantaloni, poi mi prese per mano e mi portò dai nostri nonni. Lui era poco più grande di me, alto quanto me, con un neo vicino il labbro, sul lato destro, due occhi enormi del colore del cielo e capelli corti castani . Ogni volta che lui veniva a casa mia stavamo insieme a giocare a qualsiasi cosa lui volesse. Crescendo cambiarono anche gli interessi e ci perdemmo un pó di vista. Ci vedevamo saltuariamente, quasi una volta ogni due mesi. Un'estate mi invitò nella sua villa per passare un fine settima insieme a far baldoria con un gruppo di amici suoi. Io accettai ed il venerdì dell'ultima settimana di agosto verso le 10.00 , andai a casa sua. "Mi raccomando stai attenta, non bere, non fumare e per qualsiasi cosa chiamami che arrivo subito" disse mia madre non troppo entusiasta all'idea che avrei dormito in una casa piena di ragazzi fuori controllo per un paio di notti. L'unica cosa che la rassicurava era il pensiero che fossi con mio cugino, "l'affidabile Alessandro". La villa, piuttosto grande, si trovava fuori città: piena di aiuole gremite di fiori ed alberi. Su tutto il perimetro si sviluppavano stradine di pietra che portavano in ogni angolo del giardino, al campo da tennis, ai due appartamenti. Una volta arrivata, scesi dall'auto e con le farfalle nello stomaco, presi la mia borsa e mi avviai verso il citofono. L'aria era tiepida ed il sole alto nel cielo. Mia madre se n'era andata dopo il mio cenno del capo, quindi ero sola. Pazientando ancora qualche minuto, citofonai nuovamente... Ma niente. Ero rimasta sola e per di più fuori casa! "L'Affidabile" ancora dormiva, ergo avrei dovuto scavalcare. Dal momento che indossavo un vestito piuttosto corto di un verde pino ed un paio di scarpe basse nere, non trovavo molto agevole e neanche gradevole l'idea di dovermi intrufolare scavalcando le ringhiere perimetrali della villa, ma dovendo scegliere tra lo stare fuori ed il tentare... Avete capito! Presi la borsa e la lanciai dall'altro lato della ringhiera, pregando che nulla si fosse rotto nell'impatto, afferrai la ringhiera e salii sul muretto di cinta. Inserii il piede tra due assi della ringhiera e dandomi la spinta con la gamba feci forza sulle braccia adagiando l'altra gamba sulla ringhiera bollente per via del sole che picchiava. Ero dentro. Con un movimento agile spinsi che l'altra gamba e con un balzo atterrai sulla pietra dura della viuzza che correva fino all'ingresso di uno dei due appartamenti. Presi la mia borsa da terra e sistemandomi il vestito andai verso la porta d'ingresso dell'appartamento più piccolo sul lato destro del campo da tennis, dove sapevo che Alessandro adorava dormire per via del silenzio che regnava da quel lato della villa. Arrivata davanti la porta bussai :"Alee! Aprimi! Mi hai già lasciata fuori dal cancello, non ho intenzione di entrare dalla finestra!" Sentii una risata divertita provenire dall'interno dell'appartamento. Dal tono rauco capii che si era appena svegliato e la cosa mi fece sorridere. "È aperto, entra pure!" Disse lui. Misi la mano sulla maniglia e la spinsi giù. Spingendo la porta sentii il rumore di alcuni oggetti di vetro che si spostavano con essa: doveva aver fatto le ore piccole la notte scorsa. Entrando non riuscivo a vedere nulla poiché il mio occhio era abituato alla forte luce del sole, ma visto che conoscevo il mini appartamento come le mie tasche non feci fatica ad individuare il volto di Alessandro ancora schiacciato contro il cuscino. "Che ore sono?" Disse lui girandosi dall'altro lato. Una volta che il mio occhio si fu abituato notai che era senza maglietta e le farfalle nello stomaco si moltiplicarono. "Ma che ne dici di alzarti e magari fare una doccia?" Lo spronai io. In tutta risposta lui , con un sorriso beffardo e divertito, alzò le coperte e guardò verso il basso. Inizialmente non capii cosa intendesse, poi capii. "Ah, magari aspetto fuori allora. Fai veloce così posso rientrare che fuori si squaglia dal caldo." Per mia fortuna, con la penombra, il rossore sulle mie guance non si notò molto. Una volta fuori cercai di ricompormi, il suo petto nudo e muscoloso mi aveva messa in imbarazzo, o forse il pensiero che fosse nudo sotto le coperte.
"Sono presentabile, entra pure!" Dopo pochi minuti entrai e lo vidi in piedi con solo un pantalone grigio di una tuta, con i piedi nudi. Sembrava quasi un dio greco. Si portò un braccio sui capelli, si voltò verso di me e disse:"buongiorno!" Rise e allargò le braccia verso di me. Io mi avvicinai e titubante lo abbracciai.
Faceva un buon odore. Dovevano essere residui del profumo della sera prima.
Mentre analizzavo il suo buon profumo lui mi spinse sul letto e mi scappo un gridolino seguito dalle nostre risate. Eravamo distesi su un fianco e ci guardavamo negli occhi, poi disse sottovoce:"Dunque, stasera verranno un paio di amici: Francesco, Mattia, Laura, Simone, Claudia e Giulia. Dormiranno qui." Continuavo a guardarlo quasi come se non avessi sentito, poi ripassai mentalmente i nomi e... Giulia, la sua ex. Wow e perché ero gelosa? In fondo era mio cugino. Eravamo cresciuti insieme e lui non era attratto da me come io lo ero da lui.
Non dovevo scambiare la sua gentilezza per altro.
"Quindi io dormirò con..?" Chiesi incerta , e lui rispose sorridendo:" È un bel problema: Francesco e Mattia dormiranno nella stanza di mia nonna e mio nonno, Laura e Simone nella stanza di mia madre e mio padre, Claudia e Giulia nella stanza di mia zia, io qui e tu dove vuoi."
Ed io dove voglio? Mmh, lui e Giulia non dormiranno insieme, mi sento sollevata.
"Se per te non è un problema, puoi dormire qui, con me. Io dormirò sul divano." Disse lui vedendomi titubante. Nella sua voce c'era un nota di speranza piuttosto strana. Oppure era fastidio? "Qualcosa non va?" Chiesi io notando il suo improvviso distacco ed il repentino cambio d'umore: si incupì. "In realtà si, con Giulia la storia è finita male ma Laura ha insistito. Loro sono molto amiche. Ho paura che ci sia qualcosa sotto. Comunque -disse alzandosi con un balzo dal letto- vado a fare la doccia."
Io rimasi sul letto a pensare a questa mia attrazione nei suoi confronti: quanto può essere sbagliato? Dopo pochi minuti , mentre ancora l'acqua della doccia scorreva, mi alzai dal letto e cominciai a sistemare il letto ed a raccattare tutte le bottiglie da terra. Mentre sistemavo la stanza notai una piccola cornice sopra la scrivania: nella foto eravamo io e lui da piccoli, seduti su due seggiolini colorati in costume da bagno, ci tenevamo per mano. Sorrisi tra me e me ed un pensiero mi sfiorò la mente: avremmo potuto dormire insieme magari. Non ci vedevo niente di male, lo facemmo tante volte da piccoli, perché adesso dovrebbe essere diverso?
L'acqua della doccia smise di scorrere.
"Pensavo una cosa... Magari potremmo dormire insieme se per te non é un problema, cioè per me non lo è..." dissi io scostando lo sguardo per l'imbarazzo, nonostante la porta fosse ancora chiusa. Dall'interno una voce ovattata rispose:"Quasi non ci speravo... Il divano... Non è proprio comodo..."
Aveva accettato. Anzi sperava che glielo chiedessi. Mi si dipinse in volto un'espressione ebete al pensiero che avremmo passato tutta la notte insieme nello stesso letto.
Uscì dal bagno con un accappatoio blu notte indosso ed un asciugamani bianco che si sfregava sui capelli. Mi rivolse uno dei suoi sorrisi da capogiro e poi disse:" Adesso mi vesto e andiamo a fare un pó di rifornimento liquido, senza alcol non ci si diverte!"
Io uscii in giardino aspettandolo e mi diressi verso l'altro appartamento passeggiando e ripensando al suo sorriso. Dopo pochi minuti mi raggiunse nella piazzola d'ingresso della villa: indossava un paio di scarpe bianche, una maglietta bianca ed un jeans azzurro.
Mi si avvicinò e mi porse un casco:"metti questo, in moto faremo prima" mi disse dolcemente.
Alla luce del sole i suoi occhi sembravano ancora più chiari. Salì sulla sua moto nera indossando il casco, io aprii il cancello e lui uscì.
Una volta richiuso mi fece cenno di salire, io goffamente tentai ma l'unica cosa che mi riuscì, fu fare sbilanciare la moto. Lui sorrise, potevo intravederlo dal casco, allora alzo la visiera e disse: " Puoi anche salire appoggiandoti a me dandoti la spinta sulla moto, sono forte, ti reggo!" Io diventai color porpora e ringraziai il cielo di avere il casco integrale cosicché lui non riuscisse a vedere le mie guance in fiamme. Finalmente riuscì a salire sulla moto e fui costretta ad abbracciarlo per reggermi su di essa.
Partimmo verso il centro commerciale ed una volta giunti scesi dalla moto sempre abbastanza goffamente. Entrai al supermercato tenendo il casco in mano. Ale prese un carrello e ci dirigemmo verso il padiglione degli alcolici. Lui prese 2 casse di birra e 3 bottiglie di vino rosso, due bottiglie di vodka, una sambuca ed un rum. "Devi dare un rave? Cosa dobbiamo farci con tutti questo alcol?" Chiesi io incerta ma sorridendo. "Servirà per tutto il fine settimana!" Rispose lui facendo finta di essere incredulo camminando lungo il corridoio centrale, poi si fermò ed aggiunse:"tempo! Dobbiamo fare un'altra sosta... Qui!" Guardava attentamente tutti i saponi per le mani esposti e ne scelse uno alle mandorle, poi fece qualche altro passo e si fermò ad osservare un scaffale passando in rassegna ogni singolo prodotto. Da lontano non riuscivo a vedere di cosa si trattasse ma non appena prese la scatolina azzurra rettangolare sul secondo scaffale più in alto, capii di cosa si trattava: profilattici.
Evitai il suo sguardo e risposi sinteticamente ad ogni domanda. Con chi doveva utilizzarli? Giulia? Spero di no... Oppure si? Ero furente. Anche se mi sentivo una stupida, per me era come un tradimento...
Tornati a casa lo aiutai a mettere tutto in ordine ed a sistemare le stanze per i suoi amici. Mentre sistemavo l'ultima stanza, quella di Laura e Simone, Ale entrò sorridendomi. Si avvicinò al letto ed uscì la scatola di profilattici dalla tasca dei jeans ponendola sotto uno dei due cuscini. Sempre con lo stesso sorriso e facendo spallucce uscì. Mi sentì un vera e propria demente.
Dopo aver mangiato, optammo per la più bella delle idee per passare il tempo: poltrire sul letto con l'aria condizionata a palla guardando un bel film. Ci dirigemmo insieme verso l'appartamentino e mentre lui apriva la porta mi sentì assalire dall'ansia. L'ambiente era più fresco e l'odore di lui era dappertutto.
"Mettiti comoda oppure fa una doccia, praticamente fa come se fossi a casa tua" disse lui distrattamente mentre cercava un film in tv. Io decisi che sarebbe stato saggio fare una doccia visto quanto avevo sudato, dunque presi dalla borsa il mio accappatoio, un paio di babbucce, il mio bagnoschiuma alla fragola e ciliegia ed un asciugamani dall'armadio di fronte l'ingresso del bagno. Entrai in bagno e chiusi la porta a chiave, lasciai cadere a terra tutti i miei vestiti e aprii l'acqua spostando il miscelatore verso l'acqua calda. Legai i capelli ed entrai nel box doccia allontanandomi da tutti i pensieri.
Passati 10 minuti abbondanti, uscii dalla doccia e mi asciugai velocemente. Aprii la porta e vidi tutti i vestiti di Ale sparsi sul pavimento. Mi si strinse lo stomaco. Ma che cavolo sta combinando? Dov'è? Dio mio, spero di non ritrovarmelo... Ed eccolo li, nella sua tuta grigia a petto nudo sul letto con due bottiglie di birra che mi aspettava per premere il tasto play sul telecomando. Sorrisi, in evidente imbarazzo e mi avviai verso il mio borsone per prendere qualcosa di pulito da mettermi. Presi un jeans ed una maglietta rossa ma Ale mi fermò guardandomi e disse:" gli altri verranno verso le 22 con alcuni altri amici, se ti va mettiti comoda e ci rivestiamo più tardi." Allora presi un paio di shorts di spugna color giallo pastello ed una canotta celeste, riposi tutto ciò che avevo utilizzato per fare la doccia e mi avvicinai lentamente al letto col cuore in gola. Nel petto avevo un martello pneumatico che non riuscivo a tenere a freno e mi stesi su un fianco mantenendo una certa distanza tra i nostri corpi per evitare che lui potesse sentire i battiti frenetici ed incontrollati.
Mi passò una delle due bottiglie e cominciammo a guardare un film sui vampiri, sangue e cadaveri da tutti i lati, niente di sdolcinato od equivoco.
Ad un tratto Alessandro mi si avvicinò, forse troppo e mi chiese se mi andasse di farmi accarezzare i capelli. Io sorpresa, senza pensarci due volte, mi accoccolai sul suo petto e lui mi slegò i capelli e cominciò ad accarezzarmi. Ahimè i capelli sono il mio punto debole: dopo un paio di minuti mi addormentai.
Mi svegliai dopo quello che a me sembrò qualche istante ma che in realtà furono circa 2 ore e mezza. Alessandro era ancora nel letto con me che sorseggiava la terza birra e mi cingeva col braccio. Notai anche che la stanza era gelida e che questo freddo aveva avuto un piccolo effetto non trascurabile su una parte in particolare del mio corpo... Avevo due "bottoncini" piuttosto appariscenti sotto la canotta. Mi misi seduta scostando a malincuore il suo braccio e lui si accorse delle due piccole escrescenze cominciando a fare delle battutine. Io prendendola con filosofia cominciai a stuzzicarlo maliziosamente fino a che:" Eppure sono carini, quasi quasi mi viene voglia di pigiarli per vedere se gli airbag gonfiano" disse lui ridendo, ed io di rimando:"se non vuoi diventare Alessandra ti conviene tenere le mani a posto!" Scherzammo così per un bel pó finché non mi alzai per aprir la finestra e mitigare l'aria gelida della stanza. "Hai un bel culo cugina!" Disse lui alzando la bottiglia e facendo una faccia quasi seria. Scoppiò in una fragorosa risata e poi disse:"Fra tre minuti mi alzerò da questo letto, ti prenderò e ti butterò in piscina. Sei pronta?" Io mi girai di scatto e lo guardai con aria di sfida ma giusto il tempo di capire cosa stesse facendo si alzò e mi corse incontro placcandomi gentilmente e facendomi crollare sul materasso . Lui era sopra di me e ridevamo. Ad un tratto lui si alzò di scatto sistemando si la tuta e ridendo mi fece credere di aver abbandonato l'idea della piscina... Ma in realtà era un finta perché poi mi prese di peso e mi trascinò all'esterno. Io ridevo e gridavo ma non ci fu nulla da fare... Giunto al limitare della piscina si tuffò tenendomi con le sue possenti braccia ancorata al suo corpo. La sensazione dell'acqua fresca sulla pelle fu piacevole ma lo fu di più sentire le sue mani sui miei fianchi. Riemergemmo dall'acqua e ci ritrovammo l'uno di fronte all'altra , lui con le mani ferme vicino i miei seni ed io con le mie sulle sue muscolose spalle. I suoi occhi mi fissavano quasi bramanti ma fuggenti al contempo , mi avvicinò lentamente ai suoi fianchi ed alla sua bocca. Le sue labbra carnose mi attiravano e volevo fortemente conoscerne il sapore. Eravamo vicinissimi . Potevo sentire il suo respiro sul collo. Delicatamente posò le labbra sulla mia spalla prendendo a baciarmi dolcemente seguendo il profilo del mio corpo fino a giungere al mio orecchio che poi morse senza farmi male, al contrario il contatto col suo corpo e con le sue labbra scatenarono in me dei brividi di piacere lungo la schiena. Io serrai le gambe intorno ai suoi fianchi e lui spostò una mano sul mio sedere per sostenermi meglio e tenermi totalmente attaccata a sé. I respiri si fecero più pesanti ed affannosi.
Ci desideravamo.
Le sue labbra non incontrarono mai le mie e nel momento in cui spostò entrambe le mani sotto di me slanciandomi verso il bordo della piscina , capii che ci saremmo fermati li.
Facendo leva sulle braccia uscì dalla piscina senza neanche guardarmi. Quel movimento accentuò tutti i muscoli della schiena e delle braccia facendomi rabbrividire ancora una volta di piacere.
Erano le 21.40 e la serata era trascorsa tra birra patatine e commenti sui film, seduti sul letto a debita distanza, fuggendo gli sguardi l'uno dell'altra. Eravamo già pronti: io indossavo un vestito corto sopra il ginocchio, bianco, decorato con del pizzo nella parte finale e delle scarpe basse nere, mentre lui indossava una camicia sagomata bianca, un paio di pantaloni beige e un paio di scarpe nere.
Gli amici cominciarono ad arrivare, cominciarono a scorrere fiumi di alcol e la musica rimbombava nelle casse. Io ancora pensavo a ciò che era successo nel pomeriggio e non riuscivo a capacitarmene , non riuscivo neanche a dare una spiegazione valida al suo comportamento: perché fuggire così ? Da un momento così profondo e bello? Mentre pensavo e vagavo mi imbattei in un ragazzo molto carino, biondo con gli occhi verdi, anche lui ben messo, seduto su un dondolo vicino la piscina, da solo , assorto nei suoi pensieri. Mi avvicinai e chiesi se andasse tutto bene, lui annuì senza staccare lo sguardo dal punto su cui era concentrato.
"Mi chiamo Giorgio, piacere." Disse lui sottovoce. "Piacere mio, io mi chiamo Alice." Mi sedetti vicino a lui cercando di instaurare un dialogo e ci riuscii per una buona mezz'ora.
Successivamente lo convinsi ad unirsi agli altro e cominciammo a bere di tutto. Non vedevo Alessandro da quando era conciata la festa. Mi sentivo rifiutata. Bevvi senza sosta: 3 o 4 bicchieri di vodka, 2 shots di rum, 2 birre, un pó di vino e qualcos'altro. Dopo i due shots di rum cominciai a vedere tutto ciò che mi circondava un pó sfocato e rallentato. Anche i miei movimenti erano scoordinati ed il mio equilibrio piuttosto precario.
Cominciai a ballare sfregandomi contro chiunque mi venisse a tiro , i ragazzi continuavano a farmi bere finché autonomamente compresi di essere arrivata al limite oltre il quale era preferibile non andare.
Anche se riuscivo a ragionare quasi lucidamente, non riuscivo a far corrispondere il pensiero al movimento. Ero circondata da 7 persone, tre dei quali mi erano totalmente addosso. Uno di loro, quello dietro di me, cominciò ad abbassarmi la zip del vestito. Che strano, ma dov'eravamo? C'era silenzio e buio. Eppure fino a poco prima vedevo le luci psichedeliche che andavano a tempo di musica. D'un tratto avevo addosso solo la biancheria intima ed eravamo in quattro. Ecco l'effetto dell'alcol.. Buio totale.
Era già mattina ed io ero sul letto del miniappartamento sotto il lenzuolo. Mii girava la testa ed avevo una nausea pazzesca. Lentamente mi girai verso il centro del letto: lui era lì. Nonostante la testa e il senso di vomito, rimasi affascinata dal suo corpo che sembrava così perfetto anche in penombra.
Sul tavolino vicino al letto c'era un aspirina ed un bicchiere d'acqua. La ingerii subito e mi rimisi sotto il lenzuolo cercando di dormire. Ad un tratto mi accorsi di essere in pigiama, cioè qualcuno mi aveva cambiata e mi aveva vista nuda... Pensai che sarebbe stato meglio evitare le domande e tentare di dormire ancora un pó prima che Ale si svegliasse e mi facesse un resoconto della serata. Avevo esagerato.
Mi svegliai un paio d'ore più tardi sentendo un gran baccano proveniente dalla piscina, nonostante i vetri camera dell'appartamentino ... La festa era ricominciata. Ancora un pó sofferente per il mal di testa mi girai verso il lato interno del letto per vederlo, per guardare Ale dormire, ma lui era già sveglio e anticipandomi mi guardava di rimando con un viso preoccupato:"stai bene ?" Chiese in tono apprensivo.
"Credo di si, ho solo un pó di mal di testa, perché ?" Subito dopo aver finito di formulare la domanda notai che il suo braccio destro, quello che tentava di nascondere sotto il suo corpo, era totalmente escoriato e di un color violaceo. Preoccupata chiesi subito spiegazioni e come risposta ebbi un semplice "non è niente, solo per favore, stasera evita di bere e fare la scimmia ubriaca" accompagnato da un dolcissimo sorriso ed un bacio di qualche secondo sulla guancia. "Vado a fare una doccia, non ci metterò molto." Dopo aver sentito quelle parole istintivamente mi misi a sedere e lo presi per la mano e gli chiesi di non lasciarmi sola.
"Ti prego, non andare. Stai qui con me." Quelle parole suonarono un pó come un lamento e dopo poco sentii qualcosa di tiepido scendermi giù dagli occhi solcando le mie guance, giungendo poi al mento per arrestare la loro corsa tuffandosi sulle morbide lenzuola di cotone bianche che accarezzavano le mie gambe. Lui si fermò e si girò piuttosto lentamente e non appena vide quelle insensate lacrime si rimise disteso e mi attirò a sè carezzandomi il braccio :"ehi, è tutto ok. Puzzerò ancora un pó ma se a te va bene, per me non è un problema."
Cercava di farmi ridere ma piuttosto presi a piangere ancora più copiosamente senza alcun motivo preciso.
Mi sentivo in colpa perché avevo capito che lui si era fatto male per colpa mia e non riuscivo a smettere di piangere. In un istante mi sollevò il mento e prese a baciarmi laddove le lacrime avevano lasciato i loro segni invisibili, e man mano erano scese fino a sfiorare le mie labbra. Rimasi paralizzata. Non riuscivo neanche più a respirare. Era successo.
Le sue labbra che partirono indecise adesso danzavano sulle mie quasi come se non fosse la prima volta , come se conoscessero esattamente il modo per farsi spazio e riempirle del loro dolce sapore. Il cuore mi andava a mille e gli occhi smisero di lacrimare. E adesso che sarebbe successo? Cosa significava questo bacio? I miei sentimenti per lui erano ricambiati?
Il bacio finì troppo presto, Ale si staccò dalla mia presa e poggiando delicatamente una mano sulla mia guancia mi sorrise e mi diede un altro bacio veloce. Si alzò e con un sorriso stampato in volto, andò in bagno per fare la doccia.
Io rimasi a letto per tutto il tempo a ripensare a quanto fossero morbide e delicate le sue labbra ed a disegnare con le dite il percorso che fecero sulle mie.
Non appena capii che Alessandro fosse uscito dalla doccia, mi alzai dal letto e bussai alla porta:"Ale, posso entrare?" Lui rispose di si ed io lentamente entrai nel bagno. Indossava un asciugamani striminzito e si sistemava i capelli davanti lo specchio. Cercando di evitare il suo sguardo riflesso e di non fargli notare quanto stessi sbavando osservandolo, con tutto il controllo che riuscì a mettere nella mia voce chiesi:"allora, ieri sera... Che è successo?" Lui si girò sorridendo e chiese beffardo:"non ricordi nulla?" Quella domanda mi fece venire i brividi... Che avevo combinato? Notai che il braccio era più malconcio di quanto non si notasse prima, nella stanza. Il livido si estendeva per tutta la lunghezza dell'avambraccio e si fermava appena sopra il gomito, i graffi erano superficiali ma andavano disinfettati ugualmente, ragion per cui presi il disinfettante sopra la mensola di fronte lo specchio, ed un batuffolo di cotone, e con molto autocontrollo mi girai verso di lui e cominciai a disinfettare i solchi sulla sua bronzea pelle.
"Dunque? -Chiesi con una nota d'incertezza- Cosa ho combinato stanotte?" Cercando di tenere lo sguardo basso, attendevo una risposta che arrivò come una doccia gelata:" in realtà non hai fatto nulla, eri solo ubriaca marcia ed abbiamo dovuto portarti qui in 7 perché ti dimenavi come un'anguilla. Poi Laura, Giulia ed io ti abbiamo sistemata a letto, loro ti hanno lavata dal vomito e ti hanno messo qualcosa di pulito ed io ti ho messa a letto, vicino a me. Poi hai detto qualcosa di... Beh hai farfugliato qualcosa strascicando le parole, mi hai abbracciato e ti sei addormentata come un sasso." Qualcosa mi suonava stonato in questo resoconto ma ero troppo preoccupata da ciò che mi era uscito dalla bocca la sera prima, a prescindere dal vomito. Quando aveva menzionato questa "parte" era leggermente arrossito.
"Ed esattamente cosa ho farfugliato?" Chiesi cercando di sorridere mentre ancora disinfettavo il suo braccio. "Qualcosa a proposito di me... E di te." Et voilà! La frittata era fatta! Cercai di sviare il discorso:" e questi? Come te li sei fatti?" Lui mi guardò negli occhi e cominciò ad avanzare costringendomi ad addossarmi alla parete alle mie spalle. Ormai era troppo vicino, tanto da sentire il mio cuore battere forte. "Durante la serata un altoparlante ha smesso di funzionare e sono salito sul tetto per aggiustarlo. Qualche genio ha spostato la scala e sono dovuto saltare giù. Atterrando male, ho sbattuto contro il tronco dell'albero di fronte." Scandì ogni singola parola con troppa enfasi, allargò le braccia e si spinse contro il muro toccandolo con i palmi. Sapevo che non era la verità ma ero in trappola fra le sue braccia, quindi non riuscii a controbattere per le rime. Si avvicinò repentinamente, quasi come se potessi sfuggire, fermandosi a pochi millimetri dal mio viso. Avevo gli occhi sgranati, attendevo fremente un suo movimento. Strisciò lentamente la mano destra sul muro finché non incontrò la mia spalla. Si avvicinò lentamente e si chinò per baciarmi nell'incavo tra la spalla ed il collo. Ogni volta che mi si avvicinava così tanto, sentivo un brivido che partiva dal basso ventre e pervadeva ogni singola cellula del mio corpo. 
Sentimmo bussare alla porta:"Aleee solo le 14!! Quando pensi di venire in piscinaaa??" Sbuffando si staccò dal muro ed andò dritto verso la porta d'ingresso urlando di rimando che stavamo per uscire. Tornò nella sua stanza da letto e si mise un costume da bagno bianco, lanciò l'asciugamani in un angolo e si voltò a guardarmi dicendo:"Dai aspettano tutti noi, resto oppure vado dagli altri?" Chiese lui guardandomi e sorridendo. "Come preferisci." Dissi io sorridendo di rimando. Mi si avvicinò, mi stampò un bacio sulla fronte e si sedette sul letto:"dai ti aspetto." Sembrava quasi un cucciolo di cane che aspetta la sua padrona. Sorridendo mi avvicinai al mio borsone, presi il costume nero, un bikini appena comprato con delle perline lucide sulle coppe, e mi avviai verso il bagno. Mi chiusi la porta alle spalle e mi ci poggiai con tutto il peso per poi crollare sul pavimento. Stavo sognando? Ero ancora in preda ai fumi dell'alcol? Due cose erano certe: la prima era che Alessandro provava qualcosa per me e la seconda era che c'eravamo baciati. Non mi ero ancora fermata a pensare a ciò che era successo in piscina: Lui mi teneva e mi baciava. Riuscivo ancora a sentire il calore delle sue mani e l'intensità della brama che trapelava dal suo sguardo. Mi sollevai e mi spogliai, lasciai cadere a terra ogni indumento e mi infilai nella doccia. Chiusi gli occhi e cominciai a ripensare a tutti i momenti passati con lui ed a tutti i segnali per confermare la mia tesi: lui mi voleva quanto io desideravo lui. Uscita dalla doccia presi una decisione: avrei assecondato ogni sua richiesta ed avrei esaudito il mio desiderio. Allacciai la parte inferiore del costume e, per provocarlo, decisi di farmi aiutare ad allacciare la parte superiore, visto che eravamo in ballo....
:"Ale puoi venire un attimo?" Entrò nel bagno con aria maliziosa e mi si paro dietro:"puoi allacciarmi il costume?" Lui prontamente ne prese le stringhe ed accarezzandomi la schiena con gli occhi legò delicatamente le due estremità. Una volta fatto il nodo scese lentamente con le mani verso i miei fianchi e mi diede un bacio veloce ma deciso sul collo, poi guardando il nostro riflesso sullo specchio mi sussurrò :"sei bellissima." Inutile dire che mi sciolsi come un ghiacciolo al sole. Uscimmo velocemente ed andammo dagli altri in piscina. Alessandro, da bravo esibizionista, si preparò per tuffarsi dal trampolino: camminò lentamente sull'asse di legno flessibile fino al bordo, alzò le braccia per sgranchire i muscoli, si diede il giusto slancio con le gambe ed infine si tuffò con la grazia di un delfino e la forza di uno squalo. Inutile ribadire che ne rimasi affascinata. Io mi lanciai sgraziatamente in acqua dal limitare della piscina e, insieme agli altri, cominciammo a giocare e nuotare. Il pomeriggio passò tranquillamente ed io e Ale ci ignorammo per non dare nell'occhio; ogni tanto ci scambiavamo qualche sguardo, ma nulla di più. Dopo esserci sciacquati e vestiti, ricominciò la festa: arrivarono altri amici ed altro alcol. Io questa volta evitai di bere quasi del tutto, anche perché se volevo "combinare" qualcosa dovevo approfittare dell'ultima sera. 
Erano quasi le tre quando gli ultimi invitati decisero di sloggiare; finalmente soli! Simone, Laura, Mattia e gli altri ci aiutarono a sistemare un pó e qualcuno propose di fare il gioco della bottiglia. Ci sistemammo nel salotto, per terra. Simone presa una bottiglia di birra vuota e ci obbligò a sederci alternando una ragazza ed un ragazzo. Il giro partì da lui. La bottiglia si fermò puntando verso Mattia, il quale disgustato disse:"preferirei morire." Scoppiammo tutti in una fragorosa risata. Al secondo tentativo la bottiglia su fermò su Ale che scherzosamente chiuse gli occhi e si preparò a ricevere il bacio che Simone gli diede piuttosto velocemente per poi scappare in bagno a sciacquarsi le labbra. Ora era il turno Ale: girò la bottiglia con decisione. Quando cominciò a rallentare speravo si fermasse su di me, ma in realtà si fermò su Giulia. Il viso di Ale s'irrigidì ed il suo sguardo si spostò sul mio viso. Qualcosa nulla mia espressione doveva averlo preoccupato. Fra le grida ed i fischi dei presenti, Laura esordì dicendo:"bene adesso cambiamo gioco! Facciamo il gioco dei 7 minuti! Le coppie scelte a caso dalla bottiglia saranno chiuse in una stanza al buio e dovranno baciarsi per sette minuti! La prima coppia è... Ma guarda in pó...Alessandro e Giulia!" Se prima mi sentivo giù, adesso ero proprio sottoterra. Mi alzai il più velocemente possibile conficcandomi le unghie nei palmi per evitare di scoppiare in lacrime davanti a tutti, sarebbe stato strano, poi dissi:"vado un attimo in bagno, cominciate pure senza di me." Fingendo un sorriso mi avviai lungo il corridoio che portava al bagno. Una volta dentro, richiusi la porta alle mie spalle e corsi verso il rubinetto aprendo l'acqua. Anche le mie lacrime cominciarono a scorrere, un pó per rabbia e frustrazione, un pó per gelosia. Dopo un paio di minuti sentii delle risatine provenienti dal corridoio ed una porta che si chiudeva. Cominciai a piangere più forte, fregandomene che qualcuno potesse sentirmi. Dopo qualche minuto sentì bussare debolmente alla porta. Cercando di ricompormi e di calmare i singhiozzi dissi:"occupato!" Ed una voce morbida e calma mi rispose:"Si lo so, aprimi." Era lui. Erano già passati i sette minuti ? "Si un attimo." Risposi mentre con le mani cercavo di sistemare quel disastro che si era combinato con il rimmel. Presi un pezzetto di carta igienica ed asciuga le lacrime, chiusi l'acqua e buttai la carta nel cestino. Feci scattare la serratura ed aprii la porta. Ale era in piedi di fronte a me con le mani in tasca. Guardava il pavimento ed aveva un espressione piuttosto seria. Entrò nel bagno e si appoggiò sulla lastra di marmo del lavandino. Io richiusi la porta , non volevo farmi vedere conciata in quel modo. Finalmente alzò lo sguardo ed accennò un timido sorriso:"voglio essere sincero con te, una volta e per sempre: io ti adoro, siamo cresciuti insieme ma da sempre ti ho guardato con occhi diversi, ho sempre desiderato starti accanto ma avevo paura che tu la vedessi come una perversione visto il grado di parentela che c'è tra di noi. Ho cercato di limitare i nostri incontri per far diminuire questa cosa, questa strana attrazione, ho provato a stare con Giulia, ma é stato tutto inutile . Il sentimento che provo per te si è espanso tanto da portarmi a baciarti rischiando di perderti del tutto. E adesso devo farti una domanda, alla quale devi rispondermi sinceramente, perché io ti sto parlando con il cuore in mano. Cosa provi per me?" Disse tutto così velocemente, senza fare trapelare alcuna emozione, che quasi mi sembrò di stare immaginando. 
Con le parole non avrei saputo esprimere appieno i miei sentimenti, così decisi di mostrarglieli: mi buttai letteralmente fra le sue braccia stringendolo, poi avvicinai la testa alla sua finché le nostre labbra si incontrarono in un bacio tenero ed appassionato che spiegò esattamente il mio punto di vista, senza dover aggiungere altro. Il bacio durò un paio di minuti e quando finì ci sistemammo alla meno peggio e tornammo in soggiorno. 
"Ragazzi io sono troppo stanco, propongo di andare a dormire." Disse Simone improvvisando uno sbadiglio finto e strizzando l'occhio a Laura.
Successivamente si rintanarono tutti nelle loro stanze. Io guardai Ale e lui anticipandomi disse:" andiamo anche noi?" C'era una nota di eccitazione nella sua voce che inizialmente attribuì all'alcol. Mentre ci punzecchiavamo al ritorno verso l'appartamentino, sospirai e dissi:". Peccato che sia finita! Domani sera saremo ognuno a casa propria, nei nostri letti, e chissà quando ci rivedremo!" Lui accigliato mi guardo di sbieco ed esordì dicendo:"potrebbe non essere l'ultima. Basterà semplicemente che tu voglia vedermi ed io verrò." Giunti davanti l'ingresso, Ale aprì la porta, ed una volta dentro, la richiuse, ma questa volta girando la chiave per due volte: non voleva essere disturbato. Io, avendo capito esattamente le sue intenzioni mi misi davanti il materasso, in piedi, con le braccia lungo i fianchi aspettandolo. Alessandro mi venne incontro ed un pó più deciso del solito mi mise entrambe le mani sul viso prendendo a baciarmi sulle labbra passionalmente. Di rimando io con una mano gli carezzavo i capelli e con l'altra tastavo i muscoli della sua spalla. Mi spinse delicatamente verso il letto senza mai staccarsi da me, il bacio continuò a lungo. Io mi distesi completamente sul letto e tirai verso di me il suo corpo portandolo a giacermi di sopra. I nostri corpi erano perfettamente incastrati fra di loro: lui piegò una gamba per avere maggiore stabilità e con le mani cominciò ad esplorare il mio corpo. Mi sfilò il vestito lanciandolo per terra, abbassò la spallina del reggiseno e prese a baciarmi con più foga. Adesso sentivo il suo membro spingere negli slip. Gli tirai via la maglietta azzurra ed istintivamente mi attaccai alla sua cintura e cominciai a tirarla. Fu un esperienza nuova per entrambi: viverci così , fino a qualche giorno prima, non era neanche lontanamente immaginabile. Lui si sfilò i pantaloni e gli slip e, sempre baciandomi, mi spinse sotto le coperte. Entrambi distesi su un fianco , nudi sotto le coperte, cominciammo a toccarci nelle zone erogene dei nostri corpi. Infine lui salì sopra di me e cominciammo a fare l'amore come , forse, con nessun altro avevamo fatto in vita nostra.
Il giorno seguente ci svegliammo abbracciati, appena coperti dalle lenzuola. Ale prese ad accarezzarmi il braccio, poi disse:"È un bel casino, sai? Come faremo a spiegare quello che c'è fra di noi alle nostre famiglie? Come lo diremo a tutti ? Io non voglio e non posso rinunciare a te." Quelle parole mi riempirono il cuore di speranza: se eravamo in due, potevamo vincere su tutto e tutti. Però aveva ragione, le nostre famiglie in primis si sarebbero opposte, avrebbero detto che non era naturale. "Teniamolo nascosto. Penso sia la cosa più giusta per il momento. Al contrario rischiamo di non vederci più." Lui sorrise appena e mi baciò.
Si alzò ed andò a fare una doccia. Mi avrebbe accompagnata lui a casa, dopo pranzo. Dopo aver fatto la doccia anch'io ed essermi vestita, uscimmo in giardino dove gli altri facevano colazione e ci accomodammo con loro. Dopo la colazione iniziò la parte più noiosa: pulire e sistemare la casa. Il giardino era pieno di bicchieri, lattine, bottiglie, tovaglioli e cibo spiaccicato ovunque. Ognuno di noi si attrezzò con sacchi di plastica o palette e scope e si cominciò a raccattare il tutto. Ale mi stava sempre vicino ignorando gli altri, soprattutto Giulia, la quale stizzita ci si parò davanti prendendo ad urlare:"Ale perché fai così ? guarda, questi giorni sono stati un inferno per me. Non mi calcoli, non mi guardi, non mi consideri proprio. Dopo essere stati a letto insieme alla festa, mi hai del tutto ignorata! Ed io sono stanca! Non puoi usarmi così come se non avessi sentimenti!" Nel momento stesso in cui cominciò a singhiozzare, qualcosa dentro di me andò un frantumi. Alessandro s'irrigidì in volto e si voltò verso di lei , poi verso di me e disse:" è una bugia! Io non ti ho neanche toccata! " lei allora alzò il foulard rosa che portava da diversi giorni e disse urlando mentre le lacrime le scendevano sul volto:" e questi-indicando delle macchie scure sul suo collo- me li sono immaginati pure? Me li sono fatti da sola?" Erano dei succhiotti.
Dopo essersi risistemata il foulard prese a camminare verso l'interno della casa seguita da Laura che cercava di fermarla. Alessandro continuò a farfugliare qualcosa visibilmente irritato, lanciò la scopa per terra rompendone il manico e si mise a camminare verso l'appartamentino tirando pugni e calci a ciò che gli capitava a tiro. Mattia, Francesco e Simone gli andarono dietro lasciando me e Claudia sole. Io rimasi inebetita per qualche minuto. Claudia, una ragazza minuta, con un paio di occhiali neri, si sedette sul tronco tagliato di un albero, poi sbuffo e disse:"che palle! I soliti drammi! È la storia infinita fra questi due. Si lasciano, si prendono, scopano e si lasciano di nuovo. Secondo me lui non la ama per niente... La usa." Dovevo avere gli occhi lucidi perché Claudia mi chiese se andasse tutto bene. Io risposi di si e senza fare alcun commento ripresi a pulire. Mattia tornò velocemente verso di noi, mi si avvicinò, mi prese per un braccio e sussurrandomi all'orecchio disse:"posso parlarti in privato?" Lo seguii in un angolino appartato del giardino, lui piuttosto teso mi si avvicinò a pochi centimetro dal viso. I suoi occhi erano verdi ed i suoi capelli neri. "So tutto. Alessandro mi ha raccontato tutto." Io rimasi impassibile. Mi aveva demolito. Tutte le mie illusioni, speranze.. 
"Io sono molto amico di Ale e non l'ho mai giudicato e neanche questa volta lo farò. Anche se non condivido questa cosa -disse questa parola enfatizzandola- che si é creata fra voi, in questi due giorni ho visto un Alessandro che non vedevo da tanto tempo. Sai che non è un bugiardo, secondo me Giulia si è confusa... Aveva bevuto..." Nonostante cercasse di difenderlo, non riuscivo a crederci: perché Giulia avrebbe dovuto mentire? E poi lui stesso mi disse che la sera in cui mi ubriacai lei lo aiuto a mettermi a letto. 
Nonostante tutto, non riuscivo a stare lontana da lui e volevo correre fra le sue braccia. 
Decisi di non voler sapere nulla, vero o non vero avrei fatto finta di nulla, volevo dargli fiducia. Mattia mi disse di essere l'unico a sapere e mi assicurò che non avrebbe detto niente a nessuno. 
Mi feci guidare da lui verso l'appartamentino, camminai senza proferire parola. Avvicinandoci sentii un forte baccano proveniente dall'interno:"ma che è sto casino?" Chiesi quasi disturbata, quando Mattia si mise a correre dicendo "sta scassando tutto a pugni! Corri!" Incredula di quanta violenza e forza ci volesse a rompere la porta d'ingresso in quel modo, entrai nell'appartamento pensando di trovarmi davanti hulk... Invece vidi Alessandro con le nocche sanguinanti, seduto sul letto, con un volto duro, dopo aver distrutto tutto ciò che gli fosse venuto a tiro. Mi avvicinai lentamente, superando Mattia. Gli altri ragazzi non c'erano, dovevano essere andati da Giulia. Mi misi davanti Ale chinandomi verso di lui per guardarlo negli occhi. Lui incontrò il mio sguardo e disse:"non è successo nulla fra me e Giulia." Io sorridendo forzatamente dissi:"lo so, ti credo." Lo presi per il braccio e lo portai in bagno pulendogli e disinfettandogli le ferite. Una volta finito lo baciai amorevolmente. Tornammo in stanza e disse:"cazzo che casino! I miei saranno contenti." Io , Ale e Mattia ridemmo e scherzammo e inventammo una storia credibile per giustificare il tutto, poi Mattia se ne andò ed io cominciai a raccogliere e sistemare le mie cose nella valigia. Alessandro si sedette sul letto e mi disse:" quando ci rivedremo?" Io mi girai verso la finestra e malinconicamente dissi con un filo di voce:"presto." 
Salii in auto e misi la cintura di sicurezza, mentre aspettavo che Ale salisse per accompagnarmi a casa, Laura si avvicinò al finestrino bussando e sorridendomi; scesi dall'auto e le chiesi se andasse tutto bene, lei fece cenno di si e poi mi chiese un favore:" in questi giorni ho notato che tu e tuo cugino siete molto legati... Per cui mi chiedevo... Cercheresti di convincerlo a tornare con Giulia? Stavano molto bene insieme e vorremmo vederli di nuovo insieme... Tu sei la nostra nuova speranza" mente pronunciava il suo discorso, mi studiava... Dentro di me ridevo: io? Convincere Ale a tornare con quella ? Ahahah!!! 
Ovviamente le risposi che gli avrei parlato e me ne tornai in auto senza batter ciglio. La storia con Alé durò un paio di mesi ma entrambi capimmo che non poteva andare avanti perché, prima o poi, ci avrebbero scoperti.

Novembre. 

"Posso passare a prenderti?" Mi chiese titubante al telefono:" certo." Risposi io seccamente. Dopo circa 20 minuti dalla sua chiamata, arrivò. Scesi senza badare minimamente al mio aspetto. Mi aspettavo qualcosa di non molto piacevole. Salii in macchina e lui subito ripartì. Non chiesi dove stessimo andando né pronunciai alcuna parola per tutto il viaggio. Dopo un'ora circa arrivammo davanti un grande cancello grigio. Eravamo nella sua villa al mare. Avevo sempre adorato quel luogo. La particolarità stava nelle vetrate: la casa era a strapiombo sul mare e tutte le finestre si affacciavano sul mare blu notte. Era novembre quindi si gelava dal freddo. "Accomodati pure, io vado ad accendere i riscaldamenti." Disse lui gentilmente. Tolsi il giubbotto ed i guanti, poi si misi sulla poltrona di fronte la vetrata. Guardare il mare mi rilassava. Alé tornò e si sedette sul divano alla mia destra. "Allora, come va?" Tentò di rompere il silenzio ma io volevo sapere, voleva dirmi qualcosa di non molto piacevole, me lo sentivo. "Mi hai portata qui per chiedermi come passo le giornate oppure per dirmi qualcosa?" Lui spostò subito lo sguardo in basso e con un malinconico sorriso disse:" Ho deciso di arruolarmi. Ho già presentato la domanda." Lo guardai scettica, poi spostai lo sguardo verso il mare. Se ne sarebbe andato ed io non avrei potuto fare nulla per impedirglielo. Dovevo lasciarlo andare, dovevo essere ragionevole. "Non dici nulla?" Disse lui. Non sapevo se mi stava guardando perché ero ipnotizzata dalle onde del mare agitato. Che avrei dovuto dire? "È una tua scelta." Lui emise una sorta di lamento ma non disse nulla. Il silenzio regnò per un pò, poi Ale finalmente disse:"Lo sto facendo per te. Per noi." A quelle parole scoppiai:" per noi? Noi non esiste! Non è mai esistito! Se ti importasse anche minimamente di un "noi" non avresti interrotto la nostra storia! Non mi avresti lasciata!" L'ultima frase mi morì in gola. Piansi silenziosamente continuando a guardare verso l'esterno cercando di immaginare come sarebbe stato senza Ale per tutto il tempo che lui sarebbe stato via. Lui si alzò e piano si diresse verso la cucina. Lo sentii preparare del tè. Al suo ritorno mi porse una tazza bianca fumante e si accomodò vicino a me. Mi porse anche un fazzoletto con il quale mi asciugai le lacrime. 
Bevvi il tè senza parlare ed una volta terminato posai la tazza sul tavolino di fronte. Poggiai la testa sul petto di Ale portandomi indietro e lui mi accolse tra le sue braccia. "Ti amo-sussurrai -ed è per questo che ti lascio andare." 
Il suo cuore perse un colpo. Sospirò malinconicamente, poi disse:" ti amo anch'io."

Dicembre.

Arrivò il giorno della partenza. Ci eravamo sentiti solo tramite messaggi. Non avrei voluto che i suoi genitori, nonché i miei zii, mi vedessero piangere. Ero stesa sul letto malinconica. Il cell vibrò un paio di volte ma lo ignorai. Decisi di fare un bagno caldo, quindi riempii la vasca di acqua bollente, bagnoschiuma al cocco e sali da bagno. Legai i capelli in uno chignon scombinato, accesi candele e musica e gettai a terra tutti i vestiti. Mi guardai allo specchio abbozzai un sorriso melanconico e mi immersi. Cercai di rilassarmi, ma ogni tentativo fu vano. Il cellulare vibrò ancora e decisi di prenderlo per visualizzare i messaggi: 



Mi mandò anche una foto che lo ritraeva sorridente, in divisa, con i capelli cortissimi. 


Non risposi più ai suoi messaggi. Faceva troppo male. 
Passarono i giorni, le settimane, i mesi. Mancava sempre troppo. Dopo qualche mese smise di scrivermi. 

Maggio. 

Tra pochi giorni sarebbe stato il mio compleanno ma ero troppo triste per festeggiare. 

Rimasi di stucco nel leggere quel messaggio. Non ci eravamo sentiti per molti mesi e adesso... 
Scoppiavo di felicità. 



Ero felice ma allo stesso tempo preoccupata. In questi mesi avevo provato a rifarmi una vita, a stare con qualcun'altro, ma solo l'idea mi infastidiva: nessuno era come Ale e mai nessuno avrebbe preso il suo posto nel mio cuore. 
Ci sentimmo qualche giorno dopo e lui mi diede appuntamento per il pomeriggio. 
Quel giorno mi preparai con cura: indossai un paio di jeans attillati ed una canotta bianca, una giacca beige piuttosto lenta e con le maniche larghe, una collana con un ciondolo a forma di farfalla ed una sciarpa che la nascondeva. Sistema i capelli acconciandoli con dei dei ricci morbidi. Allo squillo del cellulare scesi e lo vidi lì, con indosso l'alta divisa ed un mazzo di fiori. Cominciai a correre lasciando cadere la borsa per terra gettandomi fra le sue braccia. Lui mi strinse forte a se affondando il viso tra i miei capelli. 
"Non posso più nascondere quello che provo per te. Voglio che tutti sappiano." Disse lui. Ero contenta, anch'io volevo che tutti sapessero. Andammo nella sua casa al mare dove restammo per la notte. Facemmo l'amore fino al mattino. Fu la notte più dolce della mia vita. Non mi ero accorta quanto mi mancasse finché non lo rividi davanti il portone di casa mia. Avevo sofferto molto la sua lontananza ma non avevo capito quanto tenessi a lui finché non realizzai che senza, la mia vita era stata vuota. 
Il giorno successivo mi raccontò di com'era la sua vita in caserma, di quanto mi avesse pensata e di una storiella con una collega senza valore. La cosa mi infastidì e non riuscì a mascherarlo ma non potevo fargliene una colpa (ok mi stavo rincoglionendo). Il giorno successivo tornammo a casa sua , in città, dove sua madre, ovvero mia zia, ci stava aspettando. 
"Mamma, devo parlarti." Sara si giro di scatto mentre armeggiava con una padella. "Forse è meglio se ti siedi-prese a dire Ale- non so che effetto possa farti." Mi prese per mano, si schiarì la voce, poi disse:"Checché ne pensiate tu e papà, o chiunque altro, io ed Alice stiamo e staremo insieme." Sara ci guardò con dolcezza e disse:" non sarò io ad impedirvelo. Di certo é strano, ma ho imparato a mie spese che i divieti sono tutto fuorché costruttivi." 
Sua madre accetto la situazione senza troppe storie. 
Lo scoglio erano i miei genitori. 
"Ti va se usciamo ed torniamo alla casa sua spiaggia?" Chiese Ale quasi euforico. Annuii sorridendo. 
Dopo pranzo, e dopo aver comunicato anche a suo padre della nostra storia, uscimmo dal garage sulla sua moto. Allacciai il casco ed anche Ale fece lo stesso. Eravamo in autostrada. Il tachimetro segna 120 km/h. L'aria era insolitamente fredda per essere in primavera. Io guardavo il mare alla nostra destra. Era calmo e blu. Ero felice.
Ad un tratto Ale accelerò, il tachimetro arrivò a 150 km/h. La moto era quasi strozzata. Le braccia gli divennero molle e la moto sbandò alla curva. Fu tutto velocissimo. Un susseguirsi di flash. Un urlo mi morì in gola. La moto si accasciò su un fianco e cominciò a strisciare contro l'asfalto urtando un'auto. Io fui sbalzata lontano, contro il guardrail, gli occhi mi si fecero pesanti al punto che si chiusero da soli. Sentì un forte boato, o forse era solo la mia immaginazione, dopo non sentii più nulla. Dopo quello che a me sembrò un istante, riaprii gli occhi. Ero in una stanza, anzi un corridoio, intorno a me c'erano delle persone. Vedevo le luci del soffitto scorrere. Non riuscivo a parlare. Le voci si fecero lontane. Buio di nuovo. Urla in lontananza. Riaprii gli occhi sforzandomi. La luce mi dava troppo fastidio. La stanza era troppo silenziosa. Ero sola. Ruotai gli occhi intorno e notai che alla mia destra c'erano delle macchine strane, ma non potendo muovere la testa le vedevo a malapena. Sentivo solo il rumore del mio respiro ed un insopportabile ticchettio continuo. Le palpebre erano di nuovo pesanti. Buio. Qualcosa mi toccò la mano. Aprii gli occhi, stavolta meno pesanti ma sempre con fatica. Avevo la bocca libera adesso, o forse era solo una mia sensazione, magari era sempre stata libera. Ci misi qualche secondo in più del solito per focalizzare gli oggetti intorno. Lentamente girai il collo indolenzito verso la mano che stringeva la mia. Sentivo un punto sul viso che bruciava e sentivo la pelle tendersi. Finalmente vidi la mano. Era familiare: non troppo grande, morbida al tocco, aveva un anello dorato e le unghie rosse. Era una donna, forse mia madre. Lentamente alzai lo sguardo per vedere il viso di quella persona. Si era mia madre, stava piangendo. Con l'altra mano si asciugava le lacrime. Dietro di lei un grande vetro che divideva me dal resto del mondo e dalle 10 persone sorridenti e lacrimanti che si abbracciavano e mi salutavano. Mio padre, le mie amiche, mia zia, alcuni amici di famiglia. Mancava qualcosa. Mia madre iniziò a farmi delle domande del tipo:"come stai? Senti dolore?" Oppure "sai quanto sono felice e quanto bene ti voglio?" Io non risposi, semplicemente indagavo i volti e cercavo di sforzarmi di ricordare. Cosa o chi non riuscivo a ricordare? Cosa mi mancava? Proprio non capivo. Ad un tratto ebbi un'illuminazione: mancava lui. Ripassai in rassegna tutti i visi. Non ricordavo bene cosa fosse successo, non ricordavo il suo nome. Non c'era. Cominciai a sentire dolori lancinanti e bruciori sparsi. Notai alcune cicatrici sulle braccia e sulle mani. Lentamente chiesi:" lui. Dov'è?" Mia madre diventò pallida. È spostò lo sguardo verso il pavimento. Non rispose. La guardai dritta negli occhi e le riproposi la domanda con più decisione ed aggressività. "Lui, dov'è?" Lei mi guardò quasi vergognandosene, poi disse:" avete avuto un brutto incidente due mesi e mezzo fa. Te lo ricordi?" Fece una breve pausa dando per scontata la mia risposta, poi aggiunse :"Alessandro ha avuto un malore mentre guidava. Siete caduti mentre andavate a velocità piuttosto sostenuta. Tu sei stata sbalzata contro il guardrail e ti sei rotta una gamba, una mano e 3 costole, ti hanno dato 10 punti sul viso e 23 lungo il braccio, hai subito un forte trauma cranico e sei stata in coma per due mesi e mezzo. Sei stata in bilico fra la vita e la morte." "Non ti ho chiesto la mia anamnesi, voglio sapere dov'è!" Dissi aspramente. Le lacrime mi salirono gli occhi perché sapevo già la risposta. Mia madre fece cenno a qualcuno di entrare, era Sara, la madre di Alessandro. Era magrissima e pallida. Mia madre si alzò e lei prese il suo posto. Lentamente mi prese la mano e con gli occhi colmi di lacrime disse:"la vita è ingiusta." Quel sussurro mi trafisse. Iniziai a piangere e lei con me. 

3 mesi dopo.
Gli ultimi mesi trascorsero fra incubi e sonniferi. Il dolore fisico col tempo si attenuò, ma il rimorso ed il rimpianto di non avere passato abbastanza tempo con lui si fecero strada nella mia mente insinuandosi così in profondità da indurmi sull'orlo di un baratro. Capii di non voler più andare avanti con il pensiero di essergli sopravvissuta. Scrissi una lettera a mia madre dove le spiegavo come mi sentivo. Iniziai a riempire la vasca da bagno e mi spogliai. Presi una bottiglia di whisky, anche se mi faceva schifo. Passai dalla cucina per prendere un coltello in ceramica. Era tutto pronto. Avevo paura ma la fotografia di Alessandro, quella che mi mando il giorno che partì quando si arruolò, mi scaldava il cuore. Il suo sorriso. Non potevo più vivere. Chiusi la porta a chiave e lasciai cadere l'asciugamani per terra. Entrai nell'acqua bollente che mi bruciava la pelle. Con le mani sfiorai tutte le cicatrici e piangendo impugnai il coltello. Eccomi li, pronta a farla finita, vigliaccamente. Presi la bottiglia e cominciai a bere senza fermarmi, per non sentire il sapore. Lasciai la bottiglia sul bordo della vasca e poggiai la lama affilata del coltello sul mio polso. Impressi poca forza e tirai la lama indietro. Cominciò a bruciare come se mi stessero marchiando col fuoco. Dopo pochi minuti in immersione il dolore divenne sopportabile. Ripresi la bottiglia e bevvi avidamente. Stesso rituale per l'altro polso. L'acqua a poco a poco diventò purpurea ed io mi sentivo sempre più senza forze. La vita mi stava abbandonando e finalmente mi sentivo felice. Come dopo l'incidente, le palpebre si fecero pesanti e l'ultima cosa che sentii fu la voce di Alessandro che mi sussurrava "ti amo".
Quando i miei genitori si accorsero di ciò che avevo fatto, tentarono di soccorrermi, ma per fortuna fu tutto inutile. Mi lasciarono andare via, dall'amore della mia vita. Per sempre.

  
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