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Autore: 68Keira68    16/02/2015    4 recensioni
E se lo scontro tra Obi-Wan e Anakin fosse finito in maniera diversa? E
se la conversione al Lato Oscuro di Anakin e la caduta della Repubblica
avessero dato la spinta a Padmé per sopravvivere al parto
anziché ucciderla? L'universo è nelle mani di
Palpatine e Anakin ma la ribellione è appena cominciata, e a
guidarla sono Obi-Wan e Padmé. Riusciranno a ripristinare la
giustizia in un universo corrotto dal Lato Oscuro? La Forza
riuscirà a sconfiggere anche quest'ultima minaccia?
Dal testo:
"La parte buona di Anakin era lì, andava solo riportata alla
luce"
"il Sith creato dalle ceneri di quello che avrebbe potuto essere un
grande Jedi, Darth Vader"
"Noi siamo ancora vivi e non ci arrenderemo"
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anakin Skywalker/Darth Vader, Obi-Wan Kenobi, Padmè Amidala, Palpatine/Darth Sidious, Yoda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3 capitolo

Ciao a tutti! Ecco a voi il terzo capitolo della mia storia, fortunatamente sono riuscita a non farvi aspettare secoli come l'altra volta! E' un capitolo di transizione, quindi mi scuso in anticipo se non troverete svolte importanti nella trama, la grande svolta ci sarà nel prossimo, ma nell'attesa spero che troverete comunque questo capitolo interessante e che vi invogli a leggere il quarto :-) Ringrazio tutti coloro che hanno speso il loro tempo a leggere la mia fan fiction, coloro che l'hanno aggiunta alle seguite e un grazie particolare a the best  che ha commentato lo scorso capitolo: grazie mille, davvero, spero sinceramente che "la trappola del Sith" ti piaccia e continui ad accendere la tua curiosità per il seguito! 

Auguro a tutti una buona lettura e spero di sapere le vostre impressioni su questa storia :-)

3_La trappola del Sith

 

La navicella filava a velocità sostenuta da un’ora, schivando meteoriti e superando pianeti, passando inosservata. Il Cavaliere Jedi all’interno dell’abitacolo aspettava con una serafica pazienza di giungere alla sua meta, risparmiando le forze per la delicata missione che gli si prospettava. La sua destinazione era Geonosis, il piccolo pianeta quasi desertico abitato da una popolazione barbara, che era stato sede del Consiglio dei Separatisti.

Obi-Wan non poteva non fare dei paragoni tra il presente e l’ultima volta che era stato su quel pianeta. All’epoca stava cercando di scoprire cosa minacciasse la Repubblica, chi fosse il misterioso pericolo che restava acquattato nell’ombra, ed era certo che qualunque cosa si fossero ritrovati ad affrontare, avrebbero saputo come fronteggiarla. Mai, nemmeno nei suoi incubi peggiori, avrebbe immaginato una tale disfatta. Ma soprattutto, mai avrebbe creduto che il tradimento che li avrebbe distrutti sarebbe giunto proprio da colui che aveva cresciuto come un fratello minore per tanti anni. Al Consiglio degli Jedi gli si poteva imputare la cecità davanti al Lato Oscuro che diveniva sempre più forte proprio nel cuore della Repubblica, ma Obi-Wan sapeva che a lui spettava una colpa unicamente sua, quella di aver fallito con il Prescelto. Lo aveva educato cercando di trasmettergli tutta la saggezza e la giustizia che un Cavaliere Jedi doveva avere, aveva cercato di instradarlo verso il suo destino, il destino di colui che avrebbe dovuto riportare equilibrio nella Forza, e invece lo aveva trasformato in un Sith. Il maestro Jedi non riusciva a farsene una ragione, né poteva credere a qualsiasi altra spiegazione che non prevedesse la sua parte di colpa in quella disgrazia.

Conosceva il cuore di Anakin bene come pochi altri. Era lui che lo aveva visto crescere, che lo aveva aiutato a rialzarsi quando cadeva, che lo aveva corretto quando sbagliava ed elogiato quando migliorava. Ed era lui che non era riuscito a salvarlo dalla tentazione di quel Lato Oscuro che lo aveva traviato. Motivo per cui, spettava a lui correggere con ogni mezzo e ad ogni costo quell’imperdonabile errore, partendo dal portare a compimento con successo quella missione.

Dal pannello di controllo risuonò un “bip”. Obi-Wan alzò lo sguardo e la vista di Geonosis occupò la sua intera visuale. Avvicinandosi alla plancia, prese il comando della navicella e iniziò a cercare sul monitor un posto nascosto dove atterrare indisturbato. Individuata una piccola insenatura tra due rocce di rena rossa, si accinse a iniziare la manovra di atterraggio.

Una volta a terra, con il cappuccio calato a nascondere il viso, si incamminò verso l’apertura che anni fa aveva sfruttato per entrare nell’edificio principale della capitale, posto tra le rocce. Dopo un’ora di ricerca, riuscì a ritrovare il passaggio ed entrò nell’edificio. Con i sensi all’erta si appiattì contro la parete e prestò attenzione a ogni rumore circostante, aspettando di sentire qualcosa che gli rivelasse la presenza delle guardie. In fondo al corridoio dove si trovava, dalla destra sentì provenire il rumore di due voci che si avvicinava, probabilmente una ronda. Il maestro si appiattì ancora di più contro la parete sul lato opposto alla loro direzione e poco dopo vide oltrepassarlo due cloni, segno che Geonosis non era disarmata. Fece mente locale a dove fosse la stanza del server rispetto alla sua posizione. Doveva girare a destra e raggiungere il piano superiore, se non ricordava male. Facendo molta attenzione, si sporse dalla sua nicchia e, constatando che la strada era sgombra, si affrettò a percorrere il corridoio facendo il minimo rumore.

Grazie ad una buona dose di fortuna e sensi affinati da anni di missione, riuscì a raggiungere l’anticamera del server senza doversi scontrare con le guardie. Davanti all’ultima porta che lo separava dalla sua meta però, due cloni sorvegliavano la zona con l’arma pronta. Lo Jedi si appiattì contro la parete assicurandosi che nessun altro fosse nei paraggi eccetto le due guardie, poi senza perdere altro tempo balzò fuori dal suo nascondiglio, la spada laser già in mano. I due cloni ebbero a mala pena il tempo di rendersi conto di essere sotto attacco che già giacevano a terra.

Un gioco da ragazzi.

Attaccò un dispositivo al sistema di apertura elettronico e in breve riuscì ad aprire la porta della stanza del server. Trascinò i corpi inermi dei cloni all’interno per non allarmare chi eventualmente fosse passato dal corridoio e chiuse la porta.

Era dentro, ce l’aveva fatta.

Delle lampade rosse dovevano illuminare la stanza, ma la principale fonte di luce proveniva dai numerosi monitor addossati alle pareti. Si avvicinò al computer principale, posto in opposizione alla porta, e attaccò un hard disk per prepararsi a copiare i file che gli servivano. Il server ovviamente era protetto da alcuni sistemi di sicurezza, ma dopo qualche minuto Obi-Wan riuscì a bypassarli ottenendo l’accesso ai dati conservati nella memoria del computer. Iniziò a cercare i files relativi alla Morte Nera, provando alcune parole chiave per affrettare la ricerca. Dopo quasi un quarto d’ora però non aveva ancora trovato nessun risultato collegato anche solo lontanamente all’arma dell’Impero. Lo Jedi batté un pugno accanto alla tastiera per la frustrazione.

Maledizione! Com’era possibile che nel computer centrale non risultasse nessun file inerente a quella dannata arma? Aveva accesso completo alla memoria di quel server eppure nessuna traccia dei files sulla Morte Nera. Che fossero stati cancellati? Eppure era partito subito dopo aver ricevuto la notizia dal loro informatore, come avevano fatto a far sparire quei dati così in fretta?

A meno che…l’illuminazione gli giunse improvvisa quanto allarmante. Quei files non erano più lì da tempo. Le informazioni trapelate erano false, il che poteva dire soltanto una cosa. Era caduto in trappola.

Maledicendo la sua avventatezza, Obi-Wan uscì fuori dalla stanza e ripercorse il corridoio di prima, i sensi alla massima allerta. Al momento il corridoio era deserto, ma il suo sesto senso gli diceva che non lo sarebbe stato a lungo. I suoi nemici stavano solo aspettando il momento più adatto per rivelarsi, e probabilmente quello era anche il motivo per cui aveva incontrato così poche difficoltà a raggiungere il server, gli avevano praticamente lasciato la porta aperta.

A pochi metri dalla nicchia dove si nascondeva il passaggio, iniziò a sentire un rumore di passi affrettati. Sei cloni si stavano schierando per impedirgli di raggiungere la sua uscita. Imprecando tra i denti, svoltò a sinistra nel corridoio, pensando febbrilmente ad un’altra via per fuggire da lì. Da dove poteva passare? Sicuramente tutti i passaggi in quel momento stavano per essere raggiunti dai cloni per sbarrargli la strada. Avrebbe potuto affrontarli, un manipolo di sei poteva batterlo senza molte difficoltà, ma sapeva che prima che avesse atterrato l’ultimo, ne sarebbero giunti degli altri e in breve si sarebbe trovato attorniato da un piccolo esercito. No, non poteva permettersi uno scontro frontale, doveva trovare un altro modo, ma quale?

A un tratto un fiotto di luce proveniente da sinistra illuminò il corridoio prima in penombra. Obi-Wan si volse in quella direzione senza pensarci, sperando che portasse a un’uscita o a una finestra. La luce del sole lo inondò e lo Jedi dovette socchiudere gli occhi per non restare abbagliato. Si trovava sul balcone che dava all’arena che tempo prima era stata il teatro della fortunatamente mancata esecuzione di Padmé, Anakin e sua. Obi-Wan tirò un lieve sospiro di sollievo, pensando che era salvo, era fuori, ora doveva solo arrampicarsi verso la sommità dell’arena e calarsi giù. Tirò fuori il piccolo rampino dalla tasca del mantello, ma quando iniziò a farlo roteare, una voce dall’interno del corridoio, lo bloccò.

“Ho aspettato con ansia questo momento. Non vorrai andartene via così presto, maestro” anche senza il sarcasmo a calcare sull’ultima parola, quella voce non avrebbe potuto confonderla tra altre mille. Era la voce che aveva sentito accanto a se per gli ultimi dieci anni, la voce che aveva sentito amica innumerevoli volte alle sue spalle nei momenti di pericolo.

Obi-Wan sospirò e rimise in tasca il rampino, ormai inutile. Certo, avrebbe dovuto immaginarlo che non avrebbero mandato dei semplici cloni per coglierlo in trappola. Probabilmente era stato proprio lui la mente di quel piano, era sempre stato molto brillante, non se ne sarebbe stupito. Con un sorriso tra il sarcastico e lo sconfortato per quella situazione straniante, si volse verso la fine del balcone.

Anakin Skywalker, il suo vecchio padawan, lo fronteggiava a testa alta, le mani incrociate sul petto, gli occhi fissi su di lui. Si costrinse a incrociarne lo sguardo, anche se una parte di lui temeva ciò che avrebbe visto, un odio causato da una mole di meschine bugie. Un odio che nasceva da una ferita profonda che lo dilaniava, il dolore di aver perso tutto ciò che gli era più caro, e che, nel precipizio in cui era caduto, aveva gettato su di lui, come se trovare un bersaglio lo potesse aiutare a riemergere dalla profondità in cui era. Peccato che avesse individuato il bersaglio sbagliato, il vero colpevole era colui che adesso chiamava Maestro e che ancora continuava a ferirlo, torturando la sua anima senza che nemmeno se ne rendesse conto.

Kenobi provò una fitta al petto a vederlo ridotto così, ma quello che più lo ferì fu la consapevolezza che avrebbe di nuovo dovuto battersi con lui.

“In realtà stavo proprio per togliere il disturbo, Anakin. Quello per cui ero venuto evidentemente non c’è, quindi non ho altri motivi per trattenermi, se non ti spiace” temporeggiò simulando un tono ironico, mentre faceva un passo all’indietro, verso la balaustra.

Il commento non strappò nessuna espressione al giovane. Il suo viso sembrava fatto di pietra, nessuna emozione trapelava dalla linea dura della mascella, né preoccupazione per lo scontro, né altro, eccetto una rabbia sorda e una ferrea determinazione.

“Te ne do uno io allora. Devo restituire il favore dell’ultimo scontro” ribatté il ragazzo, sottintendendo la gamba sinistra che Obi-Wan gli aveva reciso durante il loro ultimo duello su Mustafa.

Lo Jedi scosse la testa. “Non hai ancora imparato Anakin? Conserva l’altra gamba e lasciami andare. Non è necessario battersi” cercò di persuaderlo.

Lord Vader questa volta si lasciò sfuggire un sorriso caustico. “Lo hai reso necessario nel momento in cui hai deciso di metterti contro l’Impero”.

Obi-Wan fece un altro passo verso il parapetto. “Non è per l’Impero che sei qui ora, Anakin. Sei qui per vendetta, per combattere contro di me perché credi ti abbia tradito e non vedi che sei tu ad aver tradito me, il Consiglio e la Repubblica” l’uomo stava parlando per prendere tempo, ma mentre le parole gli uscivano di bocca si accorse che aveva bisogno di gridargli in faccia le accuse che nella sua mente gli rimbombavano da mesi. “E soprattutto, con il tuo comportamento, hai tradito Padmé” concluse, guardandolo con tristezza.

Il viso del giovane a quel nome si contrasse in rabbia e dolore. Come osava proprio lui rinfacciargli di averli traditi quando erano stati loro a lasciarlo solo, a non credere che la parte che aveva scelto fosse quella giusta? Sentì l’ira montargli dentro, la sentii bruciargli le vene e dargli la spinta che gli serviva per fare ciò che doveva. Basta ora, il tempo delle parole era finito.

Con un urlo di frustrazione, si lanciò contro il vecchio Jedi ed estrasse la sua nuova spada laser, il cui colore rosso sanciva la sua svolta definitiva al Lato Oscuro della Forza. Alla vista di quel colore sanguigno, Obi-Wan ebbe un’altra fitta, ma si riprese in fretta per non permettere al suo avversario di sfruttarla come un vantaggio. Parlando era giunto dove voleva lui, attaccato alla balaustra, così anziché essere costretto a rispondere all’assalto in quella posizione svantaggiata nell’angolo come Anakin si aspettava, saltò all’indietro verso le gradinate più basse, prendendolo in contropiede. Sfruttando la Forza, riuscì con una capriola ad atterrare diversi metri più in basso, verso un altro balconcino, e da lì saltò di nuovo verso il cuore dell’arena. Atterrato sulla sabbia, estrasse a sua volta la spada laser e si mise subito in posizione di difesa, sapendo che il suo vecchio padawan non avrebbe esitato a lungo per raggiungerlo. Skywalker era già sulla balaustra pronto a inseguirlo appena aveva toccato terra. Anakin si lanciò nel vuoto e con un’unica capriola raggiunse il suolo. Si squadrarono per un breve istante, poi non ci fu più tempo nemmeno per pensare.

Anakin partì alla carica con un affondo dall’alto, ma Obi-Wan era pronto a riceverlo. Parò senza difficoltà il colpo e cominciò ad incalzarlo a sua volta con una serie di affondi laterali. Per un qualche momento le loro forze parvero pareggiarsi. Il loro modo di combattere era quasi identico, il che bilanciava gli attacchi. Ad ogni affondo corrispondeva una parata precisa e nessuno dei due era intenzionato a cedere terreno, finendo per girare intorno ad una linea immaginaria che costituiva il loro perimetro  di combattimento. Dopo una serie di attacchi però, una differenza cominciava a farsi notare. Mentre Anakin continuava a colpire con un ritmo serrato, senza risparmiarsi, Obi-Wan cominciava a respirare con più fatica. Il Sith se ne accorse e decise che non potendo puntare su una falla nella scherma dello Jedi, avrebbe allora sfruttato la sua maggior resistenza. Scartò di lato, cogliendo impreparato Obi-Wan, e riuscì a colpirlo con un calcio in pieno petto. All’uomo si mozzo il respiro e sentì un “crack” all’altezza delle costole. Gli si appannò la vista e quasi non si accorse di essere stato buttato a terra un paio di metri indietro. Cercò di rimettere aria nei polmoni, ma una fitta terribile lo trafisse come un pungiglione. Tuttavia, temendo che Anakin non gli avrebbe lasciato il tempo per riprendersi, si affrettò a rimettersi in piedi nonostante il dolore lancinante al petto. Si rimise in posizione di guardia e squadrò con attenzione il suo avversario, che palesemente soddisfatto aspettava la sua risposta con aria imperturbabile. L’arroganza che quell’espressione celava era smascherata solo dalla postura. Anakin, rinvigorito da quel piccolo successo, aveva abbandonato la posa di attacco.  

Ma come aveva fatto a diventare così dannatamente veloce? Quel calcio non lo aveva nemmeno visto arrivare! E com’era possibile che mentre lui iniziava ad accusare i primi segni della fatica dello scontro, Anakin sembrasse perfettamente riposato? Non erano passati che pochi mesi dall’ultima volta che si erano scontrati, e all’epoca lui era tatticamente più forte del giovane Sith. Com’era riuscito ad aumentare tanto rapidamente il suo potere?

Obi-Wan si guardò attorno, iniziando a chiedersi quale potesse essere la strategia migliore per combatterlo. Non voleva vincerlo, gli sarebbe bastato disarmarlo per poi poter fuggire, non aveva nessuna necessità né desiderio di fargli del male. Ma se fosse stato costretto a scegliere tra la sua vita e la propria…non poteva permettersi di abbandonare la Resistenza e darla così vinta all’Impero. E guardando lo sguardo deciso del giovane, sapeva che Anakin non si sarebbe risparmiato.

Un rivolo di sudore gli colò lungo la guancia. La domanda a quel punto poteva essere una sola. Se avessero entrambi dato il loro meglio, chi dei due ne sarebbe uscito vincitore?

 

*

 

“Senatrice Amidala! Senatrice!”

La voce affannata di Jousha si riverberò per quasi tutto il palazzo e raggiunse la mia camera molto prima che il ragazzo ci si fiondasse fisicamente dentro.

“Senatrice” annaspò il povero giovane sorreggendosi allo stipite della porta.

Allarmata dal suo tono di voce, scattai in piedi dal pavimento su cui ero seduta accanto ai bambini e Lavel. Cosa diamine era accaduto per provocare tanto scompiglio?

“Jousha, cosa succede? Siamo sotto attacco?” domandai, avanzando di un passo verso di lui.

Il ragazzo scosse la testa castana, diminuendo almeno un poco la mia ansia. Bene, non eravamo stati scoperti, ma a parte la notizia di un attacco cos’altro poteva essere di tanto orribile da farmi chiamare in tutta fretta?

“Senatrice, abbiamo appena ricevuto un messaggio criptato da Ezac, Darth Vader è partito con un gruppo di soldati per Geonosis poco fa!”

Gelai sul posto. Anakin…verso Geonosis? Poteva esserci solo una spiegazione per andare improvvisamente su quel pianeta.

Senza chiedergli ulteriori informazioni, iniziai a correre verso la sala del Consiglio, dove ero certa che avrei trovato il maestro Yoda e Taomar.

I due infatti mi stavano aspettando accanto alla nostra ricetrasmittente, la preoccupazione dipinta sul volto.

“è vero quindi? Anakin sta andando a Geonosis?” domandai senza inutili preamboli.

Yoda mi guardò, uno sguardo grave, carico di tensione e amarezza. “Una trappola, il giovane Skywalker, teso ci ha”.

“Una trappola?” chiesi, confusa.

Taomar avanzò di un passo verso di me, pallido. “A quanto pare, le informazioni che abbiamo ricevuto erano state fatte trapelare apposta per mandare il maestro Kenobi a Geonosis” rivelò.

Strabuzzai gli occhi. “Cosa? E come…” ma la risposta mi giunse in mente prima che finissi la frase. Ma certo, come avevamo potuto essere così ingenui da credere che i piani dell’arma più potente dell’Impero fossero stati lasciati incustoditi su un pianeta qualsiasi? La nostra disperata ricerca di un aiuto ci aveva reso ciechi di fronte a quello che avrebbe dovuto essere ovvio. “Diegora è stato scoperto. Gli hanno passato delle informazioni false” commentai.

Taomar annuì. “Per fortuna, l’altra nostra spia non è stata ancora smascherata ed è riuscita a comunicarci che una mezz’ora fa Lord Vader è partito per Geonosis per catturare Kenobi”.

Mi passai una mano sul viso e cominciai a riflettere. Obi-Wan era partito due ore fa, non c’era modo di avvertirlo per tornare indietro poiché, per essere sicuri che il radar della navicella non venisse rintracciato dalle guardie dell’Impero, aveva deciso di tenere spente le comunicazioni, però se partivo immediatamente avevo solo una mezz’ora di svantaggio rispetto ad Anakin per raggiungere lo Jedi per prima. Con una navicella piccola e veloce avrei potuto farcela.

“Voglio una nave pronta a partire all’hangar tra dieci minuti con un equipaggio di una decina di uomini” ordinai, iniziando a dirigermi verso l’armeria.

Taomar mi si accostò preoccupato. “Milady, non è una scelta saggia, se veniste catturata anche voi, tutto quello che abbiamo fatto finora risulterebbe inutile” obiettò.

Gli risposi senza nemmeno fermarmi. “Non intendo discutere sulla mia decisione. Se prendono il maestro Kenobi, siamo comunque perduti”.

“Ma…” cercò di protestare, ma fu interrotto dal maestro Yoda.

“La sua decisione la senatrice preso ha. Noi solo aiutarla a salvare Obi-Wan possiamo” decretò.

Mi permisi un breve sorriso di gratitudine per l’appoggio del maestro che convinse Taomar a non perdere altro tempo in chiacchiere e a disporre i preparativi per la missione. Intanto io mi diressi assieme al maestro verso il deposito armi, anche se in cuor mio speravo di non doverne aver bisogno arrivando prima del nostro nemico.

“Senatrice Amidala, per voi più che per chiunque altro questa missione penosa è. Se in difficoltà vi troverete, ricordate per cosa lottate”.

A quel consiglio mi bloccai un istante a riflettere. Guardai il maestro e lessi in quello sguardo secolare i sottintesi di quell’avvertimento. La difficoltà più grande in cui potevo trovarmi era quella di scontrarmi direttamente con Anakin. Sarei riuscita in quel caso a portare a termine la mia missione? Sarei riuscita a mettermi apertamente contro di lui o peggio, a lottare contro mio marito? Al solo pensiero di uno scontro diretto, il mio cuore tremava. Saremmo davvero giunti a quello? Pregai intensamente che il fato non mi mettesse dinanzi a tale prova perché anche se avessi trovato la forza per lottare contro di lui, non sapevo come avrei potuto convivere con quel fatto dopo. Di una cosa sola ero certa però.

“Salverò Obi-Wan, maestro, di questo non dovete dubitare”.

 

Esattamente dieci minuti dopo, ero seduta al posto del co-pilota di una delle navicelle più veloce dell’hangar pronta ad iniziare le manovre di decollo. Una decina di soldati erano stati subito pronti ad accettare di accompagnarmi in quella missione di salvataggio mentre io mi ero limitata a prendere due pistole laser dall’arsenale prima di partire. Guiwo, il pilota, inserì le coordinate verso Geonosis mentre il tetto della piattaforma di decollo si apriva. Cinque secondi dopo stavamo decollando verso la nostra meta.

“Tenendo una velocità sostenuta arriveremo a Geonosis in meno di un’ora, Milady” mi informò il ragazzo seduto alla mia sinistra. Annuii soddisfatta. Potevamo farcela, potevamo raggiungere Obi-Wan prima delle forze dell’Impero.

Stavo cercando di atteggiare il viso a un’espressione impassibile, sapevo che era necessario mostrarmi sicura di me davanti ai soldati per infondergli fiducia nel successo della nostra missione, ma l’agitazione mi stringeva lo stomaco come una morsa. Temevo di arrivare troppo tardi per salvare Obi-Wan, di apprendere che era già stato catturato una volta atterrati o, prospettiva peggiore di tutte, trovarmi in mezzo ad uno scontro a fuoco. Quello era lo scenario che assolutamente dovevo evitare. La nostra era una missione di soccorso, doveva intrufolarci a Geonosis e avvertire lo Jedi passando inosservati. Eravamo troppo pochi per permetterci uno scontro diretto, saremmo morti tutti inutilmente.

Torturata dall’ansia, mi alzai in piedi e mi diressi verso una delle vetrate laterali della nave che mostravano milioni di stelle e pianeti sfilarci accanto in una scia senza fine. Mi massaggiai le tempie con le dita, cercando di scacciare lo scenario di cui più avevo paura. Anakin davanti a me, con lo sguardo carico d’odio e rabbia come l’ultima volta che lo avevo visto. Anakin che dava l’ordine di uccidere i miei uomini ma che sapevo non avrebbe mai ucciso me. Ma una volta risparmiata cosa sarebbe successo? Come si sarebbe comportato? Davvero avrebbe mantenuto quella maschera terribile di odio? E ai bambini quale sorte sarebbe toccata? Avrebbe chiesto di loro, li avrebbe voluti con sé?

Appoggiai la fronte al vetro angosciata da quei mille interrogativi. No, non potevo permettere che si verificasse ciò. Avrei trovato Obi-Wan e lo avrei riportato a Giano. Fine.

“Senatrice, siamo arrivati”.

La voce di Guiwo mi riportò alla missione presente.

“Bene, iniziate le procedure per l’atterraggio ma scegliete…” fui interrotta dal dispositivo di allarme che iniziò a suonare.

Mi precipitai al pannello di controllo per capire cosa lo avesse fatto scattare. Il radar lampeggiava catturando la nostra attenzione e segnalando due grosse navi poco lontane dall’edificio centrale di Geonosis. Mi morsi il labbro quasi fino a farlo sanguinare. Poteva significare solo una cosa, l’Impero aveva preceduto il nostro arrivo sul pianeta. Non restava da sperare che non ci avessero preceduti anche nel trovare Obi-Wan.

“Rintraccia il segnale della navicella del maestro Kenobi e del rilevatore che ha sulla cintura. Dobbiamo vedere se è ancora sul pianeta e dove” ordinai. Avevo il cuore in tumulto ma la mia voce era fredda e ferma, non era il momento per farsi prendere dal panico.

Guiwo iniziò subito a rintracciare i due segnali dello Jedi trovandoli quasi immediatamente.

“La navicella è depositata in un anfratto poco distante da qui” sullo schermo apparve l’immagine di una nicchia tra le rocce, un luogo ideale per atterrare senza essere visti. “Il segnale di Kenobi invece sembra venir emesso da un punto dell’edificio, questo” l’immagine della navicella scomparve, sostituita da una pianta dell’edificio di comando della città. Un punto lampeggiante rosso indicava la posizione dello Jedi in uno spazio circolare ampio. Ci misi un istante per capire dove si trovasse. Era il disegno dell’arena dove qualche anno prima i mercanti e il conte Duko avevano cercato di giustiziare Obi-Wan, Anakin e me. E un brutto presentimento mi suggeriva che anche questa volta in quel punto esatto lo Jedi doveva trovarsi in una brutta situazione.

“Dobbiamo raggiungerlo. L’arena è all’aperto, se riusciamo ad aggirare i radar delle due navi dell’Impero finché non ci troviamo sopra, possiamo avvicinarci al terreno quel tanto che basta per permettere a Obi-Wan di salire su per poi allontanarci il più velocemente possibile.” Organizzai sul momento, analizzando velocemente la situazione.

Guiwo mi lanciò uno sguardo preoccupato. “è un piano rischioso, senatrice. Appena i loro radar ci individueranno, ci salteranno addosso. Inoltre non sappiamo in che situazione sia il maestro, se fosse circondato da un esercito noi non potremmo fare niente” obiettò.

Sbattei il palmo contro il sedile vuoto del co-pilota, irritata per quelle considerazioni ovvie. “Lo so Guiwo, ma è il solo piano che abbiamo, l’unica possibilità per salvare Kenobi. O preferisci tornare indietro e raccontare che siamo venuti fin qui per scappare con la coda tra le gambe alla vista di un paio di navi dell’Impero?” lo sfidai.

Il ragazzo abbassò lo sguardo, annuendo passivamente. Una piccola parte di me si sentì in colpa per aver sfogato su di lui la mia frustrazione, dopotutto potevo comprendere i sentimenti del giovane. Nessuno si butta entusiasta in una missione potenzialmente suicida, ma non avevamo altra scelta.

Stando attenti a non entrare nel raggio del radar nemico, sorvolammo sopra l’edificio fintanto che non giungemmo in prossimità dell’arena. Ordinai ai soldati sulla nave di tenersi pronti a far fuoco, quattro avrebbero usato le munizioni della navicella, gli altri cinque si sarebbero schierati con me davanti al portellone una volta aperto per sparare a chiunque avremmo incontrato.

Quando fummo pronti, con un cenno a Guiwo gli ordinai di dirigersi senza esitazione sopra l’arena. Da quel momento in poi eravamo visibili alle navi nemiche, avevamo i minuti contati. Con il cuore in gola e temendo ciò che ci aspettava, aprii il portellone, aggrappandomi ad una delle maniglie sul soffitto della nave per non rischiare di cadere. Quando il portellone fu spalancato però, lo spettacolo che mi accolse fu ben diverso da quello che mi aspettavo.

L’ultima volta che ero stata in quell’arena, infuriava una guerra, la prima dove i droidi distruttori dei Separatisti e i cloni, all’epoca al servizio della Repubblica, si erano scontrati. La vita di due Jedi e la mia era stata salvata dall’intervento propizio degli Jedi che erano arrivati con un esercito intero per combattere il conte Duko.

Quella volta però non erano due eserciti a fronteggiarsi su quell’arena, ma solo due uomini e due spade laser che si colpivano e schivavano con un’abilità consumata. Il cuore mi balzò in gola riconoscendoli. Uno dei due, era Obi-Wan, che si batteva con una tecnica affinata negli anni e per niente intaccata dall’età. L’altro, armato di una spada rossa come la collera che lo animava, era colui che avevo temuto di rincontrare. Anakin, anche se di lui sembrava non essere rimasto che l’aspetto dalla furia cieca con cui si muoveva.

Per ironia del destino, quell’arena sembrava aver riportato in scena i tre protagonisti dell’ultima battaglia che aveva visto, ma i ruoli non potevano essere più diversi dall’ultima volta. Il maestro e il suo allievo, quasi più un padre e un figlio, si battevano in un duello mortale, animati dal rancore e dalla delusione reciproci, ed io mi ritrovavo a fissare il mio unico amico e mio marito combattersi tra loro, sapendo di dovermi schierare da una delle due parti.

Pur con tutta la sua bravura, Obi-Wan era visibilmente in svantaggio. Si limitava a parare e ad arretrare dinanzi agli assalti di Anakin, il quale non retrocedeva di un passo. Sgomenta, mi domandai se davvero sarebbe stato capace di ucciderlo, giunti alla fine del duello. Il mio Anakin avrebbe rischiato la vita per il suo maestro, ma il Sith fin dove era capace di spingersi?

Decisi che non gli avrei dato l’occasione per dimostrarmelo. Sarei intervenuta prima. Facendo appello a tutta la mia forza d’animo, alzai la pistola mentre la navicella si abbassava ancora di più. Sapevo che ci avevano visto, ma i due Jedi erano talmente concentrati nello scontro che nessuno dei due ci aveva analizzato abbastanza per capire chi dei due eravamo venuti ad aiutare, il che mi dava tempo per prendere la mira con calma. Il cuore mi tremava ma la mano era ferma. Doveva esserlo, avrei mirato alle gambe di Anakin, anche se ero certa che con i sensi sviluppati degli Jedi lui avrebbe percepito e parato il colpo, non avrei mai rischiato di puntare a una parte vitale. Non volevo nemmeno ferirlo, il mio scopo era quello di distrarlo per dare il tempo sufficiente ad Obi-Wan di allontanarsi, accorgersi di noi e saltare sulla nave.

Avrei sparato a mio marito, ma lo facevo per salvare un amico e per salvare Anakin da se stesso. Gli avrei tolto la possibilità di compiere un gesto per il quale sapevo che si sarebbe pentito per tutta la vita, anche se adesso, accecato dalle bugie di Palpatine, non lo avrebbe mai ammesso.

Lo faccio per noi, Ani.

Il colpo partì. Mi si bloccò il respiro per un istante, mentre aspettavo di vedere cosa sarebbe accaduto. Come a rallentatore vidi Anakin voltarsi immediatamente verso la direzione del colpo e, come avevo previsto, pararlo senza difficoltà. Allora, sicura di non averlo ferito, rilasciai il respiro, ma fu il sollievo di un attimo, prima di incrociare due iridi sgomente che mi bruciarono l’anima.

I nostri sguardi si incontrarono ed io lessi lo stupore e il dolore del tradimento nei suoi occhi e ne fui distrutta. Dal suo punto di vista, io, sua moglie, gli aveva sparato per proteggere Obi-Wan. Mi resi conto che anche se non lo avevo ferito fisicamente, gli avevo inferto una cicatrice molto più profonda nell’animo. Mi chiesi se prima o poi sarebbe riuscito a capire il perché del mio gesto e a credere che lo avevo fatto per lui. Sarebbe riuscito a comprendermi e perdonarmi? Ma c’era dell’altro oltre l’ira, lo intuivo più che vederlo nel retro del suo sguardo. Uno struggimento, un bisogno disperato…o mi stavo immaginando tutto?

Il braccio di un soldato mi circondò la vita e mi spinse all’interno della navicella, rompendo quel contatto visivo che mi stava scavando dentro. Poco dopo un rampino si attaccò alla base del portellone. Tre dei soldati corsero ad afferrare la corda sulla quale il maestro Jedi si stava arrampicando. Quando Obi-Wan fu issato sulla navicella, il portellone fu richiuso e Guiwo inserì senza esitazione le coordinate per Giano. Nessuno osò dire nulla, tesi alla prospettiva di avere le navi dell’Impero alle calcagna. Ma dopo un quarto d’ora di navigazione spedita verso il nostro rifugio, fu chiaro che nessuno ci stesse inseguendo. A quel punto tutti tirammo un sospiro di sollievo.

Lanciai a Obi-Wan un’occhiata carica di sollievo che lui ricambiò a pieno. Non sapevo come, ma ce l’avevamo fatta. Eravamo riusciti a sottrarre lo Jedi sotto il naso dell’Impero con solo una decina di soldati. Probabilmente ci eravamo riusciti solo perché ci avevano sottovalutato. Nessuno aveva previsto che saremmo stati così avventati da correre in suo soccorso in evidente inferiorità numerica, pensando che avremmo lasciato lo Jedi al suo destino e questa era stata la nostra carta vincente.

“Stai bene?” chiesi, facendo scorrere lo sguardo sulla figura evidentemente provata dell’uomo.

Obi-Wan annuì, massaggiandosi il petto. “Solo qualche ferita superficiale. Più che di un dottore ho bisogno di una buona dormita.” Minimizzò, anche se intuii che mi stava mentendo. Prima che potessi continuare a indagare però mi chiese come fossimo riusciti a intervenire così tempestivamente. Gli raccontai della falsa pista lasciata per Diegora e della trappola tesa per lui e il maestro annuì con aria grave, confessando che lui stesso si era reso conto dell’inganno solo quando aveva trovato vuoto il server centrale.

“Siamo stati degli stupidi, non possiamo permetterci un errore simile un’altra volta” affermò con amarezza.

Concordai annuendo, anche se al momento erano altri i pensieri che mi tormentavano. Lo spettacolo a cui avevo assistito era stato già fin troppo scioccante di per sé, eppure sentivo il bisogno di sapere altro su… lui. Il masochismo evidentemente non conosceva limiti.

“Obi-Wan, credi che…” mi interruppi, cercando di formulare una frase coerente che desse voce al turbine delle mie riflessioni. “Credi che sarebbe andato fino in fondo nel duello?” riuscii a dire infine.

Lo Jedi sospirò e il suo sguardo si perse a fissare il pavimento della navicella, quasi cercasse sul metallo una risposta al mio interrogativo.

“Sinceramente non lo so Padmé. Anakin non lo avrebbe fatto, ma il ragazzo con cui mi sono scontrato era un’altra persona…è un’anima persa in questo momento. Ha tanta rabbia e tanto dolore dentro l’animo e non sa dove indirizzarli per sfogarsi. Ha bisogno di pace, di qualcosa che lenisca il suo tormento e crede che sconfiggere noi gli darà il sollievo che cerca, o per lo meno di questo lo ha convinto l’ex-Cancelliere. Non sa che si sta sbagliando, è accecato dai suoi errori”. Considerò amaramente.

Ripensai alla fugace impressione che avevo avuto quando ci eravamo fissati, allo struggimento che credevo di aver scorto. Obi-Wan aveva ragione. Era un’anima persa. Il cuore mi si strinse ancora di più.

Oh Ani…

 

*

 

Le mani gli prudevano. Sentiva il bisogno di uccidere qualcuno, o quanto meno di ferirlo molto gravemente. Quello che era successo aveva un responsabile e l’avrebbe pagata cara. Il suo piano ben congegnato era sfumato tutto a causa di un’unica persona e quando l’avrebbe avuta tra le mani, avrebbe rimpianto amaramente le sue decisioni.

“Mio Signore, ecco la spia dei Ribelli”. Uno dei cloni entrò nella stanza rettangolare tenuta in penombra, trascinando malamente per un braccio un uomo sulla trentina di corporatura esile che scaraventò all’interno.

L’uomo fu fatto sedere sull’unica sedia posta al centro della stanza.

Anakin, appoggiato alla parete opposta alla porta con le braccia conserte, si staccò dal muro entrando nel piccolo cono di luce della lampada posta al centro del soffitto, mostrandosi davanti alla sua vittima che cercava di mantenere un atteggiamento composto nonostante l’evidente tremolio delle mani rivelasse la sua paura. Sapeva di essere condannato. Nessuno tradisce l’Impero restando impunito.

Lo squadrò per un istante. Non rammentava di averlo visto prima a bordo della sua nave, era stato abile a passare inosservato, finché non era stato beccato dalle telecamere di sorveglianza mentre inviava un messaggio ai Ribelli rivelandogli il loro piano su Geonosis. Un errore da principiante, probabilmente causato dall’urgenza del contenuto del messaggio. Con la sua mossa aveva consentito alla Resistenza di salvare Obi-Wan, purtroppo per lui gli sarebbe costata la vita.

“Come ti chiami?” la voce di Anakin suonò secca come uno schiocco di frusta.

Il pover’uomo sobbalzò, tuttavia riuscì ad avere abbastanza presenza di spirito da rispondergli con arroganza. “Che differenza fa sapere come mi chiamo? Sono comunque un uomo morto”.

Il Sith si lasciò sfuggire per un secondo un sorriso vagamente divertito dalla risposta impertinente. Avanzò di un passo, portandosi davanti a lui, le braccia tenute dietro la schiena con noncuranza.

“Vero” concordò “ma sono certo che per te farebbe un’enorme differenza morire di una morte veloce e quasi misericordiosa e morire dopo una lenta e prolungata agonia per nascondere qualche piccola informazione” osservò con una calma che rese la minaccia ancora più temibile.

Il Ribelle deglutì a vuoto e iniziò a sudare freddo. Sapeva perfettamente quanto l’Impero potesse essere zelante nel torturare un uomo per ottenere ciò che voleva. Era pronto a morire per la sua causa, ma quanto a lungo poteva resistere alla tortura?

“E…Ezac” balbettò.

Il Sith soppesò l’uomo, chiedendosi se avrebbe ceduto così facilmente anche al resto dell’interrogatorio. Una parte di lui si augurava di no. Aveva davvero bisogno di sfogare la collera che proprio quel patetico essere aveva causato.

“Bene Ezac, ora sei consapevole che con il tuo messaggio hai mandato a monte un piano studiato e messo in atto da me in persona? Questo già di per se meriterebbe una giustizia lenta ed esemplare” Ezac tremò ancora di più sulla sedia, mentre la voce fredda di Anakin proseguiva impietosa. “Tuttavia voglio essere generoso, mi serve solo un’informazione da te, dammela e ti prometto una morte rapida e indolore.” Il ragazzo si avvicinò al prigioniero fino ad arrivargli a distanza di un passo. Lo squadrò dall’alto, senza preoccuparsi di celare il disprezzo che nutriva per quel Ribelle traditore. “Su quale pianeta si nasconde la Resistenza?”.

La domanda aleggiò nella stanza buia mentre vittima e carceriere si fronteggiavano, il primo sostenuto dall’ultima cosa che gli era rimasta e che non voleva perdere, la fedeltà alla sua causa, l’altro dalla tenacia della sua missione, una tenacia che non avrebbe accettato ostacoli.

Passarono una manciata di minuti in silente attesa, l’aria si impregnò di tensione ma nessuno proferiva parola seppur oppresso dalla consapevolezza di cosa sarebbe accaduto da lì a poco. Poi, quando fu chiaro che Ezac non avrebbe parlato di sua spontanea volontà, Anakin interruppe quel silenzio.

“Uscite” un ordine secco immediatamente eseguito dai soldati che non avevano alcun desiderio di assistere all’epilogo di quello sventurato. Uno degli uomini scosse sin la testa, provando un moto di pena. Nessuno di loro avrebbe osato mettersi contro Darth Vader, quel Ribelle non sapeva a quale sorte il suo orgoglio lo avrebbe condotto.

Anakin fece un profondo sospiro, considerando quanto stupidamente quel gruppo di fanatici fosse devoto alla sua causa per rifiutarsi di parlare persino sapendo di non aver più nessuna speranza di salvezza. Pazienza, lui avrebbe comunque avuto le informazioni che gli servivano.

E, alla fine, avrebbe sfogato parte della sua frustrazione.  

 

Una mezz’ora più tardi, la porta d’acciaio della stanza dell’interrogatorio si aprì. I soldati che attendevano da mezz’ora in tensione, scattarono sull’attenti. Darth Vader uscì a passo deciso e li squadrò brevemente. Alle sue spalle, una stanza buia da cui proveniva un silenzio di morte, dopo che era stata riempita dalle urla strazianti di una sciagurata vittima. Ezac aveva resistito mezz’ora, poi era crollato a pezzi. La risposta tanto conservata era stata l’ultima cosa che aveva potuto pronunciare in un rantolo.

Anakin richiamò l’attenzione di Cordet con uno sguardo.

“Voglio dieci navi pronte a partire tra tre giorni. Andiamo a Giano.” Decretò, poi si incamminò nel corridoio verso la sua stanza.

Per la prima volta da giorni sentiva una strana euforia pervadergli le membra. Giano. Finalmente aveva la tana della Lega Galattica della Resistenza! Li avrebbe stanati come topi, avrebbe estirpato la ribellione dalle radici e finalmente avrebbe imposto con l’Imperatore la pace che tutti loro volevano. Ma soprattutto, avrebbe ritrovato lei. Sapeva che era là con loro a combattere per il ritorno della Repubblica. Per tutti quei mesi aveva vagato senza meta nella Galassia inseguendola, ma ora aveva una destinazione sicura. Solo tre giorni lo separavano da lei.

Cosa avrebbe fatto una volta riavuta accanto a sé, ancora non lo sapeva. Il ricordo di Padmé sulla navicella, con la pistola laser puntata contro di lui, lo rodeva dentro. Non capiva come avesse potuto fargli una cosa del genere. Sapeva che lo amava, glielo aveva letto negli occhi persino mentre posava l’arma, eppure gli aveva sparato ugualmente. Per proteggere Obi-Wan poi, l’artefice principale della loro separazione! Lo amava, ma lo aveva tradito, e anche se sapeva che non aveva mirato per ferirlo ma solo per distrarlo dal duello, bruciava comunque come carboni ardenti nel suo cuore, incenerendolo. Eppure non poteva odiarla per questo. Non avrebbe mai potuto odiarla, qualunque cosa avesse commesso. Lei era il suo angelo, la sua salvezza. Aveva bisogno di lei. Però meritava la sua rabbia e il suo biasimo per essersi schierata contro di lui. Ma l’avrebbe riportata al suo fianco, le avrebbe aperto gli occhi sulla verità che lui aveva imparato ad accettare da tempo. E non l’avrebbe mai più lasciata andare.

Padmé, sto venendo a prenderti.

   
 
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