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Autore: Sakurina    05/12/2008    8 recensioni
Sasuke non si voltò... Finalmente, la luce del giorno, dopo una notte infinita e travagliata. Finalmente, la luce del giorno, una luce fioca e spenta, che pareva indebolirsi man mano che il pianto di Sakura e le sue proteste si allontanavano... Finalmente, la luce del giorno, l’ultima luce che avrebbe illuminato la libertà di Sasuke Uchiha. [SasuSaku, ShikaIno]
Dedicata a Rory-chan e Sakurachan92!
Genere: Drammatico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ino Yamanaka, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Shikamaru Nara | Coppie: Sasuke/Sakura, Shikamaru/Ino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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18 gennaio 1848, ore 2:39

18 gennaio 1848, ore 2:39

 

Un intenso frastuono, così pesante da essere udito persino nella camera al piano superiore, così sinistro da inchiodare il respiro.

Non aveva dubbi di alcun genere: era la porta d’entrata. Era stata forzata.

Sasuke si sollevò dal letto, sul quale era sdraiato in stato di semi-incoscienza, e lanciò il suo sguardo serio e freddo verso la porta della stanza.

I passi si avvicinavano, pestando pesantemente le scale, incuranti di essere sentiti. Sicuramente non erano ladri. Il che non lo rassicurò per nulla. Doveva essere qualcosa di peggio.

Decise di non muoversi dal letto, piegando un ginocchio verso il petto e appoggiandovi il mento, continuando a fissare impassibile la porta.

La pallida luce di quella insolita luna d’inverno lo accarezzava con i suoi mesti raggi, illuminando il petto pallido e nudo, perfetto e scultoreo come quello di una statua. Ma sul suo volto, le tenebre regnavano, portatrici di cattivi presagi e di sventura.

Quando la porta si aprì, il ragazzo che entrò nella camera sussultò alla vista dell’Uchiha: pareva un angelo con volto da demone, che con occhi rossi accesi di un’inquietante ira lo fissava, impassibile.

-“Cosa ci fate qui?”- sibilò Sasuke, sprezzante.

-“Sei in arresto, Sasuke Uchiha.”- asserì Kiba perentorio, riprendendosi dopo alcuni attimi di spaesamento.

-“Mpf. Lo sospettavo. Accusa?”- ghignò di rimando l’Uchiha, mantenendo la sua aria di superiorità inalterabile.

-“Rapina a mano armata.”- affermò l’Inuzuka, rassegnato, quasi come se non ci credesse neppure lui.

Sasuke non rispose. Il rubino dei suoi occhi si spense, tornando ad essere nient’altro che onice lucente, venata da un barlume di incredulità.

-“Hanno trovato la tua pistola sul luogo della rapina, Sasuke.”- puntualizzò Kiba, cogliendo la sorpresa negli occhi dell’Uchiha. –“Ammanettatelo.”- ordinò infine l’Inuzuka agli uomini dietro di lui, con un gesto rapido della mano.

Sapeva bene che quella notte sarebbe stata molto lunga, forse troppo.

 

 

“They came for him one winter's night.

Arrested, he was bound.

They said there'd been a robbery,

His pistol had been found.”

 

 

 

“Over The Hills & Far Away”

 

 

14 luglio 1848, ore 2:39

 

Si svegliò di soprassalto, nel petto il cuore che stava per esplodere.

Strano che battesse ancora. Era certo di averlo perso lungo la strada verso quel luogo, prima dei colli, prima delle montagne, sulla costa alta e frastagliata del suo villaggio, dove la scoscesa parete rocciosa sfidava l’oceano gelido e nero; sulle vaste radure verdi che circondavano la sua casa, dove tante volte quei profumati capelli rosa si erano adagiati fra i timidi fiori di primavera…

Si passò la mano pallida sulla fronte sudata, lasciandola scivolare tra i folti e perfetti capelli corvini.

Un sospiro fu tutto ciò che uscì dalle sue labbra, incerte di saper ancora pronunciare suoni che non fossero sospiri o borbottii senza senso.

I suoi occhi di tenebra lanciarono uno sguardo vacuo alle sbarre di ferro della piccola finestrella della cella: dietro di esse, una luna d’estate lo spiava impertinente, proprio come quella lontana e funesta notte d’inverno.

Un sorriso sghembo si spaziò su quelle labbra sempre statiche e inespressive, quasi a farsi beffe della luna. Lei aveva pure vinto una battaglia, ma non sapeva che la guerra non era ancora finita.

Davanti a lui, lo attendevano dieci lunghi anni rinchiuso fra quattro mura umide. Dieci anni a contare le notti di luna e quelle di stelle. Trattato come il peggiore dei criminali, per una colpa che non aveva commesso. Ma nonostante tutto non aveva smesso di essere un Uchiha, e mai avrebbe smesso. Aveva giurato di tornare, l’aveva giurato sul suo onore. Onore, o quel che rimaneva di esso.

L’aveva giurato a Naruto, ma soprattutto… a Sakura. Una promessa ipocrita da fare ad entrambi, eppure non aveva potuto fare altrimenti. Non per niente, la sua punizione la stava già scontando.

Un cigolio familiare, quello della porta della sua cella, richiamò la sua attenzione.

Gli occhi neri improvvisamente si accesero di interesse, verso quel rumore solitamente collegato alla luce del sole. Nessuno apriva quella porta di notte, se non per una buona ragione. E fino ad allora, non ve n’era mai stata nessuna.

-“Sasuke?”-

Una voce femminile, fragile e insicura, ma dalla tonalità naturalmente alta, squittì dalla penombra del corridoio.

Era una voce conosciuta, ma in quel momento Sasuke faticava a ricollegarla nella sua mente.

Due sagome, una ragazza e un ragazzo, varcarono la porta, incerti.

Quando vide quella figura aggraziata, avvolta da un mantello di velluto viola, avvicinarsi a lui, milioni di dubbi gli si affollarono per la testa: cosa ci faceva Ino Yamanaka nella sua cella, a chilometri e chilometri di distanza dal loro villaggio natio, in una notte d’estate?

Ma soprattutto… perché era con lui?

 

“Over the hills and far away,

for ten long years he'll count the days.

Over the mountains and the seas,

a prisoner's life for him there'll be.”

 

 

18 gennaio 1848, ore 3:03

 

Le manette stringevano con forza sui polsi pallidi, così tanto che un rivolo di sangue scivolò dal taglio provocato dal ferro troppo pressato sulla pelle.

Sasuke alzò gli occhi perplesso, fissando Kiba che camminava davanti alla scorta senza mai voltarsi, senza rivolgergli parola. Eppure, percepiva l’inquietudine pure dentro di lui.

-“Che cosa succede, Kiba?”- domandò l’Uchiha, con un sibilo seccato.

-“Dovresti saperlo.”- lo liquidò l’Inuzuka, per nulla in vena di spiegazioni.

-“Se te lo chiedo evidentemente non lo so.”- ricalcò Sasuke, cercando di mantenere la calma.

-“Taci, Uchiha Sasuke. Tutto ciò che dici potrà essere usato contro di te in tribunale.”- gli intimò Shino Aburame da dietro le spalle, bardato da testa a piedi da quel mantello verde chiaro che impediva a chiunque di decifrare la sua espressione.

Sasuke lo fulminò con sguardo seccato, senza però protestare. Tornò a guardare davanti a sé: l’edificio in legno e ben tenuto del tribunale lo attendeva, illuminato dai fuochi delle torce in mano ai cittadini, radunati intorno all’edificio per via del panico.

Agitando il fucile a mo di bastone, Kiba si fece largo tra la folla incredula, il cui chiacchiericcio indignato e fastidioso scemava col passare di Sasuke, per poi riprendere non appena si fosse allontanato abbastanza.

Vicino alla porta di entrata, due volti fin troppo familiari lo attendevano, ansiosi e addolorati. Sakura e Ino sobbalzarono non appena intravidero il volto del presunto colpevole avvicinarsi al palazzo di giustizia in manette, trattato come se fosse il peggiore dei criminali fino a quando, appena un giorno prima, era uno degli eroi del villaggio.

Gli occhi smeraldini di Sakura si sbarrarono non appena incontrarono quelli di onice di Sasuke; leggendo per la prima volta con facilità la rassegnazione nel suo sguardo magnetico, calde e copiose lacrime presero a scivolare lungo le gote della ragazza, incuranti del parere della gente.

L’ansia le pesava sul cuore, meschina, allontanando sempre più la speranza ad ogni passo che Sasuke compiva verso l’edificio.

-“Sasuke…”- singhiozzò Sakura, non appena lo ebbe davanti, di fronte alla porta.

Si avvicinò, trattenendolo per un braccio, ma subito l’intervento dell’Aburame li divise, quasi l’Uchiha fosse un appestato.

-“Vattene a casa, Sakura.”- le intimò Sasuke, scrutandola con sguardo severo.

-“No, Sasuke, no! Ti prego… parla!”- lo implorò la ragazza, e non vi fu bisogno di spiegazioni una volta che si furono guardati negli occhi.

Quel parla non era una semplice richiesta, ma una supplica bella e buona.

Sasuke, parla, distruggi la mia vita ma salva la tua. Richiesta chiara e nitida incisa in quegli occhi di smeraldo.

-“Sakura… a casa. Subito.”- ribadì con maggior vigore l’Uchiha, prima di staccare gli occhi da quelli di lei, con apparente indifferenza.

-“Sakura, segui il suo consiglio, è meglio per tutti.”-

Era stata una voce nuova a parlare, simile ad una cantilena seccata e sbiascicata.

Shikamaru si fece largo tra la folla, vestito scompostamente e probabilmente di fretta; dovevano averlo buttato giù dal letto in fretta e furia per iniziare già quella notte stessa le ricerche.

Il Nara si posizionò fra le due ragazze e il sospettato, scrutando prima le une, poi l’altro.

-“Ma Shikamaru non crederai davvero…”- cercò di protestare Sakura, ancora sconvolta dalle lacrime.

-“Io non credo nulla, Sakura. Non posso ancora farlo. Questa notte parlerò con gli agenti che erano sul posto, analizzeremo gli indizi e l’alibi… fino a domattina non sapremo nulla, comunque. Sai bene che dobbiamo attendere il rientro di Naruto per poter procedere con l’accusa. Quindi adesso vi prego, tornate a casa e riposate.”- cercò di convincerle Shikamaru, con la voce più accomodante possibile.

La ragazza singhiozzò un’ultima volta, lanciando uno sguardo sconvolto verso Sasuke, che continuava ad evitarla. Ciò sarebbe bastato per far aumentare il suo pianto isterico, ma con un lieve movimento l’Uchiha si voltò nuovamente verso di lei, regalandole nulla di più di un semplice cenno rassicurante.

Sakura si portò una mano sul petto, coperto da un lungo mantello di velluto rosso, e sospirò, rassegnata. Guardò Shikamaru, annuendo con la testa, ancora poco convinta, dopodiché si allontanò dal palazzo e dalla folla, con passo lento e volto basso.

Ino rimase ferma davanti al Nara, scrutando con occhi dispiaciuti l’amica allontanarsi. La biondina si scambiò un’occhiata perplessa con Shikamaru, senza saper cosa dire: era una situazione terribilmente difficile. Bastò uno sguardo per capire che fra di loro non ci sarebbe stata intesa, nemmeno quella volta: le loro posizioni erano nettamente differenti, non vi era nemmeno bisogno di chiarirlo.

-“Mi raccomando, Shikamaru…”- sussurrò Ino, ansiosa.

-“Non ci posso fare nulla, lo sai.”- fece spallucce il Nara, con superficialità.

-“In realtà puoi.”- insistette lei.

-“Io faccio ciò che è giusto.”- affermò Shikamaru, perentorio.

-“No, tu fai ciò che è più facile per tutti.”- ribatté la ragazza, con tono amaro.

Il ragazzo inarcò le sopracciglia, infastidito dalle parole della Yamanaka, facendo cenno a Kiba e ai suoi uomini di portare l’Uchiha dentro il palazzo. Si congedò da Ino con uno sguardo gelido, ricambiato da un’occhiata amara e delusa da parte di lei, che si allontanò sui passi di Sakura. Non vi era bisogno di altre parole, almeno non per ora.

L’alba pareva lontana, inarrivabile, inesistente. Ed invece giunse, spaccando con i suoi flebili raggi all’orizzonte le pesanti tenebre di quella notte eterna.

Sasuke alzò il volto, stanco, che seppur segnato dalle occhiaie, rimaneva bellissimo. Assottigliò lo sguardo sui tre uomini che gli si avvicinavano, alzandosi senza bisogno che glielo ordinassero: aveva già capito dove Shikamaru, Kiba e Sai volevano portarlo.

Non si ricordava così il tribunale. La sua memoria lo disegnava più piccolo, più modesto, ma soprattutto meno inquietante. Forse perché il posto degli Uchiha era sempre stato dietro il banco degli imputati e non davanti al centro.

 

“They marched him to the station house,

He waited for the dawn.

And as they led him to the dock,

he knew that he'd been wronged.”

 

Il ragazzo si ritrovò davanti il volto che da una vita lo seguiva, il volto di colui che gli era più fratello di Itachi, nonostante il sangue; il volto di colui che, nonostante la fiducia estrema e il rispetto reciproco, Sasuke tradiva ogni notte volontariamente.

Naruto alzò i suoi occhi color del cielo sul compagno, guardandolo amareggiato. Davvero non si aspettava di ritrovarsi in quella tragica situazione appena rientrato al villaggio.

-“Sasuke…”- lo chiamò con un sussurro, allarmato.

-“Naruto.”- ribatté l’Uchiha, mantenendo un tono freddo e distaccato.

Al fianco dell’Uzumaki, si accomodarono Shikamaru e Sai, rispettivamente giudice e ispettore del villaggio.

I tre si guardarono perplessi, senza saper come iniziare: era assurdo imputare il capo della polizia per un crimine tanto sciocco quanto insensato.

-“Sei stato accusato di rapina, Sasuke Uchiha. Luogo: la banca del villaggio. Ora: le 23,30 della scorsa notte. Merce rubata: 25 mila sterline in banconote. Il rapinatore era bardato di un pesante mantello nero, quindi irriconoscibile in volto, ma durante la fuga pare abbia perso l’arma utilizzata per minacciare il custode, una pistola registrata a nome della famiglia Uchiha, con tanto di incisione delle iniziali dell’imputato Sasuke Uchiha.”- riferì Shikamaru, con serietà atipicamente sua.

Kiba si avvicinò a Sasuke, mostrandogli la pistola in questione: il moro inarcò un sopracciglio, tanto sorpreso quanto seccato da quella visione.

Shikamaru, intanto, percepì chiaramente un fremito da parte di Naruto al suo fianco: gli occhi azzurri erano sbarrati per l’incredulità, mentre i denti erano conficcati nel labbro inferiore, mordendolo con forza per evitare di farlo tremare. Inutile aggiungere altro: quella era davvero la pistola di Sasuke Uchiha.

Fregato.

La parola che risuonò nelle teste di tutti i presenti era sempre la stessa, intesa in maniere diverse dall’imputato, dai sospettosi, dagli increduli, e dal vero colpevole. Soprattutto da quest’ultimo.

-“Uchiha Sasuke, riconosci l’arma?”- infierì Shikamaru, indicando l’oggetto in questione con un cenno del capo.

-“Sì. È mia.”- assentì il sospettato, senza fare una piega.

-“Bando alle ciance, signori. È stato lei a compiere la rapina o no, signor Uchiha?”- domandò Sai, con voce melliflua e ipocritamente disponibile.

-“No.”- rispose secco Sasuke.

-“E ci può spiegare cosa ci faceva la sua pistola sul luogo del delitto?”- continuò l’interrogatorio il ragazzo dalla carnagione estremamente pallida.

-“No. Se lo sapessi, ve l’avrei detto.”- sbuffò l’Uchiha, visibilmente irritato da quella falsa comprensione. Lo facevano sentire un perfetto idiota, impossibilitato nell’intendere e nel volere.

-“Quindi si dichiara innocente?”- proseguì l’altro.

-“Ovviamente sì.”-

In quel momento, la porta della stanza si aprì, con un fastidioso cigolio. Le due esili figure in rosso e viola si avvicinarono al bancone degli imputati, accomodandosi silenziose e con sguardi ansiosi fra il pubblico presente in sala. Tutti si voltarono verso Ino e Sakura, che con sguardi ricolmi di speranza e di terrore fissavano la truce scena dei loro amici che cercavano di condannare un loro fratello.

Sakura fece cenno a Naruto di continuare, mentre Ino incrociò solo per un breve attimo gli occhi di Shikamaru, spostando immediatamente la sua attenzione sull’amico al centro della sala. La Yamanaka prese la mano di Sakura, stringendola nella sua con forza, cercando di infonderle il coraggio che le mancava nel vedere quella scena per lei straziante.

-“E allora ci dica, signor Uchiha, se davvero si ritiene non colpevole, dove sta l’alibi che prova la sua innocenza?”- domandò infine Sai sorridendo, senza cambiare tono di voce.

Fregato,ancora.

Eccola La Domanda. Quella con le lettere maiuscole, quella che faceva sudare persino Sasuke Uchiha. Quella che tutti temevano e che, com’era ovvio, non aveva risposta. O meglio, l’aveva, ma nessuno l’avrebbe mai saputa.

-“Dormivo a casa mia. Ero rientrato alle 21,00 e da allora lì sono rimasto. Ero solo, nessuno mi poteva vedere.”- asserì l’Uchiha, mantenendo un tono calmo e controllato.

-“Peccato che io l’abbia visto nella penombra di Newton Street verso le ore 23,15 e vi assicuro che non mi sbagliavo. C’era Yamato con me, anche lui lo ha visto e riconosciuto chiaramente. Ora, ditemi dove porta Newton Street?”- domandò Sai, con tono volontariamente accusatorio.

-“Alla banca.”- sospirò Naruto, abbassando il volto e premendosi le mani contro le tempie, esasperato.

L’intervento del sindaco del villaggio scatenò un fastidioso brusio che si diffuse nell’aula, nato dai volti indignati dei presenti, che ormai davano per scontato che il rapinatore fosse proprio l’Uchiha.

All’udire quelle parole, Sakura si sentì mancare, così tanto che dovette sostenersi all’abbraccio dell’amica per non svenire.

-“Alla banca o…”- analizzò con attenzione la situazione il Nara, per nulla convinto.

Come colpito da un fulmine a ciel sereno, Shikamaru alzò immediatamente il volto verso il pubblico, dirigendo uno sguardo smarrito e allarmato verso Ino e Sakura.

Alla banca o alla casa di Naruto.

Brillante intuizione di Shikamaru Nara e, come la maggior parte delle volte, inutilizzabile.

Lo sguardo eloquente che si scambiò con una Ino addolorata, ancora una volta, valse più di mille parole.

Non parlare, Shikamaru.

-“O…?”- domandò Naruto, richiamando alla realtà il compare al suo fianco.

-“…alla banca.”- ribadì il Nara, abbassando lo sguardo, inerme.

Uno sguardo certo e amaro conquistò il volto dell’Uzumaki, che si voltò immediatamente verso l’amico, il fratello, la famiglia che ora stava lì, davanti a lui, accusato del più assurdo dei reati. E per proteggere la loro amata terra era costretto a condannarlo, ad allontanarlo dalla sua casa, dalla sua famiglia, dalla sua vita.

Strappargli via terra, vita e libertà. Uccidere l’anima di colui che considerava un fratello, per il bene della comunità.

-“Hai qualcosa da dire, Sasuke?”- domandò il sindaco, non riuscendo a nascondere la voce spezzata e tremante.

-“Fallo, Naruto.”- lo invitò con voce fredda e serena l’Uchiha, nessun filo di rimprovero in essa.

-“NO!”- fu l’urlo spezzato di Sakura a fendere l’aria pesante che era calata in aula, presto seguito dai suoi singhiozzi disperati e dal riprendere del vociare indignato intorno a lei. Il comportamento della moglie del sindaco negli ultimi tempi era a dir poco disonorevole. L’attaccamento che dimostrava nei confronti di Sasuke Uchiha non solo alimentava ogni giorno di più le malelingue, ma danneggiava molto l’immagine di Naruto in quanto sindaco.

Sasuke non si voltò, limitandosi a portare gli occhi di pece verso l’ampia finestra, illuminata a pieno da un insolito sole d’inverno.

Finalmente, la luce del giorno, dopo una notte infinita e travagliata.

Finalmente, la luce del giorno, una luce fioca e spenta, che pareva indebolirsi man mano che il pianto di Sakura e le sue proteste si allontanavano, condotta fuori dall’aula da Kiba e Ino.

Finalmente, la luce del giorno, l’ultima luce che avrebbe illuminato la libertà di Sasuke Uchiha.

 

"You stand accused of robbery,"

he heard the bailiff say.

He knew without an alibi,

tomorrow's light would mourn his freedom.”

 

 

14 luglio 1848, ore 2:41

 

Gli occhi di Sasuke si assottigliarono sulla figura che sostava sulla porta della cella, che lo fissava a sua volta con sguardo amareggiato e colpevole.

-“Shikamaru?”- mormorò l’Uchiha, alzandosi dal letto per andare incontro ai due amici.

-“Oh, Sasuke. Per fortuna stai bene.”- sospirò Ino, frapponendosi fra lui e il Nara, con sguardo ricolmo di sollievo.

-“Bene come potrebbe stare un prigioniero.”- ammise Sasuke, con ghigno amaro, portando gli occhi sul volto della ragazza.

-“Lo so, Sasuke. Vengo dal villaggio per portarti queste.”- disse la Yamanaka, e da sotto il mantello viola fece apparire un malloppo piuttosto consistente di lettere, tenute insieme da un filo di spago.

L’Uchiha le prese, esitante, rigirandosele fra le mani. Alzò lo sguardo incredulo verso la ragazza, che gli sorrise mestamente di rimando.

-“Sono di…?”- azzardò lui, perplesso.

-“Sakura.”- sorrise Ino, soddisfatta. –“Una per ogni giorno in cui sei stato rinchiuso.”-

Sasuke guardò le lettere immacolate, accarezzandole con un tocco gentile della mano, mentre sul volto si faceva largo un’espressione indecifrabile. 

Era felice, perché un abbozzo di sorriso gli si formò agli angoli delle labbra, mentre contemplava quei fogli di carta che già s’immaginava terribilmente intrisi di lei e del suo amore.

Ma non voleva mostrare i suoi sentimenti davanti a qualcuno, tantomeno a Shikamaru. Perciò trattenne la sua gioia, nascondendola ancora una volta dietro la sua espressione seria, e abbandonò le lettere sul letto della prigione per tornare a dedicarsi ai suoi “ospiti”.

Un particolare appariscente attirò la sua attenzione sulla mano di Ino, che l’Uchiha sollevò lentamente con la propria, per osservare meglio quell’anello di diamanti che le cingeva l’anulare.

-“Ti sei sposata?”- le domandò Sasuke, interessato.

-“No, fidanzata. Con Sai.”- spiegò Ino, specificando affinché non potessero esserci imbarazzanti confusioni col suo accompagnatore.

-“Ah. Capisco.”- rispose l’Uchiha, visibilmente perplesso, lanciando un’occhiata interrogatoria a Shikamaru, che evitò abilmente lo sguardo. -“Perché sei venuta fin qui? Solo per delle lettere?”-

-“Solo per delle lettere mi sembra riduttivo… Sakura non poteva venire a trovarti, Naruto non l’avrebbe presa bene. Certo, non l’ha presa bene comunque, ancora non crede nella tua colpevolezza. Ad ogni modo, se Sakura fosse venuta qui, sicuramente non sarebbe più potuta tornare indietro al villaggio. Purtroppo le voci e i pettegolezzi sono malvagi e meschini… e su voi due già si è sparlato troppo. Quindi ho deciso di venire io per lei. È praticamente mia sorella, questo glielo devo.”- rispose la ragazza, avvilita.

-“Ti ringrazio, Ino. È… molto importante per me, davvero.”- ammise Sasuke a fatica, stringendole le mani in segno di gratitudine. Anche se involontariamente, portandogli le lettere di Sakura, quella ragazza lo aveva salvato dalla disperazione che lo avrebbe lacerato fra quelle mura per i prossimi dieci anni a venire.

-“Ino… ti dispiace lasciarci soli un minuto?”- domandò Shikamaru, invitandola molto cortesemente a lasciare la cella.

La Yamanaka annuì disinvolta, regalando un sorriso d’incoraggiamento all’Uchiha per poi uscire senza aggiungere altro.

La porta si chiuse con un tonfo e finalmente i due uomini furono da soli. Giustiziere e giustiziato.

-“Cosa sei venuto a fare? Avevi paura che mangiassi Ino?”- lo istigò Sasuke, interrompendo quel pesante silenzio che era calato fra i due.

-“Mh… non proprio. Sai bene che non volevo condannarti, soprattutto visto che conoscevo il tuo alibi di ferro.”- ammise Shikamaru, grattandosi la nuca, seccato.

-“Il mio alibi di ferro?”-

-“Avanti Sasuke, sappiamo bene entrambi che Newton Street può portare o alla banca o, seguendo una scorciatoia nota a pochi, a casa di Naruto e Sakura. Dubito fortemente che tu potessi essere interessato alla prima.”- spiegò il Nara, eloquente.

-“Cosa ci fai qui, Shikamaru?”- gli domandò Sasuke, irritato dalla solita genialità del ragazzo.

-“Perché non hai ammesso il tuo alibi? Hai preferito la prigione piuttosto che ferire Naruto?”- lo attaccò Shikamaru, evidentemente perplesso.

-“Shikamaru, non sempre la strada più facile è quella giusta.”- lo seccò con voce divertita l’Uchiha, conoscendo fin troppo bene il suo punto debole.

Il ragazzo col codino sbuffò, scocciato dall’ennesimo rimprovero sul suo lavoro.

-“Sono qui per salvarti la pelle, lo capisci?! È da mesi che Naruto mi implora di trovare il vero responsabile, di trovarti un alibi accettabile. E il poveraccio manco sa… oh, io non ti capisco, Uchiha. Io non sto capendo più nessuno, a dire il vero.”- sbuffò nuovamente Shikamaru, perplesso.

-“Hai capito chi è il colpevole?”- domandò Sasuke, una nota divertita nella sua voce.

-“Io lo so dal primo giorno chi è il vero colpevole, Sasuke.”- ammise l’altro, seccato.

-“Già, anche io.”-

-“Ammetti la verità, Sasuke. È più facile per tutti.”-

-“No, non credo. Almeno, non è la strada che mi piace percorrere. Sai… un po’ mi deludi, Shikamaru.”-

-“Credo di aver deluso molte persone, ultimamente.”-

-“Tu hai iniziato a deludermi non appena ti sei fidanzato con la sorella di quel famoso giudice di Londra, Sabaku no Gaara. Certo, da allora la tua carriera è stata in ascesa… ma che soddisfazione c’è a vincere così, senza combattere?”- lo istigò Sasuke, con ghigno amaro.

-“Non credo di seguirti, Sasuke.”-

-“Io sono stato il primo a seguire la strada più facile… Naruto amava Sakura e io ero troppo preso dal mio dovere da capo della polizia per prestarle le attenzioni che meritava. Non volevo ferire né lui né lei. Li ho lasciati sposare senza tener conto delle conseguenze.

Credimi… fare carriera e lasciarle sposare Sai sarebbe senz’altro la soluzione più facile. Ma le conseguenze… quelle ci sono sempre. Ed è un consiglio da amico, il mio.”- ammise l’Uchiha, con un sospiro rassegnato.

Shikamaru strinse con forza i pugni, mordendosi il labbro inferiore e scrutando il prigioniero con aria persa: perché quelle parole lo colpivano così tanto al cuore? Forse perché… sapeva che erano vere.

-“Se io trovassi la soluzione a questo caso… potrei fare carriera anche senza l’aiuto di Gaara. Dare Ino in sposa a Sai è l’ultima cosa che vorrei anche io, lo capisci o no? Ma ora come ora, non posso offrirle alcun futuro… se tu svelassi il tuo alibi, Sasuke…”-

-“Puoi incastrarlo anche senza il mio alibi.”- lo fulminò l’Uchiha.

-“Mi manca un pezzo.”- scattò Shikamaru, seccato. –“Continuo a chiedermi cosa ci facessero Sai e Yamato in Newton Street alle 23,15 di quella notte…”-

-“Ovviamente me lo chiedo anche io.”- assentì Sasuke, dando un’indiretta conferma all’amico. –“E soprattutto… mi chiedo come abbia fatto Sai a regalare un anello di diamanti a Ino, se fino a qualche mese fa stavo svolgendo un’indagine su di lui per bancarotta fraudolenta.”- aggiunse infine.

-“…bancarotta fraudolenta?”- ripeté il Nara, come illuminato da quelle parole.

 

“He knew that it would cost him dear,

but yet he dare not say.

Where he had been that fateful night,

a secret it must stay.”

 

 

18 gennaio 1848, ore 00,22

 

Poteva ancora sentirlo sulla sua pelle, quel profumo di primavera incondizionato dalla neve e dal gelo, così dolce e delicato da inebriare i sensi senza mai nausearli.

Sakura sapeva sempre di primavera, anche se fuori era l’inverno a governare incontrastato.

Casa Uzumaki era interamente avvolta dall’atmosfera cupa di gennaio, ma al secondo piano, il fuoco della passione bruciava quelle quattro pareti scolorite, apparendo fragili e instabili sotto il peso degli ansimi di piacere dei due amanti.

Quella camera da letto, dimora di un matrimonio apparentemente felice e fedele, nascondeva fra le pieghe delle lenzuola i sospiri e il sudore di due amanti fedifraghi, passioni illecite consumate nelle silenziose e solitarie notti da Sakura e Sasuke, alle spalle di un marito premuroso e di un amico fraterno.

Come ogni notte Sasuke aveva varcato la finestra della camera, attento a non farsi vedere – non che gli importasse di cosa pensava la gente; era un’ipocrita premura per evitare di ferire Naruto più del dovuto – e lì ad attenderlo, puntualmente, avvolta dalla sua aria di finta tranquillità, stava Sakura, vestita solamente di una leggera vestaglia di seta color porpora che lasciava scoperte le nivee gambe nude.

L’Uchiha richiuse dietro di sé la finestra e sbarrò le tende, facendo calare le tenebre nella camera fredda. Non ebbe bisogno della vista per raggiungere la ragazza, facilmente rintracciabile dal suo profumo di primavera, e quando le si accostò, fu immediatamente accolto dalle sue fragili braccia calde e da un bacio dolce e delicato, che non ci mise molto a trasformarsi in pura bramosia e desiderio.

Le mani di Sakura scivolarono sulla nuca del ragazzo, intrecciandosi con i suoi capelli corvini in una presa salda, quasi avesse paura di interrompere quel contatto troppo presto. Ma, in tutta risposta, venne stretta dalle forti braccia dell’Uchiha, che l’attirò a sé, approfondendo il bacio.

Con un gesto fluido, Sasuke slacciò la vestaglia di seta, facendola scendere lentamente dalle spalle, per poi lasciarla cadere definitivamente a terra. Le sue labbra si poggiarono sul collo vellutato della ragazza, ben attente a non lasciare alcun segno del suo passaggio, consapevoli di non poter lasciar nessun marchio di proprietà su un corpo che non gli apparteneva – ma la sua anima, quella sicuramente era sigillata con il suo nome, e non aveva bisogno di prove tangibili per saperlo.

Le sue labbra scivolarono lungo il petto di Sakura, sostando a lungo sui seni morbidi, conosciuti alla perfezione; proseguirono lentamente, sulla pancia piatta, mentre gli ansimi della ragazza spezzavano il silenzio della casa, ricolmandolo di piacere.

Le mani ansiose di Sakura slacciarono velocemente la giacca e la camicia dell’Uchiha, e presto i loro petti nudi furono a contatto, pelle contro pelle, senza capire più dove iniziasse il corpo dell’uno e finisse quello dell’altra; le mani della ragazza accarezzarono con foga la schiena di Sasuke, solcandogli la pelle nivea con profondi graffi, mentre veniva sollevata dalle braccia possenti dell’amante.

Sasuke la sdraiò con veemenza sul letto, facendola sussultare, e si adagiò immediatamente sopra di lei, senza darle nemmeno il tempo di realizzare. I baci di fuoco ripresero, così come le passionali carezze, presto accompagnate da proibite parole d’amore da parte di Sakura.

L’Uchiha chiuse gli occhi, mentre continuava ad accarezzarle il seno con la lingua, cercando di ignorare quelle parole d’amore che lo colmavano di appagamento ma che contemporaneamente lo ferivano come spade, lame taglienti affondate nel petto. Esprimere i sentimenti a parole sarebbe stato molto più grave che non compiere dei semplici atti fisici, perché la parola è consapevolezza, mentre il desiderio è puro istinto. Le parole d’amore erano una volontaria offesa a Naruto, mentre il sesso poteva essere mascherato come necessità fisica incontrollabile.

Ignorare i suoi languidi sospiri d’amore, consumare in fretta quella passione che era anche bisogno imperante, soddisfare sia se stesso che lei prima che il sole potesse illuminare il loro nascondiglio di tenebra: questo era tutto ciò a cui Sasuke si sforzava di pensare.

La mano dell’Uchiha scivolò lungo l’interno coscia della ragazza, spingendola a schiudere le gambe per unirsi nuovamente a lei in un solo essere, una sola anima, per poterla sentire completamente sua almeno per un attimo.

-“Sasuke… ti amo…”- sussurrò la ragazza, guardandolo con occhi lucidi, lasciandosi sfuggire una lacrima lungo la guancia, seguita da un gemito sommesso nel momento in cui sentì Sasuke dentro di sé.

Il ragazzo affondò il volto nell’incavo del collo di Sakura, serrando con forza gli occhi e continuando a farla sua, come se niente fosse; ma dentro di sé pregava di poter far uscire al più presto quelle parole dalla sua testa: non avrebbe mai dovuto pronunciarle, mai.

L’amore che provava per Sakura improvvisamente gli appariva come il peggiore dei peccati, la più pesante delle colpe. E mentre la sentiva gemere di piacere, con le sue unghie conficcate nella schiena, non poté fare a meno di desiderare una punizione per tutto quel piacere sbagliato che riempiva le loro lunghe notti d’inverno.

Non sapeva di certo che fra poco ore, sarebbe stato accontentato.

 

He had to fight back tears of rage.

His heart beat like a drum.

For with the wife of his best friend,

he spent his final night of freedom.

 

 

1 agosto 1848, ore 21:16

 

 

Non avevano mai parlato di un’eventuale fine, così come non avevano mai parlato di un’eventuale inizio; Sakura non aveva chiesto nulla a Sasuke prima di sposare Naruto, anche se avrebbe davvero voluto sentire l’Uchiha invitarla a desistere dalle nozze. Ma sapeva fin troppo bene che lui non l’avrebbe mai fatto e così, forse stanca delle pressioni della famiglia per farle accettare la proposta di matrimonio del benamato sindaco, forse delusa dalla poca determinazione dimostrata da Sasuke, aveva accettato di sposare Naruto.

Consapevole fin dall’inizio che il suo cuore apparteneva unicamente all’Uchiha.

Consapevole di doversi accontentare di un matrimonio di convenienza col suo migliore amico per non sottostare ad un futuro incerto e senza garanzie che avrebbe dovuto accettare stando con Sasuke.

Il moro l’amava, certo, ma… il matrimonio, una famiglia… non era ciò che desiderava. La libertà era la sua aria, e il desiderio di vendetta nei confronti del fratello – che ancora non era stato appagato – era una pesante catena che lo inchiodava al suolo, impedendogli di assaporarne il gusto fino il fondo.

Sasuke amava Sakura, nel suo modo fatto di presenze scostanti e di effimeri sguardi bramosi. La amava, ma non voleva offrirle una vita di libertà condizionata da una vendetta ossessiva e controproducente, senza un futuro certo e roseo. Perciò aveva scelto la strada più facile: lasciarla in sposa a Naruto, che senz’altro le avrebbe dato tutto ciò che lui non era in grado di fornirle a causa della sua natura scostante e fuggitiva.

Ma le rinunce e le preoccupazioni erano niente se paragonate alla passione che li legava. Avevano deciso di mentire alla mente, ma le menzogne non funzionano anche sul cuore.

Le assenze per impegni diplomatici trattenevano Naruto sempre di più fuori casa, e gli incontri notturni erano iniziati poco dopo il matrimonio. E anche lì, fra Sakura e Sasuke non c’erano state parole, né spiegazioni, né proposizioni. Tutto era iniziato da dove era rimasto, la passione che era rimasta sospesa nell’aria era esplosa in nottate di fuoco e passione sfrenate.

 

Sasuke sbuffò, stringendo con forza il pezzo di carta fra le mani e avvicinandolo al volto, ricolmo di rancore e di rimpianto; ma immediatamente il profumo di primavera che impregnava il foglio lo avvolse. Lanciò uno sguardo furente verso le sbarre di ferro della piccola finestrella della prigione, che da ormai otto mesi incorniciava il suo piccolo pezzo di cielo quotidiano.

Un attacco d’ira lo invase, spingendolo a gettare a terra con gesto brusco la lettera accartocciata che teneva stretta in mano; ma subito, quasi attanagliato da un imprevisto rimorso, si abbassò a raccoglierla di nuovo, riaprendola e stirandola sul tavolo. Il profumo di Sakura avvolgeva anche quel misero pezzo di carta straccia, ed era straziante avercelo sotto il naso, rinchiuso in un luogo dove non c’erano altro che Sasuke e le sue colpe, lontano dal calore del corpo e delle parole di Sakura.

Eppure lui lo sapeva che quelle lunghe righe scritte con mano tremante e bagnate dalle lacrime inarrestabili della ragazza, erano l’unico modo che lei avesse per trasmettergli il suo amore da oltre le colline, da lontano…

Ti amo, Sasuke.

Adesso era diverso sentirselo dire, vederlo scritto su ognuna di quelle lettere. Adesso era una questione di vita. Adesso quei pezzi di carta con quelle parole erano tutto ciò che lo tenessero in vita.

E fu mentre leggeva quelle ultime strazianti righe che la pesante porta della cella, dopo un mese dalla visita di Shikamaru e Ino, si riaprì.

E furono i passi di Sai a varcare la soglia, questa volta.

-“Sai?”- sussultò Sasuke, sorpreso e allibito nel ritrovarsi davanti proprio il peggiore dei suoi carnefici.

-“Uchiha, salve!”- lo salutò l’altro, allegro.

-“Cosa ci fai tu qui?”- sibilò l’Uchiha, fulminandolo sprezzante.

-“Sono venuto a darti il cambio, diciamo.”- sorrise l’altro, impassibile, mostrandogli le mani ammanettate, con semplicità. –“Ho cercato di fare il furbo e di incastrarti, ma evidentemente c’è qualcuno più furbo di me, eh eh.”-

-“…Shikamaru.”- sogghignò Sasuke, incredulo, dopo averci pensato qualche secondo.

-“Proprio lui. E ti invita a muoverti a ritornare, perché fra due giorni si sposa. Con Ino.”- concluse Sai, raggiungendo il lettino fischiettando, senza tradire nessun rammarico né pentimento.

Sasuke si voltò nuovamente verso le sbarre di ferro che tagliavano in piccoli spicchi il suo cielo da ormai otto mesi, lanciando uno sguardo di vittoria alla frigida luna che illuminava la stanza, soddisfatto: lui sapeva che presto o tardi avrebbe vinto la guerra con lei. Che quella luna portatrice di sventura, sarebbe stato il lume che lo riportava finalmente al villaggio, a riprendersi la sua libertà.

 

Each night within his prison cell,

he looks out through the bars.

He reads the letters that she wrote.

One day he'll know the taste of freedom.

 

 

4 agosto 1848, ore 11:22

 

L’intera città era vestita di bianco ed invasa da gioia, musica e chiasso.

Shikamaru sbuffò, grattandosi la nuca, seccato. Abbassò lo sguardo verso la sposina che, sorridente e felice come una pasqua, stava saldamente aggrappata al suo braccio, piangendo commossa e sembrando ancora più bella di quanto già non fosse.

-“Ino, ma non doveva essere una cosa intima?”- domandò il Nara, lasciandosi sfuggire un sorriso soddisfatto e attirando la neo-mogliettina a sé, cingendole un braccio intorno alla vita.

-“Ovviamente, tesoro.”- ribatté Ino, sorridendo sorniona.

-“E perché c’è tutta la città al nostro matrimonio?”- si lagnò Shikamaru, assillato dalla folla di invitati.

-“Beh, mica li ho invitati io! Si sono invitati da soli! Del resto, è il matrimonio di uno dei giudici più in gamba di tutto lo stato, o no?”- sorrise la neo signora Nara, stampando un dolce e profondo bacio sulle labbra del marito.

-“Allora, sposini, andiamo o no al rinfresco? Tutti gli invitati si sono catapultati lì, rischierete di rimanere voi senza cibo!”- li schernì Naruto, avvicinandosi a loro con a braccetto Sakura.

-“Sì, adesso arriviamo, noioso…”- borbottò Shikamaru, cingendo le spalle di Ino con un braccio e avviandosi con loro verso la piazza principale.

In quel momento però, Sakura si fermò, sbarrando gli occhi verso il suolo, come vittima di un’allucinazione.

-“Ehi Sakura, cosa succede?”- trillò Ino, perplessa, arrestando anche Naruto e Shikamaru.

Sakura si voltò di scatto, prendendo a correre verso il confine della città senza dire nulla a nessuno, come pervasa da uno scatto di pazzia improvviso.

Naruto lanciò uno sguardo perplesso ai due amici e, senza perdere tempo, si lanciò all’inseguimento della moglie, allarmato.

Anche Ino stava per seguirlo, ma venne trattenuta dalla salda presa del marito, che, con sguardo serio e contemplativo, fissava i due allontanarsi, come se già sapesse il finale di quella storia.

-“Devono stare da soli, adesso.”- la ammonì il Nara, serio.

-“Perché mai?!”- sussultò Ino, allarmata.

-“È tornato.”- asserì Shikamaru, scambiandosi uno sguardo eloquente con Ino che, come al solito, non aveva bisogno di altre parole superflue per essere compreso.

La Yamanaka si abbandonò all’abbraccio del marito sconsolata ed insieme si diressero verso il rinfresco, lasciando una parte del loro cuore in compagnia dei loro amici, con una strana angoscia nel cuore.

 

Sakura si fermò alle porte del villaggio, portando il suo sguardo smeraldino verso l’alto della collina che fronteggiava la radura.

Sbarrò gli occhi, mentre cercava di riprendere fiato, in quell’aria afosa di agosto che non l’aiutava per niente.

-“Sa… su… ke…”- sussurrò la ragazza, mentre sentiva le lacrime pizzicarle sugli occhi, il cuore impazzirle nel petto, le gambe cederle dall’emozione.

-“Ehi Sakura, cosa…”- asserì Naruto, piombando improvvisamente alle sue spalle, allarmato.

Le sue parole si bloccarono quando anche nei suoi occhi di zaffiro si riflesse la superba figura del migliore amico che, in groppa al suo cavallo bianco, fissava la radura dall’alto della collina, i capelli spettinati dal vento afoso, come un leggendario cavaliere appena uscito da una foresta incantata, dopo aver vinto una estenuante e sanguinolenta guerra.

Gli occhi di pece di Sasuke si poggiarono sulle piccole sagome di Naruto e Sakura e gli sorrise, sornione.

-“Sasuke!!!”- lo richiamò a gran voce l’Uzumaki, sgolandosi.

-“Ehi, Naruto… Sakura.”- li salutò da lontano, con un cenno del capo.

-“Sei tornato!”- esclamò Naruto, la voce ricolma di emozione.

-“No, Naruto. Non sono tornato. Non posso tornare.”- si limitò a rispondere Sasuke, piegando il volto in un’espressione amara e ferita, distogliendo lo sguardo da Sakura e dalle lacrime che copiose che scivolavano sul viso della giovane.

-“Prenditi cura del villaggio e… di Sakura. Addio.”- si congedò l’Uchiha, aizzando il destriero e allontanandosi dalla loro vista, senza dargli diritto di replica.

-“SASUKEEEE!!!”- l’urlo straziante della ragazza spezzò l’aria, diffondendo la sua eco per tutte le verdi colline intorno al villaggio.

Senza pensarci due volte, Sakura si lanciò in avanti, prendendo a correre disperata sulla ripida salita della collina, lottando con la forza di gravità che la spingeva a terra, rallentandola.

-“Sakura!”- la richiamò Naruto, con voce calma e serena –“No, ferma, non voltarti indietro. Io ti conosco e so che se ti voltassi indietro… non avresti più la forza di seguirlo. Perché sei troppo altruista e il tuo amore per gli altri ti tratterebbe qui. Ma non è qui che puoi essere felice, Sakura. Almeno, non senza Sasuke. Io lo sapevo che lo amavi, ma ho sperato fino all’ultimo di poterti rendere felice almeno la metà di quanto avrebbe fatto lui… mi dispiace di averti trattenuta qua, di averti privato della libertà e della felicità che ti meriti, Sakura. Ora… voglio che tu sia libera e felice. Vai e non voltarti indietro. Addio.”- la salutò l’Uzumaki, con un sospiro.

La ragazza poté percepire il mesto sorriso sul volto di Naruto anche dandogli le spalle e, per qualche secondo, esitò a continuare la sua salita, attanagliata dal senso di colpa.

-“Mi dispiace Naruto, davvero… ma grazie di tutto… e dì a Ino…”- sussurrò Sakura, la voce rotta dal pianto.

-“Non ti preoccupare, Sakura. Io starò bene e Ino pure. Lei ha Shikamaru con sé. Andrà tutto bene, Sakura. Ora sbrigati, Sasuke ti aspetta.”- concluse il biondo, dandole le spalle e tornando nuovamente nel suo amato villaggio, la sua vera e unica ragione di vita.

La ragazza disubbidì a Naruto e si concesse un ultimo sguardo verso di lui e verso il villaggio, accompagnato da un doloroso singhiozzo sommesso; ma non durò molto, perché dopo qualche secondo dovette distogliere lo sguardo dal suo passato per correre incontro al suo futuro.

Riprese la sua corsa folle verso la cima della ripida collina, e quando giunse, col petto spezzato dal pianto e dalla fatica, la sua vista appannata fu colpita in pieno dalla macchia candida di un destriero che, tranquillamente, ruminava per la vasta radura verde. Di fianco ad esso, la figura alta e slanciata di Sasuke la attendeva, le braccia incrociate, il volto rivolto altrove con sguardo perso.

-“SASUKE!”- gridò Sakura, lanciandosi immediatamente fra le braccia del ragazzo, preda di una crisi di pianto disperato.

Sasuke l’accolse con calma, come se quel momento fosse qualcosa di ovvio, come se l’avesse sempre saputo. Sì, lo sapeva, perché l’aveva giurato a se stesso che, presto o tardi, lei sarebbe stata di nuovo lì, al sicuro fra le sue braccia.

-“Sasuke… portami con te…”- singhiozzò la ragazza, alzandosi in punta di piedi per poter raggiungere le labbra dell’Uchiha, sulle quali vi posò un bacio appassionato e disperato.

-“Dove vuoi che ti porti, Sakura, perché tu possa essere felice? L’unico luogo dove potresti esserlo è qui, nel nostro villaggio…”- sospirò Sasuke, interrompendo il bacio e fissandola col suo sguardo di onice, severo e di rimprovero.

-“Non lo so, Sasuke. Oltre le colline, lontano da qui, oltre le montagne e i mari, ovunque tu voglia; mi basta restare fra le tue braccia e io sarò felice sempre, per sempre.”- sorrise lei fra le lacrime, stampandogli nuovamente un lungo ed appassionato bacio a fior di labbra.

-“D’accordo, oltre le colline, molto lontano…”- acconsentì Sasuke, prendendo la ragazza fra le braccia e montando a cavallo con lei.

Un ultimo bacio e poi il vento fra i capelli, mentre le colline svanivano dietro di loro, sempre più lontano.

 

Over the hills and far away,

he swears he will return one day.

Far from the mountains and the seas,

back in her arms he swears he'll be.

 

Over the hills and far away,

she prays he will return one day.

As sure as the rivers reach the seas,

back in his arms is where she'll be.

 

Over the hills,

over the hills and far away.

 

 

 

*Angolo di Sakurina*

 

*Entra guardandosi attorno timidamente*

*Cough cough* Carissimi signori e signore, e fu così che Luly scrisse una SasuSaku. Che temo, non sarà l’ultima *le sue amateH panterine nereH le puntano i fucili addosso*.

Ho un paio di cosine da dire… sì, più di un paio.

 

Innanzitutto, questa roba è stata scritta per i compleanni di Rory e Lau, come regalo di compleanno, in ritardassimo *perdono*

Ovviamente, loro odiano le storie lunghe e amano alla follia le lemon, e ovviamente gli ho scritto una storia lunga con ben poca lemon. *smile sadico* Oh suvvia, pensate che l’ho fatto per voi, e che ho scelto i Nightwish apposta! Perché i Nightwish si sa, sono SasuSaku e ShikaIno. ù_ù E comunque, ne approfitto per dire che sono veramente contenta di averle conosciute, le mie stelline, a cui voglio un bene dell’anima! ToT vi adoroH!

 

Sulla storia che dire: eccessivamente lunga, ma ho fatto il mio meglio per rendere omaggio a quella fantastica canzone che è “Over the hills and far away” dei Nightwish, a mio parere molto SasuSaku (ma và? XD).

La scena hot avrei voluto farla più hot ma, a parte che non mi andava di sforare il raiting arancione, non sono mai stata brava con le lemon; già ci ho messo un anno a scriverne sullo ShikaIno, figuriamoci sul SasuSaku che lo shippo da manco un mese ò__ò

 

Ah, lo ShikaIno. Sono partita con l’idea di non mettercelo, ma per me sarebbe come dire che la Terra è quadrata: una fan fiction di Sakurina senza almeno un minimo accenno biancoH non sarebbe una sua fan fiction, diciamocelo, è un po’ il mio difetto di produzione. ù_ù (e sì, un piccolo tentativo di corruzione biancaH per Rory *smile sadico*). Matrimonio ShikaInoToT… Per Sparta! *ç*

 

Ovviamente, il gran happy ending con Sasuke-kun in versione principe azzurro è geniale! X°D E non lasciatevi sfuggire il piccolo messaggio subliminale: credetemi, non è un caso se il cavallo di Sasuke è biancoH (e no, non è per la favola del bel principe azzurro sul cavallo bianco. E perché anche Sasuke SA. Col suo Sharingan vede tuttoH. ù_ù). Sarà andato pure un po’ OOC, ma è uno dei protagonisti più difficili da descrivere, per me. Siate clementi. ç_ç

 

Ed infine, come potrei non dare un grazie speciale alle altre donne che, insieme a Rory e Lau, hanno contribuito alla mia conversione? Mucchan (la mia SasuSaku hentai master che amoH *ç*) Sacchan (la donna fiQua sulla mia stessa lunghezza d’onda *ç*), Acchan (la donna fiQua con la quale partirò per il Giappone per assassinare Oda e Kishimoto *ç*)… grazie a tutte! ToT  Vi voglio beneH!

 

E grazie a tutti coloro che commenteranno! *___* (si accettano tranquillamente insulti ù_ù).

 

Un bacio,

Sakurina

 

 

 

 

  
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