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Autore: Jordan Hemingway    17/02/2015    2 recensioni
Il più grande sogno di Lovino Vargas era diventare un moschettiere.
Il suo più grande incubo era diventare un moschettiere a fianco del bastardo che rispondeva al nome di Antonio Carriedo.
(S)Fortunatamente, Lovino era riuscito a realizzare sia il sogno che l’incubo.
...
“C’è il cardinale dietro a tutto questo, non è così?” Gilbert cercò di mettersi a sedere, senza risultato.
“Non cambierai mai.” Eliza scosse la testa, abbassando le palpebre. “Non ti arrenderai mai, vero?”
Il moschettiere le sorrise con tutta l’insolenza che un sopravvissuto ad un’esplosione poteva dimostrare. “Tu che dici?”
La smorfia di Eliza fu eloquente. “Non scherzare con il fuoco, Gil.”
“Perché potrei scottarmi?”
“Potresti bruciare. Tu e tutti quelli che ti circondano.”
...
“Che cosa sta succedendo?” Tuonò il capitano Kirkland, spalancando la porta del suo ufficio.
“Mon capitaine!” Francis si illuminò e fece per gettarsi verso Arthur. “Ai suoi ordini, mon capitaine!” Il quale assunse la tonalità delle lapidi funerarie e si affrettò a scansarsi. “Se non avete nulla di meglio da fare che dare aria alla lingua, andate di pattuglia a Palazzo fino a stasera!” Ordinò, sbattendo la porta.

[Spamano] [FrUk] [PruHun] [Accenni PolLiet]
Genere: Avventura, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Bad Friends Trio, Polonia/Feliks Łukasiewicz, Sud Italia/Lovino Vargas, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tutti per uno, uno per tutti

 
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3 Di esplosioni e amori incompresi
 
“La miccia dovrebbe durare altri cinque minuti.” Spiegò Eliza, ansimando per la corsa. I tre si trovavano ora davanti al cantiere dove il cosiddetto Cubo di Feliks era in fase di costruzione: un grande edificio quadrato che sarebbe presto stato ricoperto interamente da vetrate di cristallo.
Mon Dieu…” Francis si fermò ad ammirare l’opera.
“Non è il momento di entusiasmarsi per l’arte.” Senza porre altro tempo in mezzo, Gilbert si lanciò verso una delle impalcature. “Prima le signore.”
Eliza si fermò. “Vi ho portati fin qui. Il patto era questo.”
“Abbiamo fatto un patto?” Il moschettiere sogghignò. “Non metterò a repentaglio la mia magnifica persona basandomi sulle parole di un’avventuriera.”
“Io ti…”
“Lasciamo le effusioni a dopo, mes amis.” Francis iniziò a salire. “Vorrei solo sapere dov’è finito Antoine.”
L’interno del cubo era ancora in costruzione: la polvere permeava l’aria, al punto che Francis fu costretto a fermarsi a causa di un attacco di starnuti.
“Kesesese.” Gilbert fu investito da una cascata di malta secca. “Lovino dovrà sudare per farsi perdonare tutto questo.” Infine raggiunsero la sommità dell’impalcatura.
Di Lovino e del congegno, nessuna traccia.
“Dov’è?” Il moschettiere fissò Eliza con rabbia. “Dimmi che non era un altro inganno.”
“Non capisco.” La ragazza era confusa. “L’ho lasciato proprio qui…” Ed indicò un punto dell’impalcatura dove alcune assi di legno avevano ceduto.
Un rumore sordo li spinse ad affacciarsi all’orlo del buco. Dal piano inferiore, Lovino li guardava in cagnesco.
“Lo sai, mon ami, nonostante quel che dice Antonio tu dovresti metterti a dieta.” Lo informò Francis, guadagnandosi una serie di smorfie.
“E la bomba?” Gilbert aguzzò la vista, cercando di distinguere nuovi particolari. Lovino iniziò ad emettere suoni soffocati e a dimenarsi, indicando con le gambe un oggetto poco distante da lui, e una fiammella che si stava avvicinando.
“Non agitarti, deficiente, o farai crollare tutto!”
“Aspetta, scendo a spegnerla.” Eliza iniziò a calarsi dal buco dell’impalcatura.
In quel momento accaddero tre cose.
Una testa bionda fece capolino dalle scale della struttura. “Toris!” Sua Altezza alzò la sua lampada. “Sei qui? Prometto che non ti vestirò da ninfa!”
Eliza raggiunse la bomba e soffiò sulla miccia per spegnerla, ottenendo invece di accelerare la velocità della fiamma. “Togli la miccia!” Le urlò Gilbert dall’alto. “Togli quella dannata miccia!”
Le spinte disperate di Lovino compromisero definitivamente l’equilibrio dell’impalcatura su cui si trovava. Il ragazzo si ritrovò a cadere nel vuoto.
Alla fine non sei riuscito ad afferrarmi.
Due braccia robuste lo afferrarono per le gambe. Da quella posizione Lovino riuscì a scorgere un paio di occhi verdi che lo fissavano esultanti.
“Visto, Lovinito?” Antonio gli sorrise. “Per quanto tu possa cadere, io saprò sempre afferrarti al volo.”
Con un ultimo gemito frustrato, l’impalcatura crollò su se stessa.
“Gettala via Eliza!”
La bomba esplose, illuminando la notte come un fuoco d’artificio.




Lovino riaprì gli occhi, cercando di sfregare via la cenere e la polvere che gli entravano nelle pupille. Le corde che gli avevano legato le mani, per effetto dell’esplosione, si erano spezzate, così poté liberarsi del bavaglio.
“Dove sei, bastardo?” Ogni respiro gli costava una pugnalata alle costole. Doveva essersene rotte alcune nella caduta. Si guardò attorno, alla ricerca di ogni indizio: infine intravide un lembo di una casacca da moschettiere, semi-sepolta dai calcinacci.
Senza più curarsi del dolore, Lovino si precipitò a scavare. “Bastardo!” Esalava ad ogni pezzo di muro spostato. “Esci fuori.” Con attenzione, estrasse il corpo di Antonio e lo spostò in un punto dove si riusciva a respirare quasi normalmente: i suoi occhi erano chiusi, il colorito livido, e il petto era immobile.
Con la forza della disperazione Lovino si avventò su di lui.
“Non osare morire.” Ruggì premendogli le costole e schiaffeggiandolo. “Non. Osare. Morire. Mi hai sentito, bastardo? Non provare a lasciarmi solo, hai sentito?”
Mi amor, se non mi uccidono le tue cure, non ci riuscirà nient’altro.” Sussurrò Antonio, riaprendo gli occhi.
Lovino si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
“Bene, bastardo. Rialzati ed usciamo da…” Si interruppe, perché la mano dello spagnolo lo aveva afferrato per la camicia, facendoselo cadere addosso.
“Che cosa avresti fatto, se io fossi morto?”
Il ragazzo arrossì sotto la calcina che gli imbiancava il viso. “Non avrei speso un franco per il tuo funerale.” Ora il viso di Antonio era talmente vicino che Lovino poteva contarne le ciglia.
“E come potrei lasciarti solo, Lovinito?” Mormorò lo spagnolo. “Io sono e sarò sempre al tuo fianco.”
Le loro labbra erano così vicine…
Un rumore sordo, una cascata di calcinacci: una testa bionda spuntò in un angolo delle macerie.
“Non fate assolutamente caso a me.” Sua Altezza Feliks IIIX portò entrambe le mani sotto il mento. “Continuate, vi prego."




L’esplosione aveva lasciato Gilbert privo di coscienza per qualche minuto. Riaprendo gli occhi, la prima cosa che vide fu la sagoma di Eliza che si districava dalle macerie per poi avviarsi verso la fuga.
“Eliza!”
La voce, benché debole, riusciva ancora ad essere imperiosa.
La giovane si immobilizzò per un istante, poi riprese a camminare.
“Eliza.”
Ora avrebbe potuto essere una supplica, una preghiera ad una santa da tempo dimenticata.
Elizaveta tornò sui suoi passi e si inginocchiò accanto a lui.
“La tua gamba è stata colpita dai calcinacci, ma non dovrebbe essere rotta. In un paio di settimane tornerai a giocare al moschettiere.”
“C’è il cardinale dietro a tutto questo, non è così?” Gilbert cercò di mettersi a sedere, senza risultato.
“Non cambierai mai.” Eliza scosse la testa, abbassando le palpebre. “Non ti arrenderai mai, vero?”
Il moschettiere le sorrise con tutta l’insolenza che un sopravvissuto ad un’esplosione poteva dimostrare. “Tu che dici?”
La smorfia di Eliza fu eloquente. “Non scherzare con il fuoco, Gil.”
“Perché potrei scottarmi?”
“Potresti bruciare. Tu e tutti quelli che ti circondano.”
“Perché il cardinale vuole una guerra?”
Facendo per alzarsi, Eliza scrollò le spalle. “Sei già in ottima forma. Non hai bisogno di me.”
“Io ho sempre bisogno di te.” Fu appena un sussurro, ma sufficiente a far perdere un battito alla ragazza. “Ho sempre avuto bisogno di te.”
“Mi correggo: devi aver battuto la testa in modo più forte di quel che credevo.”
“L’unica buona azione di Ivan è stata riportarti da me.” Eliza aveva dimenticato di come le parole di Gilbert potessero bruciare più della sua pelle e dei suoi sguardi.
“Ora che cosa dovrei rispondere?” Mormorò Eliza, chinandosi su di lui. “Dovrei rivelarti i piani del cardinale?”
“Potresti.”
“E restare al tuo fianco fino alla fine come ai vecchi tempi?”
“Non hai mai potuto resistere al magnifico me.” Sorrise Gilbert.
“Lo sai, Gil.” Le labbra di Eliza sfiorarono le sue. “Le persone cambiano.” E, con una testata, lo rispedì nel mondo dei sogni, per poi darsi alla fuga.




Di tutti Francis era stato quello più fortunato: l’esplosione lo aveva scaraventato su una pila di sacchi di polvere di calce, senza altri danni che una lieve botta al fondoschiena.
E gli altri?
Gilbert, Antonio, Lovino…  Dovevano essere vivi. Ammaccati, forse, ma vivi: dopotutto, loro erano i moschettieri, e i moschettieri non muoiono mai.
Perlomeno, non in un’esplosione potenzialmente letale.
E il re? Francis ebbe un capogiro: cosa sarebbe successo se Feliks fosse morto? Il cardinale avrebbe preso il controllo della Francia, accusando i moschettieri del regicidio. Ma nemmeno un re poteva morire così facilmente, n’est pas?
Francis chiuse gli occhi.
Non si accorse quindi dell’arrivo delle guardie private del re, accompagnate dal capitano Kirkland e da Toris, i quali iniziarono subito a scavare nelle macerie.
“Alcuni moschettieri sono stati visti dirigersi qui.” Spiegava ad Arthur uno degli attendenti.
“Non posso credere che i miei uomini siano coinvolti in un assassinio politico.” Fu la secca replica del capitano, il quale, senza più indugi, iniziò ad addentrarsi tra le macerie.
Se le sue ipotesi erano corrette, Arthur sapeva quali dei suoi moschettieri cercare in quel disastro, e il pensiero non lo rallegrava.
Come era possibile che quei quattro disgraziati riuscissero a provocare più danni di una squadriglia di mercenari teutonici? Il capitano decise che la gogna era un castigo troppo lieve per quella rana e per i suoi degni compari: avrebbe dovuto escogitare qualcosa di meglio.
Se fossero stati ancora vivi.
Dannazione, dovevano essere vivi.
“Vostra Maestà!” Urlava intanto Toris, scavando tra i calcinacci. “Vostra Maestà, non sarete davvero qui dentro? Vi prego, indosserò tutto quello che volete, basta che siate vivo!”
“Bonnefois!” Esplose Arthur, riconoscendo il suo moschettiere e afferrandolo per il bavero della giacca. “Che cosa stavi cercando di fare, dannata rana, volevi farci saltare tutti in aria?”
Mon capitaine!” Francis spalancò gli occhi. “Mon capitaine, sei venuto a salvarmi!”
Forse fu l’impeto di Francis, a cui la sopravvivenza miracolosa aveva conferito un entusiasmo eccessivo, forse fu il sollievo di Arthur, che già pregustava il momento in cui avrebbe potuto spedirlo a lavare le latrine per quell’incidente.
In ogni caso, le braccia di Francis riuscirono a chiudersi attorno al corpo del suo capitaine, mandando entrambi a terra. Arthur cercò di alzarsi e di scostare Francis dal suo petto.
“Che cosa credi di fare, tu…”
La bocca di Francis si posò sulla sua, interrompendolo. La delicatezza iniziale fu sostituita dalla forza, le mani di Francis percorrevano il corpo di Arthur, che per un breve, folle istante ricambiò il bacio…. Per poi ricordarsi di avere un pubblico.
“Capitano.” Toris e le guardie reali tossicchiarono educatamente. “Abbiamo individuato Sua Maestà e gli altri. Avremmo bisogno di lei per organizzare i soccorsi.”
“Non c’è nessunissima fretta Toris!” La voce del sovrano si levò dalle macerie. “Hai tipo detto indosserò tutto quello che volete?”
Rosso in viso, Arthur si districò e si rialzò in piedi. Francis e tutte le guardie lo stavano guardando, in attesa.
“Permettete un secondo.”
Il montante colse Francis di sorpresa: il colpo lo raggiuse dritto al mento, spedendolo nel mondo dei sogni.
Sogni in cui un capitaine estremamente irascibile danzava con lui vestito da unicorno.
Rosa.
 



“E questo è tutto, signore.” Gilbert concluse il racconto (dal quale aveva omesso molti dettagli, come ad esempio la fuga di Eliza).
Arthur Kirkland continuò a massaggiarsi le tempie ad occhi chiusi. “Il cardinale quindi?” Sospirò, ricevendo la conferma dei suoi sospetti. “Avete uno straccio di prova a sostegno delle vostre dichiarazioni?”
“Nessuna, signore.” Anche se fossero riusciti a rintracciare Eliza, sarebbe stata la loro parola contro quella dell’uomo più influente di Francia. Le possibilità di vittoria erano pari a zero.
Il capitano prese una decisione.
“Direte al re che l’esplosione è stata causata dalla fronda anti-monarchica, che voi avete provveduto a neutralizzare.”
“Non è giusto.” Lovino sbatté il pugno sulla scrivania di Kirkland.
“Siamo sull’orlo di una guerra con l’Inghilterra, le campagne sono in rivolta per mancanza di cibo, la crisi politica a corte ha reso un cardinale il vero re di Francia. La vita non è giusta.” Lovino abbassò la testa.
“Non possiamo nemmeno lasciare che i piani di Ivan vadano a buon fine.” Francis guardò Gilbert, cercando sostegno.
“Non ho detto questo.” Kirkland fissò a lungo i suoi moschettieri. I suoi pazzi, spericolati moschettieri, che nonostante le apparenze si sarebbero gettati nel fuoco per difendere la Francia. “Il cardinale vi teme: per questo ha sguinzagliato le sue Guardie Rosse contro di voi. Gli faremo credere che non ha nulla da temere, che Lovino ha dimenticato ogni cosa per effetto del colpo in testa.”
“Quale colpo?”
“Te lo spiego dopo, querido.”
Arthur riprese. “Mantenete un basso profilo per qualche tempo. Ma nel frattempo” E il capitano strinse il pugno con forza “Nel frattempo farete tutto il possibile per contrastare i suoi piani, di qualunque cosa si tratti. E’ chiaro?”
Oui, mon capitaine.”
Arthur sorrise. “Per ora siete tutti di turno alle latrine per le prossime settimane, a partire da ADESSO!” Abbaiò, schivando di nuovo Francis che tentava di abbracciarlo, commosso.
“Kesesese! Non direte sul serio, signore!”
“Ma capitano, che cosa abbiamo fatto…”
“Io sono stato rapito e quasi ucciso!”
“TACETE! Avete idea di quanto costi quel dannato cantiere? Il re ha deciso, nella sua magnanimità, di affidare al corpo dei moschettieri l’onere delle spese di ricostruzione!” Arthur chiuse gli occhi. “Questa volta sarà una piramide di vetro.” Scosse la testa. “Quindi, prima di indurmi a vendervi alle Guardie Rosse per trovare i soldi per pagare quest’ultima regale idiozia, SPARITE!”
Mon capitaine, non dite così: in fondo se sparissimo davvero sentireste la nostra mancanza.” Il moschettiere biondo si avvicinò pericolosamente al suo capitano. “Non eravate preoccupato che io fossi morto, mon petit capitaine?
Gilbert tornò a guardare fuori dalla finestra. Non ne era sicuro, ma gli era parso di vedere una chioma di lunghi capelli castani, un vestito verde e una cuffia bianca. Sogghignò.
Non potrai mai resistere al magnifico me.
Dopodiché, si unì agli altri nel tentativo di impedire al capitano di strozzare Francis.
Come sempre: tutti per uno, uno per tutti.


Angolo dell’autrice (che poteva risparmiarselo)
E siamo giunti alla fine! (applausi di sollievo) Spero non vi siate annoiati eccessivamente. Non ho idea di come e quando, ma mi piacerebbe scrivere ancora qualcosa in questo AU (partono i pomodori), per NON chiarire perché Ivan non sia ancora riuscito a conquistare il mondo, e, cosa più importante, se Lovino sia riuscito a pulire le latrine o sia emigrato in Spagna…
Grazie per l’attenzione, e arrivederci!
(Sparisce spargendo arcobaleni)

 

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