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Autore: RocketQueenie    17/02/2015    13 recensioni
cosa può succedere se, sfuggiti da Bosco Atro e dalla prigionia presso gli Elfi Silvani, Thorin Scudodiquercia e la sua compagnia si trovassero alle prese con un nuovo arrivato? sarebbe l'inizio di un'avventura, di un'amicizia, di un amore, un modo per ribaltare dei destini già scritti, o solo l'inizio del declino?
!fan fiction avventurosa con (parecchi) elementi erotici e contenuti talvolta un po' forti!
Non permettiamo a noi stessi di farci del male, finché soffrire non è l'unica cosa che ci salva. O che ci resta, magari. L'unica cosa che ci fa sentire vivi, presenti, al mondo. Fa così paura, a volte, continuare a lottare. Avere così tanto da perdere..
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti
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Introduzione
Buongiorno, e benvenuti nella mia prima fan fiction sul mondo di Tolkien! Ci ho messo un bel po' prima di decidermi a pubblicare qualcosa sull'argomento perché Tolkien è uno dei miei autori preferiti, e non voglio fare castronerie xD Comunque, eccomi qui! Spero che la mia ff vi piaccia, e sarei molto contenta se mi lasciaste qualche commento, di qualsiasi natura sia, per dirmi cosa vi piace della storia, o cosa non vi è proprio piaciuto.
Inoltre, allegherò ad alcuni capitoli dei link per delle canzoni, che vi consiglio di ascoltare mentre leggete, perché mi hanno ispirata nella scrittura, e mi sembra siano parte integrante della storia.
Allora, buon proseguimento!





-  Le ore si susseguivano infinite in quella sorta di intorpidimento tipico di quando nulla accade per lunghi periodi di tempo, e gli unici avvenimenti si ripetono schematici e sempre uguali come una sorta di noiosa routine.
Thorin Scudodiquercia, figlio di Thrain, figlio di Thror, Re di Sotto la Montagna, credeva quasi di impazzire.
Gli unici momenti in cui aveva un contatto con qualcuno era quando il capo delle guardie degli Elfi gli portava il pasto, che puntualmente, orgoglioso e testardo com’era, si rifiutava di mangiare.
Li lasciava lì, intatti, mentre il suo fisico ormai provato smaniava per assaggiare almeno una delle portare che Thranduil, Re degli Elfi Silvani, gli faceva consegnare giornalmente.
Solo una volta, in balìa della fame più nera e della disperazione, il Re dei Nani si era abbassato a sbocconcellare un cibo assolutamente inadeguato per un Nano come lui, e a bere d’un sol sorso tutto il boccale di vino che lo accompagnava; debolezza che non riusciva ancora a perdonarsi.
Dopo quell’episodio, il digiuno era diventato ancora più ferreo, reso forte dal disprezzo più profondo per tutto quello che concerneva gli Elfi Silvani e quel codardo effemminato del loro Re.
Non sapeva più che giorno fosse, né se si trattasse del giorno o della notte, il suo sonno era ormai inquieto ed agitato, costellato di incubi in cui si trovava di fronte a Smaug, il drago, solo e totalmente disarmato.
Quei sogni terrificanti lo svegliavano di soprassalto, e gli serviva un paio di istanti per rendersi davvero conto di essere ancora imprigionato in quella maledetta cella.
Era proprio durante una di quelle notti che, svegliandosi per l’ennesima volta madido di sudore, si accorse di un rumore insolito, che gli fece drizzare le orecchie.
Sembravano dei passi delicati, che si avvicinavano di soppiatto alla sua cella.
Silenziosamente si accostò al muro di pietra, avvicinandosi furtivo alla porta ferrata della sua piccola prigione.
Attese, talmente silenzioso che persino il suono del suo respiro era inudibile.
Dopo qualche istante due braccia bianche e flessuose introdussero un fagotto attraverso la porta, e lo posarono a terra.
Quando Thorin uscì allo scoperto, il corridoio era nuovamente deserto.
Diffidente, tolse gli involti di panno che avvolgevano il contenuto del pacco, e si ritrovò in mano del pane, una morbida focaccia chiara, una boccetta piena di un liquido ambrato, e una spessa fetta di prosciutto arrosto.
Il Nano sentì la bocca riempirsi di saliva, e si portò quella meraviglia alla bocca.
Fu un istante, prima che la sua cocciutaggine avesse la meglio, e che il fagotto sparisse, intatto, in un angolo buio dello stanzino.
Non più un boccone, portatogli da qualche stramaledetto elfo, avrebbe varcato le sue labbra.
La mattina dopo, o almeno quella che lui pensava essere la mattina, la guardia posò il solito vassoio, cosa che lasciò il Re alquanto perplesso.
Doppia razione? Troppa stomachevole gentilezza persino per quel mellifluo ipocrita di Thranduil.
Era comunque troppo orgoglioso per accettare quel surrogato di carità, e in un impeto di rabbia, angoscia e impotenza scagliò il vassoio attraverso le sbarre, contro il capo delle guardie.
-Maledetto Nano!- imprecò quello, colpito dal pesante vassoio d’argento all’altezza dello stomaco –Stai pur certo che non riceverai altro! Se vuoi morire di fame, fai pure!-
-Aspetta che io sia uscito di qui!- lo minacciò Thorin, mentre quello si allontanava dolorante lungo il corridoio.
Quella notte i morsi della fame furono così intensi, che si risvegliò il giorno dopo, talmente intontito da sospettare, più di una notte ristoratrice, uno svenimento.
Era troppo debole, non avrebbe resistito a lungo, in quel modo.
Percorse la cella con gli occhi, e con somma sorpresa, trovò lo stesso fagotto della notte precedente appoggiato a terra e sospinto verso il muro, in modo che da fuori non potesse essere visto.
Il contenuto era lo stesso della volta precedente, e questa volta Thorin non poté opporre resistenza. Spazzò via non solo quello, ma anche quello della sera precedente, e sentì il vigore che da tanti giorni l’aveva ormai abbandonato, ritornare a spronarlo.
A quel punto, nella mente del Re, le possibilità erano due. O Thranduil gli stava giocando un brutto tiro, e quei cibi contenevano qualcosa, oppure stava cercando di renderselo amico per raggirarlo.
Qualsiasi fosse il suo piano, Thorin non gliel’avrebbe permesso.
Spaccò la boccetta di vetro in modo da ottenerne dei cocci simili ad un corto pugnale squadrato, e decise di aspettare, sveglio e vigile, per capire quale stranezza stava capitando.
Quando le torce in corridoio vennero spente, lasciandone solo una ad illuminare fiocamente il vasto sotterraneo in cui Thorin, in quanto Re, aveva avuto l’onore di essere internato, e quando tutte le guardie si furono allontanate, il rumore di passi della notte precedente si ripeté.
Il Re si accorse troppo tardi che aveva smesso di respirare, in attesa, e dovette concedersi una lunga e rumorosa boccata d’aria per evitare di soffocare.
Quel rumore spaventò chiunque si stesse avvicinando alla sua cella, perché i passi si arrestarono bruscamente.
Seguirono degli attimi di un silenzio carico di aspettative, così intenso che si sarebbe potuto tagliare con una lama, prima che una figura si affacciasse alla porta della sua cella.
   
 
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