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Autore: pierre    18/02/2015    1 recensioni
Spencer Reid sarà coinvolto in una delle indagini più pericolose e dolorose della sua vita.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Spencer Reid
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
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La sera si annunciava serena e asciutta, ideale per un barbecue all’aperto.
Il gruppo era costituito da vegetariani convinti per cui la griglia fu invasa per lo più di melanzane, zucchine, patate e tutto ciò che non avesse un cuore.
Tim e Margherita si rosolarono un po’ di carne ma ciò che unì tutti in estasiate esclamazioni di piacere furono le fettuccine fatte in casa con sugo fresco e basilico del professor Diotallevi.
“Conditele con il parmigiano…” chiosava allegro “questo viene dritto, dritto da Parma e ha proprietà miracolose che spaziano dall’apporto di calcio alla…”
“… peristalsi intestinale “aveva proseguito quel buffone di Tim
”eccezionale per chi soffre di stitichezza!”
Le torte di Margherita stavano chiudendo una serata perfetta.
Inevitabilmente i discorsi s’incanalarono verso un unico obbiettivo, quello di fare il punto della situazione.
E fu proprio Reid a esordire.
“E’ stato tutto troppo facile…”
“Che vuoi dire?” Aveva prontamente domandato Morgan.
“Voglio dire… si… il seriale si è espresso nelle sue due principali personalità ma ha volutamente fatto vincere il carattere del bambino: lui mi ha dato da bere e poi, cosa impensabile, lui mi ha sciolto le mani. Questo mi fa presupporre…”
“…che la sua è stata una scelta dettata da sentimenti d’amore, non di odio! Ti voleva come partner non come vittima!” aveva proseguito Ghideon.
“Infatti! Robert tentava di prendere il sopravvento, ma non ci riusciva… insomma…” continuò Spencer “il seriale ha sbagliato preda!”
Tutti gli ospiti si girarono verso Alberto che esordì amareggiato:
“Vorreste forse dire che l’esperienza orribile di Spence è colpa mia? Che quel pazzo voleva me e poi dopo averci visto insieme ha preferito… te?” e aveva fissato dispiaciutissimo Reid.
“Non ti sentire responsabile” Hotchner aveva preso la parola “riteniamo piuttosto che la vostra nascente attrazione lo abbia confuso, gli ha fatto ritenere che un rapporto sessuale non dovesse essere necessariamente orribile e ha pensato che questo non fosse merito dei sentimenti ma dei soggetti del nuovo rapporto amoroso. Tra voi due, si è riconosciuto in Reid.”
“Perché?” Aveva insistito Spencer
“Sei bello, giovane, intelligente…” stava enumerando Penelope.
“Sei un professore… “ l’aveva interrotta Morgan “ciò che lui non sarebbe mai potuto diventare: il suo modello, la figura con la quale presentarsi in maniera corretta…”
“Già, non abbiamo mai analizzato il soggetto partendo dalla sua peculiarità principale: era dislessico”.
Si discusse sull’impatto emotivo del bambino prima e dell’adolescente poi, rispetto all’ambiente che lo circondava.
Il rapporto con la madre.
“Che fine avrà fatto quella donna?” Si domandò JJ “mi piacerebbe sapere quali siano state le motivazioni che le fecero scegliere il professor Robert Moore…”
“Probabilmente era considerato un ottimo terapeuta…” esclamò Penelope.
“Si, certo… ma non il solo sulla piazza…” borbottò Ghideon.
“Posso dire una cosa?” Tim s’inserì inaspettatamente nel discorso.
Tutti rivolsero l’attenzione verso di lui.
“Dunque se ricordo bene il professor Robert Moore era un luminare specializzato nello studio della dislessia nella prima infanzia. Ho letto un suo trattato, l’ho trovato interessante” bevve un sorso di vino, un ottimo barolo stappato per l’occasione “ora fatevi dire che quando noi professori diventiamo importanti, difficilmente possiamo allontanarci dall’Università che ci sponsorizza. Tra lezioni, simposi, nuovi libri e riviste scientifiche dove dobbiamo pubblicare periodicamente i nostri lavori, difficilmente troviamo il tempo per svolgere attività sperimentale. Ora, se il vostro soggetto era addirittura in cura presso lo studio Moore o era una cavia oppure era il figlio di qualcuno che conosceva il professore molto bene… un parente, un amico intimo!”
Spencer annuì: “era il figlio di un collega…”
Il silenzio avvolse tutti in un’atmosfera stregata.
“Faremo le dovute ricerche ma ti dico già che il padre era un rappresentante di commercio e la madre, che per inciso, da nubile si chiamava Creed, Rose Creed, lavorava in un laboratorio d’analisi” specificò Penelope.
“Sembrerebbe un cognome europeo…” sottolineò Alberto.
“Vallo a capire” sospirò Spence.
“Comunque sia, farò una ricerca per vedere se c’era qualche grado di parentela tra il professor brutto porco Moore e questi Green Creed!” tagliò corto Penelope Garcia.
Hotchner annuì pensieroso: “mi domando se la donna avesse una qualche forma di relazione con il terapeuta del figlio, spesso le madri affidano i figli a dei perfetti sconosciuti convinte della loro buonafede.”
Nessuno aveva voglia di proseguire e quindi la conversazione si diresse su altri argomenti che spaziarono in tutte le direzioni; Spencer era felice, lì, tra stelle e grilli aveva tutto ciò che lo rendeva completo.
Verso le undici di sera Tim sbadigliò rumorosamente e guardò Margherita con occhi lacrimosi.
“Porto il pupone a dormire ragazzi!” esclamò la professoressa Wais.
Il trambusto per organizzare la nottata si rivelò esilarante ma alla fine più o meno tutti crollarono in un sonno ristoratore.
Spencer e Alberto si ritrovarono incollati l’uno all’altro dentro la tenda che Diotallevi utilizzava quando andava in Tibet.
“Ti piace casa?” Aveva bisbigliato a Reid sfiorando con la punta della lingua le sue labbra.
“Ti piace la mia famiglia?” Gli aveva risposto il ragazzo ricambiando bacio su bacio.
“Si, mi stupisce la loro preparazione! Vi facevo tutti birra e rutto all’aglio… gradassi, ignoranti e violenti!”
“E chi te lo dice che io non sia un violento” ridacchiò Reid
“No, tu sei un maniaco sessuale…” gli aveva risposto Alberto abbracciandolo ancora più stretto “stammi addosso professore…”
e si erano addormentati sereni.
 
Poco lontano qualcuno valutava la situazione.
Le due donne erano in stanza da letto ben protette da due colleghi del professor Reid.
Anzi, uno ancora leggeva… il più anziano del gruppo… Ghideon, se ricordava bene il nome, era un insonne maledetto lui!
Sarebbe potuto arrivare alla tenda, dove stavano dormendo abbracciati i suoi due professori preferiti e sferzare un unico colpo micidiale trapassandoli entrambi!
Oppure avrebbe ucciso il professor Diotallevi e Reid, che aveva osato sfuggirgli, si sarebbe risvegliato con un cadavere tra le braccia… bellissimo… non si sarebbe più ripreso dallo shock!
Purtroppo c’era quel bellimbusto del caraibico che aveva deciso di dormire fuori dalla propria tenda.
No, doveva avere pazienza, il giorno dopo se ne sarebbero andati tutti e finalmente avrebbe avuto tutto il tempo di divertirsi con entrambi.
 
La domenica mattina Alberto aveva preparato una colazione deliziosa.
Il pane fresco appena sfornato li aveva svegliati e uno per uno si erano trascinati sotto la pergola sedendo al tavolaccio sgangherato che era stato apparecchiato con un bollitore, thè, caffè, latte fresco e frutta di stagione.
Ghideon sorseggiava una tisana bollente a base di melissa mentre Morgan insieme a Penelope e Hotchner spalmavano il pane caldo con il burro fresco e le varie marmellate di Cecina che la madre del professor Diotallevi periodicamente gli spediva dall’Italia.
Reid a malapena sbriciolava due biscotti nel caffè, JJ sorseggiava il suo latte appena macchiato.
Alberto, felice come un adolescente, si destreggiava tra i suoi ospiti.
“Avete sete? Ho della ricotta di capra freschissima… Spence vuoi una fetta di papaya? E voi mie bellissime signore? Siete uno spettacolo di prima mattina!”
“Mi prendi in giro vero?” Aveva borbottato Penelope ancora mezza addormentata.
JJ aveva riso, lei era al contrario sveglissima e pronta a godersi un’altra bella giornata in mezzo alla natura.
La giornata era proseguita lieve tra una partita di pallone durante quale Diotallevi aveva tentato di spiegare a Derek che placcare l’avversario era un fallo da espulsione, poi una serie di secchiate d’acqua di ruscello aveva abbondantemente inzuppato tutti, compresi i capelli di Penelope che poi avevano preso una strana piega. Reid aveva provato a svincolarsi da tutta quella vitalità mattutina chiacchierando con Ghideon, tentativo prontamente punito da Alberto che lo aveva preso di peso e mollato in mezzo al rivo.
La giornata era diventata sera e quindi era giunto il momento di andare via.
Si erano tutti ripromessi di ripetere quell’esperienza gioiosa appena Alberto si fosse stabilito vicino a Quantico.
“Vi faccio le melanzane alla parmigiana!” Aveva gridato il professor Diotallevi salutando il gruppo che si allontanava a piedi verso le macchine parcheggiate in una radura poco lontana.
Dopo aver riordinato, rifatto il lettone e cenato con gli avanzi del pranzo, i due si erano messi davanti al fuoco del camino a raccontarsi gli effetti delle due giornate trascorse.
“Se non lo sapessi, non potrei mai credere che date la caccia ai mostri! Siete tutti, ognuno a modo suo, incredibilmente equilibrati!”
Asserì Alberto.
“Un equilibrio che si frantuma appena succede qualcosa di brutto a uno di noi…” ribatté Spencer.
“Si, hai ragione… non hai idea di quanto fossero sconvolti quando eri prigioniero di quel pazzo… io penso che Derek non ci abbia pensato due secondi a farlo fuori!”
“Si… lo penso anch’io… ma ti posso garantire che avrei fatto lo stesso”.
“Sei il mio lupo tra i lupi del suo branco… e io chi sarò mai per te?”
“La mia aquila reale che vola tra i monti del Tibet…”
I baci diventarono il preludio dell’amore.
Erano stati due giorni belli durante i quali Alberto aveva rispettato la timida natura del suo compagno.
Non si era mai permesso un atteggiamento intimo con lui davanti ai suoi colleghi, solo una schiva carezza sui capelli ma carica di tutto l’amore che Diotallevi gli avrebbe dato.
Reid gliene era grato ma si sentiva in colpa perché aveva mortificato la natura vivace dell’amante.
“Vieni qui…” aveva sussurrato.
Alberto si era sdraiato sopra di lui, erano sul divano davanti al camino che li illuminava discreto.
Spencer aveva ribaltato la posizione con una veloce giravolta e poi aveva cominciato a baciarlo sul collo per scivolare leggero sul petto sbottonando lentamente la sua camicia.
Voleva dedicarsi a lui, regalargli con gioia un nuovo momento pieno dell’intimità che era mancata.
I gemiti del compagno si fecero particolarmente rochi quando Reid slacciò la cinta e poi i bottoni dei jeans.
Baciarlo con passione proprio lì dove l’acme del piacere di un maschio si raccoglieva, fu per Spence una scoperta: lo trovò appagante.
Alberto era in sua balia, inerme e fragile, fiducioso e innamorato.
E la completa capitolazione del compagno per merito suo, lo gratificò intensamente.
Rimase così, con la testa appoggiata al ventre di Alberto che,
dopo l’orgasmo, si era completamente rilassato e, affondate le dita tra i suoi capelli, si era abbandonato a un lieve sonno ristoratore: cinque minuti e poi lo avrebbe fatto impazzire di piacere!
Ma la stanchezza della giornata li fece capitolare e i due innamorati crollarono in un sonno profondo.
Inconsapevoli che la morte li stava osservando…
 
 
 
 
 
 
   
 
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