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Autore: Zomi    18/02/2015    6 recensioni
Sento uno strano odore di fiori intorno a me, un misto di campanule e camelie, che mi circondano, facendo da cornice a un profumo più intenso e agro dolce, che mi investe le narici.
Il capo mi è tenuto sollevato da qualcosa di morbido e delicato che, non appena tolgo la mano dal viso, liberando la vista, riesco a riconoscere come le cosce di Nami.
Sono piegate sotto la mia nuca, reggendomi il capo lievemente sollevato dal prato erboso in cui ci troviamo.
-Nami?- la squadrò, dal basso in alto, incrociandone lo guardo dolce e di nocciola.
Ha i capelli sciolti, che svolazzano di tanto in tanto per qualche soffio di vento, indossa un leggero abito banco estivo, che scivola sulle sue curve, coprendole metà cosce e ammorbidendo ogni sua forma.
La fissò, il sorriso aperto sul viso, lo sguardo dolce su di me, e non riesco a trattenere un ghigno, rilassandomi ulteriormente sulle sue gambe.
-Quanto aggiungerai al mio debito per questo trattamento?-
*Panda Day*
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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PERSONAL GARDEN
*giardino*



 
 
La luce del sole mi infastidisce, costringendomi a sbattere ripetutamente le palpebre per abituarmi alla sua fastidiosa presenza luminosa.
Una palpebra, ad essere sincero, quella dell’occhio sano.
Grugnendo, mi risveglio dal torpore , portando una mano a coprirmi il viso dai raggi del sole, che seccanti con la loro luce mi riempiono lo sguardo di piccole scintille dorate.
Impiego un paio di secondi a mettere bene a fuoco il fazzoletto di cielo sopra di me, con le rade nuvole che corrono e il sole che brilla.
Respiro a pieni polmoni l’aria, risvegliando ogni mio senso.
Il tatto si risveglia nell’erba morbida e fresca.
La vista riesce a distinguere la fronda alta e verde della chioma arborea che mi sovrasta.
Sento uno strano odore di fiori intorno a me, un misto di campanule e camelie, che mi circondano, facendo da cornice a un profumo più intenso e agro dolce, che mi investe le narici.
Il capo mi è tenuto sollevato da qualcosa di morbido e delicato che, non appena tolgo la mano dal viso, liberando la vista, riesco a riconoscere come le cosce di Nami.
Sono piegate sotto la mia nuca, reggendomi il capo lievemente sollevato dal prato erboso in cui ci troviamo.
-Nami?- la squadrò, dal basso in alto, incrociandone lo guardo dolce e di nocciola.
Ha i capelli sciolti, che svolazzano di tanto in tanto per qualche soffio di vento, indossa un leggero abito banco estivo, che scivola sulle sue curve, coprendole metà cosce e ammorbidendo ogni sua forma.
La fissò, il sorriso aperto sul viso, lo sguardo dolce su di me, e non riesco a trattenere un ghigno, rilassandomi ulteriormente sulle sue gambe.
-Quanto aggiungerai al mio debito per questo trattamento?- sghignazzò borioso, ma lei invece che rispondermi a tono, tirarmi una linguaccia o, peggio, un pugno in fronte, mi sorride, passandomi una mano tra i capelli.
Resto immobile sotto il suo tocco, godendomi la morbidezza della sua pelle che mi sfiora, e il profumo di mandarino che mi inebria i sensi.
Socchiudo piano l’occhio sano, godendomi la carezza, prima di riaprirlo e ruotarlo a studiare l’ambiente che ci circonda.
Non è il prato della Sunny.
È un piccolo giardino, con aiuole di primule e viole alternate, circondato da una alta muratura di siepi ed edere, che s’intrecciano tra loro, creando archi e piccole sporgenze di foglie.
Nel mezzo del giardino, un albero di mandarino, sotto cui ci troviamo.
L’ampia chioma verde ondeggia per il vento, che gioca con le nuvole nel cielo, mentre i raggi del sole filtrano fino a noi, a scaldarci leggeri.
-Dove siamo Nami?- mi sollevo con il busto, guardandomi attorno.
Non ho ricordo di come siamo arrivati qui, ne vedo un accesso dal quale siamo potuti entrare, e dal quale possiamo uscire.
-Come siamo entrati?- aggrotto la fronte, portando una mano al fianco, in cerca delle mie spade.
Ringhio, non trovandole e passo un braccio attorno alla vita della mocciosa, stringendomela al fianco, per nulla a mio agio in questo giardino.
Ma le mani di Nami mi riportando disteso sulle sue gambe, e sorridente riprende ad accarezzarmi il capo, posando la mano libera sul mio petto.
La fisso in viso, cercando di capire che sta succedendo, ma il suo sorriso dolce e tranquillo, ha uno strano effetto calmante su di me, che riesce ad allentare i miei nervi, convincendomi a rilassarmi di nuovo.
Nami non è una sciocca, e se non ha paura a stare in questo giardino allora va tutto bene.
Non devo preoccuparmi.
Certo, l’assenza delle mie katane mi mette apprensione, ma le continue carezze della navigatrice, rivolte spesso a Chopper o a Robin, ma mai a me, hanno uno strano effetto tranquillante, che riesce ad annullare ogni preoccupazione.
Prendo un respiro profondo.
Saprei difenderla anche con le mani dietro la schiena, lo so, e un possibile agguanto non mi preoccupa.
Richiudo l’occhio, abbandonando il capo contro il ventre di Nami, caldo e accogliente, assaporando il suo profumo e permettendole di passarmi ancora una mano tra i capelli.
Non credevo che una ragazzina come lei potesse essere così dolce e gentile con le stesse mani con cui picchia tutti ogni santo giorno.
Le sue carezze leggere sono delicate sulla mia zazzera, ed è impensabile che siano vere, che proprio lei mi stai sfiorando con tanta gentilezza e senza pretendere alcun Berry, con urla e strilli da strega.
-… Nami…- sussurro piano, posando una mano sopra la sua sul mio petto, saggiandone la pelle candida e morbida.
Non so che le prende, non so perché lo fa o se mi ricatterà poi, so solo che mi piace stare in questo giardino con lei, con una sua mano ad accarezzarmi e l’altra all’altezza del mio cuore.
Mi piace stare in questo giardino, e piano mi riaddormento…
 
 
Caldo.
Ardente, bruciante caldo.
Troppo caldo.
Riapro gli occhi di scatto, grondante di sudore e con il prato che mi brucia i vestiti.
Mi guardo attorno, le mani di Nami ancora ad accarezzarmi, mentre intorno a noi il giardino va a fuoco.
Digrigno i denti, alzandomi in piedi ed ergendomi davanti a lei, proteggendola dalle fiamme.
Le siepi e le edere bruciando innalzando le fiamme fino al cielo, fosco e carico di fumo nero, mentre mille braci volano nell’aria, piovendo sulle aiuole e infiammandole, rendendo insopportabile restare nel giardino.
L’aria è pesta di fumo, e a fatica riesco a respirare, portandomi la maglia sopra la bocca e strizzando l’occhio, colmo di lacrime per la fuliggine.
-Nami!!!- urlo, voltandomi verso di lei e tenendole una mano –Dobbiamo andarcene!!!-
Se ne sta immobile sotto il mandarino in fiamme, ferma tra le scintille che iniziano a bruciarle il vestito e a scottarle la pelle.
Una fiammata avvampa nel prato, arrivando a incendiare i rami più alti del mandarino, ormai divenuto una torcia con le radici.
Alcuni rami fiammeggianti si spezzano e cadono a terra, mentre la chioma innalza al cielo, ormai nero di fumo, fiamme alte e brucianti, che bruciando l’aria in fretta, consumandola.
Il bel giardino in cui mi ero addormentato non c’è più, c’è solo fuoco e fiamme, che bruciano, impestano, ardono come un inferno.
-Nami, dobbiamo andarcene!!!- mi sgolo, sentendo il fumo invadermi la gola, strozzandomela.
Mi copro il viso con un braccio, proteggendomi da una fiammata alta e feroce, propagatasi da un’aiuola, distogliendo per un attimo lo sguardo da Nami.
Ma non appena lo riporto su di lei, la gola mi si tappa nuovamente, vedendo cadere sulla rossa un ramo in fiamme.
-NAMI!!!!- urlo, e con uno scatto mi getto su di lei, gettandola a terra ed evitando il ramo.
-Dannazione, mocciosa!!!- la sgrido, mantenendola a terra premendo le mani sulle sue spalle, fulminandola e cercando segni di lesioni su di lei.
Ma non ve ne sono, l’unica cosa che riesco a vedere sono grandi macchie di sangue ed enormi lacrime che le solcano il viso.
-Non sei ferita, non sei ferita- la sollevo da terra, scuotendola per le spalle, cercando di farla smettere di piangere, di rincuorarla che non è ferita che sa bene, e di convincermi che piange per la paura e non per dolore.
Lo so, l’ho controllata, so riconoscere una ferita e lei non ne ha.
Le passo le mani sulle spalle nude, sui fianchi vestiti dell’abito bruciacchiato, sulle gambe piegate e ferme, scottate ma non sanguinati.
Da dove arriva quel sangue?
Dov’è ferita?
Dove?
-Dimmi dove hai male!!!- urlo sopra le fiamme mosse dal vento, che si propagano intorno a noi, stringendo sempre più il cerchio di prato su cui possiamo ritenerci salvi.
-Nami, dimmi dove sei ferita!!!- la scuoto per le spalle, in panico per le sue lacrime, per le mani strette in grembo e i singhiozzi mal trattenuti.
-Nami!!!!-
Un rumore di legno divelto, e alcuni rami spezzati si abbattono al suolo dalla cima del mandarino, infiammando e aumentando il calore che ci circonda.
Il giardino è ormai una torcia, un inferno di fiamme e cenere a cui si aggiunge la mia mocciosa che non parla.
-Nami, ti prego…- le accarezzo il viso, riuscendo a farglielo sollevare verso di me -.. dobbiamo andarcene-
La vedo deglutire, annuire e poi, sorridere, con innaturale spontaneità.
Un sorriso forzato, che strozza le lacrime e mi costringe a fissarla confuso.
-Andrà tutto bene…- mi sussurra, mantenendo la voce salda nonostante le lacrime -… andrà tutto bene buzzurro mio-
Fremo nel sentirmi di sua proprietà, ritrovandomi a sgranare gli occhi quando posa la mano sul mio viso, accarezzandomi.
-Va tutto bene, non ti preoccupare…- mi sorride, continuando a ingoiare le lacrime, cacciandole nel fondo dello stomaco -… ci sono io a proteggerti, tranquillo-
Lei proteggere me?
No, è il contrario: io devo proteggerla, io devo portarla al sicuro da queste fiamme.
Mi passa di nuovo la mano sul viso, abbassandola sulla gola, che palpita indemoniata per il respiro che mi si accelera, scivolando fin sul petto, dove la preme all’altezza del cuore.
-Va tutto bene…- singhiozza, increspando il sorriso e mal trattenendo le lacrime, che non appena scivolano sul suo volto aprono delle lunghe ferite, che sanguinano.
Sangue.
Rosso vivo, vero che le macchia il viso chiaro e leggermente annerito dal fumo.
Cosa succede? Da quando le lacrime tagliano più di lame di spada?
-Na-nam…- non riesco a pronunciare il suo nome, che un fiotto di sangue mi ostruisce la gola, facendomi stramazzare a terra, tremante.
Chiudo gli occhi con forza, per la mancanza di aria, e quando li riapro, l’ambiente intorno a noi è cambiato.
Le fiamme e il fumo nero ci sono ancora, più ardenti e veri, che bruciano la mia pelle e i vestiti, intossicandomi i polmoni, ma invece che l’albero di mandarini vi è un Albero Maestro di una nave.
Le paratie si sostituiscono alla siepe di edera, le aiuole ai boccaporti dei cannoni e ai barili in fiamme.
Qualcuno esplode, lanciando schegge ovunque, ma non riesco a muovere un solo braccio per proteggermi, e serro gli occhi, aspettandomi di sentire le schegge penetrarmi i muscoli.
-Ci sono io!!!- singhiozza qualcuno, accovacciandosi sopra di me e proteggendomi.
È il suo profumo a rilevarmi la sua identità, quel profumo agrodolce e fresco.
Nami.
-Andrà tutto bene, Zoro!!!- urla contro le vampate delle fiamme, sollevandosi da me e tamponandomi il petto con la mano libera dal reggermi il capo sollevato.
A fatica riesco a intravedere le macchie che le inzaccherano il vestito, gemelle rovesciate di quelle che si aprono sulla mia maglia, insanguinata per le ferite profondo che ho nell’addome.
Cerco di scuotere il capo, per risvegliarmi dall’intorpidimento che mi attanaglia la vista e gli arti, abbandonandolo poi contro il grembo di Nami, che preme la sua mano sul mio petto con forza.
Troppo poca però per fermare l’emorragia.
Come ho potuto metterla in pericolo in questo modo?
Circondati dalle fiamme, non in grado di proteggerla nonostante le katane strette al fianco, lei ferita sulla tempia e costretta a sorridermi piuttosto che piangere per  disperazione.
Come ho potuto metterla in pericolo?
-N-naami…- ansimo, prendendo grandi respiri, tossendo per il fumo che impesta l’aria.
-Shh shhh- mi culla il capo, premendo la mano sul cuore e abbassando il capo a premermi la bocca sulla mia, regalandomi un po’ della sua aria pura.
-Andrà tutto bene, andrà tutto bene- sorride, mischiando le lacrime alla fuliggine.
Non si guarda nemmeno attorno.
Sa che non vi sono vie di fuga, che nessuno verrà a salvarci.
Il giardino va in fiamme, mocciosa mia.
La nave va in fiamme, qualunque essa sia.
-Sca… scappa…- gemo, strizzando l’occhio per una fitta.
Il sorriso le trema sulla bocca, le lacrime si mischiano ora al sangue di una ferita alla tempia.
-Dove vuoi che vada senza di te?- sussurra in un singhiozzo, abbassandosi di nuovo a respirami in bocca.
Ma questa volta, oltre che al respiro, mi regala anche un bacio, nel quale chiudo gli occhi, incapace di combattere il fuoco.
 
 
 
Apro di scatto la palpebra, smarrendo lo sguardo nel buio della stanza.
Sono in infermeria.
Lo sento dall’odore di disinfettante misto erbe tipico di Chopper.
Lascio divagare l’iride al soffitto nero, lievemente illuminato dal riverbero lunare che filtra da un oblò.
Respiro a pieni polmoni l’aria intrisa di alcol e garze sterili, sterilizzando anche i miei ricordi.
La nave che avevamo attaccato, la lotta, le fiamme che esplodevano senza un perché, gli arpioni della Sunny che non reggevano sul legno in cenere, io ferito che rimanevo a brodo della nave nemica con Nami in mezzo a quell’inferno di fuoco.
Sgrano l’occhio, allargando le mani sul materasso fresco del letto.
Nami.
Dov’è?
Provo a sollevarmi con il busto, ma un leggero peso mi trattiene giù, e ruotando appena il capo, scorgo la testolina rossa della mocciosa posata sul mio petto.
Una sua mano è ferma, stoica e irremovibile dal mio cuore, l’altra è abbandonata a lato del mio capo, in una carezza riuscita a metà, in cui le dita sono ancora a sfiorare i capelli, ma il palmo è lontano, stanco e addormentato.
La osservo con attenzione.
Una grande benda le fascia la gola, una garza la fonte e alcuni graffi sono arrossati di Neurocromo, che macchia la maglia chiara che indossa e che malamente riesce a nascondere altre garze strette sul suo corpo.
Libero un sospiro di sollievo nel constatare che tutto sommato sta bene.
Noto un letto disfatto accanto al mio, scuotendo il capo per la testardaggine della mocciosa.
Di certo Chopper si è prodigato per farla restare a letto, ma non appena il piccolo dottore ha svoltato l’angolo, dev’essere scivolata fuori dal letto, gattonando fin qui e addormentandosi su di me.
-… mocciosa...- sussurro, ruotando lo sguardo su di lei.
La sua posa mi ricorda quella del giardino, o del mio sogno, o di qualsiasi cosa sia stata quella visione.
Forse ho perso i sensi, ritorvandoli nel bel mezzo del rogo.
Forse ho solo varcato la soglia dei giardini celesti per poi venir cacciato, e rispedito nuovamente nell’inferno terrestre.
Abbozzo un ghigno, riuscendo a sollevare una mano e a posarla sopra a quella di Nami sul mio petto.
Era un bel giardino quello.
Lo era davvero.
Ma a renderlo bello non erano le siepi, l’edera, le aiuole in fiore o il mandarino mosso dal vento.
No, non erano quei dettagli floreali a farmi stare bene in quell’angolo arboreo, ma un altro semplice e profumato dettaglio, che ora dorme con il capo sopra il mio cuore.
Un dettaglio dai ricci ramati che rende un giardino anche l’infermeria.
 


 
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Prossimo Prompt: Nomade
Zomi
 
 
   
 
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