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Autore: ManuKaikan    18/02/2015    6 recensioni
Una voce che esce dalla radio, un viale dei ricordi percorso ogni giovedì sera, scelte di vita che si rimpiangono per sempre. Questo è quello che una una vecchia amante, donna, una madre, fa ogni qualvolta che ascolta quel canale radiofonico e osserva New York sfrecciare sotto i suoi occhi
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Goodbye My Lover


La casa era silenziosa, la pioggia era l'unica sua compagnia, insieme alla radio accesa nel salotto, dove lei osservava una New York movimentata e rumorosa come al solito. Il suo rituale serale era quello, la sua fronte contro il vetro e il suono di quella voce che per anni l'aveva accarezzati in modi in cui nessuno era riuscito.


Fissò le macchine sfrecciare nella strada, alzando acqua e inzuppando le persone ferme alle fermate dell'autobus, troppo sfortunate per trovare un taxi e tornare a casa. Chiuse gli occhi e si portò una mano al petto, sentendo quella voce scuoterle l'animo, mentre ricordi indelebili le tornavano alla mente.

«Oggi mi sento nostalgica.» iniziò la donna dall'altro capo dell'apparecchio. «E voglio dedicare lo spazio che mi è stato accordato per cantare una canzone, ad una persona che nella mia vita ha decisamente fatto la differenza.»

Le mancò il respiro a quelle parole e senza riuscire a controllarsi, si voltò verso la radio, che la fissava come a volerla sbeffeggiare.

«Devo ringraziarla, perché senza di lei non sarei diventata la donna che sono ora.» continuò. «Non so se mi sta ascoltando, probabilmente no, ma voglio dedicargliela comunque.»

I suoi piedi si mossero senza riuscire a fermarli, raggiunse la radio e un nodo le si formò in gola al suono delle prime note.

«Did I disappoint you or let you down? Should I be feeling guilty or let the judges frown?
'Cause I saw the end before we'd begun, Yes I saw you were blinded and I knew I had won.»

Le lacrime cominciarono a scorrerle lungo le guance senza che riuscisse a fermarle, perché quella canzone era il colpo di grazia dopo mesi di disperazione.

«So I took what's mine by eternal right. Took your soul out into the night. It may be over but it won't stop there, I am here for you if you'd only care.»

Non riuscì a trattenere un grande singhiozzo, mentre si lasciava cadere seduta sul pavimento, la schiena contro il muro.

«You touched my heart you touched my soul. You changed my life and all my goals.
And love is blind and that I knew when, My heart was blinded by you.»


*
«Dio mi perdoni!» la voce della donna bionda penetrò nella foschia della sua mente. «Sono così maldestra, mi permetta di pagarle la lavanderia!»

«N-non è niente.» rispose guardando il suo cappotto marrone irrimediabilmente macchiato di caffè.

«La prego, io mi sento dannatamente in colpa! Ero sovrappensiero, mi permetta.» senza aggiungere una sola parola, si avvicinò per sfilarle il cappotto.

«I've kissed your lips and held your head. Shared your dreams and shared your bed. I know you well, I know your smell. I've been addicted to you.»


*
I loro baci divennero sempre più infuocati, mani che si cercavano, labbra che si rincorrevano, cosce che strusciavano fra di loro. Il muro di casa dietro la sua schiena non era mai stato invitante come in quel momento e se quel giorno di novembre non avesse permesso ad una perfetta sconosciuta di toglierle il cappotto in mezzo alla strada, probabilmente non si sarebbe ritrovata in una situazione così eccitante.

«Dio il tuo odore mi fa impazzire.» le sussurrò nell'orecchio, mentre con le sue mani le afferrava le cosce per tirarla su.

Sorrise sulle sue labbra e le legò le gambe intorno alla vita, indicandole con un cenno del capo la camera da letto.

«Goodbye my lover. Goodbye my friend. You have been the one. You have been the one for me.»

«Perché sono così stupida?» si chiese fra le lacrime, mentre i ricordi del suo più grande e forse unico amore le bombardavano la mente, lasciandola vuota e senza alcuna speranza.

«I am a dreamer but when I wake, You can't break my spirit - it's my dreams you take.»

Le mancava terribilmente e ancora adesso, rimpiangeva la scelta che aveva fatto, la scelta che era stata costretta a fare, forse per paura o semplicemente per codardia.

«And as you move on, remember me, Remember us and all we used to be.»

Si ricordava anche fin troppo bene come erano, come era... felice. Con lei, fra le sue braccia, condividendo piccole cose e costruendo pezzo per pezzo una relazione che pensava sarebbe durata per sempre.

«I've seen you cry, I've seen you smile. I've watched you sleeping for a while.»


*
Fissò quel viso atteggiato in una piccola smorfia e sorrise notando quando fosse ancora più bella mentre dormiva. Era innamorata, innamorata persa e doveva ringraziare un pomeriggio di novembre, un caffè bollente e la sua sbadataggine.

Sospirò di felicità e appoggiò la testa sul cuscino, facendosi più vicina e stringendola fra le braccia, sorridendo quando la vide accollarsi su di lei.

«Ti amo.» sussurrò depositandole un dolce bacio sul capo.

«I'd be the father of your child. I'd spend a lifetime with you. I know your fears and you know mine.»

*

«E se non potessi avere dei bambini?» chiese con un filo di disperazione nella voce, stringendo fra le mani il piccolo pezzo di plastica, l'ennesimo test di gravidanza negativo.

«Non è così amore.» la rassicurò accarezzandole i capelli. «E se così fosse, adotteremo una squadra di calcio! L'orfanotrofio ha così tanti bambini che hanno bisogno d'amore ed io lo so bene.»

Si strinse a lei, appoggiando la testa sulla sua spalla, lasciandosi cullare in quelle braccia forti che erano sempre in grado di sostenerla in ogni momento.

«Se vuoi possiamo andare a fare qualche visita,se ti fa sentire più sicura, possiamo andare a fare qualche visita, anche se so perfettamente, anche senza un dannato dottore, che non c'è niente che non va in te.»

«Le parole!» la riproverò schiaffeggiandole la spalla. «Ma... grazie.»


«And I love you, I swear that's true. I cannot live without you. Goodbye my lover. Goodbye my friend. You have been the one. You have been the one for me.»


*
«Mi dispiace.» disse fra le lacrime. «I-io non so cosa fare...» le confessò con disperazione.

«Avresti potuto combattere! Per me! Per noi!» gridò piena di rancore.

«Tu non la conosci, tu-tu non sai di cosa è capace!» ribatté scuotendo la testa. «La mia vita sarebbe un inferno e-»

«E sei una fottuta codarda.» terminò per lei, il disgusto che aveva preso il posto del dolore nella sua voce. «E i nostri progetti? Il bambino?» chiuse gli occhi e scosse la testa. «Io non so più nemmeno chi sei...»

Non le rispose, in realtà non aveva idea di cosa dirle, sapeva che le parole erano superflue in una situazione come quella. Sua madre non le avrebbe mai permesso di sposare una donna e avere un figlio con lei era ancora più impensabile.

Si fissarono per un tempo interminabile e avrebbe tanto voluto dirle di rimanere, di stringerla, di fare l'amore con lei, sul divano, come erano solite farlo dopo che non si vedevano per troppo tempo.

Ma rimase in silenzio, il fantasma di sua madre che ancora una volta dominava la sua vita.

«And I still hold your hand in mine. In mine when I'm asleep. And I will bare my soul in time, When I'm kneeling at your feet.»

Il rumore della chiave nella serratura la fece scattare in piedi, mentre le ultime strofe della canzone si disperdevano nella casa vuota. Si asciugò prontamente le lacrime con la manica del maglioncino che indossava e si diede uno sguardo allo specchio poco lontano, notando quanto i suoi occhi fossero traditori in quel momento.

L'inconfondibile rumore dei passi riempì il corridoio, mentre la porta si chiudeva e una voce richiamava all'attenzione chi stava producendo quel grande trambusto. Qualche istante dopo una bambina dai capelli neri fece la sua apparizione nel salotto, i piedi scalzi e lo zaino ancora saldamente ancorato alle spalle.

«Mamma!» disse con un enorme sorriso, lasciando cadere lo zaino sul pavimento con un rumore sordo. Stava per dirigersi verso di lei quando sentì una voce che conosceva bene provenire dalla radio. «È la signora dalla voce bella!» commentò raggiungendola velocemente.

La prese fra le braccia e la strinse forte, ispirando il suo odore e cercando in lei la forza di mascherare il tumulto di sensazioni che non sembravano intenzionate ad abbandonarla.

«Regina sei in casa?» la voce e, successivamente, la figura di suo marito comparve in salotto. «Sei tornata presto.» disse avvicinandosi per baciarla dolcemente.

Regina annuì, non molto sicura della sua voce in quel momento, ma Daniel la guardò negli occhi e sollevò un sopracciglio confuso.

«Questa era Emma Swan che cantava per voi e che ora vi lascia alle notizie sul traffico in cinque minuti.» disse con voce divertita. «Poi torniamo qui per il nostro ospite della giornata.»

Daniel si voltò verso la radio e sorrise senza ironica. «È giovedì, ecco perché sei a casa a quest'ora, mi ero quasi dimenticato.»

Regina poté sentire chiaramente un po' di astio nella sua voce, ma non ci diede peso, non gli avrebbe permesso di rovinare quel momento. Si voltò a guardare la bambina e questa le sorrise, sfregando il naso contro il suo.

«La donna dalla voce bella si chiama come me.» disse felice.

«Sì, Emma, si chiama proprio come te.» rispose Regina dandole un dolce bacio sulla guancia.

Si chiamava come l'amore della sua vita, quell'amore che aveva lasciato scappare per sempre.


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NoteAutrice:

È nata in 30 minuti questa mini shot, perché tale va considerata visto che sono solo 4 pagine. Ho valutato quale coppia usare e ci ho messo 2 minuti a capire che era adatta per la SwanQueen, spero che vi piaccia.

Un bacione e alla prossima!

ManuKaikan
  
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