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Autore: belikeunicorns    18/02/2015    1 recensioni
Lea, una ragazza di 15 anni, attende impaziente che il ragazzo giusto bussi alla sua porta. Dopo che Theo, un suo compagno di classe per cui aveva una cotta, le ha spezzato senza pietà il cuore, decide di arrendersi definitivamente e di cancellarlo una volta per tutte sia dalla testa, sia dal cuore. Ma basterà anche solamente un gesto dolce nei suoi confronti da parte di Theo a rovinare i suoi piani per dimenticarlo.
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Rimasi in silenzio per il resto delle ore pur avendo un fantastico amico con cui parlare al mio fianco. I miei pensieri invadevano la mia mente come se non se ne volessero andar via e far in modo che siano l'unica cosa di cui mi devo preoccupare. E infatti era così.
Pensare troppo avvolte mi portava quasi alla immensa tristezza. 
Ogni volta, quando mi accorgo di star pensando troppo, cerco qualcosa con cui distrarmi. Magari chiacchierare con qualcuno o solamente farmi dire qualche battuta squallida in modo che la mia mente non pensi ad altro che a ridere.
Solo che quella volta era diverso. Mi misi a pensare tutto il tempo, ininterrottamente senza cercare di smetterla o di distrarmi. Volevo solamente pensare, e quei pensieri non erano stupidi o, come potrebbero dire gli altri, sciocchezze. Pensavo a tutto quello che mi era capitato. 
Pensavo a tutto ciò che era realmente accaduto e che era reale.
Io senza la mia migliore amica e lei con il ragazzo che ho amato per anni.
Nessuno si stava accorgendo di come mi sentissi realmente, perché semplicemente a nessuno importava. Oppure ero solamente io ad essere brava a nascondere la tristezza iniziando a parlare di, come direbbero ancora gi altri, cose stupide ridendo.
Ma dietro a una grande e infinita risata si cela sempre qualcosa che non fa ridere. Questo lo sanno tutti, perché è una di quelle frasi "popolari" che girano per internet.
Sì, lo sanno tutti. Ma la maggior parte di noi è brava a dire di sapere le cose, la parte più difficile è il saper dimostrarlo. E questo tutti non lo sapevano fare.
Siamo tutti troppo occupati nel nostro mondo per cercare di dare importanza a quello degli altri. Ma questo capita a volte.
O la gente si accorge di tutto, ma preferisce non dire nulla. Chi lo sa...
Fatto sta che nessuno si accorgeva di me e di quello che realmente provavo.
Quando le lezioni finirono tornai a casa. Mia madre mi stava aspettando dato che quel giorno aveva la giornata libera. Non ritirò la posta e da questo capii che non era uscita per tutta la mattinata. 
Salendo le scale per arrivare al mio appartamente al primo piano sfogliai tutte le buste e i coupon per la spesa e, insieme a tutte queste, c'era una lettera intestata a me.
Nel retro della busta c'era scitto il mio nome e l'indirizzo con una calligrafia che non avevo mai visto prima. Così, entrando in casa, la tenni in mano lasciando cadere tutte le altre buste vicino al tavolino all'ingresso. Poi filai subito in camera mia dopo aver salutato distrattamente mia madre. 
Mi sedetti sul letto e guardai la lettera tenendola davanti a me per qualche secondo, poi la aprii.
Dentro c'erano all'incirca due fogli di carta bianca piegati in due che avevano la stessa grandezza di un foglio da quaderno strappato a metà con la stessa calligrafia con cui è stato scritto il mio nome e l'indirizzo di casa mia sul retro della busta.
"Cara Lea,
Saranno passati ormai anni dall'ultima volta che ti ho visto. 
Questa è la seconda lettera che ti scrivo in sedici anni, ma non ho mai ricevuto risposta nè da te, nè da tua madre, che penso abbia voluto non parlarti di me. La prima lettera che ti ho scritto è stata quando avevi all'incirca tredici anni ed eri abbastanza grande da sapere chi fossi e perché me ne fossi andato via senza dire nulla, senza lasciare nessuna traccia. Non ricevendo risposta ho rinunciato subito a scriverti, ma eccomi qui che ti sto scrivendo una seconda lettera. 
Spero solo che sia la volta buona.
Avevi solo qualche mese quando me ne andai e giuro, me ne pento con tutto il mio cuore. 
Sarei tornato, ma tua madre mi ha detto di non farmi più vedere, e così è stato.
Ora sicuramente avrai sedici anni e so per certo che sei abbastanza grande da capire.
Pur avendo 25 anni ero troppo giovane per prendermi le mie responsabilità, per avere una figlia da curare. Ero troppo giovane e troppo stupido.
Quando seppi che tua madre era incinta di due mesi non dissi nulla. Cercai di non avere più contatti con lei, cambiai numero, e me ne andai in un'altra città in modo da non vederla e di non avere una così grande responsabilità. All'inizio pensavo che fosse la decisione giusta. Era meglio non esserci affatto piuttosto che esserci e non amarti come avrei dovuto fare all'inizio. 
Pensavo che era solamente una decisione, ma in realtà era paura. Era la paura di non essere un buon padre, di non poterti dare un buon esempio e/o di non essere chi tu avresti dovuto meritare. Ma purtroppo me ne accorsi troppo tardi.
Tornai quando ebbi tre anni. L'indirizzo era lo stesso di sempre.
Bussai alla porta perché non mi piace molto suonare ai campanelli, ma quando tua madre mi aprì, il suo volto non era di gioia. Era arrabbiata, triste, delusa. E non potevo fare altro che capirla.
Io mi ero pentito della decisione che avevo fatto. Volevo tornare, essere tuo padre, provare e sforzarmi con tutto me stesso che avrei potuto amare ed essere amato veramente. Ma tua madre aveva già trovato un altro e io me ne dovetti andare con le sue urla che mi seguivano.
Questo è tutto quello che volevo dirti figlia mia.
Ti prego, non odiarmi.
Papà"
Rilessi più volte quei due piccoli fogli bianchi, ma non riuscivo ben a capire cosa stesse succedendo. Non sapevo se piangere o se essere arrabbiata. Ma alla fine le lacrime precedettero i miei pensieri e iniziarono a solcarmi le guance per poi cadere sulle coperte.
All'improvviso mia madre entrò in camera mia con un sorriso che svanì appena mi vide.
-Che stai leggendo?- chiese preoccupata.
-Una lettera...- risposi, -E' di papà...-
-Non dire sciocchezze, - disse come se fosse a disagio, -Papà è morto...-
-Io intendevo il mio vero padre...- dissi senza rivolgere uno sguardo.
Silenzio.
-Perché non me lo hai mai detto?- chiesi poi con le lacrime che uscivano più velocemente.
-Lea...- rispose avvicinandosi a me e abbracciandomi, -Senti, mi dispiace...-
Poi nessuna delle due disse più nulla.
Piansi in silenzio tra le sue braccia e non erano pianti di gioia nel aver scoperto di avere un padre.
Piansi perché avevo scoperto di avere un padre che mi aveva lasciato solo perché non mi amava veramente.
   
 
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