Erano solo le nove e avevamo già la casa e il giardino che straripavano di gente, che conoscevo quasi solo di vista.
La musica fuoriusciva dalle casse posizionate strategicamente in giro per la casa e all’esterno. Jane mi aveva accennato che Lauren aveva chiamato una band, ma non sapevo a che ora gli avesse detto di venire.
Inutile dire che avevo cercato di propormi per sostituirli, ma lei aveva insistito dicendo che “è la tua festa, non puoi passare la serata a suonare e a prendere le chiavi dei nuovi arrivati. Io e Rapha l’abbiamo organizzata per te e se obietti ancora ti facciamo inghiottire una stecca di cioccolata talmente grande che non la bruci nemmeno camminando fino in Alaska.” Già, il cibo. Uno dei miei punti deboli. E io stavo infrangendo una delle “regole” della mia migliore amica.
Iniziai a mordicchiare il lato di un’unghia smaltata blu notte mentre davo una sbirciatina al mio riflesso sullo specchio accanto alla porta. D’accordo, non ero del tutto orribile nonostante il vestito, se quel nastro di stoffa si poteva definire un vestito… Era… corto, decisamente stretto, decorato da un motivo a pois di brillantini e non avevo la minima idea del perché l’avessi comprato o perché avessi deciso di metterlo. Ah, già per finire il tutto era argentato e ciò lo faceva spiccare come un semaforo in mezzo alla folla. << Ciao piccolo alieno. >> Un ragazzo moro mi mise cinse le spalle e sorrise allo specchio. Non mi ci volle molto per riconoscerlo, ma la mia esitazione probabilmente gli sembrò un buon motivo per continuare. << Sul tuo pianeta bevete? O forse vieni da una stella? Secondo me è più probabile, tu che dici? >> mi girai lentamente per guardarlo veramente e non solo attraverso lo specchio. Il sorriso di Nate fu l’ultima cosa che vidi, poiché venni stritolata in un abbraccio e schiacciata contro la sua maglietta. << Nate…. ahami… i off…i>> Annaspai respirando la colonia con cui sembrava avesse lavato i vestiti. << Eh?>> mi guardò confuso allontanandosi di qualche passo e permettendomi così di respirare. Mi sentivo le guance in fiamme. << Allie! Cavolo che accoglienza! Sono stato via per un semestre e quasi non mi saluti… >> mi accuso fintamente indignato << Sono Nate, il migliore amico di tuo fratello dalla seconda elementare. Ci conosciamo da… vediamo… sedici anni. Ti ricordi ancora i me o forse hai deciso che non ero abbastanza importante?!>> Incrociai le braccia in attesa che finisse il suo monologo. << Hai finito? Bene. Allora, uno non sono un alieno e sì, bevo dato che sono a casa mia ed è la mia festa, due non mi dimentico degli idioti che giravano in casa mia mezzi nudi per anni>> Nate aprì a bocca per replicare, ma poi optò per un ghigno. << Tre… ciao Nate>> lo abbracciai, ma senza stritolarlo come aveva fatto lui prima.
Meno di due minuti dopo ero in cucina dietro al bancone a prepararmi un margarita. << Allora? Com’è andata con i canguri?>> gli chiesi per cambiare argomento, dato che durante il breve tragitto tra sala e cucina mi aveva fatto un terzo grado sugli ultimi sei mesi. <
Stavo tornando in sala quando un tipo mai visto prima si schiantò contro di me facendomi finire tutto il contenuto del bicchiere sul vestito. Si voltò per scusarsi, ma lo liquidai con un gesto e salii le scale che portavano alle camere. Idiota.
<< Tesoro, vai a cambiarti, vero? Non prenderla male, ma sono felice che Thomas ti abbia rovesciato quella roba sul vestito perché quello che ti avevo consigliato io non è decisamente questo… questo… cos’è? Un pezzo di stoffa rimasta?! Un top? >> Lanciai un’occhiataccia a Jane, non ero in vena di altre battute. Lei sembrò recepire il messaggio perché mi diede una pacca affettuosa sul braccio e mi spedì in camera dov’ero già diretta da prima di incontrarla sulle scale.
Vorrei solamente andarmene via di qui. Ecco perché odio organizzare le feste a casa mia. Possibile che non riesca nemmeno a divertirmi per un’ora? Chiusi a chiave e gettai il vestito nella cesta dei panni per poi accorgermi che anche il mio povero reggiseno grigio perla aveva una macchia rossastra dove mi ero rovesciata il drink, oltre ad essere appiccicosa. Che schifo! Con un gemito di frustrazione entrai nella cabina armadio e recuperai l’intimo e il vestito che mi aveva consigliato Jane qualche ora prima e mi diressi verso il bagno della mia camera. Se manco per un po’ non se ne accorge nessuno, no? Infondo Jane aveva ragione sul tipo, Tim, Thomas, Tyler o come accidenti si chiamava… dovrei ringraziarlo dato che mi ha fornito una scusa plausibile per fuggire dalla festa. Fuggire… magari. Il getto dell’acqua fredda mi fece dimenticare di tutti per i venti minuti successivi.