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Autore: cristhinah    06/12/2008    17 recensioni
Matrimonio combinato? Fidanzato arabo, bello come un dio greco? Anna Richardson, diciassettenne inglese, non sta capendo più nulla.
Una normalissima sera scopre di avere origini medio orientali e d'un tratto la sua famiglia di origine la rivuole a casa, per combinarle il matrimonio con l'affascinante e orgoglioso ragazzo, a lei promesso..
Di lì a poco sarà catapultata in un mondo tutto nuovo e sconosciuto,in una società medio-orientale molto diversa dall' occidentale Londra.
Lontana da quelli che credeva i suoi genitori, vivrà intrighi e sarà catapultata in una sfera occulta della società giordana,in compagnia di personaggi misteriosi, detentori di importanti segreti...

Prima originale pubblicata... please recensite :) Accetto tutti i tipi di commenti costruttivi e ogni consiglio saprete darmi ;)
Genere: Romantico, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Wecome To PageBreeze

 

Dopo un mese torno ad aggiornare. Scusate molto, ma purtroppo avevo un esame fondamentale all’università. ( L’ho scritto anche nella presentazione della fanficiton: 3 dicembre esame) Anche a me piacerebbe sempre pensare ad Anna e Rhadi, ma purtroppo la vita e gli impegni quotidiani mi reclamano. Per  fortuna sono riuscita ad aggiornare proprio quest’oggi.  [ Non ti preoccupare freeze ^_^ non mi sono dimenticata. Come potrei con tutto il sostegno che mi date? :)] et voilà dopo un mese di attesa ecco il capitolo. Spero apprezzerete ( mmmm.. io dico di si XD). Alla prossima: garantisco che l’attesa sarà minore. Sicuramente non un mese °__° ma quando con esattezza, non saprei dire. Probabilmente la prossima settimana di sabato.

Enjoy the chapter, e mi raccomando, commentate! I commenti e tutte le vostre osservazioni sono la cosa che mi spronano di più in questa fanfiction ^_^ Ja ne ^___^

 

 

Dolore, mani che toccavano dappertutto.

“ Vi prego, non fatelo!!” implorai, disperata. Odiavo implorare in quel modo. Soprattutto odiavo implorare quei due bastardi, ma la situazione mi aveva completamente annebbiato il cervello...

Non volevo, dannazione. Ero terrorizzata.

“ Sta zitta, sgualdrina!” Uno dei due, mi mollò uno schiaffo forte, colpendomi in viso.

L’altro si sedette sopra di me, facendo leva sul peso del suo corpo.

Ero schiacciata per terra, come un verme. Chiusi gli occhi, tremante.  Ma se anche avevo gli occhi chiusi, riuscivo a vivere lucidamente ogni minimo orripilante gesto che quei due bastardi stavano compiendo.

La violenza non era giunta.

Non ancora.

Ma uno dei due mi aveva sbattuto per terra con forza, e mi aveva mollato una sberla: non era già più che sufficientemente per espiare ogni mia possibile colpa di quella vita o di una vita precedente?

Ero tutta rintronata.

Pregai che qualcuno si accorgesse della mia assenza… ma chi avrebbe potuto?

Torna su in camera . Ricordare le sue parole in quel momento era ancora più doloroso della testa piegata sul terriccio umido del giardino e della mano forte, premuta sulla mia bocca sanguinante.

Ma da qualche parte, anche il mio cuore sanguinava. Rhadi non c’era. Rhadi si stava divertendo con Rhika e chissà chi altra. Rhadi non aveva tempo per me. Da quand’è che la cosa mi scocciava così tanto? Da quand’è che facevo caso al comportamento di Rhadi Karim nei miei confronti?

 Primo rumore di zip: cosa stavano facendo quei due? Lo immaginai senza riuscire ad aprire gli occhi. La paura mi attanagliava.

“ Muoviti, dobbiamo sbrigarci prima che venga qualcuno!”

“ lo so, dannazione… ma siamo sicuri di quello che stiamo combinando?”

“ Ma va! Questa ragazzina sarà un’imbucata qualunque… a chi importa se ci divertiamo un po' ??”

Sentivo il dolore flagellarmi tutti i muscoli del corpo.

Combatti, Anna. Combatti.

Quello che avrei dovuto fare in quel momento sarebbe stato alzarmi e spaccare la testa a quegli schifosi maiali ubriachi.

Ma non ce la facevo.

Rimasi imprigionata per terra, bloccata sul terriccio umido con la testa schiacciata e la mano premuta sulla bocca.

Con uno sforzo sovraumano tentai di alzare la schiena e il viso, vanamente.

Erano troppo forti.

“ Ehi piano, piccola. Rilassati!”

Partì una risata sguaiata. Con un movimento lampo, mi sbatterono nuovamente nel fetido terriccio.

La terra mi entro nel naso, ma quasi non la percepii; in un istante tutta quella realtà perse i contorni  e divenne poco più che nebulosa. Rhadi non sarebbe venuto da me.

 La coscienza di ciò, mi bruciava nella mente e in un istante capii quanto mi aveva ferito vederlo nel divanetto insieme a Rhika.

Si, ero decisamente fusa.

Come potevo pensare a questo, poco prima che mi stessero violentando? Una sensazione languente mi pervase il corpo…

“ Muoviti quanto ci vuole per infilartelo?! Che ti frega poi della prevenzione ..”

Zaffata di alcool che mi fece prudere il naso.

 

Preservativi. Si stavano mettendo dei fottutissimi preservativi.

A metà tra la veglia e il sonno salvatore, mi lasciai sfuggire una risatina.

“ Che ridi, puttana?”

Ero impossibilitata a rispondergli.

Forse era tanto ubriaco da non aver notato che la mano sulla bocca impedisce di esprimersi.  Che ironico.

Beffardamente il destino aveva voluto che  perdessi la verginità in quel modo orripilante.

Rhadi, Rhadi, Rhadi… dove sei?nCon chi sei? Cosa c’è dietro al tuo inspiegabile comportamento e ai tuoi inspiegabili sbalzi di umore?

A me importava di lui da morire. Importava di lui in un modo allucinante. Ero fusa, assolutamente. Ma curiosamente in quel momento impensabile mi sentivo felice. Ero finalmente arrivata ad una prima grande verità: mi importava veramente di Rhadi?

Ricordando un avvenimento che sembrava appartenere ad un’altra vita, sussultai: mi ero già posta questa domanda, o una simile mentre viaggiavo a velocità spaventosa in una macchina, con lui al fianco…

A me importava di Rhadi? Si, mi importava. Mi attraevano il suo mistero, la sua dolcezza e potevo soprassedere alla sua arroganza. Ma per lui non ero che una nullità. Soltanto un bel giocattolo londinese. Una mera e inutile sfida. La felicità raggiunta aveva una punta di acredine, dunque.

Che idiota a pensare cose simili, in quella circostanza. Ero un’inutile sciocca.  Mi sentii venir meno. La mano grossolana del bastardo ubriaco mi premeva sulla bocca  ancora più forte, bloccandomi il respiro. Con il naso non riuscivo a respirare bene. La puzza di alcool mi annebbiava e il terriccio umido mi irritava. Rhadi… Lui non mi avrebbe salvato. Non ero niente per lui.

“ Muoviti che la bella sta svenendo!”

Da lontano sentii qualcuno parlare, mentre un lento torpore mi trascinava nell’oblio, in salvo dall’umiliazione.

Volevo dormire, non sentire il dolore e non piangere. Non volevo assistere.

Da lontano ancora, un secondo rumore di zip catturò la mia attenzione. Ma fu  solo un momento.

Le palpebre erano già pesanti e quando sentii le mie gambe aprirsi in modo coatto, sembrava stessi vivendo nel corpo di qualcun altro. Forse mi avevano picchiato di nuovo. Non saprei bene spiegare altrimenti, come  mai non mi opponessi affatto alle loro imposizioni.

Ero frastornata e la testa premuta sulla terra mi doleva da cani.

Qualcosa di liscio e freddo mi attraversò il viso e mi colò giù dalla punta del naso…

“ Cazzo, sta piangendo! E’ svenuta ma sta piangendo.. guarda!”

  Ma che ti frega! Tienila ferma, invece di dire idiozie”

Gocce salate nel terriccio umido. Gocce copiose e sangue raffermo.

Le mani di qualcuno mi scivolarono addosso come liquame nero..

Quando sarebbe giunta l’umiliazione? Quando la violenza? Volevo finirla… volevo farla finita…

Fu in quel momento che il peso del corpo che mi teneva giù, per terra, venne meno.

Avevano già fatto? No, non poteva essere. Non avevo sentito dolore.

Rimasi inerte , sdraiata tra le zolle erbose. Non aprii neanche gli occhi.

“ Muori, figlio di puttana!”

Qualcuno gridava.

Era più di uno, in effetti. Volevo svegliarmi, volevo alzarmi e guardare in faccia la realtà.

Ma avevo troppa paura.

Paura e dolore si mescolarono e prima che potessi rendermene conto, i singhiozzi mi perforarono l’anima.

Finito. Chiuso. Basta.

Ero sollevata e libera finalmente. Qualcuno era intervenuto… ma chi? Non osai aprire ancora gli occhi. Una strana morsa di terrore mi bloccava ancora, e ciò era veramente  stupido. Perché non la smettevo di piangere? Perché sentivo che nonostante tutto, il mondo mi era crollato addosso? Ero salva, no? Perché mai continuavo a piangere come una stupida? Dio, ti prego non farmi soffrire più così. Ricordavo ancora troppo vividamente il tocco delle loro mani e la puzza di alcool.

Le grida erano terminate.  Finalmente. Socchiudendo gli occhi non vidi il volto perfetto di Rhadi, ma una chioma bionda e ondeggiante.

Alla fine non era stato lui a venire. Il dolore si protrasse di nuovo nel petto .

Ogni singulto era come una freccia che mi trafiggeva. Era insopportabile. Rhadi non era venuto per me…

Mi presero in braccio, rialzandomi dal terreno umido. “ Ssst.. Anna sono io, Jean. Ti ricordi? Ora ti porto dentro, è tutto finito…”

Jean Francoise Pauline, l’amico francese di Rhadi. Allora c’era anche lui alla stramaledetta festa.

“ Fate largo gente non c’è più niente da vedere!”

Socchiudendo ancora gli occhi, vidi che nel luogo che avevo pensato essere isolato, si era radunata quasi tutta la gente della festa. Tutti mi fissavano attoniti e ammutoliti. Cosa c’era nei loro volti, compassione? Timore? Non mi fregava nulla. Con disgusto, lanciai uno sguardo ai due bastardi ubriachi: erano svenuti, per terra, ed avevano il volto tumefatto. Qualcuno li aveva riempiti di botte, forse era stato Jean. Ciò mi riempì , per un momento, di grande soddisfazione. Volevo farli a pezzi. Dovevo evitare che quanto stava per succedermi potesse accadere a qualcun' altra. Ma non avevo la forza neanche per parlare. Chiusi gli occhi. La zaffata di alcool e la mano grossolana erano ancora troppo vivide per il mio equilibrio psichico.

“ Anna!” la voce familiare mi raggiunse il cuore. Era assurdo essere così raggiante per aver udito il suono della sua voce.. a conti fatti, non era stato lui a venire da me.

“ Grazie al cielo, Jean! Dammela, la prendo io..”

Le braccia forti di Rhadi mi trassero su, senza sforzo.

Riconobbi il suo profumo…Richiusi gli occhi.

“ Non credo le abbiano fatto nulla di irreparabile, ma non so dirti con precisione”

“ Dannazione! Questo era precisamente il motivo per cui le avevo detto di stare in camera sua! Perché deve fare sempre di testa sua!?”

Avevo udito bene? Mi aveva detto di stare in camera mia, per evitarmi situazioni di quel tipo? No, non poteva essere.

“ Comunque ora che farai? La festa ti serviva per raccogliere fondi per…”

“ Ssst! Sta zitto Jean, non voglio che ne parli in pubblico!”

Da lontano riconobbi le voci degli amici di Rhadi, cacciare via la gente.

“ A casa gente! La festa è finita. Party’s over, c’mon!” Forse era Marick che intimava alla folla di guardoni di andarsene. Ma non ne ero sicura. Non ero sicura più di niente, in effetti. Tutto quello che mi circondava era sfocato e quasi... irreale.

Aprii piano gli occhi, di nuovo, senza smettere di singhiozzare.

Le lacrime traboccavano davvero abbondantemente.

Non riuscivo a fermarmi. Sembravo un torrente in piena..

“ Deve essere in stato di shock… hai qualche medicinale a portata di mano?” chiese Jean, con voce metodica e professionale.

“ Non ne ho idea!” sbottò Rhadi. Il suo tono sembrava preoccupato. Ma forse ero io che speravo lo fosse.

Mi teneva ancora stretta tra le sue braccia, cullandomi come una bambina.

I miei occhi appannati non riuscivano a vederlo. Tremavo come una foglia.

“ Anna, calmati, ok? E’ tutto finito… sei al sicuro adesso.. Anna, mi senti?”

Eravamo entrati in casa. Dal silenzio che imperversava, capii che tutta la gente se ne era andata. Dovevamo essere rimasti solo io , Rhadi e Jean.

“ Appoggiala sul divano, falla distendere”

“ Si, forse è meglio…” sentii le braccia di Rhadi mollarmi all’improvviso.

Non volevo. Capricciosa come una ragazzina mi avvinghiai al suo braccio

Balbettai qualcosa, presa dalle palpitazioni e dalla frenesia.

“ Anna, piano. Non ti lascio, stai tranquilla!”

La voce di Rhadi risuonava preoccupata. Allarmata, quasi.

Mi prese di nuovo tra le braccia, facendomi sedere sulle sue ginocchia. Il mio volto premuto contro il suo maglione marrone. Profumava di buono…

Dolcemente, mi cullò avanti e indietro e, altrettanto lentamente mi calmai.

Tentai di regolare la respirazione.

“ E’ tutto finito, Annina. Tutto. Ora fai la brava e dormi… tranquilla che non ti lascio!”

Le sue braccia forti mi trattenevano e mi proteggevano. Non volevo dormire; non in quel momento, pelromeno.

Mi sentivo al sicuro, stranamente. Sollevai lo sguardo ancora annebbiato dalle lacrime e osservai la bellezza del suo viso e dei suoi occhi duri.

Il verde mi galvanizzò ancora una volta. Bizzarro, come le cose che sei abituata a vedere più spesso, siano in realtà una fonte continua di sorpresa; ai suoi occhi avrei dovuto essere avvezza ormai.

Eppure la profondità di quel mare verde mi stupiva sempre…

“ Ti avevo detto di restare in camera, Anna. Lo vedi cosa può succederti? Non voglia che tu corra rischi. Ogni volta che provo a lasciarti autonomia, ti cacci sempre nei guai”.

Tentai di controbattere qualcosa, ma non ce la feci. Primo perché ancora facevo fatica a parlare correttamente e poi perché non c’era nulla da controbattere: aveva ragione; ero un caso umano.

Il tono in cui mi aveva detto ciò però non mi ero risuonato come un rimprovero… era stranamente dolce. Decisamente non era il tono del soltio Rhadi che avevo imparato a conoscere

“ Gr..Gr..Gra..zie”

Impallidii di colpo. Ancora non ero in grado di parlare…

“ Jean che cosa posso fare? Non si riprende!”

il tono angosciato di Rhadi mi sorprese ancora. Il suo viso era inquietato, quasi rabbioso.

“ Fratellone, che cosa ha Anna?”

La voce di Asiya mi fece sobbalzare. Non mi ero accorta del suo arrivo. Allora si era svegliata; povera piccola…

Mi girai e la guardai; avevo smesso di piangere.  Rhadi mi teneva ancora stretta contro di lui.

Il calore del suo corpo era rassicurante. Con le unghie , ero avvinghiata alle maniche del suo maglione come un gatto selvatico..Mi sentivo debole, ma forte allo stesso tempo.

Tentai di alzarmi e Rhadi mi lasciò fare.

“ Dove.. dove sono quei…?” Tentai di trovare un nome per quei bastardi che mi avevano picchiato e quasi stuprato.

Gli occhi di Rhadi si fecero ancora più duri e i pugni si serrarono.

“ Non ti preoccupare. Ci ho pensato io. Anzi… aspettami qui”

Rhadi si alzò immediatamente, lasciandomi appoggiata sul divano.

“ Jean, portale qualcosa di caldo se puoi. I domestici sono in serata libera e … ti sarei grato se mi facessi questo piccolo favore..”

Il suo tono sembrava calmo e amichevole.

Ma c’era qualcosa di strano e agghiacciante. Con lo sguardo, esaminai il suo viso; sembrava tranquillo, ma una ruga di espressione gli increspava la fronte. Sussultai; non era affatto tranquillo, era furioso…

“ Certo, Ma tu dove vai?” la voce di Jean suonava agitata.

“ Niente di che, devo sistemare la cosa.”

 Poi si rivolse ad Asiya che si era accostata vicino a me e mi aveva preso la mano. “ Asiya tesoro, tu fai compagnia ad Anna e non uscire per nessuna ragione, ok? Promettimelo” I suoi occhi erano diventati di pietra, mentre era pensieroso su qualcosa. In un momento, realizzai.

“ Ok” Asiya gli sorrise.

“ NO!” la mia voce riecheggiò in tutta la sala vuota. Li avrebbe ammazzati… non potevo permetterglielo.

“ No!”  ripetei, più controllata.

“ Jean… per-per favore, fermalo!” implorai.

Ma Jean, serio in volto, non si mosse e Rhadi senza guardarmi uscii di casa sbattendo la porta. Era andato a prenderli.

“ Se lo meritano, Anna. Meritano la morte” La voce funerea di Jean mi stupì. Asiya sbiancò, visibilmente preoccupata.

La presi in braccio, come poco prima aveva fatto Rhadi con me. “ Sta tranquilla, Asy… non è nulla di che. E’ solo un modo di dire… Vero Jean?”

Il biondo non mi rispose e io presi a cullare una Asiya muta come un pesce.

Avevo ripreso a parlare correttamente, ma ancora tremavo come una foglia. Certo che quei due meritavano di morire per quello che volevano farmi… ma non potevo lasciare che Rhadi si rovinasse il futuro, per me. Era ingiusto. Se c’era qualcuno che avrebbe dovuto fare qualcosa, quella ero io.

Jean mi fulminò con gli occhi azzurri. Forse la mia espressione rivelava tutto quello che stavo pensando perché mi si avvicinò, conciliante.

“ Anna, non possiamo fermare Rhadi. Lo sai. Sarebbe troppo per lui… vedrai che si conterrà”

Era tarda notte, in una villa privata, senza nessun testimone, senza domestici e guardie… dubitavo che si sarebbe contenuto.

 

Mi svegliai di soprassalto, più tardi. Non ricordavo neanche di essermi addormentata. Un plaid caldo, mi copriva. Asiya non c’era… probabilmente dormiva in camera sua.

Qualcuno aveva ripulito il salone dai postumi della festa. Qualcuno gentile come Jean, senza dubbio. Probabilmente anche lui se ne era andato.

Che ore erano? L’orologio a pendolo segnava le tre del mattino. Il buio della sala era rischiarato solo dalla tenue luce di una lampada.

Mi stiracchiai e mi portai la mano sul labbro gonfio, dove fino a due ore prima era sceso sangue a volontà. Per nasconderlo al vecchiaccio e agli altri, avrei dovuto truccarmi moltissimo. Una realizzazione mi colpì violentemente.

Rhadi!

Il pensiero mi fulminò. Dove era?  Nella penombra della stanza lo cercai.

Lo trovai.

Respirai sollevata. Era appoggiato sul bracciolo della poltrona e mi fissava strano.

“ Non.. non..” tentai di rantolare una frase di senso compiuto. Lui rimase immobile, in attesa.

Ci riprovai. “ Non li hai … uccisi… vero?”

Lui rimase fermo per un attimo e poi sospirò.

“ No… ma avrei tanto voluto” ammise.

Respirai a pieni polmoni, rincuorata dalle sue parole.

“Cosa gli hai fatto?” sussurrai.

“ Ho rotto loro le costole e le dita delle mani” mormorò, come se stesse parlando di una normale attività.. “Volevo continuare.. ma poi..” si interruppe.

“ Poi?” lo incalzai. Volevo sapere.

“… Poi da qualche parte, ho sentito una voce ce mi diceva che sarebbe stata la giustizia a fare il suo corso... e non la vendetta”, replicò, in tono amaro.

“ La tentazione di ammazzare quei… quei.. luridi bastardi è stata forte. Ma poi Jean ha chiamato una volante di polizia e un’ambulanza. Abbiamo spiegato tutto, ed adesso è tutto apposto..”

“ Ma..” mi interruppi, con voce strozzata. Non era assolutamente tutto apposto.

La Stampa lo avrebbe saputo in meno di un minuto, così come tutti gli altri Karim.

Rhadi non sarebbe stato affatto graziato dall’opinione pubblica, lo sapevo bene.

“ Ma così tu sarai comunque nei guai! La tua immagine sarà rovinata!” quasi gridai.

La testa prese di nuovo a pulsarmi dolorosamente.

Immaginai i titoli dei giornali: “ La violenza del giovane Rhadi Karim” .

Soltanto il pensiero era intollerabile.

“ Calmati, Anna. Non mi importa un bel niente di questo… lo capisci? Non in confronto a quello che stava per succederti...”

Il suo tono si era fatto acceso.

All’improvviso si alzò e mi venne vicino.

Si inginocchiò davanti a me con una gamba, prendendomi una mano tra le sue.

“ Hai idea di come mi sia sentito, quando ti ho vista in quelle condizioni, tra le braccia di Jean? Avrei voluto uccidere su due piedi quei due bastardi!” la sua voce era affranta, i suoi occhi in tempesta.

Lo fissai.

Era così vicino.

Quanto mi importava di Rhadi? Non lo sapevo con precisione, ma la risposta era comunque univoca: tanto.

Avrei potuto superare i suoi atteggiamenti arroganti e odiosi e posarmi solamente nella sua dolcezza e nella sua inspiegabile malinconia…nel suo alone di mistero che mi confondeva sempre più.

Di nuovo la domanda si fece più  assillante: chi era veramente Rhadi?

Forse non lo avrei mai saputo, ma in quel momento non mi importava un bel niente.

Non importava nulla.

Neanche il fatto che probabilmente lui non provava nulla di così angosciante e forte, nei miei confronti. Sicuramente il suo senso di dovere e protezione verso di me erano forti, essendo io affidata alla sua custodia. Ma non provava null’altro.

Tale consapevolezza mi fece male.

Una lacrima scese lungo il mio viso e cadde nei pantaloni, ormai sbrindellati, del pigiama.

“ Perché piangi?”  sussurrò, sconvolto.

Scossi la testa, asciugandomi in fretta il viso con il dorso della mano.

“ Grazie.. per essermi accanto. Nonostante tutti i problemi, ti devo ringraziare. D’ora in avanti non ti creerò più fastidi..”

Il suo sguardo si affilò, per qualcosa che avevo detto. Era irritato; forse non avrei dovuto essere così pignola.

In fondo lui sentiva come suo dovere, aiutarmi.Già, un dovere. Solo uno stramaledetto, dovere.

Ma avevo sbagliato a giudicarlo, ancora una volta. Le parole che disse dopo, me ne diedero conferma. 

“ Tu pensi di crearmi fastidio…?”

La sua voce era seria. I suoi occhi non si allontanavano dai miei.

“ Anna, quanto sei sciocca Tu non mi dai fastidio Semplicemente, non voglio che tu sia in pericolo. Non voglio che tu ti confonda nel mio mondo.. perché è troppo pericoloso; lo capisci, vero?”

Abbassai lo sguardo, per un momento.

Il suo mondo.  La sua doppia identità che io conoscevo. Mi chiesi quanto sarebbe rimasto sconvolto nel sapere quanto ero già coinvolta in quello che definiva ‘suo mondo’.

Decisi di sviare il discorso…

“ Comunque ti devo ringraziare, lo stesso. Mi dispiace solo di averti creato questo problema. Di’ a Rhika che mi dispiace di avervi rovinato la serata…”

Dio solo sa quanto mi costasse fatica pronunciare quelle parole.

Mi creavano dolore e vuoto.

Lui mi fissò per un attimo , allibito.

Poi successe tutto in un attimo.

Si avvicinò ancora di più e si sedette sul divano.

Mi guardò fisso negli occhi.

“ Cosa stai blaterando?” sussurrò.

Io, non riuscendo a sostenere il suo sguardo cristallino, distolsi i miei occhi dai suoi.

“ Tu… tu pensi che io… stia con Rhika perché realmente mi faccia piacere?”

Nelle sue parole, colsi una traccia di ironia, come se lui giudicasse il solo pensiero, assurdo.

Accadde tutto in un istante magico.

Un istante che godetti fino all’ultimo.

Mi sfiorò lentamente i capelli e il viso. Con il dito mi tirò su il mento, obbligandomi a fissarlo di nuovo negli occhi. Il mio labbro inferiore tremò.

Si avvicinò, attento a non spaventarmi.

Quando le sue labbra si posarono sulle mie, sussultai.

Fu meraviglioso e… surreale.

Pensando a quante volte avevo lottato inutilmente contro la mia attrazione fisica nei suoi confronti , mi diedi mentalmente della stupida.

Ci sono momenti in cui occorre deporre le armi, perché continuare a dar battaglia quando l’obiettivo non sussiste più, è da stupidi.

Ci sono momenti in cui occorre smettere di comportarsi da bambini capricciosi e assecondare soltanto i nostri desideri più nobili

Solo gli stupidi non cambiano idea.

L’obiettivo di fargli la guerra a priori, era divenuto ormai inutile… perché dovevo oppormi al desiderio di baciarlo, in fondo?

Quel suo semplice gesto, aveva suscitato in me un barlume di speranza.

Forse anche a lui importa di me.

Ricambiai il bacio, delicatamente, afferrando con una mano i suoi capelli e posando l’altra  dietro la sua schiena.

Il rossore mi imporporò le guance.

Quando il suo braccio forte, mi sospinse verso di lui, non potei non assecondarlo.

Mi aveva stregato.

Aveva mandato a farsi benedire la mia dannatissima razionalità.

Io che mi vantavo tanto di riflettere sempre, mi stavo ora sciogliendo dinanzi all’impulsività.

Nella tenue luce della lampada, alle tre del mattino, abbracciata contro di lui, percepii la felicità scorrermi nelle vene.

Felicità, si.

Perché nonostante tutto quello che sarebbe successo dopo, nonostante i problemi, i misteri e la sua arroganza… per me  Rhadi era diventato importante.

E io, forse, ero divenuta importante allo stesso modo.

Soltanto sperare in questo, mi alleggerì il cuore.

La sua bocca mi baciò il collo, scivolando leggera e delicata sulla spalla. Con una mano mi abbracciò, all’altezza della vita.

Sospirò, senza aggiungere una parola.

Presa come ero, rammentai soltanto lontanamente le parole di Jean   Cosa farai? La festa ti serviva per raccogliere fondi per..” .

Di nuovo, il mistero di Rhadi si infittiva. Ma in quel momento importava veramente qualcosa? La sua bocca riprese a baciare la mia, furiosa, e io ricambiai , testarda.

Almeno per quel momento, avrei lasciato il raziocinio al di fuori della mia vita. Ciò che realmente importava era essere cullata tra le sue braccia, a quel modo… si, anche se per lui poteva essere che un capriccio del momento, non mi importava più.

Nella notte scura, illuminata dalla luce tenue di quella lampada, avevo finalmente trovato un termine migliore per definire la complessità dei miei sentimenti…io lo amavo?

 

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