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Autore: Fantasy25    19/02/2015    1 recensioni
Pensieri di un ragazzo sull'orlo del precipizio, e non solo in senso fisico.
Un giovane dall'anima straziata, controversa e chiusa al mondo.
Un'anima che non viene accettata in quanto tale.
Perché essere gay in questa società non è affatto semplice, e lui questo lo sa bene.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, io sono Matteo Rivoli, ho venti anni e sono un mostro.
Non aspettatevi corna ritorte, pustole o zanne, perché esteriormente sono proprio come tutti voi. È dentro che sono nato imperfetto.
Credevo di essere come gli altri fino a qualche anno fa, sapete?
Quando ho scoperto di essere diverso ho passato un brutto momento. Credevo di essere un abominio, qualcosa di disgustoso e intoccabile.
Poi però mi sono reso conto che non ero poi troppo sbagliato, perché tanta gente era come me.
Quindi mi sono fatto forza e l’ho detto ai miei, all’età di sedici anni, mentre stavamo tutti riuniti intorno al tavolo. Speravo davvero di ricevere un supporto da parte loro, ma non è stato così.
Ricordo ancora adesso le parole di mio padre, impresse a fuoco nella mia mente.
“Sei un fottuto finocchio! Dio, cosa ho fatto di male per meritarmi questo? Mi fai schifo! Esci da questa casa, non voglio mangiare allo stesso tavolo di una simile bestia!”
Poi aggiunse un’altra frase, ma credo di averla rimossa.
La mamma invece non fece nulla. Non mi guardò nemmeno negli occhi.
Mio fratello maggiore invece continuava a fissarmi con uno sguardo di puro disgusto.
Solo mia sorella non capiva, forse perché era troppo piccola. Credo avesse sei anni allora.
“Riccardo, cosa vuol dire omosessuale?” aveva chiesto a mio fratello con la sua squillante vocetta curiosa. E lui aveva risposto solo con una parola.
Pervertito.”
Avrei voluto dirle che non era vero, che non ero un maniaco, ma non l’ho fatto.
Forse perché i singhiozzi erano troppo forti, o forse perché in fondo al cuore lo credevo un po’ anche io.
Credo di non aver mai accettato davvero la mia sessualità. Non nego di aver avuto esperienze con esponenti del mio stesso sesso in questi anni, ma sono sempre fuggito da relazioni serie.
Credo che quella conversazione mi abbia segnato davvero tanto.
Forse è anche per quello che ora sto sul bordo di questo cornicione, con le ginocchia che tremano e le guance bagnate.
Guardo sotto di me, e vedo la strada trafficata. Chissà, magari in una di quelle macchine laggiù c’è una famiglia felice, con un figlio gay che può essere se stesso senza essere sbattuto fuori casa.
E io, qui sopra, continuo a piangere.
Sposto il piede in avanti, lo faccio dondolare appena, e infine spingo tutto il peso verso il precipizio.
Cado nel vuoto.
 
“Avrei preferito non fossi mai nato.”
   
 
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