Storie originali > Giallo
Segui la storia  |       
Autore: rossella0806    19/02/2015    3 recensioni
Il commissario Alessandro Terenzi torna all'attacco: dopo averlo lasciato a Porto Ercole, in Toscana, alle prese con misteriose sparizioni e spartiti musicali inesistenti, ora lo ritroviamo nella sua Torino ad indagare su un caso apparentemente semplice.
Al suo fianco ritroveremo l'ispettore Francesco Ghirodelli, la burbera questore e, ovviamente Ginevra, la studentessa di Archeologia e aspirante investigatrice, di cui il poliziotto ha fatto la conoscenza proprio a Porto Ercole, e che si rivelerà una piacevole ed inaspettata compagnia.
La Germania, dove il caso ha avuto inizio nove anni prima, appare lontana, ma ben presto Terenzi dovrà ricredersi, perchè nulla appare come sembra.
Genere: Drammatico, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
In piedi, appoggiato con la spalla destra alla macchinetta del caffè, Terenzi comincia a ragionare sull’omicidio di Rebecca Dünnerz: più ci pensa e più si convince che il movente dell’assassinio non poteva imputarsi esclusivamente alla gelosia, tanto più che il corpo della donna era stato oltraggiato con un’inspiegabile trauma cranico post mortem, dopo l’ingestione fatale di una dose massiccia di barbiturici.
Perché farlo? si domanda il commissario, sempre più dubbioso e caparbio nel trovare una risposta.
E poi non può essere stato un raptus di gelosia! Perrez ha cenato con lei, quella sera, l’ha uccisa e poi è fuggito, facendo perdere le sue tracce per nove lunghi anni! Dove è stato? Chi l’ha aiutato, eventualmente? Perché non costituirsi, se era corroso dai sensi di colpa che lo hanno spinto a suicidarsi?
La scomparsa dell’uomo, subito dopo il delitto, si andava inevitabilmente a sommare allo strano episodio della stazione avvenuto solo un paio di settimane prima, ed entrambi si aggiungevano all’improvvisa e inaspettata morte dell’uomo, provvidenzialmente verificatasi quella mattina stessa.
Un copione degno dei migliori drammi shakespeariani, non c’è che dire, pensa il commissario, peccato che non ci sia un bel sipario a isolare la scena dalla realtà.
Il poliziotto, con l’aiuto del minuscolo e scomodo cucchiaino piatto di plastica, cerca di impadronirsi del fondo di zucchero e caffè, gustandoselo con fare pensieroso: riesco a trovare decente persino questa brodaglia, devo essere davvero ridotto allo stremo, considera tra sé l’uomo.
Poi guarda l’orologio da polso: sono le tre e mezza, in appena un’ora mi hanno sconvolto l’indagine, riflette, anche se di indagine non si può più parlare, ma solo di archiviazione del caso ormai.
Terenzi butta nel cestino il bicchiere di carta e si dirige in guardiola:
-E’ arrivato un fax per me?- domanda all’agente di turno, una ragazza sui venticinque anni di origine africana, i capelli ricci e scuri raccolti in una coda stretta e ordinata, gli occhi grandi color ambra sul viso dalla pelle mulatta.
-No, commissario, non ancora- risponde lei, controllando con eccesso di zelo l’ordinata scrivania di fronte.
-Va bene, avvisami appena arriva. Grazie-
L’uomo, attraversando il corridoio insolitamente simile al deserto del Gobi, rientra nel suo ufficio: dalla finestra dietro la scrivania entra la calda luce del sole, che fa danzare senza sosta le particelle di pulviscolo per tutta la stanza, abbagliando generosamente gli occhi del commissario che, come un burattino di legno mosso da mani invisibili, si muove in direzione della fenditura nel muro.
Apre la finestra per guardare fuori e respirare un po’ di aria che gli possa rinfrescare le idee: le foglie si muovono alla stregua di una danza rituale, dev’esserci vento, considera Terenzi, spostando poi l’attenzione sul lungo viale costellato di ciliegi.
La stretta e ampia strada sotto la centrale di Polizia, ospita il solito traffico quotidiano: suoni di clacson, motori che rombano, brusche frenate, il rintocco delle campane in lontananza … un girotondo di rumori in parte fastidiosi ma monotonamente famigliari.
Ma la gente non è al lavoro? si domanda, non è nemmeno l’ora di punta: per fortuna che anche oggi sono venuto a piedi, altrimenti sarei rimasto imbottigliato in questo dannato traffico.
Il poliziotto richiude le imposte, risvegliandosi da quello sconforto in cui è controvoglia caduto dopo la notizia del suicidio di Perrez.
L’uomo si affaccia alla porta dell’ufficio: il corridoio, rispetto a pochi attimi prima, non ha mutato molto aspetto, sebbene adesso ci siano un paio di agenti intenti ad aspettare che la stampante sputi fuori, come una mitraglietta, il bottino di carta.
Terenzi decide di andare nuovamente in guardiola per vedere se è arrivato il fax di Marz, proprio quando la giovane agente di poco prima esce dalla sua postazione, venendogli incontro con due fogli in mano e un mezzo sorriso sulle labbra:
-Commissario, stavo venendo da lei. E’ appena arrivato questo!-
-Molto bene, grazie- s’illumina il poliziotto, scorgendo rapidamente il nome del mittente: finalmente qualcosa di concreto, mormora tra sé e sé,  riferendosi al secondo foglio e dirigendosi ad ampie falcate nell’ufficio di Ghirodelli.
Il sottoposto, uno sguardo concentrato sul volto contornato dai ricci rossi, è intento a scrivere al computer, la finestra dietro di lui leggermente accostata. 
-Ghirodelli, vieni nel mio ufficio!- lo richiama Terenzi, affacciandosi nella stanza.
-E’ riuscito a contattare il collega?- l’ispettore si alza dalla sedia, mette in pausa il monitor e segue il superiore, passandosi una mano sugli occhi stanchi.
-Sì, mi è appena arrivato questo- e competa la frase sventolandogli in faccia il fax.
Una volta nella stanza, il commissario –senza nemmeno sedersi e appoggiando vicino al telefono l’altro pezzo di carta- comincia a leggere il primo foglio, la voce incuriosita e trepidante al punto giusto:
-E’ il resoconto dell’incidente. Sembra che l’automobile di Perrez, guarda caso un’Audi grigia targata AR 663 DN, si sia scontrata contro un albero poco dopo il confine con la Svizzera. L’impatto è stato violentissimo, tanto da aver sbalzato il corpo in una fossa lì vicino, cadavere che però non hanno ancora recuperato. E’ stato proprio Perrez, nella telefonata che ha fatto prima di uccidersi, a dire a Marz dove trovarlo … morto, aggiungerei io-
Il commissario porge il foglio al sottoposto, schioccando leggermente le labbra:
-Il collega considera il caso chiuso?- chiede Ghirodelli leggendo a sua volta il fax.
-Non lo so, a tal proposito non mi ha mandato altro oltre a questo- risponde indicando il resoconto tra le mani del collega -anche se credo abbia dei dubbi su questa improvvisa conversione di Perrez. Ci sono ancora molte domande a cui non siamo in grado di rispondere-
-Ad esempio, perché Perrez ha ucciso Rebecca Dünnerz-  l’uomo restituisce il foglio a Terenzi, che lo appoggia sulla scrivania, guardandolo come probabilmente facevano gli antichi Romani davanti ai responsi della Sibilla Cumana, in attesa di metterli al corrente di chissà quale stupefacente rivelazione .
-Ad esempio. E un’altra potrebbe essere: perché ha deciso di uccidersi solo adesso, a distanza di anni dall’omicidio della fidanzata? E ancora: perché ha lasciato il suo impermeabile macchiato di sangue nel salotto della vittima?-
-E poi, commissario, c’è la questione della ferita alla testa inferta quando la donna era già deceduta … -
-Vedi anche tu quanti interrogativi ci sono, non possiamo considerare il caso chiuso- conclude il poliziotto, riprendendo a guardare in faccia l’ispettore.
-Ma se non abbiamo elementi per proseguire, non possiamo fare altrimenti!-
-No!- e quella negazione esce dalla bocca del superiore come un aspro rimprovero -un punto da cui partire ce l’abbiamo. Guarda- Terenzi porge l’altro foglio al sottoposto, questa volta il tono di voce più conciliante.
-Che cos’è?-
-Un elenco delle persone che avevano maggiori contatti con la vittima, persone che l’hanno conosciuta bene-
-E noi che cosa dovremmo fare? Interrogarle?- la voce di Ghirodelli è a metà tra il divertito e l’incredulo.
-Dai un’occhiata agli ultimi due nomi della lista- lo esorta il commissario, indicando il pezzo di carta con l’indice in aria.
-Virginia Steinke e suor Maria Tadini… una è italiana o sbaglio?-
-Tutte e due. Leggi leggi: la prima è sposata con un ingegnere tedesco, un tale Andreas Steinke, ma da nubile il suo nome era Rocca Regaldi, un cognome non proprio germanico!-
-Ma Marz le avrà già interrogate a suo tempo!- cerca di farlo ragionare l’altro.
-Sì, ma mi ha dato l’elenco apposta, almeno è come interpreto io la cosa! Credo che dopo quello che è successo, voglia che ci parli io con queste due donne. Ha persino evidenziato i loro nomi, Ghirodelli! Più esplicito di così!- conclude Terenzi, accalorandosi un tantino.
-E le altre persone?-
-A quelle ci penserà lui- taglia corto l’uomo  -adesso provo a contattare la signora Steinke e questa suor Maria. Non dobbiamo più perdere tempo!-
-Commissario, se mi posso permettere, non credo che andremo molto lontano. Voglio dire, sono passati nove anni dall’omicidio della Dünnerz e il presunto assassino è appena morto suicida. Non abbiamo nessun appiglio concreto e, soprattutto, sprecheremo tempo ed energie per un caso ormai chiuso!-
-Se è per questo puoi anche aggiungere che noi siamo a Torino e che la donna è stata assassinata a Berlino, mentre Perrez si è ucciso in territorio svizzero! Un bel caso internazionale, no?- poi, con lo stesso sguardo che si riserva ad un cucciolo di cane a cui bisogna insegnare a controllare i propri sfinteri in casa, Terenzi continua paziente:
-Ghirodelli, guarda che li conosco anch’io i fatti, ma sia Marz che noi non possiamo archiviare il caso, ci sono ancora troppi punti da chiarire … -
L’ispettore sbatte un paio di volte gli occhi, la bocca sottile distorta in una smorfia dubbiosa poi, con voce rassegnata, declama:
-Come vuole lei, commissario. Se non ha bisogno di me…-
-No, vai pure. Ah, hai chiamato il tecnico per aggiustare il telefono?-
-Sì, mi ha detto che viene domani mattina alle nove-
-Bene, almeno un problema verrà presto risolto!-
 
 
Terenzi, sentendosi risollevato e ricaricato come dopo una giornata alle terme, decide di contattare per prima la signora Virginia:
-Hallo? *-  una calda voce femminile risponde quasi subito all’apparecchio telefonico.
-Guten Tag, kann ich mit Frau Steinke spreche *?- si presenta l’uomo, sfoggiando il suo tedesco scolastico.
-Ich bin Virginia Steinke. Wer sind Sie *?-
-Buon giorno, signora, sono il commissario Alessandro Terenzi del commisariato “L’Aquila” di Torino-  
-Un poliziotto italiano? Che cosa vuole da me?!- domanda stupita Virginia, parlando nella sua lingua madre.
-Mi dispiace disturbarla, ma avrei urgente bisogno di parlare con lei-
 La donna lo interrompe all’istante, dicendogli:
-Guardi che probabilmente ha sbagliato numero. Mio marito ed io è da più di un anno che non veniamo in Italia, quindi non riesco a capire il motivo della sua chiamata!-
-No, signora, stia tranquilla. Non ho sbagliato numero, l’ho contattata per farle delle domande riguardo un caso di omicidio avvenuto nove anni fa- riprende Terenzi, la voce calma e paziente.
-Si sta forse riferendo all’omicidio di Rebecca?- all’altro capo del telefono, a migliaia di chilometri di distanza, il timbro di voce si tinge di una nota malinconica e sorpresa.
-Sì, il commissario Marz…-
-Me lo ricordo, è lui che ha seguito il caso … -
-Ecco, appunto: Marz ha riaperto le indagini sull’assassinio della signorina Dünnerz, in seguito all’avvistamento pochi giorni fa dell’unico sospettato, Sebastian Perrez … -
-Sebastian?! Ma dopo quello che è successo a Rebecca è praticamente scomparso nel nulla!- la donna comincia a pensare che quella telefonata si tratti di uno scherzo architettato da qualche sua amica di Rovereto –la sua città natale- che vuole vendicarsi per la lunga lontananza degli ultimi mesi.
-Domenica scorsa è stato avvistato alla stazione di Berlino mentre prendeva un treno per Torino. Il problema è un altro però: questa mattina si è suicidato- continua a spiegare non più paziente come all’inizio della conversazione.
-Sebastian morto?! Cosa sta dicendo?!- sì, decisamente quello doveva essere uno scherzo di pessimo gusto.
-Non lo sto dicendo io, signora, purtroppo i fatti si sono svolti così!-
Dopo una manciata di secondi in silenzio, forse per metabolizzare la notizia e comprendere che, se in quell’intervallo di tempo l’uomo non si fosse rivelato un burlone, allora voleva dire che stava parlando effettivamente con un poliziotto italiano, la signora trova il coraggio di chiedere:
-Ma come è successo?-
-Ha avuto un incidente di macchina in territorio svizzero-
-In Svizzera? Non mi ha detto che era diretto a Torino?!- e di nuovo l’ombra dello scherzo si proietta sulla sua fantasia.
Quante domande fa questa donna, si chiede Terenzi:
-Sì, perlomeno era la pista che stavamo seguendo, fino a quello che è successo stamattina-
-Non riesco proprio a capire, commissario. Io non ho mai creduto alla colpevolezza di Sebastian, perché lui e Rebecca erano così innamorati! Quando è successo l’omicidio, chi li conosceva bene come me, non riusciva a spiegarsi il motivo per il quale l’avesse uccisa. Abbiamo cercato di rintracciarlo subito dopo aver avuto la tragica notizia ma, come ben saprà, non ci siamo riusciti: la fuga ha solo aggravato la sua posizione, purtroppo … -
-Uno dei punti poco chiari è proprio il perché sia fuggito, se davvero era innocente come lei dice. Ma adesso che è morto anche lui, rischiamo di chiudere definitivamente il caso, capisce?-
-Sì, però non so come aiutarla. La polizia mi ha già interrogata nove anni fa, e tutto quello che sapevo l’ho detto allora. Ancora oggi spero che trovino chi ha ucciso veramente la povera Rebecca-
-Se proseguiremo con le indagini, le prometto che il colpevole verrà fuori-
-Lo spero, sarebbe il minimo da fare- ribatte la donna con una punta di stizza nella voce.
-Le ripeto che è quello che stiamo facendo, per questo vorrei farle delle domande-
-Come vuole, commissario. Le dico solo che adesso non ho molto tempo, tra poco devo uscire, però se vuole possiamo sentirci domani- concede generosamente l’imperatrice Virginia Rocca Regaldi in Steinke.
-Va bene, a che ora posso chiamarla?- domanda il suddito obbediente.
-In mattinata andrà benissimo-
-D’accordo. Un’ultima cosa, signora: nell’elenco di persone che frequentavano la signorina Dünnerz, figura anche una certa suor Maria Tadini. La conosce?-
-Sì, la conoscevo abbastanza bene. So che è stata la sua madrina e anche la migliore amica della madre. Rebecca e suor Maria, quando ancora non aveva preso i voti, hanno abitato insieme per qualche tempo. Comunque, poco tempo dopo la loro convivenza, Rebecca conobbe Sebastian all’Università-
-E quando la madrina della signorina Dünnerz prese i voti, le due donne continuarono a vedersi?-
-Certamente! Ai loro incontri non hanno mai rinunciato: due volte a settimana, il mercoledì e la domenica, Rebecca andava a trovarla in convento-
-Si ricorda tutto molto bene-
-Sì, ho una buona memoria-
-E lei, invece, ha più visto suor Maria?-
-Qualche volta, all’inizio di tutta quell’assurda vicenda. Lei, come tutti del resto, la prese molto male, non volle vedere nessuno per parecchi giorni, non riusciva a credere a quello che era successo. Poi ci siamo perse di vista … -
-Senta, nell’eventualità che le venisse in mente qualcosa prima di domani mattina, le posso lasciare un mio recapito?
-Certamente-
-Ecco ho segnato il numero – gli comunica la donna, una volta scritte le cifre dettatele.
-Grazie signora, a domani-
E dopo il saluto di congedo anche di Virginia Rocca Regaldi, l’uomo riattacca la cornetta, cercando con gli occhi una matita con cui scarabocchiare: domani chiamare Frau Steinke.
 
 
Traduzione delle frasi in tedesco:
 
-Pronto?-
-Buongiorno, posso parlare con la signora Steinke?-
-Sono io Virginia Steinke. Lei chi è?-
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Giallo / Vai alla pagina dell'autore: rossella0806