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Autore: ChiaraBaroons    19/02/2015    1 recensioni
Song-fic sulla meravigliosa Because the Night, di Patti Smith, scritta per puro sfizio, perchè mi son fatta trascinare dalle note e dalle parole di quella canzone.. così come si lascia trascinare questo nuovo Jared, in un universo parallelo dove è riuscito finalmente a trovare la persona giusta con cui passare il resto dei suoi giorni.
Sì, ideale molto romantico e poco realistico. Ma non tutto l'amore è fatto da cuori e fiori, non tutto l'amore è il Vero Amore che si trova nelle favole, non tutto l'amore fa bene..
E questo, credo, sia uno di quelli: un amore che distrugge dall'interno, che ti rende inerme davanti alla sua forza, ma che continui a scegliere perchè, senza di esso, non sapresti come andare avanti!
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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OS - Because the Night




*****



Take me now baby, here as I am
Pull me close, try and understand
Desire is hunger, is the fire I breathe
Love is a banquet on which we feed


Era arrivato a casa stanco, quella sera, più stanco del solito, forse.
Sì, perché le ore in sala registrazione lo avevano sfinito, lo avevano sgretolato dall’interno, ogni volta che ripeteva sempre le stesse canzoni, le stesse frasi, le stesse parole che ormai gli suonavano in testa come un jingle. E proprio quella testa, la sua, che aveva dato vita a tanti successi, se la sarebbe voluta strappare, poggiare sul bancone della cucina, a fianco all’Oscar, ed andare a letto, senza avere tra le palle quell’enorme peso che non gli regalava mai sufficienti ore di sonno.
Sarebbe stato molto più semplice, sì, ma lui non era fatto per la semplicità. Lo si capiva fin troppo bene, forse dai suoi abiti così strani, dai suoi modi di fare così atipici, dal suo cuore, così nascosto, ma incredibilmente grande.
Altrimenti per quale assurdo motivo si sarebbe ritrovato in quella situazione?
No, non era facile essere Jared Leto, e non lo sarebbe mai stato, probabilmente, anche senza il successo e la popolarità nel mezzo. Anche se fosse stato un perfetto sconosciuto, sarebbe stato davvero complicato essere lui, ma probabilmente sarebbe rimasto l’unico a poterlo fare, a poter vivere in quel corpo, con quella cazzo di testa, assurda e piena di idee incredibili.

“Pensavo tornassi prima”.
Improvvisamente, in cucina, sentì quella voce, troppo stizzita di quanto non fosse normalmente. Però aveva ragione, lei: doveva tornare prima.
Si era stancato di far sempre le due di notte in studio, senza concludere qualcosa di concreto, senza ritrovarsi in mano un progetto fatto e finito.
“Per favore, non rompere le palle, non è il momento”.
A volte si odiava, Jared, quando gli uscivano certe risposte dalle labbra. Lei non aveva fatto nulla, la colpa era sua e della sua testardaggine, del suo voler sempre essere un passo avanti agli altri.
“Scusa, io… non volevo”.
E si odiava ancora di più quando era costretto a chiederle scusa, perché non ci sapeva fare. Proprio per niente.
Certo, sapeva incantare le folle, sapeva cavarsela bene con interviste e cazzate varie, ma con le scuse proprio per niente.
Lei era sempre stata quella brava con le parole, in qualsiasi situazione, e forse era proprio stata quella sua caratteristica ad attirarlo a lei, come se ci fosse stata una forza maggiore a muovere le carte, al posto suo.
Si voltò, finalmente, incontrando il suo sguardo indagatore, quei suoi occhi di ghiaccio, più chiari dei suoi, più incantatori dei suoi. Aveva capito come ci si doveva sentire a sostenere il suo sguardo, Jared.
“Abbiamo lavorato fino a tardi, scusami”.
“Lavori sempre fino a tardi, Jared, ogni stramaledetta sera che dovresti restare un paio d’ore con me”.
Le sue risposte erano sempre state così, secche, fulminee, capaci di farti sentire la persona più inadeguata del pianeta.
“Lo so, ma ti ho chiesto di prendermi così come sono, perché solo tu puoi farlo, solo tu cerchi di capire”.
Perché sembrava tanto disperato? Perché sembrava essere arrivato ad un punto di rottura, di non ritorno?
Lei era sempre rimasta, nonostante tutte le litigate, nonostante le cazzate che aveva sempre fatto lui, nonostante lui fosse lui.
Mosse un passo, Jared, poi un altro ed un altro ancora, fino a ritrovarsi a pochi centimetri dal suo volto, dal suo profumo che sapeva ancora di sonno e lenzuola pulite, le loro.
Lei era sempre stata così impassibile, terribilmente più brava di lui a nascondere i sentimenti, le emozioni: quegli occhi di ghiaccio erano la sua arma migliore, e al tempo stesso il suo scudo più forte. Poche volte si era lasciata andare, si era lasciata davvero amare da lui, ed era stato come vivere nel corpo di un’altra persona: ti può piacere, ma per poco tempo e dopo un po’ cominci a reclamare te stesso, la tua casa.
Lo amava, con tutta se stessa, ma le stava proprio sui coglioni!
Soprattutto quando sembrava che tutto gli fosse dovuto, solamente perché era Jared Leto. Ma questo non era vero, era un persona normale, a volte, e lei preferiva quella persona all’uomo di spettacolo che conoscevano tutti.
Sollevò una mano, Jared, che andò a scontrarsi delicatamente con il viso di lei, così perfetto ed etereo da sembrare il frutto di racconti e leggende. Come poteva, lei, essere ancora lì? Con un casino com’era lui?
Assaporò la sensazione della sua pelle calda, liscia a contatto con la sua mano che, per ore, aveva passato fin troppi fogli ed oggetti inanimati. Era come tornare a respirare dopo tanto tempo, toccarla.
Era sempre stato tanto forte il desiderio, affamato, tra loro, come se non riuscissero a smettere di bramare il corpo dell’altro per almeno un paio d’ore. Un fuoco che brucia in una fiammata, muore, e che si riprendere in un battito di ciglia, come una fenice pronta a spiccare il volo. Un fuoco che respiravano, che assimilavano.
Un banchetto da quale non smettevano mai di cibarsi.

Come on now, try and understand
The way I feel when I’m in your hands
Take my hand, come undercover
They can't hurt you now


“Penso sia stato l’errore più grande che potessi fare, quello”.
Stronza.
Era sempre stata una grande stronza, sempre con la battuta pronta ed il sarcasmo sottobraccio, come se volesse distribuirlo ai passanti per la strada, ai bambini che strillavano al parco, alle vecchiette che attraversavano la strada con il deambulatore.
“Ah andiamo”, cominciò lui, con un sorriso incerto sul viso. Nulla era mai certo, quando si trattava di lei. “Cerca di capire anche questa volta, so che puoi farlo”.
La sua voce era ridotta ad un sussurro, forse per paura che persino i muri di casa sua ascoltassero le sue debolezze.
Lei era la sua più grande debolezza. Stronza e maledetta debolezza.
“Ci provo, Jared, davvero, ma ormai non ce la faccio più”.
Le era uscito quasi come un lamento, quella frase.
Ma era verità servita su un piatto d’argento. Cercava di mandare giù ogni rospo, ogni rientro ad orari impossibili, ogni periodo di distanza con solo chiamate come contatto. Non voleva cuori e fiori, voleva solamente che Jared fosse più presente, più normale, ma sapeva fin troppo bene che sarebbe stato come chiedere ad un poeta di tagliarsi la mano con cui scrive, una tortura.
“Dimmi cosa devo fare, allora”, cominciò, infervorato dal desiderio di non voler perdere la sua unica ancora di salvezza, il suo unico cavillo capace di riportarlo alla realtà. “Come posso spiegarti tutto quanto? Il modo in cui mi sento quando i tuoi occhi posano su di me, quando tutto il casino che vuole abbattermi scompare, solo perché ci sei tu, come posso farti capire il modo il cui mi sento quando sono tra le tue mani? ”.
Le aveva preso il viso tra le mani, si era avvicinato ancora, senza aver paura che l’ossigeno non potesse bastare per due persone, ad una distanza tanto breve, aveva poggiato la fronte alla sua, come faceva sempre. Voleva farle capire tutto quanto, tutto il mondo, tutto il casino che viveva dentro di lui e che gli faceva commettere cazzate su cazzate.
“Jared”.
Perché la voce le era morta in gola?
Perché le sembrava tanto disperato? Perché non si era mai sbilanciato tanto, lui? Aveva sempre chiesto scusa, con la bravura di un bimbo di cinque anni, ma mai in quel modo. Non aveva mai chiesto chiarimenti, non aveva mai fatto domande.
Era strano vederlo in quel modo, sentirlo in quel modo, con la fronte premuta con forza alla sua, quasi volesse spiegarle tutto per osmosi, quasi volesse fondersi con lei: due menti aperte, fuse in una sola, in una sola anima.
“Prendi la mia mano, Jared”.
Quattro parole, il suo nome, la vista che cominciò a farsi meno annebbiata. La speranza che ricominciava a percorrere la via giusta.
Perché solamente dopo quattro parole sembrava essere tutto a posto?
Lui non era rientrato tardi, lei non era arrabbiata, avevano trascorso una semplice serata insieme, avevano fatto l’amore sul divano, perché quel film era troppo noioso e non volevano sprecare nemmeno un minuto per sentire il proprio corpo addossato all’altro, come se fosse fondamentale per vivere.
“Prendi la mia mano, Jared, vieni al riparo”.
A volte farneticava, diceva cose senza senso, ma quali frasi hanno senso quando un amore di queste dimensioni sconvolge l’esistenza di due poveri esseri umani, destinati a soccombere sotto il peso di un sentimento così grande?
Fece aderire il suo corpo a quello di lui, si fece più vicina ed avvolse le sue spalle forti con le braccia esili che si ritrovava, ma si sentiva forte come non mai, capace di sconfiggere qualunque mostro al mondo, capace di scacciare via ogni preoccupazione dalla mente di quella creatura tanto strana che si ritrovava davanti agli occhi.
“Nessuno potrà farti del male, ora che sei qui, Jared”.
Continuava a farneticare, lei, ma al diavolo le frasi sensate e la logica!
La amava, cazzo. E la amava anche per quello, per quando saltava su con argomenti assurdi e pretendeva di essere capita al volo, senza che ci fossero momenti di scompenso ad ostacolarla.
“Loro non possono farti del mare, ora”.
Come bisogna comportarsi quando tutti i mali del mondo scompaiono, quando restano due cuori battenti ed il respiro di due individui, quando il resto dell’umanità sparisce e resta solamente quel sentimento malsano ad unire due persone che non sono affatto destinare a stare insieme senza farsi del male a vicenda?

Because the night belongs to lovers
Because the night belongs to lust
Because the night belongs to lovers
Because the night belongs to us

Perché la notte appartiene agli amanti.
Appartiene a chi trova il coraggio di non fare le cose in grande, di non sventolare in faccia al mondo ciò che ha, quando in realtà non ha niente. Appartiene a chi si ama in segreto e a chi lo urla ai quattro venti, appartiene a chi si ama davvero, non a chi maschera una finzione con il sentimento più puro e malsano che esista.
Appartiene a chi continua ad amarsi nonostante tutto, a chi lascia perdere tutte le cazzate, a chi non pensa a cosa è giusto o sbagliato, ma solo a cosa è più forte, se un sentimento o l’altro.
Appartiene a chi decide di emozionarsi, a chi cerca un sorriso tra la folla solamente per sorridere di conseguenza, a chi trova la felicità nel luogo più improbabile.
Quella notte apparteneva a loro, che non erano nemmeno arrivati alla camera da letto, la prima volta.
Apparteneva a loro, sul tavolo in cucina, tra sospiri mozzati e contatti cercati con affanno.
Apparteneva a loro e a quei ti amo usciti per caso, senza un senso, senza permesso.
Perché la notte appartiene al desiderio.
Lo stesso che erano riusciti a soddisfare, al bisogno irrefrenabile di sentirsi vicino ad un’altra vita, ad un altro cuore che batteva all’impazzata, alla stessa parte di anima che percepivano dentro il loro stesso corpo.
Perché la note appartiene agli amanti. A chi ha il coraggio di mostrare quel sentimento, senza maschere, senza riserve.
“Perché la notte appartiene a noi, Jared”.


Have I doubt when I’m alone
Love is a ring, the telephone
Love is an angel disguised as lust
Here in our bed until the morning comes

Erano saliti in camera da letto, in silenzio, senza guardarsi negli occhi, come due estranei, se non fosse stato per quella mano nell’altra, che si ostinava a non interrompere quel contatto. A quelle mani unite, in cerca di un appiglio per non cadere nell’oblio, per non crollare a terra senza avere la forza di rialzarsi in piedi.
Erano l’uno la forza dell’altra, e nemmeno lo sapevano.
Si credevano tanto forti, tanto spavaldi, ma non erano altro che due idioti resi deboli da ciò che riserva l’amore, da tutte i tiri a segno che quel fottuto sentimento non sbaglia mai.
Ha una mira infallibile, l’amore. Quello lo avevano capito bene.
E su quel letto era ricominciato tutto da capo, come se quell’elemento di arredo non fosse abbastanza consumato dai solo corpi, dal loro bisogno di restare appiccicati, vicini.
Era ricominciato tutto, come se nulla fosse accaduto, come se fosse stata una semplice giornata di ferie per Jared, dove lei aveva avuto la fortuna di inciampare.
Con quale forza potevano allontanarsi, quando l’ossigeno era appena tornato ad albergare nei loro polmoni?
Come avrebbero potuto fermarsi, proprio in quel momento, dove la vita si faceva sentire di più e scorreva come uno spirito libero nelle loro vene?
Con quale coraggio potevano dire basta e far morire quel momento tanto perfetto da sembrare irreale, dove le labbra correvano a cercare compagne con le quali congiungersi, dove le mani non smettevano di viaggiare sul corpo dell’altro?
Come potevano scogliere quell’abbraccio, quel riparo che si erano creati dopo essere arrivati al culmine del piacere?
No, non erano da cuori e fiori, ma ciò non significa che non si amassero tanto da star male.
“Ho dei dubbi quando sono sola”.
Non le serviva parlare ad alta voce, le bastava un sussurro, un fiato uscito con calma capace di arrivare al cuore di lui senza alcuna difficoltà.
Era piena di dubbi, troppi e velenosi quanto l’arsenico.
Le suonavano fin troppi campanelli d’allarme, in testa, quando lui rientrava a tarda notte, troppi dubbi la svegliavano a suon di schiaffi ed insinuazioni sputate in faccia.
Crudeli e brutali erano i suoi dubbi, capaci di corroderle le ossa e di incatenarle il cuore con l’orgoglio.
Ma non è questo ciò che, in realtà, è l’amore?
L’amore è un campanello, il telefono pronto a squillare nel cuore della notte, per strapparti ai tuoi sogni già inquieti, popolati da falsi angeli, per farti arrivare a mattina con il fiato corto e le certezze morte sul cuscino, insieme alle lacrime che non vorresti versare, ma che son lì a ricordarti quanto puoi essere debole.
Aveva tanto desiderato che fosse stato il suo angelo a svegliarla, quella notte, invece di tutte quelle cazzate che le frullavano per la testa.
Quanto avrebbe voluto privarsi di quella cazzo di testa per qualche ora, anche lei. Sarebbe stato tutto più semplice, più istintivo, con il solo cuore a comandare tutto l’organismo, senza l’intromissione del suo cervello fottuto dal sospetto e dall’orgoglio.
Non si sarebbe lamentata, avrebbe accolto il suo angelo con un sorriso ancora addormentato in volto, per poi svegliarsi pian piano grazie ai suoi baci.
Ed allora sarebbe montato il desiderio, si sarebbe fatto preda di entrambi ed avrebbe mandato tutto a puttane, contegno e galateo compresi.
Ma chi sta ancora a guarda il contegno, quando si tratta di amore?
Ed il suo amore era un angelo mascherato da desiderio, con quegli occhi capaci di farla sentire la persona più importante della terra, l’ancora di salvezza senza la quale sarebbe affondato.
La realtà è che lei sarebbe affondata, non lui.
Lui l’avrebbe superato, ma lei no. Quando mai le sarebbe capitato di conoscere una persona anche solo lontanamente simile a lui?
“Puoi avere tutti i dubbi che vuoi, urlarmi in faccia qualunque cosa, ma io tornerò sempre”.
Gliel’aveva sussurrato all’orecchio, Jared, quasi fosse un segreto, quando in realtà era un particolare ben noto ad entrambi e a quella stanza che di loro aveva vissuto tutto.
Le aveva carezzato il viso con gli occhi, scavato il cuore con lo sguardo, solamente per poterla vedere indifesa tra le sue braccia, senza parole per la sua sincerità. Funzionava sempre, la sincerità.
Era troppo fragile, lei, quando Jared decideva di mostrarle chiaramente i suoi sentimenti, altrimenti non si sarebbe fatta più piccola e non si sarebbe stretta a lui, senza smetterete di osservarlo.
“Potrà mai diventare più semplice, tutto questo?”.
A volte le sue domande lo destabilizzavano. Perché l’unica risposta plausibile era proprio quella che non voleva sentirsi dire, perché a volte la sincerità faceva anche male.
Per questo motivo, a volte, mentiva, anche se serviva davvero a poco: lei lo conosceva fin troppo bene.
“No, non sarà mai più semplice”, rispose, lui, passandole una mano tra i capelli. “Ma non saremmo noi, altrimenti, e preferisco che sia complicato e vero, piuttosto che semplice con falsi sentimenti”.
“Allora sarà più semplice adesso, qui nel nostro letto, finché il mattino non arriverà”.
Lei aveva ragione, aveva sempre ragione su tutto. E l’aveva sempre avuta, anche quando gli aveva urlato in faccia che era un idiota rincoglionito dai sogni e dalla speranza.
Aveva avuto ragione soprattutto quella volta, altrimenti in quel momento non avrebbe imprigionato ancora una volta le labbra di lei con le sue.

With love we sleep
With doubt the vicious circle
Turn and burns
Without you I cannot live

Con l’amore avevano dormito, incatenati dai loro respiri e dai loro battiti che, diversamente, avrebbero cessato di utilizzare la cassa toracica come un rullante da batteria.
Erano arrivati a mattina, con poche parole, pochi discorsi inutili, pochi sprechi di fiato. L’ossigeno serviva loro solamente per riprendersi dopo essersi esplorati per l’ennesima volta.
No, non avevano abbandonato i dubbi, e non potevano nemmeno farlo: erano un continuo percorso in bilico, sul filo del rasoio, loro due.
E la caduta non era piacevole, qualunque parte decidessero di scegliere.
Avevano continuato ad alimentarsi di dubbi, mentre facevano finta di dormire e con i dubbi il circolo vizioso girava e bruciava, e corrodeva la loro determinazione. Perché sarebbe potuto accadere qualunque cosa che loro si sarebbero sempre ritrovati, l’uno sarebbe sempre tornato dall’altra e viceversa, perché non avevano le palle di smettere di amarsi, di liberarsi da quel gran peso che li opprimeva.
Preferivano morire schiacciati dai sentimenti, finire in poltiglia, piuttosto che crepare nel sonno a novant’anni in un letto di un ricovero.
Sarebbero morti giovani, ribelli e liberi. E se anche avessero vissuto un secolo, sarebbero morti giovani dentro. Perché la sensazione di libertà alimenta l’anima, anche quando cominci ad avere bisogno di un sostegno per camminare. L’amore alimenta l’anima e rende giovani, anche quando a volte fa male.
Si continua a preferire quel male, perché qualsiasi altro sarebbe nulla in confronto.
Preferivano quella vita piena di dubbi e parolacce gridate in faccia, litigate alle due del mattino e il sesso sul tavolo della cucina, far la pace solo con uno sguardo, perché quello bastava a comprendersi, perché l’una senza l’altro non avrebbe potuto vivere.

Because tonight there are two lovers
If we believe in the night, we trust

C’erano due amanti. Pazzi e dubbiosi di ciò che provavano, mentre l’amore scorreva nelle vene, nei capillari, fin giù alle dita dei piedi.
C’erano due amanti che risolvevano tutto con la passione, che avrebbero rovesciato il mondo intero pur di continuare a trovarsi ed a ritrovarsi, ancora ed ancora.
C’erano due amanti che non erano fatti l’uno per l’altra, assolutamente, ma che preferivano di essere assolutamente sbagliati che assolutamente scontati.
Perché quella notte c’erano due amanti che avevano rovesciato il mondo per trovare l’ennesimo motivo per restare insieme, ed avevano creduto in quella notte che li aveva riavvicinati.
L’ennesima notte, l’ennesimo riavvicinamento.
L’ennesima litigata trasformatasi in fumo davanti a tutto quello. Perché parole dette di traverso non meritano di restare davanti ad un sentimento tanto puro, tanto malsano e cattivo, tanto stronzo da rincoglionire chiunque gli capiti a tiro.
Tutto diventa fumo.
E loro avevano creduto in quel fumo che si era dissolto per l’ennesima volta: lo avevano visto volare via, scomparire dalla loro vista per poi ritrovarsi davanti gli occhi dell’altro, le labbra dell’altro, il cuore dell’altro servito su un piatto d’argento, come per dire tieni, fanne quello che vuoi. Ormai peggio di così non può andare.
Si erano fidati di quel fumo e di quella notte, che aveva messo al posto giusto tutti i tasselli del puzzle. Come se bastasse così poco a cancellare tutto il resto, ma per una notte poteva bastare.
Si erano detti che, se avessero creduto in quella notte, si sarebbero fidati. Si sarebbero amati, si sarebbero odiati… tanto, che differenza avrebbe fatto?
Per loro nessuna: tra odio e amore resta una linea tanto sottile da sembrare invisibile. Per loro non esisteva affatto.
Era tutto mescolato in un unico assurdo sentimento che li distruggeva dentro, che li rimetteva in sesto ogni volta e che poi ricominciava da capo.
Si amavano, si odiavano. Erano loro stessi, quella notte!
Perché la notte appartiene agli amanti!
“Perché la notte appartiene a noi”.

  
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