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Autore: A_Typing_Heart    20/02/2015    3 recensioni
Nella cornice di un Giappone moderno schiacciato dalla tirannia di un regime militare Hibari Kyoya e Rokudo Mukuro si ritrovano a inseguire i propri ideali di giustizia e libertà su fronti opposti. Hibari è pronto a separarsi da Mukuro in nome della legge, dell'ordine e della disciplina, lasciando il suo cuore imprigionato in un gelido inverno. Ma altri sono pronti a dare la vita affinchè torni a soffiare un vento carico di petali di ciliegio...
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Kyoya Hibari, Mukuro Rokudo, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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-Che cosa sta succedendo qui?-
Al suono di quella voce aspra Mukuro sussultò e ritrasse di scatto le braccia alzando lo sguardo innaturalmente lacrimoso su una guardia davanti al vetro. Hibari si voltò e guardò la guardia, un ragazzo piuttosto giovane con la pelle butterata e una brutta cicatrice che gli spezzava il sopracciglio folto. Era più basso di lui e tarchiato. Aveva l'impressione di averlo già visto, forse durante qualche ricorrenza della milizia, o magari la cerimonia dell'accademia, non lo ricordava. Mukuro spostò gli occhi dalla guardia a Hibari con un senso di confusione, non serviva avere percezioni mistiche per capire che era troppo spaventato per riflettere. Hibari non poteva contare su di lui, se voleva salvarlo doveva mettersi nell'ottica di agire da solo. E non avrebbe dovuto essere troppo difficile, era abituato a farlo fin da quando era bambino.
Non fu impegnativo ritrovare quell'istinto naturale. Mukuro aveva forse delle doti spiritualmente elevate, aveva probabilmente un cervello più fino, una conoscenza più vasta e una dialettica più efficace di quella di Hibari, ma adesso non avevano bisogno di altro che delle doti di Kyoya. Quando la guardia si precipitò dentro la cella impugnando una pistola il corpo di Hibari reagì istintivamente, prima che il suo cervello potesse analizzare la situazione. Gli afferrò il polso sbattendolo contro la parete e puntando l'arma verso il soffitto prima di sferrargli un violento colpo di gomito alla gola. Boccheggiando, la guardia allentò la presa sul calcio. Hibari gli afferrò la testa e la girò con tutta la forza che aveva. La spina dorsale all'altezza del collo produsse un orrendo scricchiolio e il guardiano con la cicatrice si accasciò sul linoleum, gli occhi spalancati ma vitrei.
Un colpo di pistola fece sobbalzare Hibari e si accorse che l'arma era ancora nella mano del morto, che forse per un riflesso delle dita del cadavere o per la caduta aveva sparato un colpo. Più di un prigioniero nelle celle vicine trasalì e si rincantucciò in un angolo.
-Mukuro! Mukuro, stai bene? Ti ha colpito?-
Con suo immenso sollievo Mukuro scosse piano la testa e indicò il proiettile, che si era conficcato nel muro azzurrino della cella mancandolo di un metro abbondante. Hibari si concesse appena un sospiro di sollievo, un attimo per riordinare le idee. Prese la pistola da terra e controllò che fosse carica, fatta eccezione per il colpo appena esploso. Quel rumore ne avrebbe attirati altri e anche se non gli era mai piaciuto sparare, anche se l'uso di armi da fuoco per lui era da vigliacchi non era il momento di fare gli eroi e di morire stupidamente, perchè Mukuro non aveva nessun'altra possibilità di uscire vivo da lì se non se ne fosse occupato lui quella stessa notte.
-Dobbiamo uscire da qui e dobbiamo farlo insieme, quindi voglio che mi ascolti molto bene, Mukuro.-
-Sto ascoltando, Kyoya.-
Hibari seppe che Mukuro gli prestava la massima attenzione. Erano le stesse parole che gli aveva rivolto la notte dell'incidente al settore sette di Namimori, quando aveva annunciato di dovergli dire qualcosa di importante. Anche il suo tono era lo stesso ed era un confortante ritorno alla calma.
-Hanno mandato quello a controllare che io stessi bene e che fosse tutto in ordine... ma quello sparo ne porterà altri... dobbiamo sbrigarci e uscire prima che risolvano il problema di sopra.-
-Quante possibilità abbiamo?-
-Io e te insieme abbiamo tutte le possibilità dell'universo.- rispose Hibari, sfilandosi il cappotto. -Mettiti questo, fuori fa un freddo tremendo.-
Hibari si voltò per darglielo quando notò la sua strana espressione facciale. Non ricordava gli fosse mai capitato di vederlo con un'aria tanto infantile, in quel momento assomigliava a Chrome più che mai. Subito dopo, quando si accorse di essere guardato, arrossì, distolse lo sguardo e prese il cappotto.
-Beh, che c'è?-
-Hai... hai detto una cosa carina...- farfugliò lui sempre senza guardarlo. -Non mi avevi mai detto niente di simile prima...-
-Beh, io ho il fisico e le armi, tu hai il cervello e la lingua, direi che siamo a cavallo.-
-Oh, Kyoya, non è vero, non intendevi dire questo...-
-Finiscila, ti sembra il momento?- sbottò Hibari, uscendo dalla cella arma in pugno per nascondere l'imbarazzo e forse un rossore sul viso. -Siamo nel mezzo di un'evasione storica, chi se ne frega di cosa intendevo dire?-
-Neh, Kyoya...-
-Sta' zitto, Mukuro, non voglio parlarne.-
-Kyoya, forse è meglio andare di qua.- insistette lui indicando un corridoio angusto. -C'è un passaggio che scende nel garage, forse è meglio che uscire a piedi per l'ingresso principale...-
-Che cazzo, chi è che ti sta facendo evadere? Decido io!-
-... Scusami, Kyoya.-
-... Da che parte, di qua?-
Hibari spinse Mukuro nel corridoio guardandosi accuratamente le spalle. Non gli piaceva l'idea di prendere quella strada, era il solo armato e potevano sopraggiungere guardie carcerarie sia dal corridoio che avevano appena lasciato sia di fronte a loro. La situazione non gli piaceva, ma dopotutto con un'evasione di massa in corso era più sensato provare a sfondare i posti di blocco con un veicolo piuttosto che tentare arrampicate sui muri. Quando furono in vista della scala che scendeva Hibari passò davanti a Mukuro.
-Vado avanti io... controlla se qualcuno ci segue.-
Mukuro gettò un'occhiata al corridoio deserto e seguì Hibari di sotto. Il suo passo era totalmente silenzioso, ma quelli di Hibari erano davvero rumorosi nonostante tentasse di soffocare lo scricchiolio. Alla fine della scaletta però nessuno era particolarmente allarmato, c'erano due guardie sedute ad un tavolino dentro un gabbiotto e un terzo che gli andò incontro.
-Signore, nessuno può lasciare il carcere finchè l'allarme arancione non rientra.-
Subito dopo lo sguardo dell'uomo si posò su Mukuro e Hibari capì che lo aveva riconosciuto. Prima ancora che spostasse la giacca per prendere l'arma Kyoya sparò due colpi dritti alla sua fronte. Il misero involucro si accasciò sullo schizzo del suo stesso sangue sul pavimento. Un momento dopo altri cinque colpi mandarono in frantumi il vetro del gabbiotto e colpirono gli ignari giocatori di Go seduti al tavolo, che si accasciarono sulle pedine. Hibari attese, arma fumante in mano, di sentire altre voci o passi, ma il silenzio era totale in quel momento. Abbassò la pistola e andò al quadrante delle chiavi.
-Kyoya, ma che diavolo stai facendo?-
-Ti sto salvando.-
-Perchè hai ucciso questi uomini? Non aveva il tempo di prendere quell'arma, perchè non gli hai solo intimato di lasciarle a terra?- protestò lui, seguendolo nel parcheggio. -Disarmati potevano essere chiusi dentro un ripostiglio, o...-
-Non ho nessuna intenzione di prendere dei rischi, Mukuro!- l'interruppe lui. -Non abbiamo tempo per questo, non possiamo prendere ostaggi perchè nessuno di loro vale quanto te, li ucciderebbero subito! Io devo portarti fuori di qui e non mi interessa se per farlo devo uccidere dal primo all'ultimo questi fottuti bastardi!-
-... Hai ucciso delle persone...-
-Ne ho uccise molte altre in questi anni senza nemmeno sospettarlo, e tu lo sai! Ho ucciso decine di persone pensando di farlo per una giusta causa!- sbottò Hibari aprendo la portiera di un fuoristrada grigio. -Se sono stato capace di uccidere per loro e non lo sono per salvare te tanto vale che mi spari dritto in testa e la faccia finita!-
Mukuro non disse niente ma per un attimo gli ricomparve la stessa espressione infantile di poco prima. Stavolta non arrossì, ma distolse comunque gli occhi, studiando con forzato interesse la propria immagine nello specchietto.
-Ora sali su questa cazzo di macchina o ti giuro che ti lego con le catene da neve e ti chiudo nel bagagliaio.-
Senza aggiungere altro Mukuro salì al posto del passeggero e si allacciò la cintura di sicurezza. Hibari non ne era del tutto sicuro, ma gli era parso di vedere un sorriso appena accennato sul suo viso prima che lo sportello si richiudesse. O forse lo aveva soltanto immaginato?
-Kyoya, posso farti una domanda?-
-È necessario e inevitabile?- disse lui mentre accendeva l'auto e armeggiava con i comandi.
-Beh, abbastanza...- disse lui apprensivo, guardandolo con aria nervosa. -Io... beh, io credevo che tu non avessi la patente.-
-Infatti non ce l'ho.-
In quel momento l'auto fece un balzo in avanti e per poco non urtò l'auto della fila di fronte. Mukuro si aggrappò al cruscotto e dette un'altra occhiata nervosa a Hibari, che stava cercando di riordinare le idee borbottando sottovoce l'elenco delle cose da fare come uno studentello di scuola guida il giorno dell'esame. Intanto tentava anche di ingranare la retromarcia.
-Kyoya, magari guido io, che ne dici...?-
-So guidare benissimo, ho fatto un sacco di simulazioni, è che non conosco questa macchina! Sta' zitto e fammi concentrare!-
-Oh, mamma, aiuto...- borbottò Mukuro aggrappandosi al poggiatesta con entrambe le mani e chiudendo gli occhi. -Non voglio morire in un incidente in un garage, è troppo umiliante...-
Subito dopo l'auto slittò indietro, si liberò dalla scomoda posizione fra i due pick up parcheggiati ai lati e si avviò dritta e sicura verso il portello d'uscita che si stava sollevando lentamente. Hibari teneva gli occhi sul percorso ma notò lo stesso con la vista periferica Mukuro che apriva un occhio, si guardava attorno e apriva anche l'altro. Notò soprattutto l'aria sorpresa che aveva.
-... Sai guidare...-
-Te l'avevo detto, idiota.- fece lui, facendo grattare il cambio. -Aah... dannato cambio manuale...-
-Ehm, vuoi che ti dia una mano con...?-
-Se vuoi darmi una mano chiudi quella dannata bocca e fingi di non esistere.-
L'auto percorse l'accesso laterale e si fermò in mezzo al cortile, in vista del primo posto di blocco. In lontananza era appena visibile il secondo e oltre, al di fuori della scarsa visibilità notturna, doveva esserci il primissimo cancello della recinzione elettrificata. Hibari mise la pistola in grembo a Mukuro.
-Dopo che avremo sfondato il secondo blocco c'è la rete elettrificata, e se la tocchiamo con la macchina forse saltiamo in aria.- disse, con un inquietante sorriso. -Dal tuo lato al secondo blocco c'è il pulsante che apre il cancello, devi premerlo o siamo fregati.-
-Ahm... Kyoya... perchè stai sorridendo in quel...?-
-Tieni la testa bassa per adesso.- disse lui, ingranando la marcia e facendo rombare il motore della macchina mentre il suo sorriso si allargava. -Ho sempre sognato di farlo.-
Mukuro lo fissò per un momento prima di sospirare con aria rassegnata.
-Lo sai che faranno l'impensabile per fermarci, vero?-
-Deve ancora nascere il figlio di puttana che ferma Hibari Kyoya su una 4x4 blindata!-
Hibari diede solo un'ultima occhiata a Mukuro, che gli stava ricambiando lo sguardo e sorrideva. Sorrideva come faceva spesso da ragazzino quando si metteva in testa di fare qualcosa di divertente, che di solito equivaleva a qualcosa di illegale e di molto pericoloso. Forte del suo consenso e fiducioso anche soltanto del fatto di averlo di nuovo accanto, Hibari schiacciò l'acceleratore.


Un'ora più tardi il fuoristrada grigio proseguiva a moderata velocità su una strada secondaria e deserta, coperta da uno strato quasi intatto di neve. Hibari guardava nello specchietto retrovisore ogni dieci secondi circa come se avesse un tic, ma la strada era del tutto sgombra. Essendo così buia avrebbe potuto individuare ogni veicolo a distanza di un chilometro, era sicuro che non li stessero seguendo, ma non poteva fare a meno di essere nervoso. Prese un profondo respiro, guardando la strada. Era riuscito a far evadere Mukuro dalla bocca dell'inferno, tutto da solo, senza un piano. Mukuro era libero. Non potè non sorridere a quel pensiero e lo guardò: stava raggomitolato nel cappotto che gli aveva dato, con l'aria che gli sferzava in faccia dal finestrino rotto.
-Hai freddo?-
Mukuro si riscosse dalla sua assorta contemplazione del paesaggio selvatico e buio e lo guardò con un momento di smarrimento, prima di scuotere la testa e abbozzare un sorriso.
-No, sto bene.-
-Mi spiace per il finestrino... mi fermo un attimo, così puoi sederti dietro.-
-No... voglio stare accanto a te.-
Hibari, che era stato sul punto di fermarsi, scrollò le spalle con finta disinvoltura e riprese velocità. Non poteva certo far finta di non aver sentito la dolcezza del tono e la fermezza del desiderio, ben distante dall'essere un capriccio. Occhieggiò furtivamente Mukuro ancora una volta, guardandolo tornare al paesaggio. Sorrideva, ma aveva anche una strana espressione tesa, preoccupata. Certo che ce n'erano parecchi di motivi per essere angosciati e Hibari non sapeva indovinare quale lo stesse affliggendo. Avrebbe voluto dire qualcosa, dopo un'ora o quasi di silenzio, ma non sapeva decidersi. Gli ricordava tanto quella volta in cui all'accademia militare era uscito una sera con una ragazza, la ragazza più ammirata di tutte. Era davvero bellissima, ma ci era uscito quasi per caso. Per gran parte della serata erano stati insieme senza dirsi niente e guardandosi a malapena, e ovviamente non c'era stata una seconda volta. Gli sembrava di essere tornato a quell'episodio.
-Sai... pensavo...- disse all'improvviso Mukuro. -È davvero da tanto tempo che non stiamo insieme così a lungo... voglio dire... non ricordo quando è stata l'ultima volta che abbiamo passato un'ora intera insieme...-
-Alla fioritura, credo.- disse Hibari, che nelle ultime settimane ci aveva pensato molto, sveglio o dormiente che fosse. -Alla fioritura a Namimori... siamo... stati insieme nel parco, vicino al ponte.-
-Ah... ah, sì...- fece l'altro, sorridendo. -Siamo stati lì fino al calare del sole... un record, direi, come ho fatto a non ricordarlo?-
-Beh, non so se vale, più che altro abbiamo dormito.-
-Se fosse stato per me avremmo fatto molto di...-
-Mukuro, finisci quella frase e ti calcio giù dalla macchina.-
-Ma...-
-E poi ingrano la retro e ti passo sopra.- aggiunse Hibari.
Mukuro scoppiò a ridere e Hibari non potè non sorridere a quel suono. Era davvero tanto tempo che non lo sentiva ridere, e ormai anche le risate non erano un suono usuale nella sua vita. Ovviamente una persona normale avrebbe preso seriamente le sue minacce, ma Mukuro ci era abituato, sapeva che era il suo modo di fare e il suo divertimento lo dimostrava.
Prestò attenzione alla strada quando i fanali illuminarono un bivio poco distinguibile e svoltò, imboccando una strada se possibile ancora più stretta e solitaria. La neve che la copriva era intatta. Solo quando vide un vecchio cartello di legno con il nome Yamazawa tracciato da una pittura scolorita seppe di essere sulla strada giusta. Si tastò le tasche della giacca con la mano e prese un pacchetto di sigarette accartocciato, sfilandone a fatica una.
-Kyoya, tu fumi?-
-Ho cominciato quando ho fatto il tirocinio ai servizi interni, per il nervoso che mi faceva venire la capitana... poi ho praticamente smesso, non posso fumare al lavoro e nemmeno a casa... per gli animali, sai, gli dà fastidio.-
Hibari si girò verso di lui con la sigaretta in bocca e Mukuro gliela accese con l'acciarino color fucsia fluo che stava dentro il pacchetto. A sua volta ne prese una e se l'accese.
-E tu da quando fumi?-
-Oh, beh, da quando andavo al liceo... poi ho smesso, risparmiavo tutti i soldi possibili per l'università, e dopo... beh... hai visto in che condizioni vivevamo, non mi potevo permettere il tabacco.- disse Mukuro prima di prendere un tiro e lasciarlo andare lentamente. -Ah... mi è mancato un sacco... se solo avessi anche del cioccolato, poi morirei contento...-
Era proprio strano essere lì, su una strada isolata in piena notte a fumare insieme a Mukuro e a parlare come se non avessero appena realizzato una folle scena da film d'azione che probabilmente sarebbe stata su tutti i giornali e sui libri di storia contemporanea negli anni a venire. Fumando però Hibari si sentiva più rilassato. Aveva smesso di guardare nello specchietto e non sentiva nemmeno più quell'atmosfera pesante nel silenzio. Azzardò un'occhiata dalla parte di Mukuro e sorrise vedendolo fumare, muoveva le labbra in modo insolito quando prendeva il tiro. Un attimo dopo si accorse che lo sguardo era ricambiato.
-Che hai da ridere?-
-Non sto ridendo, sto sorridendo.- precisò Hibari. -Sorrido perchè è come se ti vedessi per la prima volta... sei lo stesso di prima ma non lo sei più... non sapevo che fumassi... che fossi andato all'università... e non sapevo che parlassi di me con Chrome... tante altre cose che hai fatto e io non ne sono al corrente, è come doverti conoscere di nuovo... sorrido perchè posso farlo...-
Mukuro sorrise appena, ma dall'ombra che gli era passata in volto al nominarla Hibari sapeva che cosa stava per dire.
-E Nagi... Nagi come sta?-
-Sta bene... le ho parlato due giorni fa... si sentiva sola ed è stata contenta di venire a vivere con me.-
-Co... eh? Nagi vive con te?-
-Beh, si è trasferita stamattina... in questo momento starà dormendo nel mio letto... almeno, spero stia dormendo e che non sia sveglia, le ho detto che avrei fatto molto tardi... non credo che mi aspetterà...-
Mukuro fece un suono indefinito di disapprovazione e l'espressione di Hibari si fece seccata. Lui piantava tutto all'improvviso lasciandola sola e poi gli veniva in mente di lamentarsi perchè viveva con lui? Si voltò per dirgliene quattro quando si accorse che dentro il pacchetto ammaccato delle sigarette Mukuro aveva trovato un bigliettino di un locale e aguzzando la vista poteva scorgere la silhouette di una ballerina avvinghiata ad un palo. Il modo in cui lui lo guardò in faccia lo fece sentire in colpa anche se non aveva fatto niente di male.
-Quindi adesso sono questi i tuoi gusti, Kyoya?-
-Non... non è mio quel coso, lo giuro.-
-Era nel tuo pacchetto di sigarette!-
-Non è mio il pacchetto, l'ha lasciato Matsu sul tavolo...-
-E questo chi è?- soffiò Mukuro, nel vano tentativo di dissimulare la sua gelosia. -Kyoya, mi sembra che la tua primavera abbia un po' troppi fiori, lo sai?-
-No, ma che... ha la scrivania davanti alla mia, è un mio senpai!- protestò Hibari.
-Prima Tanaka Saeki, poi scopro che vivi con Nagi e poi quest'altro chi diavolo...-
-Mukuro.- l'interruppe lui. -Che fine ha fatto la politica del "ti sei innamorato di nuovo, per me è sufficiente"?-
-Ma stavo per essere condannato a morte, ti pare che ti avrei detto che non ero felice che tu fossi di qualcun altro quando io stavo per essere ucciso?- fece Mukuro piccato. -Io non sopporto l'idea che tu sia di qualcun altro, non importa chi sia, anche se fosse un'altra persona che amo.-
Hibari non rispose, limitandosi a guidare più piano e guardare dal finestrino alla ricerca di un segnale qualsiasi che gli indicasse la posizione precisa. Erano molto vicini alla loro destinazione finale, restava solo da capire esattamente dove lasciare la strada. Mukuro, sul sedile accanto, si stava stringendo addosso il cappotto, ma non per il freddo: lo aveva notato mordicchiarsi il labbro.
-Avrei solo voluto... che fosse tutto diverso... se l'Haido non fosse mai arrivato, dove saremmo noi due ora? Che cosa saremmo stati?-
Hibari fermò la macchina e aprì lo sportello senza rispondere a quella domanda che, in fondo, risposta non poteva avere. Smontò dall'auto e guardò verso Mukuro. La sua espressione seria diventò un sorriso e gli offrì la mano.
-Vuoi scoprire dove siamo adesso?-
Mukuro lo guardò con aria sorpresa e dopo un istante di smarrimento annuì. Gli prese la mano scavalcando il sedile del guidatore e uscì dalla macchina guardandosi intorno. Non c'era nulla intorno a loro, c'era la carreggiata poco distante e un immenso blu opaco e sfocato che li isolava dal resto del mondo. Un folata di vento gelido scompigliò i suoi capelli mentre continuava a cercare di capire che cosa facessero lì. Poi lui chiuse gli occhi e avvicinò le mani alle orecchie, ascoltando concentrato, prima di sorridere.
-Sento il mare...-
-Ce la fai a resistere... sei minuti?- chiese Hibari guardando l'orologio.
Mukuro annuì vivacemente e la sua espressione era più che mai simile a quella di un bambino che aspetta la mezzanotte per aprire i regali di Natale. Restò seduto sul sedile per non tenere i piedi nudi sul sottile strato di neve che copriva il terreno e attesero in silenzio mentre il cielo schiariva, passando dal blu cobalto all'azzurro annacquato e infine all'oro, al rosa e al violetto mentre la sfera del sole, di un arancio intenso, sorgeva dal mare tingendolo di luci mosse sulle onde. Nonostante il vento freddo era uno spettacolo incredibile, impossibile da immaginare per Hibari che non aveva mai visto il tramonto o l'alba sul mare se non in fotografia. Solo quando il disco del sole fu rimpicciolito e di un giallo più chiaro distolse lo sguardo per guardare Mukuro. Con sua sorpresa, si stava asciugando gli occhi con la manica.
-Perchè proprio adesso?- domandò con un filo di voce.
-Quando l'hai proposto era piena estate... ma per la situazione in cui siamo ora, non so se la prossima estate saremo ancora vivi... e saremo ancora in grado di vedere l'alba sul mare.- disse Hibari con pacatezza. -Ci daranno una caccia spietata, non si possono permettere di lasciar scappare il loro peggior nemico dalla prigione più sorvegliata dello stato.-
Mukuro annuì con aria vagamente triste e strisciò sul sedile accanto, lasciando il posto libero a Hibari. Però lui non aveva finito, gli restava ancora qualcosa da fare. Si avvicinò con cautela al bordo roccioso della scogliera. Il vento soffiò forte, come a convincerlo che era giusto. Il cappello della milizia volò via dalla sua testa cadendo alle sue spalle mentre sfidando il gelo sbottonava la giacca e la sfilava. La guardò con sentimenti contrastanti. Aveva tanto desiderato quell'uniforme, una divisa grigio antracite da ufficiale, con gli stemmi ricamati, la medaglietta da tenente e le stelle da capitano... credeva che una volta indossata avrebbe coronato il suo sogno, avrebbe reso la sua città la più bella e giusta città del mondo intero, e invece aveva solo vissuto in un'enorme bugia. Senza indugiare oltre la scagliò davanti a sè, il vento ne spalancò le maniche come un uccello che prende il volo e quella cadde lentamente nel mare, dove fu inghiottita dalle onde.
   
 
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