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Autore: Nor    06/12/2008    0 recensioni
Mi hanno detto che col tempo passerà, mi hanno detto che col tempo il dolore lascerà spazio al ricordo. Come se il freddo pungente e la forza che mi ribollono dentro potessero accogliere un certo tempore, fino a far diventare quasi piacevole questa sensazione.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Utopia

Mi hanno detto che col tempo passerà, mi hanno detto che col tempo il dolore lascerà spazio al ricordo. Come se il freddo pungente e la forza che mi ribollono dentro potessero accogliere un certo tempore, fino a far diventare quasi piacevole questa sensazione.
Mi hanno detto che esternare lo strazio è inutile. Che quel dolore mentale e fisico che provo ora non porterà alcun bene, che è meglio evitare, che dovrei cercare di sopprimerlo. Come potrei cercare di sopprimere quei mille aghi che sento traforarmi in tutto il corpo quando sento semplicemente il tuo nome? Fingere, fingere, fingere. Non possiamo fare altro. Fingere che non sia successo. Sembra anche facile, quando tutti sanno, e nessuno parla di te, e nessuno parla di qualcosa che possa portare a galla il tuo ricordo, e con esso i mille aghi. Basta una semplice parola. Pistola. E puff, tu torni. E non penso che sarà mai un ricordo piacevole. E correre, correre a nascondersi, perchè come mi è stato insegnato, fingere è meglio che essere. Ma come posso evitarti, quando tu torni sempre? Come se non te ne fossi mai andata. Ma io in fondo lo so, lo so che non ci sei più. Lo so che non c'è più nulla qui di te.
Ad anatomia ci hanno dato una scatola con dentro uno scheletro. E' una scatola di cartone, di quelle che gettano fuori dai negozi. La mia conteneva dei detersivi. Questo scheletro non è di plastica come quelli che ero abituata ad usare: è uno scheletro umano. Si capisce che quest'uomo era anziano al momento della morte, la sua fronte bombata mi incute terrore, le sue ossa sono così sottili e fragili che ho il sospetto che l'osteoporosi gli abbia dato parecchi problemi. Chissà se un giorno anche il tuo scheletro finirà in una scatola. Di certo le tue ossa saranno belle spesse. Potresti però rendere difficile il lavoro quando chi prenderà la tua scatola di cartone dovrà studiare le ossa dello splancnocranio e del neurocranio: ci sarà un bel buco in mezzo. Lui, diversamente da come succede a me col mio anziano, non avrà dubbi sulla tua morte.
Chissà com'è il tuo corpo ora. Me lo chiedo spesso. Quando non c'è nessuno, penso a come sei, a come saresti, a com'eri. Mi torna il mente il tuo profumo, quella fragranza che a me ricordava l'odore delle falegnamerie, del legno fresco. E non ho paura di esternare lo strazio quando sono sola, non ho bisogno di nessuno che mi ricordi di te. Per questo mi dicono di distrarmi, di parlare, di conoscere nuove persone. Perchè da soli è più semplice essere sè stessi. E quindi tutti vorrebbero farmi brillare di luce riflessa. Ma sai che c'è? Che alla fine tu torni sempre. Se non è il tuo profumo, è il colore dei tuoi occhi, o la musicalità della tua voce. E torni sempre nello stesso punto della testa, che non potrò trovare nemmeno io anche se il cranio del mio anziano è perfetto e ha tutte le ossa al loro posto. Forse si trova proprio lì. Forse è quello che tu hai voluto mandare via, ma in me c'è ancora. E lì ci sei tu, che esisti ancora. Sì, dev'essere proprio fra splancnocranio e neurocranio, quel posto chiamato utopia.
  
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