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Autore: Root    21/02/2015    7 recensioni
Avevo una cotta per te. Sei carino, ma non sei il mio tipo.
Quelle parole, Nico se ne rendeva conto perfettamente, non riuscivano neanche ad avvicinarsi a quel che erano i sentimenti che aveva provato per Percy. In quelle poche, insulse parole non era presente tutto il dolore che il figlio di Ade aveva provato, tutto quel che aveva fatto per Percy, tutto quel che aveva desiderato e non aveva mai potuto avere.
Eppure, fu proprio quel che disse.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mentre scrivevo questo capitolo mi sono accorta di una cosa, all'improvviso, e cioè che Percy teoricamente non dovrebbe stare al campo (???). Sono passati mesi dalla fine della guerra, e Percy è sempre stato lì, anche se sarebbe douto essere a casa, in teoria. Ooops, chiedo scusa. Ma poiché il signor Jackson mi serve al campo con Nico, noi facciamo finta che si sia tipo preso un anno sabatico, okay? xD
E, un'altra cosa: siamo a più di 20.000 parole!!!!!!!!!!! E' la cosa più lunga che abbia mai scritto e sono indicibilmente orgogliosa di me stessa. Vi devo ringraziare tantissimo, perché leggere i vostri commenti mi rende felicissima e mi fa venir voglia di continuare. Grazie, vi voglio bene <333
Ora vi lascio, spero vi piaccia anche questo capitolo!~


 

Continuare a ripercorrere mentalmente quel che era avvenuto nel bosco non aiutava Nico a capire come stessero le cose tra lui e Percy; continuare a perdersi nella sensazione di averlo così vicino e continuare pensare alle sue parole, ripetendole ancora ed ancora, non faceva altro che confonderlo di più.
Percy aveva detto dopo non sapere cosa provasse per lui; Nico non riusciva ad impedire al suo cuore di accelerare -o di fermarsi completamente, non ne era sicuro- ogni volta che ci pensava. Percy lo aveva guardato dritto negli occhi e Nico non avrebbe voluto altro che eliminare completamente la distanza che li separava, annullare quella lontananza tra di loro che gli era sempre parsa incolmabile e che adesso si stava facendo più piccola; tanto piccola che Nico avrebbe potuto tendere una mano verso Percy, afferrarlo e non lasciarlo andare mai più. Ma, per quanto piccola, quella distanza era ancora lì, e Nico temeva potesse ingrandirsi nuovamente.
Più ci pensava, più l'intera situazione sembrava farsi più difficile. Tutto ciò che Nico sapeva con certezza era che cercare di convincersi di aver superato i suoi sentimenti per Percy era tanto inutile quanto insensato, e lo era stato fin dall'inizio. Glielo dicevano il suo cuore e il suo battito quando anche solo il suo pensiero si soffermava sul figlio di Poseidone e, ormai, anche la sua testa gli suggeriva che, forse, Favonio non aveva avuto completamente torto.
Percy aveva parlato di vero amore, un concetto tanto osannato quanto, probabilmente, ignoto a tutti -mortali, semidei e divinità; Nico non era neanche sicuro che esistesse davvero, né sapeva se il proprio vero amore fosse Percy. Ma c'era una cosa che sapeva e che non poteva più negare, cioè che se non fosse stato lui allora non sarebbe potuto essere nessun altro.
Nico non era stato del tutto sincero con Percy, se ne era reso conto la terza volta che aveva ripercorso esattamente la loro conversazione nel bosco.
Non lo so, gli aveva detto, ma la verità era che Nico lo sapeva, lo sapeva perfettamente, anche se fino a quel momento non se ne era ancora accorto o si era rifiutato di ammetterlo.
Non gli succedeva spesso, ma in quel momento, il figlio di Ade aveva assoluto bisogno di parlare con qualcuno; qualcuno che non fosse se stesso né Percy, il quale avrebbe senza dubbio contribuito a confonderlo ulteriormente.
Andare a confidarsi con Jason gli parve la cosa più logica e naturale da fare, ma non si era reso conto di quanto sarebbe potuto essere difficile trovare le parole giuste ed iniziare effettivamente a parlare. Per fortuna Jason era non solo in grado di guidare una legione in tempo di guerra ma anche -a quanto pareva- di capire Nico semplicemente guardandolo negli occhi.
-Si tratta di Percy?- chiese, quando si rese conto che il figlio di Ade non sapeva bene cosa volesse dirgli, né come farlo.
Per abitudine o per riflesso, Nico fu sul punto di negare ma si trattenne e, invece, annuì.
-Va tutto bene?- chiese di nuovo Jason, con l'aria minacciosa di chi è già sul piede di guerra per far giustizia a qualcuno a lui caro, e si guardò intorno come per cercare Percy e fargliela pagare per qualunque cosa avesse fatto per far soffrire il suo amico. Nico si sorprendeva ogni volta in cui Jason dimostrava di essergli affezionato e ancora non era certo di quando fossero diventati davvero amici e non solamente compagni di sventure. Quindi gli fu grato quando si mostrò disposto a smuovere il mondo per difenderlo, ma dovette fargli sapere che non era necessario.
-Sto bene- disse, -Quindi non c'è bisogno che tu vada a far guerra a Percy.
Jason lo squadrò per una manciata di secondi con occhi scettici. Evidentemente dovette aver accettato le parole di Nico come sincere, perché annuì e tornò a sorridere.
-D'accordo. Ma sappi che puoi sempre contare su di me, in caso sia necessario.
Nico alzò gli occhi al cielo perché, sul serio, le premure del biondo nei suoi confronti potevano essere quasi snervanti. Ma non poteva impedirsi di apprezzarle. -Sì, lo so.
Trovare le parole con sui spiegarsi non era diventato più facile. Sospirò, arrabbiato con se stesso per la sua incapacità di esprimersi.
-Jason io non so che fare- disse, infine.
Jason gli mise una mano sulla spalle, incoraggiandolo a continuare ma senza mettergli fretta. Forse fu quel leggero contatto o semplicemente il fatto che si era tenuto tutto dentro per tanto tempo e la sua testa era satura e desiderava solo dar voce ai suoi pensieri, ma Nico trovò le parole e raccontò a Jason quasi ogni cosa. Quasi. Lasciò da parte le cose imbarazzanti, come il desiderio che aveva provato quando Percy lo aveva abbracciato, il desiderio che il mondo si bloccasse e che gli fosse permesso di restare così per sempre.
É incredibile come parlare con qualcuno possa far sentire incredibilmente più liberi e leggeri, Nico se ne accorse in quel momento; era un po' come se, ora che aveva espresso a voce alta quel che provava era in grado di vederlo più chiaramente.
Jason lo aveva ascoltato con espressione mutevole, dal preoccupato al piacevolmente sorpreso al molto felice fino a tornare al leggermente preoccupato.
- Io pensavo di averlo superato, ero convinto che tutto ciò che provavo per lui fosse sparito, e invece non è vero, non lo è assolutamente.
- Sei innamorato di lui, Nico, non c'è niente di sbagliato.- disse Jason con sicurezza.
Sentir dire da qualcun altro che, sì, lui era innamorato di Percy Jackson e non c'era alcuna possibilità di ritorno, rese in qualche modo tutto più reale. Fino a quel momento era stato un po' come in un sogno, quasi come se non stesse accadendo a lui, ma a qualcun altro; invece era vero, e sentire la voce di Jason che pronunciava quelle parole glielo fece capire fino in fondo.
Nico aveva compreso che non c'era nulla di sbagliato, aveva imparato ad accettare quel che era e che in passato gli aveva reso tanto difficile ammettere i propri sentimenti; ma liberarsi di una convinzione che gli era stata trasmessa quando era piccolo e che aveva permeato il mondo in cui aveva vissuto per i suoi primi dieci anni di vita non era affatto facile.
- Lo so- disse, - Ma non so che fare. Non so come devo comportarmi con lui perché non so cosa siamo.
- Continua a fare come hai fatto finora- gli suggerì Jason.
Il figlio di Giove si fermò un attimo a riflettere prima di riprendere. -Dagli un po' di tempo, Nico. Percy ha paura che il suo cuore gli stia mentendo di nuovo e ha paura di ferirti. Percy deve solo accorgersi di essere davvero innamorato di te, ma ha bisogno di un po' di tempo.
- Ma se non fosse così? Se invece si rendesse conto che non sono io il suo vero amore?- disse, sentendosi incredibilmente stupido per la nota di panico che sapeva essere presente nella propria voce ma senza riuscire a trattenerla.
C'era di nuovo quella punta da preoccupazione sul viso di Jason, davanti alla possibilità che Nico tornasse a soffrire per colpa di Percy.
- Nico, tu credi nel vero amore?
- Io... non ne sono sicuro.
- Neanch'io; e sai una cosa? Nemmeno Piper. E se lo dice una figlia di Afrodite significa che non deve essere poi così importante- disse, scrollando le spalle. - E credo che lo sappia anche Percy.
Nico sorrise. -Scommetto che la dea dell'amore non sarebbe d'accordo.
- Speriamo solo che non ci abbia sentito, allora- replicò il biondo, sorridendo a sua volta.


Nico scoprì ben presto di non aver alcun bisogno di tormentarsi con tutti quei problemi. Stare con Percy era facile; anche dopo l'imbarazzante confronto che avevano avuto il giorno prima nel bosco, avere a che fare con Percy era diventato incredibilmente naturale -come se fosse nato per fare quello, ma Nico preferiva non soffermarsi troppo su quel pensiero. Nico non aveva idea di come fosse successo, ma il suo atteggiamento nei confronti del figlio di Poseidone era mutato radicalmente. Aveva passato anni a fuggire e ad evitare di stare a contatto con lui; perché temeva i propri sentimenti, quei sentimenti così forti che avevano il controllo su di lui e che non riusciva a reprimere in nessun modo. Era sceso a patti con se stesso e con quel che Percy gli faceva provare e, adesso, il desiderio di scappare era stato sostituito da quello di farsi più vicino.
Nico non era ancora sicuro di cosa fosse meglio. Senza dubbio scappare era più facile.


Percy entrò nella casa numero tredici alla solita ora, subito prima del coprifuoco.
- Non si usa più bussare?
- Non c'è bisogno, sapevo che mi avresti fatto entrare- disse, e Nico avrebbe potuto giurare di riuscire a vedere il suo ghigno anche nel buio. Evitò di fargli notare che era una questione di educazione perché, dopotutto, non gli dispiaceva; la situazione era così familiare, così intima che Nico ringraziò l'oscurità che nascose il rossore che si fece largo sul suo viso quando si soffermò sul pensiero.
- Ma avrei potuto scambiarti per un mostro o per un maniaco e tu ti saresti ritrovato col mio ferro nero dello Stige nello stomaco- disse, - Non avresti neanche potuto lamentarti, sarebbe stata legittima difesa.
Percy lo fissò per qualche secondo prima di scoppiare a ridere.
- Per gli dei, Nico, che scena macabra! Mia madre direbbe che guardi fin troppa televisione- disse, senza smettere di ridere.
In qualche modo questo innescò una conversazione su film e programmi televisivi e tante altre cose tipiche della vita dei mortali, di cui Percy sapeva tanto e Nico nulla. Il figlio di Ade ebbe l'impressione che Percy avesse deciso di insegnargli tutto ciò che riguardava la modernità e che, anche se erano anni che viveva in quel secolo, non aveva ancora conosciuto o cui non si era ancora abituato. Dopotutto era comprensibile, considerato che aveva trascorso la maggior parte del suo tempo nel regno degli Inferi.
Improvvisamente Nico fu colpito dalla consapevolezza che nulla era cambiato tra lui e Percy, anche se ogni piccola cosa era diversa; come il fatto che erano seduti tanto vicini che le loro spalle si toccavano e che Nico non sentiva il bisogno di eliminare quel contatto, ma di immergersi in esso completamente. Si rese conto di non avere nulla da perdere e lo fece, smise di pensare per un po', si abbandonò a quella sensazione e poggiò la testa sulla spalla di Percy. Il più grande si bloccò per un istante, sorpreso, poi si accomodò alla nuova posizione e posò la guancia sui capelli di Nico prima di riprendere da dove si era interrotto. Nico chiuse gli occhi, ascoltando il suono della voce di Percy ma senza prestare davvero attenzione alle sue parole.
Si risvegliarono il mattino seguente in quella stessa posizione, e nessuno dei due ricordava di aver sognato.

 

Quando Percy disse che sarebbe andato via dal campo per qualche giorno, Nico non pensò a nulla in particolare. Fu solo più tardi, mentre era steso nel letto tentando di prendere sonno, ascoltando il respiro regolare di Percy, che cercò di ricordare l'ultima volta che aveva passato più di qualche ora senza di lui. Pensò a quella volta nell'arena, quando lui aveva parlato senza pensare e Percy non aveva risposto; non si erano parlati per diverse ore -Nico non le aveva contate, affatto- e il figlio di Ade poteva ammettere di essere stato sul punto di impazzire. Ma la situazione era diversa, no? Di certo non sarebbe potuto essere tanto difficile rinunciare per una settimana alla presenza di Percy; o forse sì, ma dopotutto non è che avesse molta scelta.
Nel momento in cui Percy gli diede la notizia, però, Nico non pensò nulla di tutto ciò.
-Oh.- fu tutto ciò che uscì dalla sua bocca.
-Mia madre vuole che vada a trovare lei e Paul. È da parecchio che non passiamo un po' di tempo insieme.- disse Percy. Aveva la voce un po' triste, ma negli occhi Nico riusciva a leggere la felicità che avrebbe provato nel stare con la propria famiglia.
-Già.- rispose Nico, senza una particolare ragione. Era felice che Percy potesse finalmente stare con sua madre, dopo che guerre e battaglie e divinità che si divertivano a cancellare la memoria a poveri semidei li avevano tenuti separati per tanto tempo. Si sentì stringere il cuore, e abbassò lo sguardo.
-Non ci pensare neanche.
Percy gli poggiò un dito sulla fronte e gli rivolse uno sguardo che avrebbe voluto essere di rimprovero ma le sue labbra erano leggermente incurvate verso l'alto. Nico sbatté le palpebre un paio di volte, sorpreso – forse dalla perspicacia di Percy o forse dal fatto che ormai non riusciva a nascondere più nulla.
-A cosa?
-A sentirti in colpa. Ti ho visto, stavi pensando che se mi avessi semplicemente detto chi ero, quando ci siamo incontrati al Campo Giove, avrei trascorso più tempo con mia madre.
-No...- iniziò a dire Nico ma lo sguardo di puro scetticismo che gli venne rivolto interruppe sul nascere la sua piccola bugia. -Va bene, hai ragione, ci stavo pensando- ammise.
-E' colpa di Era, Nico, non tua- disse Percy.- É sempre colpa degli dei.
-Non farti sentire da loro.
-Come se avessero bisogno di una scusa per dare dei problemi. É vero, e lo sanno anche loro.
Nico non poteva assolutamente dargli torto. Poteva leggere chiaramente negli occhi di Percy tutto il risentimento che aveva nei loro confronti e sapeva che la maggior parte di esso era riservato ad Era. La regina degli dei se lo era senz'altro meritato tutto.
-Io avrei voluto dirtelo- disse Nico dopo qualche minuto di silenzio. Percy si voltò verso di lui e Nico non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi. -Quando ti ho visto al Campo Giove, nell'ultimo posto in cui avresti dovuto essere, e quando ho capito che non ti ricordavi nulla, io avrei solo voluto raccontarti ogni cosa.
Nico ripensò a quando lo aveva realizzato, che Percy non aveva alcun ricordo; ripensò a come si era sentito quando Percy lo aveva guardato come se si ricordasse di lui, come se vedesse in lui una figura familiare. E ripensò al conforto che lo aveva investito quando si era assicurato che, nonostante tutto, Percy stava bene, che era ancora vivo; certo, era solo in luogo che non conosceva e senza memoria di sé e della propria vita, ma era vivo e questo era più che sufficiente per far tirare a Nico un enorme sospiro di sollievo e liberarsi di una parte delle preoccupazioni e della paura che lo avevano tormentato da quando gli era stato detto che Percy era sparito.
-Ma non potevo- concluse.
-Lo so- gli rispose Percy, con la voce dolce e sicura. -Voglio dire, quando ho recuperato i miei ricordi e mi sono ricordato di te, avrei voluto strangolarti-, si lasciò sfuggire una leggera risatina e guardò Nico con i suoi occhi sorridenti.
-Adesso sono certo che sia stata la cosa giusta, quella di non dirmi nulla. Se lo avessi fatto sarei di certo corso di nuovo qui senza pensarci due volte, al diavolo gli dei e i loro piani.
Nico pensava davvero che Percy dovesse smettere di testare la pazienza degli dei e limitare le offese nei loro confronti; sebbene probabilmente anche gli dei avevano ormai deciso di tapparsi le orecchie e chiudere gli occhi quando si trattava delle libertà che il figlio del dio del mare si prendeva. Dopotutto era Percy Jackson, impedirgli di fare qualcosa non avrebbe fatto altro che incrementare le probabilità che lui la facesse comunque.
-Chissà cosa sarebbe successo, allora- aggiunse Percy pensieroso.
-Meglio non pensarci- disse Nico.
Percy rise di nuovo, e Nico sorrise.
-Forse hai ragione.

 

Stare una settimana senza Percy fu contemporaneamente più difficile di quanto Nico si fosse aspettato e più facile di quanto avesse immaginato; suonava complicato anche nella sua testa, quindi preferiva non pensarci troppo.
Gli ultimi mesi lo avevano abituato ad avere Percy sempre accanto a sé, a spendere in sua compagnia ogni minuto libero che avevano e la sua assenza era strana, quasi sbagliata. Fu quando questo pensiero gli attraversò la mente che Nico pensò che qualche giorno lontani l'uno dall'altro non avrebbe potuto fargli altro che bene.
Durante quelle notti che trascorse da solo si svegliò per colpa degli incubi solo due volte. Fu terribile, aprire gli occhi nella totale oscurità della stanza senza Percy che gli accarezzava i capelli, che gli asciugava le lacrime che gli erano sfuggite e che gli diceva che era solo un incubo, che sarebbe andato tutto bene e che non doveva preoccuparsi; cose che all'inizio erano suonate come bugie ma cui, adesso, Nico non poteva fare a meno di credere. Quando si calmava, prendeva il cuscino di Percy e lo teneva stretto; e, anche se si sentiva patetico, mentre si domandava se Percy stesse dormendo, riusciva ad abbandonarsi di nuovo alle braccia di Morfeo e ad un sonno senza sogni.
Fu una lunga settimana. Percy gli mancava, ma si rifiutava di ammetterlo a se stesso, sebbene non dovesse essere troppo difficile leggerglielo negli occhi. Si rifiutò di ammetterlo anche quando, seduti nell'arena sotto la luce rossa del tramonto, Percy lo guardò negli occhi con un'espressione che Nico non riuscì ad identificare e gli disse, senza alcun imbarazzo nella voce: -Mi sei mancato, Nico.
Nico fu certo che il suo cuore si fosse fermato e che non sarebbe mai stato più in grado di riprendere a battere se Percy non avesse smesso di guardarlo in quel modo, come se fosse l'unica cosa importante del mondo.
-E' stata solo una settimana- borbottò, quando si fu ricordato di ricominciare a respirare.
-Lo so. Troppo.
Percy non aveva distolto lo sguardo neanche per un istante. Erano vicini, tanto vicini che Nico poteva sentire il respiro di Percy sulla guancia e vedere tutte le sfumature del verde dei suoi occhi. C'era qualcosa in essi, qualcosa che Nico non riusciva ad afferrare ma che lo faceva fremere per l'aspettativa e per il desiderio di qualcosa che non conosceva ma che non poteva fare a meno di volere.
-Ti sono mancato?- chiese Percy dopo quella che parve una piccola eternità. La sua voce, bassa come se stesse bisbigliando un grande segreto, non riuscì a penetrare completamente il silenzio che li circondava.
-Ovvio- mormorò Nico in risposta. Fu certo di aver fatto bene a dire la verità quando Percy gli rivolse il più bel sorriso che Nico avesse mai visto.
Percy si fece più vicino, poggiò la fronte contro quella di Nico e una mano alla base del suo collo.
-Sono contento.
Il mondo avrebbe potuto finire in quel esatto istante e Nico non se ne sarebbe neanche accorto. Tutto quel che contava era Percy -così vicino, così incredibilmente vicino, più vicino di quanto Nico si fosse mai permesso di sperare; Percy e i suoi occhi, il suo respiro sulla pelle di Nico, solo Percy e il proprio cuore che batteva all'impazzata. O forse era fermo, Nico non lo sapeva e, a dire il vero non era importante, non in quel momento.
Non aveva mai provato nulla di simile, nulla che lo facesse sentire così pieno, così incredibilmente completo, come la presenza di Percy accanto a sé. Si era sentito solo, rifiutato e vuoto per anni, e ora quella stessa persona che per tanto tempo lo aveva fatto soffrire ed arrabbiare -con se stesso e con il mondo intero-, lo teneva stretto a sé, lo guardava come se non potesse farne a meno e Nico si sentiva importante, vivo e felice come non ricordava di essere mai stato. E pensò che se tutto quel che aveva sofferto gli aveva permesso di arrivare a quel giorno, allora sarebbe stato pronto a sopportarlo.
Non avrebbe saputo dire quanto tempo rimasero fermi in quella posizione, persi l'uno nell'altro, in un momento di fragile stabilità tanto prezioso e tanto facile da rompere.
- Percy...
Non seppe perché lo disse, non ce n'era bisogno e non aveva nulla da dire, voleva solo pronunciare il suo nome che suonava così bene sulla propria lingua; e il silenzio e la tensione che li avvolgevano erano davvero troppo per Nico e c'era una piccola parte di lui che voleva solo interrompere qualunque cosa stesse succedendo e tornare a respirare.
Come se sentire la voce di Nico lo avesse all'improvviso fatto tornare in sé e realizzare quel che stava facendo, Percy si allontanò lentamente e Nico non seppe se trattenerlo o contribuire ad aumentare ancora la distanza che li separava -poca, ma enorme rispetto ad un attimo prima-; perché le sensazioni che aveva provato e che ancora non lo avevano abbandonato erano state così forti, così travolgenti, che Nico non era certo di voler scoprire dove li avrebbero condotti.
Percy tenne la mano sul collo di Nico ancora per qualche istante prima di abbandonare lo spazio personale del più piccolo. Aveva il viso rosso e l'espressione di chi non sapeva esattamente cosa stava facendo - o cosa stesse per fare un attimo prima; vederlo in quello stato consolò Nico, il quale sentiva le proprie guance bruciare. Nico si chiese se Percy avrebbe mai smesso di farlo sentire in quel modo, se si sarebbe mai abituato al modo in cui lo faceva sentire ogni volta che erano vicini; forse no, ma fu felice di notare che non era l'unico a sentirsi così, che lui stesso poteva avere quegli effetti su Percy, farlo arrossire per l'imbarazzo, farlo perdere in un momento di intimità. A quel pensiero, si ritrovò a sorridere, e Percy fece lo stesso, e fu come se, all'improvviso, la tensione si fosse spezzata.
Non ne parlarono, forse perché non avrebbero saputo cosa dire o forse perché tutto quel ce era necessario dire era stato pronunciato prima nel silenzio; ma Nico non smise di pensarci nemmeno per un momento, e continuò a domandarsi cosa fosse accaduto -o, meglio, cosa non fosse accaduto.

____

Note: Okay, sono di nuovo qui! Ho un paio di cose da dire su questo capitolo, ma preferisco farlo alla fine, per nessun motivo particolare. Innanzitutto non ne sono tanto convinta; ci ho messo un secolo a scriverlo, un po' per un blocco un po' perché semplicemente non sapevo cosa accidenti dovesse succedere tranne che Nico è finalmente onesto con se stesso e il discorso con Jason. E in effetti non era prevista la metà della roba che è successa, ma vabbè xD Inoltre ho deciso che il mio obiettivo d'ora in poi sarà quello di chiudere tuti i plot hole che Rick ci ha lasciato (e che sono una marea, per la miseria). Dovrebbero mancare solo altri due capitoli alla fine! Sono così fiera di me~
Grazie mille per aver letto <333 

  
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