Welcome to my life…
“La foresta era magica quella mattina, era tutta per
noi.
Correvamo assieme, e questo era l’importante.
<< Nessie! Nessie….Nessie!!
!>> urlò Jacob, il mio Jacob.”
Ma a quel punto la sua voce
roca e dolce sparì per far spazio a delle risate stupide e a una voce stizzita
che mi stava urlando: <<
Miss Renesmee Cullen pensa d’avvero che la mia lezione di storia sia così noiosa? >>
Ok, era un sogno. Un incantevole sogno, e io ero a scuola. La mia stupida scuola. Alzai gli occhi
verso la professoressa Brown e accennai un paio di inutili
scuse prima che mi mandasse fuori dall’aula senza tanti fronzoli.
Non riuscì a fare a meno di
riflettere su quel sogno tutta la mattinata. Dovevo smetterla di pensare a
Jacob in quella maniera. Per lui ero solo una mocciosa, nonostante dimostrassi
quasi diciotto anni, e soprattutto ero la sua amata sorellina mostriciattolo.
Ero molto diversa dalle
ragazze della mia età. Nonostante frequentassi l’ultimo anno di liceo, io non avevo realmente diciotto anni. Ero nata da sette anni ed ero arrivata
finalmente alla così detta maturità. Questo significava che da quel momento in
poi non sarei più cambiata, non sarei più cresciuta. Sarei rimasta per sempre
giovane. Ma a me non interessava granché. Vivevo in
una famiglia di vampiri e la loro immortalità non mi interessava
minimamente. Adoravo essere umana.
Anche se ero per metà
vampira, davo molta più importanza alla mia metà fragile.
Soprattutto in compagnia
del mio lupacchiotto preferito.
Jake. Il migliore amico di
mia madre. Il mio migliore amico.
Lui che mi ha vista nascere, che mi ha vista crescere, che mi ha protetto
da qualsiasi cosa.
Lui, si…proprio lui. Era il
mio Angelo.
Uscì da scuola e mi avviai
nel parcheggio verso la mia piccola Smart, ma mi sentì chiamare da una voce fin
troppo famigliare. Jess. Sapevo di interessargli, ma per me era solo un caro
amico. Mi corse incontro e arrivò da me sfiatato.
<< Ness!!! Cavoli, certo che
sei veloce! Ti sto alle calcagna da quando sei uscita
dall’aula di biologia! >>.
OPS.
A volte non mi controllo granché.
<< Comunque volevo dirti che
sabato è il mio compleanno e mi farebbe piacere averti con me quel giorno!>> Sfoderai uno dei miei sorrisi più belli che quasi lo
lasciò senza fiato.
<< Certo…non mancherei per nessun motivo al mondo >>…o quasi…
Lo salutai con un bacio
sulla guancia e mi infilai a tutta velocità nel mio
veicolo.
Imboccai il vialetto di
casa Cullen e parcheggiai in garage fra gli altri bolidi della mia famiglia. Mentre mi avviavo verso casa, i miei
sensi da vampira mi preannunciarono la presenza in
casa di Jake. Il mio cuore iniziò a battermi all’impazzata.
Sta zitto!
Ma il martellare non cessò, anzi aumentò sempre più.
Merda.
Ora tutti, compreso lui, lo
avrebbero sentito. Entrai in casa e il benvenuto di nonna Esme mi raggiunse
dalla cucina. Era chiaro che stava cucinando per me e Jacob.
Con l’età avevo imparato a
nutrirmi anche di cibi prettamente
umani. Ma preferivo di gran lunga una battuta di
caccia accompagnata dal mio amico lupacchiotto.
Mi girai verso il salotto
illuminato dalle grandi vetrate e vi trovai il resto della mia famiglia.
Mia madre. La mia
confidente. Colei che avevo amato profondamente da quando ero ancora dentro di
lei. Mio padre. Lo adoravo ma ultimamente convivere con lui era stato uno
strazio. La sua capacità di leggere nel pensiero di chi gli stava vicino mi
rendeva la vita difficile da quando…Bè… da quando avevo iniziato a pensare a
Jacob in maniera, come dire…diversa.
Zio Emmett e zia Alice. I miei
preferiti. Non è bello dirlo, ma è così.
Erano uno
spasso entrambi e gli adoravo per essere così diversi l’uno dall’altra.
Sul divano c’era mia zia Rose
che mi amava come una figlia, nonno Charlise immerso in grosso manuale di
medicina e zio Jasper con cui amavo passare le serate d’inverno vicino al
camino.
La mia famiglia era
perfetta. Non me ne sarei mai allontanata, per nessun motivo al mondo. In un
angolo, con un sorriso a trentadue denti mi aspettava Jake.
Quando posai i miei occhi
su di lui e sul suo sorriso mi si mozzò il fiato.
Corsi verso di lui e gli
saltai in braccio. Sapevo che mi avrebbe preso al volo.
Lo aveva sempre fatto. Lui c’era sempre.
Ora si che la mia famiglia
era al completo.
Alla scena, mio padre alzò
gli occhi al cielo e nonna Esme che nel frattempo si era affacciata in salotto ci guardò estasiata.