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Autore: Colpa delle stelle    21/02/2015    2 recensioni
Hanno vinto i giochi. Sono entrate nei cuori dei capitolini. Sono diventate famose. E sono sopravvissute. Ma quella era solo una delle tante battaglie.
La vita le ha messe di fronte a nuove prove e l'edizione della memoria le reclama, trascinandole in un nuovo vortice di pericolo e di sangue.
Chi dice che l'amore regali solo gioie? E che gli insegnamenti ricevuti da bambini siano davvero giusti?
Per quanto ferma nei suoi ideali, Lucinda arriverà a mettere in dubbio tutto quello in cui credeva e sarà difficile recuperare la certezza nelle sue scelte.
Incredibilmente alle sue aspettative invece, Camille è sopravvissuta ed è tornata nel Distretto 11, ma l'ultima cosa che le riserva il destino è proprio la pace che lei tanto desidera.
E Felicity, che aveva promesso di essere forte, sempre, capirà che davanti a certi tipi di dolore sarà complicato ritrovare il coraggio di alzarsi in piedi senza spezzarsi.
Gli Hunger Games ricominciano. Per cosa vale la pena combattere davvero?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The power of the elements'
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The power of the elements - Il sacrificio del fuoco





 Ciò che farei per te 

 

 

« Io ho paura di tutto, di quello che sono,
di quello che faccio, di quello che dico
e soprattutto ho paura che se me ne vado da questa stanza
non proverò mai più quello che sto provando adesso.
Adesso che sono qui con te. »

Dal film Dirthy Dancing

 

All'ottavo giorno di viaggio, Lucinda aveva i nervi a fior di pelle. L'indomani sarebbe apparsa con Joey nel suo Distretto e l'idea non l'entusiasmava come avrebbe fatto all'inizio. Quei giorni erano stati uno strazio, tutti loro erano insofferenti e Camille aveva delle occhiaie talmente profonde che le arrivavano ormai alle guance. Il viaggio era diventato un incubo e quello che a Lucinda faceva più rabbia era che sarebbe dovuto essere il suo momento, il suo sogno di bambina che finalmente si realizzava, il tempo di manifestare la sua gloria, e invece il clima di tensione continua tra i ribelli l'aveva rovinato. Felicity e Alexander ormai non si guardavano neanche più ed evitavano accuratamente di rimanere nella stessa stanza per più di un minuto al giorno. Lucinda aveva addirittura provato a parlare con Felicity, per cercare di farle cambiare idea e per mostrarle la verità, ma lei non aveva voluto sentire ragioni. Alexander li aveva traditi, non c'era un'altra realtà. Camille si teneva al di fuori da quelle conversazioni e tutti sapevano perché.
- L'avranno lasciato libero? - domandava sempre, soprappensiero, ma quando qualcuno provava a scoprire di chi si trattasse, lei se ne stava zitta e non rispondeva più. Joey sapeva che stava pensando al ragazzo che avevano minacciato con il fucile nel distretto 11 e il fatto che Camille non lo considerasse neanche più aveva contribuito alla crescita dei sospetti. Un'intera storia d'amore si era già creata nella sua mente, tra Camille e quel tipo, e quando lui si metteva una cosa in testa, non era facile poi fargli cambiare idea. Nemmeno Lucinda ci era riuscita e ci aveva provato, eccome se ci aveva provato. Si sentiva anche abbastanza in colpa. Infondo, era l'unica su quel treno che non avesse incubi o complicazioni a rovinarle le giornate, ma solo la noia, che non risparmiava neanche Nick.
- Potremmo giocare a carte. - propose ad un certo punto, senza comunque sollevare la testa dal tavolo.
- Sai giocare a carte? - gli domandò Lucinda. Le sue gambe saltellavano freneticamente da parecchi minuti e nonostante fosse seduta, non riusciva a rilassarle. Sentiva quasi i muscoli lamentarsi e la voglia di correre che cresceva in lei minuto dopo minuto. La disperazione l'avrebbe addirittura spinta a barattare la sua vita con una piscina, per poter nuotare anche solo per pochi istanti.
- No. - affermò Nick dopo un po', sbuffando. - In momenti come questi rimpiango l'adrenalina dell'arena. C'era sempre qualcosa da fare laggiù. -
A Lucinda sembrò quasi che il sangue le si ghiacciasse nelle vene.
- C'erano talmente tante cose da fare che Alton è morto per il troppo divertimento. - commentò acidamente, mentre le sue gambe iniziavano a saltellare con più velocità. Si sentiva distintamente il cigolio delle sue scarpe contro il parquet.
Nick fece una smorfia e ritornò con la testa sul tavolo, a nascondersi dietro le braccia. E all'improvviso Lucinda capì perché, fino a quel momento, in tutti quei mesi, Nick non avesse nominato una sola volta Olimpia. La sua morte lo aveva portato alle lacrime, lacrime di vero dolore, e Lucinda se lo ricordava bene.
- Ti manca? -
Si morse il labbro e aspettò in silenzio, incrociando le caviglie e nascondendo le mani nella felpa. Era come se il sangue le si fosse davvero ghiacciato nelle vene.
- Ci conoscevamo da un sacco di tempo. Non sapevamo nemmeno parlare, eppure giocavamo già insieme, da piccoli. -
La sua voce arrivò ovattata attraverso il tessuto del maglione, ma non aveva particolari inflessioni che tradissero qualche emozione. Era distante.
- Ci siamo allenati insieme al Distretto 2. - continuò. - E pensa che era l'unica che riusciva a buttarmi a terra nel corpo a corpo. -
Lucinda sorrise, immaginandosi la scena, e scosse il capo.
- Non ne dubito. -
Nick alzò la testa, appena in tempo per vedere il sorriso ancora sulle sue labbra.
- Ora ce n'è un'altra che riesce a buttarmi a terra. - scherzò, spostandosi il ciuffo dalla faccia. - Una sola. Ha dell'incredibile. -
- Non montarti la testa. - lo rimproverò Lucinda, alzandosi in piedi per spettinarlo.
Nick schivò la sua mano e per tutta risposta l'afferrò e la tenne stretta. Non faceva male però, era una morsa calda e incredibilmente piacevole.
- Era mia amica. - disse ancora, improvvisamente serio.
Lucinda lo fissò.
- Lo so. - ammise. - Chiunque, guardandovi, lo avrebbe capito. -
Entrambi fissarono le loro mani unite, perché nessuno sembrava trovare il coraggio adatto per sollevare lo sguardo e incrociare l'uno gli occhi dell'altra.
- È stato facile non pensare alla sua morte perché c'eri tu. - confessò Nick, senza nessuna difficoltà. - Mi è bastato vederti andare via sul treno che tutto mi è crollato addosso. -
Lucinda fece un respiro profondo.
- E come hai fatto a superarlo? -
- Non l'ho superato e non penso che riuscirò a superarlo. -
Nick sollevò lo sguardo. Lucinda era in piedi accanto a lui e lo sovrastava, ma non lo faceva sentire a disagio. Quella vicinanza la bramava da quando l'aveva salutata, dopo i giochi.
- Pensare a te però aiuta. -
Si aspettava che Lucinda avrebbe ritirato la mano e sarebbe tornata a sedersi, sdrammatizzando su un argomento a caso per scacciare quell'atmosfera imbarazzante. Ma non lo fece. Lasciò che quella dichiarazione la invadesse, ne ripeté le parole più e più volte nella sua mente, e poi scoppiò a ridere.
- Ovviamente pensare a me aiuta. - scherzò, sventolandosi una mano davanti al viso. - La perfezione fa sempre questo effetto. -
Il ragazzo la osservò, indulgente, e scoppiò a ridere.
L'altra mano, stringeva ancora quella di Lucinda. E non sembrava avere intenzione di mollarla.

 

 

Da qualche minuto, Joey si torturava la giacca e tentava in tutti i modi di allungarsi la camicia, tirandosela a destra e a sinistra. Lucinda lo trovò così, con le mani sul colletto e la fronte appoggiata al muro. Non si fece troppi problemi a prenderlo per le spalle e a voltarlo verso di lei. Il muso di Joey rasentava il pavimento.
- Dobbiamo andare? - chiese, sospirando.
Era strano vederlo così. La sua spontaneità sembrava lontana in quel momento, addirittura come se non fosse mai esistita.
- Dobbiamo parlare. - lo corresse Lucinda, invitandolo a sedersi.
Lei non c'era mai stata in quel vagone, ma Joey non aveva fatto altro che parlarne e se all'inizio era stata scettica, ora ci credeva anche lei. Un misero pezzo di vetro aveva il potere di tenere il mondo fuori da quel treno, di far loro dimenticare la realtà. Era un'occasione troppo ghiotta da lasciarsi sfuggire. E Joey lo capì subito.
- Non riesco a sopportarlo! - sbottò, prendendosi la testa tra le mani.
Lucinda sapeva a cosa stava pensando, ma sorrise comunque.
- Non riesci a sopportare di esserti allontanato da Camille. - affermò, senza alcun dubbio.
- Non riesco a sopportare quel tipo. - la corresse Joey, senza accennare a voler sollevare la testa.
- Sai chi è quel ragazzo? - gli domandò allora Lucinda, incrociando le braccia al petto.
Joey annuì, nonostante gli costasse un'enorme sofferenza.
- Jason, il suo migliore amico – confessò. - Si conoscono da quando sono nati e se il pensiero di vedere te sotto un fucile carico mi spaventa, figuriamoci l'effetto che ha fatto a lei vedere lui. -
Il silenzio che ne seguì sapeva di conquista, di rivelazioni inaspettate e di immancabile imbarazzo.
- Jason non è il migliore amico per eccellenza, ne sono certa. - commentò Lucinda, cercando di risollevargli il morale.
Il volto di Joey si aprì in un sorriso.
- Davvero sono il tuo migliore amico? - domandò, incredulo.
Lucinda agitò una mano.
- Non mi sembra questo l'importante adesso. – borbottò, burbera. - Fossi in te, andrei a scusarmi con Camille. -
Joey scattò in piedi, ma subito si risedette.
- Ho un'idea migliore. - affermò, facendole l'occhiolino.

 

 

- L'arena per me è stata una prova, la più ardua, e se l'ho superata e sono qui a vivere la mia vita, lo devo a due persone. -
Lucinda era in piedi accanto a lui, sul palco del Distretto 4, e sbiancò quando si accorse che Joey aveva cambiato il discorso. E continuava a farlo.
- Lo devo a Camille e al suo amore. Perché io la amo. Non è un amore semplice, non è puro e innocente, ma io so che è vero e mi basta. -
La madre di Joey aveva le lacrime agli occhi e il petto gonfio di orgoglio.
- E lo devo a Lucinda e alla sua amicizia, senza la quale non sarei qui. Le voglio bene, ma non perché mi ha salvato. Le volevo bene già prima. Perché mi ha permesso di conoscere la vera lei ed è incredibile, ve lo posso giurare. -
Lucinda era senza parole, ma non le fu dato il tempo di recuperarle per il discorso conclusivo. Due pacificatori uscirono dal Palazzo di Giustizia e li portarono dentro velocemente, ma non abbastanza. Quello che saltò agli occhi di Joey, furono gli abitanti del Distretto e il loro applauso senza fine. Anche Lucinda lo vide, ma il suo sguardo arrivò più lontano, oltre le persone e le case, fino alla spiaggia. Il profilo del mare era cambiato. 
Poteva sentire chiaramente la forza delle onde che si lanciava contro gli scogli, in un duello senza fine. Ma stava perdendo.
 


Angolo d'autrice:
Buongiorno! Pubblico il sabato, da scuola oltretutto, perché la mia chiavetta è morta e mi sarei ritrovata senza connessione domani!
Ci stiamo avvicinando sempre di più alla fine di questo viaggio... 
Alla prossima,
Colpa delle stelle


 

   
 
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