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Autore: Midori No Esupuri    21/02/2015    6 recensioni
[WARNING: MORMOR/MORMORSTAN]
L'evoluzione del rapporto tra l'ex colonnello Sebastian Moran e il consulente criminale Jim Moriarty tramite messaggi.
(11.19) Mi sta assumendo come killer?
(11.20) Esattamente. JM

[...]
(11.24) Stia tranquillo, la sua ferita all’occhio non sarà un problema. So che possiede un conto bancario, mi occuperò di versarle la somma necessaria al costoso intervento che deve sostenere per recuperare la vista. JM
(11.26) Perché?
(11.26) Gliel’ho detto. Mi serve un collaboratore. JM

Nota: Capitoli comprensivi di messaggi e parte narrativa.
Genere: Angst, Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Jim, Moriarty, Mary, Morstan, Sebastian, Moran, Sebastian, Moran
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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#17: Chiamata
 
Sabato 13  febbraio
 
~ ~ ~ Chiamata in corso da: Jim ~ ~ ~
 
~ ~ ~ Accetta – Rifiuta ~ ~ ~
 
~ ~ ~ 5 chiamate perse – Jim – 11.04 – Sat 12-02-14 ~ ~ ~
 
 
Roteò gli occhi verso il soffitto della stanza, decidendo nuovamente di ignorare il cellulare che continuava a vibrargli accanto. Era steso su di un tetto, gli addominali fastidiosamente a contatto con il cemento freddo e umido dalla pioggia che tanto odiava di quella città. La sua vittima era davanti a lui, nel mirino circolare, intenta a parlare al telefono una decina di piani più in basso. L’aveva in pugno.
Jim gli aveva detto che si trattava di un importante ministro estero, venuto a Londra per incontrare qualche altro pezzo grosso del Governo, ma che era un elemento fastidioso per un suo cliente altrettanto rilevante nella politica. Lui non se ne intendeva, ma si era limitato a prendere la cartellina gialla con la fotografia della vittima, a prendere il fucile e ad uscire dalla villa. Era un compito davvero molto semplice, doveva solo sparargli un colpo in testa, o sul petto, e poi filare via prima che qualcuno potesse risalire a lui. Un omicidio di routine, che si stava trasformando in un inferno a causa di Jim che continuava a chiamarlo sul cellulare. Alla fine lo prese, continuando a tenere sotto tiro la sua incurante vittima.
 
-Che diavolo vuoi?! Sto lavorando!
-Vieni a casa.
-Tra poco arrivo, fammi fini…
-No, vieni adesso.
-Ma devo uccidere…
-No. Ho detto vieni a casa!
 
Jim, l’eterno volubile, spense la chiamata senza dare modo a Sebastian di replicare e il biondo ringhiò, infastidito al massimo da un comportamento del genere. Cosa c’era di più importante di un bell’omicidio a distanza, per Jim? La morte di quel tizio avrebbe fruttato una cifra almeno a cinque zeri… Per cosa doveva abbandonarla? Smontò pazientemente il fucile, lo ripose nella borsa nera e si diresse in auto verso la villa, continuando a pensare. Jim si era comportato in modo strano nell’ultima settimana: passava tutto il giorno nello studio (l’unico fatto normale), ma aveva urlato il nome di Sebastian fin troppo spesso per farsi raggiungere nella stanza dove lavorava, per le cose più stupide. Il cecchino ricordava di avergli quasi mollato un pugno al sentirsi chiedere di stappare una penna, ma sorrise in quel momento. Scese dall’auto una decina di minuti più tardi, maledicendo il traffico, e trovò Jim steso sul tavolo della cucina. Era perfettamente vestito, con un Westwood blu notte, le mani aperte sulla superficie liscia e un paio di bicchieri infranti a terra.
-Che diavolo stai facendo steso sul tavolo?!- sbottò, continuava a stupirsi degli strani riti di Jim nonostante convivesse con lui da tre mesi. L’altro non gli rispose, Sebastian lasciò perdere con una smorfia esasperata e raccolse da terra i frammenti di vetro, per buttarli nella spazzatura.
-Che ci fai tu qui? Non dovevi uccidere Johnson?
Il cecchino si voltò a guardare il proprio capo con un’espressione mista tra l’incredulo e il frustrato.
-Wilson. Si chiama Wilson. E comunque no, visto che qualcuno mi ha urlato in faccia di venire a casa e lasciar perdere!
Jim ricambiò il suo sguardo per qualche secondo, poi scattò in piedi dal tavolo e si aggiustò la cravatta. Altra caratteristica che Sebastian aveva notato in quella settimana, il suo capo sembrava essere molto, molto nervoso.
-Voglio fare sesso.- esordì, nel solito tono che non ammetteva repliche.
-Jim, sei strano ultimamente.- sospirò Sebastian, sedendosi al tavolo.
-Strano? Non sono strano. Voglio solo fare sesso con te, è normale che io faccia sesso con te, faccio sempre sesso con te…- continuò a parlare il moro, camminando rapidamente per la cucina. Sembrava davvero agitato, il volto ancora più pallido del normale, e ad ogni due passi si allentava la cravatta di qualche millimetro.
-Io, davvero, non capisco cosa ti sia preso questa settimana.- scosse il capo il biondo, guardando preoccupato il coinquilino. -Sono qui da tre mesi, Jim, e tu ancora sei un mistero per me.
-Già, Sebastian. Tu non capisci.
Il tono di Jim era grave, serio, quasi triste forse. Gli occhi neri scomparvero per qualche istante, quando l’uomo assottigliò lo sguardo, prendendo un lungo sospiro prima di tornare a guardare il cecchino.
-Vado a lavorare.
E se ne andò su per le scale, Sebastian sentì solo la porta chiudersi al piano superiore. Era confuso, davvero molto, ma aveva iniziato a credere che Jim si comportasse di sua spontanea volontà come un mistero umano, forse per legittima difesa. Magari non aveva avuto una vita facile, come non l’aveva avuta lui stesso, e aveva reagito schermandosi in se stesso. Ognuno aveva la sua croce dopotutto, i suoi misteri e il suo carattere, magari doveva provare ad andare incontro a Jim e tollerare maggiormente il suo modo di comportarsi. Non era mai stato troppo tollerante in vita sua, ma per Jim forse ne valeva la pena: dopo aver collaborato con Mary, aveva scambiato con lei qualche sms e si era sentito bene, eppure nulla lo faceva sentire davvero al suo posto nel mondo come la compagnia di quel pazzo del suo capo. Forse, pensò ancora, non era importante se al suo fianco vi era un uomo o una donna, perché l’essere umano ha bisogno di qualsiasi forma di amore, da qualsiasi fonte sia disponibile a donarlo. E Jim, anche se a modo suo, aveva dimostrato di tenere a Sebastian. Certo, aveva speso centinaia di sterline in cene, in armi, in bottiglie di birra e pizze a domicilio, ma nemmeno Sebastian era mai stato troppo attaccato ai clichè delle coppie. Decise di andare a farsi un bagno, per placare i nervi, ma sul pavimento trovò qualcosa di davvero poco divertente. Rimase fermo, incorniciato dalla porta laccata, gli occhi glaciali incollati sulle piastrelle di un lucido color crema.
Una lametta e delle pasticche giacevano sparpagliate confusamente sotto i suoi occhi, il barattolino giallastro era rotolato fin sotto il lavandino. Si avvicinò, dopo molti minuti di smarrimento, e sollevò da terra la lametta macchiata di sangue. Si sentì improvvisamente molto stupido: Jim aveva davvero dei problemi, delle tendenze suicide, e a lui sarebbe dovuto spettare il compito di aiutarlo invece di gridargli addosso. Venne travolto da un senso di colpa tale da non riuscire quasi a respirare, la lametta cadde a terra gettando ulteriore scompiglio tra le pasticche e il cecchino strinse il pugno, forte fino a sentir male. Doveva parlarne. Dovevano parlarne. Voleva, doveva e poteva aiutare Jim, nonostante non sapesse esattamente come fare, perché aveva deciso che non avrebbe più perso nessuno dopo il suo migliore amico, deceduto in Afghanistan. Jim, nonostante i suoi difetti, non sarebbe morto finchè c’era lui a proteggerlo. A costo della sua stessa vita. Salì le scale, furioso come un toro davanti al più rosso dei drappi di stoffa, e si preparò ad aprire la porta dello studio con una poderosa spallata. Si allontanò di un passo dalla porta, irrigidendo il braccio destro e reggendosi il polso con la mano sinistra, trattenendo quasi il respiro dalla rabbia.
-Solo un’ultima cosa.
La voce di Jim si insinuò tra i fumi della sua mente, rischiarandola per un attimo. Con chi parlava? Un cliente? Un collaboratore? Stava per accettare o rifiutare un caso? Cosa? Rimase immobile.
-Non farlo sapere a Sebastian.
Il cecchino sentì il petto venire attraversato da una profonda e gelida coltellata.
-Per favore.
Cosa non doveva sapere? Perché Jim sembrava fare il possibile per mantenere segreta la sua vita all’uomo con il quale, pareva, avesse iniziato una relazione? Corse verso la propria camera, quasi rischiando di cadere dalle scale a causa della fretta, e vi si chiuse all’interno, con l’intenzione di non uscire mai più.

 
•Nota dell'autrice:
Pubblico con un giorno di ritardo perchè ieri è stata davvero una giornataccia, sono stata fuori casa tutto il giorno ed ero davvero troppo stanca, una volta tornata, per scrivere. Rimedio postando oggi, sperando che non me ne vogliate a male!
Questo è il diciassettesimo capitolo, immagino sia ora di farvi sapere che la storia si concluderà con il venticinquesimo. Sono davvero felice che abbiate seguito in tanti, commentato e preferito in molti più di quanto mi aspettassi, ma i ringraziamenti veri e propri li farò con un lungo papiro al momento dell'ultimo capitolo. Di positivo c'è che, alla fine di questa storia, potrò dedicarmi ad altri progetti... E a qualche altra mormor, magari *^* Non mi stanco mai di scrivere su di loro, awww ♥
Per il resto, grazie di aver letto fino a qui, di seguire, recensire e il resto. Al prossimo capitolo,
Midori No Esupuri~
  
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