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Autore: IMmatura    21/02/2015    1 recensioni
Dal testo:
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-Una brutta storia?-
-Ah, ma forse voi ancora non lo sapete...-
-Cosa?- si intromette lui, preoccupato.
-La signora del piano di sotto.- bisbiglia la donna, guardandosi attorno quasi sospettosa nei confronti delle foto o dei quadri alle pareti.
-Quella che sta preparando le lasagne?- chiedono entrambi, divertiti. Chissà quale pettegolezzo sta per affidare loro quella cara nonnina. Magari sta per raccontare della famiglia perfetta in cui la madre in segreto ha un amante o più. Oppure una figlia difficile. Oppure, oppure...
-Pazza.- sentenzia invece la donna.
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Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tavola apparecchiata per quattro

 


 

Forse la follia è soltanto un dispiacere che abbia smesso di evolversi. (Emil Cioran)

 


 

Che buon profumo che hanno i manicaretti di Manuela. Ha fatto le lasagne che piacciono tanto a sua figlia Sofia, uno scricciolo di dieci anni, coi capelli chiari e finissimi, quasi invisibili da soli, ma che tutti insieme sono così tanti da poterci fare due belle e folte trecce. Si distrae un attimo, pensando alle mani esperte di sua madre, che intrecciano quei fragili fili dorati. Lei non è mai stata abile nelle acconciature: quando si pettinava da sola, da piccola, portava via più capelli di quelli che riuscisse a lisciare.

“Non è cosa per te” diceva la madre ridendo, e faceva anche a lei le trecce, come ora le fa a Sofia. Quant’è che Sofia non vede la nonna?

Scaccia via una lacrima asciugandola con la manica del maglione, senza sapere perché stia piangendo. Le mani sono troppo sporche di pasta. Sta preparando anche il ciambellone, che infornerà appena le lasagne saranno pronte. Ma lo zucchero, dov’è lo zucchero? Era sicura di averlo comprato!

Si, l’aveva comprato, era andata con Sofia e la piccola Emma in braccio al supermercato. Sofia voleva un pacchetto di patatine, ma non gliele aveva comprate. Avrebbe dovuto farlo, non si può mai sapere cosa può succedere nella vita...

Invece l’aveva lasciata piangere mentre faceva la spesa. Un occhio ai prezzi, ed uno a lei, sai mai decidesse di allontanarsi per farle dispetto. Poteva farlo: aveva un gran bel caratterino Sofia!

Ride tra se e se, sedendosi ad un angolo della tavola apparecchiata per quattro. Dimentica di quel che stava facendo, afferra un piatto con le mani sporche e soffia via un velo di polvere. Non sia mai che la piccola Emma, quattro anni, mangi in un piattino sporco. Povera piccola è così delicata. Le è bastato andare in piscina una volta per beccarsi le afte.

Manuela scatta in piedi, chiedendosi se ha comprato la propoli. Scrupoli inutili: lei è una madre perfetta. Tutti i farmaci sono nel cassetto del suo comodino. Ridacchia tra se e se, di nuovo.

“Che stupida, basta controllare.” pensa, aggirando un cumulo di panni nel corridoio, per arrivare alla camera da letto. Li trova il comodino per terra.

Non si scompone, pensando che siano state le bambine a rovesciarlo giocando, lo tira su e inizia a rovistare nel primo cassetto. Scatole di tutti i colori. Antibiotici, analgesici, antipiretici, gocce, pasticche...antidepressivi? Che diavolo ci fanno quelli, li? Trova il flaconcino della propoli, iniziato, in fondo al cassetto, nascosto da documenti accartocciati. La posa sul comodino di nuovo in piedi, schiva la lampada e, lanciando un’occhiata al suo riflesso nello specchio incrinato, torna in cucina.

Pensa a come convincerà, oggi, Emma ad aprire quella boccuccia che si ritrova. Due labbra a cuoricino che tiene sempre arricciate. Una piccola principessa vezzosa. Bellissima, anche mentre devasta il salotto sparpagliando le bambole nel suo giardino orientale...vale a dire il tappeto persiano del salotto. Non vede l’ora che torni, la sua principessina, per giocare con lei, farle il solletico, rotolarsi su quel tappeto assieme. Però dovrà prima stenderlo per bene, e toglierlo da sopra il divano...chissà perché l’aveva lasciato arrotolato li?

Il trillo del timer la avverte di sfornare. L’odore di lasagne è così piacevole. Manuela prende un panno, dato che non è riuscita a trovare i guanti da forno, e tira fuori la teglia. La posa a tavola, spostando il vaso con dei fiori secchi. Domani sostituirà quelle rose con delle margheritine raccolte in campagna. Suo marito aveva promesso di portarle tutte e tre a fare una bella gita, quella domenica.

Suo marito...le tremano le mani, per qualche strano motivo, mentre versa un meritato bicchiere di vino al suo uomo. Vuole fargli trovare tutto pronto perché oggi è stato così gentile da offrirsi di andare a prendere lui Emma al nido. Speriamo se ne ricordi, sempre assorto com’è con quel nuovo cellulare...il cellulare...sempre il cellulare.

Quanto odia quel cellulare. Scaglia la bottiglia a terra per il nervoso. Il rumore la spaventa.

“Ma che sto facendo?” si chiede spaventata, affrettandosi a prendere scopa e paletta per raccogliere i cocci. Le bambine potrebbero tagliarsi. Getta tutto con naturalezza estrema nel lavandino e poi torna a sedere.

La donna si perde nei suoi pensieri, così felici. Pensa a sua madre che canta una ninnananna alla piccola Emma, e inizia anche lei a canticchiare. Canticchia e piange, canticchia e ride...

Le lasagne si freddano, il tempo non scorre sull’orologio rotto appeso alla parete, tra due piatti di ceramica dipinta.

 

 

-Che buon profumino, eh?- commenta un ragazzo sul pianerottolo, con uno scatolone in mano. Accanto a lui la sua fidanzatina, bella e giovane.

Hanno deciso di correre un grosso rischio, di questi tempi, e provare la strada in salita dell’autonomia e della convivenza. Inspirano quell’odore che sa di famiglia. Lo stomaco di lui borbotta.

-Sbrighiamoci a salire queste ultime cose, dai, così mettiamo anche noi qualcosa sotto i denti!- esclama lei con una risata cristallina, salendo l’ultima rampa che li separa dal loro nuovo appartamentino. Una donna anziana, curva sulla maniglia della sua porta, sta rincasando.

-Buongiorno, signora.- saluta educatamente lei, prima che il suo compagno la raggiunga e faccia altrettanto.

-Buongiorno a voi.-

-Siamo i nuovi vicini, piacere di conoscerla.-

La donna sorride, un po’ per cordialità, un po’ per la gioia segreta di sapere finalmente altrove la dirimpettaia che si ostinava a passare l’aspirapolvere alle cinque del mattino. Quei due ragazzini non potranno fare più chiasso.

Qualche chiacchiera cordiale, domande buttate li con finta noncuranza, come l’esperienza di chiacchiere da cortile insegna, e la donnina li ha già conquistati. Li invita a prendere un caffè e loro, dopo un attimo scarso di riflessione, accettano.

 

 

-Così in questo condominio sono rimaste solo quattro persone?-

-Eh, che volete farci, non tutti hanno pazienza a questo mondo...io ormai sono troppo vecchia per andarmene, e troppo affezionata alla mia casetta, altrimenti...forse...-

Il ragazzo non ha voluto il caffè. Sorseggia una bottiglia d’acqua, recuperando i liquidi e il fiato persi durante il trasloco. La ragazza sorride affabile girando il cucchiaino nella sua tazzina.

-Ma perché, mi scusi, è un così bel quartiere. Ben tenuto, ben collegato...è un peccato.-

-Eh, figliola, cosa ci vuoi fare...è una brutta storia.-

-Una brutta storia?-

-Ah, ma forse voi ancora non lo sapete...-

-Cosa?- si intromette lui, preoccupato.

-La signora del piano di sotto.- bisbiglia la donna, guardandosi attorno quasi sospettosa nei confronti delle foto o dei quadri alle pareti.

-Quella che sta preparando le lasagne?- chiedono entrambi, divertiti. Chissà quale pettegolezzo sta per affidare loro quella cara nonnina. Magari sta per raccontare della famiglia perfetta in cui la madre in segreto ha un amante o più. Oppure una figlia difficile. Oppure, oppure...

-Pazza.- sentenzia invece la donna.

-P-pazza?-

Lei sbianca e lui le posa una mano sulla spalla. Magari è esagerazione, ma essere accolti dalla notizia di abitare sopra la testa di una malata di mente non è il massimo.

-Nah, sarà un tipo un po’ particolare...- cerca di smentire lui, schiarendosi la voce -...però sembrava allegra. Si sentiva canticchiare, da fuori.-

-Infatti, è pazza per stare allegra. Beata gioventù, non avete idea...una tragedia, una vera tragedia. Tutto è cominciato due anni fa. Prima la signora Manuela era un gioiello di donna. Ancora bella dopo due figli,  pensate un po’!-

-E poi che è successo?-

-Beh, il fatto è che...resti tra noi...il marito la tradiva. Allora lei ha sopportato, e sopportato, finché non si è stancata e ha voluto il divorzio.-

-Mi sembra anche giusto.- commentò lei, convinta, lanciando un’occhiata minacciosa al suo lui.

-Già, però lei non lavorava e...insomma, non si sono accordati pacificamente. Come potevano? Mi ricordo la signora su tutte le furie, quando tornava dagli incontri col giudice di pace. “Neanche in tribunale si risparmia di messaggiare con quella sgualdrina” gridava ai quattro venti, da parere un’indemoniata. Così la causa si è allungata e non hanno trovato un accordo nemmeno per le bambine.-

-Avevano figli?-

-Si, due bamboline bionde che erano l’invidia di tutto il quartiere. Così carine, tutte e due, con quegli occhietti visi e una risatina che ti rimetteva la gioia di vivere, a sentirla...-

-Gliele hanno tolte?- chiese lui, frettoloso di tornare al racconto principale.

-Come? Oh, gia...non subito. C’era una...come si chiama? Una dienza fissata al tribunale.-

-E come andò l’udienza?- chiese la ragazza, senza far pesare la correzione.

-Non si presentò, lei. Sua madre era morta d’infarto! Povera donna, era distrutta. Capirete che noi le consigliammo tutti di farsi aiutare, dopo tre giorni che stava tappata in casa, tutto chiuso, tapparelle abbassate, come fosse già sfitto. Lei andò dallo psicologo e quello schifo d’uomo...scusatemi il termine...dicevo, quello schifo d’uomo del marito mandò le carte alla sussistenza sociale. Quelli dissero che non poteva tenere le bambine perché andava dallo psicologo. Santo Dio, e in quella cripta con le finestre sprangate, invece, ci potevano vivere? Bah, lo Stato...-

Nessuno dei due ebbe il coraggio di fiatare, quella volta. Un rumore li fece sobbalzare tutti. Veniva dal piano di sotto. Qualcosa che si rovesciava, forse un mobile. Un brivido percorse la schiena della ragazza.

-Comunque sia, lei andò dal suo avvocato, e lui disse che non ci poteva fare niente finché lei non girava, e lui si prese le bambine. Sempre finché non guariva, disse. Lei all’inizio andava regolarmente dallo psicologo, prendeva le pillole. Girava come una sonnambula ma per il resto pareva normale. Poi ha iniziato a ridere da sola, a dimenticare le cose...a dimenticare le medicine...ed è impazzita, povera donna. Se ne va in giro per la casa a pezzi, a spolverare i soprammobili, a preparare il pranzo alla famiglia che non ha più, in una cucina di cui si schiferebbero anche i sorci. Vive in un mondo suo. La madre non è più morta, il marito non l’ha tradita, e sono ancora una famiglia. Lei aspetta le bambine, che tornino da scuola. O il marito, che rientri la sera da lavoro. Una volta m’ha invitato a entrare. Vergine Santissima, che impressione. Quella casa una volta era così bella e adesso...distrutta! Mobili per terra, quadri per terra, tappeti arrotolati sui divani, panni sporchi ovunque...e l’odore, mamma mia l’odore...da fuori non si sente, ma il corridoio e una camera a gas!-

La donna si prese un attimo, per ricomporsi e sospirare.

-Non vi spaventate, comunque...non da fastidio, sapete. Beh, forse un po’ di notte. Ovvio, lei aspetta il marito e non torna! Cerca le bambine e non le trova! Sentiste le urla che fa. Polizia, Carabinieri, Vigili, Corazzieri a cavallo! Chiama tutti...menomale che il telefono gliel’hanno staccato da un bel po’. Comunque alla fine si addormenta e la mattina ricomincia tranquilla come nulla fosse. Riordina il caos a modo suo, senza fare troppo rumore, e poi aspetta le bambine e il marito nella cucina, davanti alla tavola apparecchiata per quattro.-

-Ma non bisognerebbe...insomma...fare qualcosa?-

-E cosa, figlia mia? Quando uno arriva al punto di non voler più capire è come un mulo che si impunta. Più lo smuovi, più rimane fisso li, e non c’è verso di farlo camminare, se non ce la fa più. Piuttosto crepa sotto le mazzate. Lei è arrivata al punto di non farcela più, e così ha deciso di impuntarsi. Se la senti, qualche volta che esce sul pianerottolo, lei è la mamma perfetta, la moglie perfetta, la donna più felice della terra. Non hai neanche il coraggio di dirle niente... ti compri i tappi per dormire la notte, e basta. Oppure te ne vai, come stanno facendo un po’ tutti...prima che succeda la disgrazia, dicono. Perché secondo loro, prima o poi, succederà. Io dico che è già successa e che rimangano così le cose, o finiscano peggio, sarà sempre meglio che se quella povera donna recuperasse la ragione...tanto dopo una malattia del genere, chi gliele farebbe più vedere, le bambine? Così, lei non se ne accorge. Pensa di averle viste fino alla sera prima, di aver dato loro il bacio della buonanotte...e fino all’una e mezza è serena. Sta meglio qui, che in una casa di matti, che, tra l’altro, mi ha detto mia nipote che non si usano neanche più...-

  
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