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Autore: Sheep01    21/02/2015    2 recensioni
“Sempre insieme, eternamente divisi. Finché il sole sorgerà e tramonterà, finché ci saranno il giorno e la notte.”
Questa è la storia di un falco, di un lupo e di una ladra. Di come quest'ultima, in fuga da una delle prigioni più inespugnabili del regno, si troverà, suo malgrado, coinvolta in una tragica storia, alimentata da forze oscure e misteriose. Fra le sue mani, il destino di due amanti, oppressi dal maleficio di un vescovo crudele e senza scrupoli, che li costringe a una semi vita fatta di albe e tramonti che si rincorrono.
[Clintasha – Medieval AU]
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nick Fury, Sorpresa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7

Thin Ice

Dobbiamo vivere, padre. Da esseri umani.”


*


Kate si agitò sotto le coperte cercando di schivare un fastidioso raggio di sole.

“Ancora cinque minuti…” brontolò, rigirandosi dalla parte opposta solo per trovare la finestra spalancata ad accecarla definitivamente.

“Signore, ma non c’era brutto tempo ieri notte?” biascicò, imprecando silenziosamente per non infastidire la divina presenza che aveva testé interrogato.

“Buongiorno!”

Una voce poco distante la svegliò una volta per tutte.

Si sollevò appena, strofinandosi occhi e capelli, trovando Natasha seduta su un cumulo di paglia.

“B-buongiorno…” stronfiò, sbadigliando senza nemmeno preoccuparsi di darsi un contegno.

“Sembra tu sia andata a letto tardi, ieri sera. Ti ho preso qualcosa da mangiare…” le disse, porgendole una ciotola con del pane e una strana purea di frutta. L’odore tutt’altro che sgradevole fu in grado di rianimarle tutti i ricettori vitali.

“Wow… grazie.” Esalò, constatando che quella mattina Natasha sembrava proprio di ottimo umore. Anche solo dal modo in cui le sorrideva. Kate si chiese se non fosse per l’idea che presto avrebbe avuto fra le grinfie quel viscidone del vescovo. In tal caso avrebbe dovuto parlare a Natasha di un paio di cose, riguardo la gratificazione.

“Che serata.” Commentò rimettendosi in piedi per darsi una sistemata, soprattutto i capelli che sembravano un cespuglio corvino incontrollato. Natasha a confronto sembrava una rosa, profumata per giunta. Si ripromise di chiederle di svelarle il suo segreto. Era lei che di notte si trasformava in un lupo selvatico, ma si sarebbe detto il contrario.

“Che è successo?” le domandò incuriosita, mentre sistemava gli stivali di Clint in una borsa.

“Oh, niente di che… una serata tranquilla, per una volta tanto.”

“Mi fa piacere…” le sorrise la donna e per un istante Kate si sentì in colpa, rendendosi conto di aver goduto della compagnia dell’unico uomo di cui sembrava importarle qualcosa.

Cercò di dissimulare, stiracchiando quelle sue esauste membra, proprio mentre il falco fischiò dalla finestra per annunciare il suo arrivo.

Entrò in volo planare e invece di raggiungere Natasha, come sempre faceva, andò a sistemarsi sul braccio di Kate in uno sventolio di ali.

“Ieri sera… ?” indagò Natasha, lanciandole uno sguardo perplesso e forse vagamente accusatorio.

“C-cosa?” sì allarmò. “Vai uccellino, vai dalla tua Natasha.” Cercò di spronare Occhio di Falco a non metterla in una situazione imbarazzante, ma quello non sembrava volerne sapere di incoraggiamenti.

“Racconta.”

“Raccontare cosa? Non c’è niente da raccontare.” Si affrettò a rispondere in sua difesa, cercando di scrollarsi di dosso il rapace.

Stupido Barton.

“Sarà stato il terzo boccale di vino.”

“Avete bevuto?”

“N-no. Cioè sì.”

“Ah sì?”

“Sì, ma solo io! Ho bevuto solo io! Non è successo niente.” Le si avvicinò permettendole di riprendersi l’animale.

Natasha ora la stava guardando divertita.

“Non ti prendere gioco di me, mia signora…”

“Non lo faccio, Kate. Ma sicuro ti sei divertita più di me… ieri sera.”

“Mia signora, ascolta… è stata solo una piacevole serata, lo giuro. Niente di più…”

“Ma io ti credo…” la sentì dire, accarezzando il piumaggio del falco che sembrava godere di quel tocco come un gatto.

Kate non avvertì alcuna minaccia nel suo tono e si rilassò. L’ultima cosa che voleva fare era mettere zizzania per qualcosa che non era proprio successo. E non perché Sir Barton fosse repellente. Tutt’altro. Magari in altri contesti, insomma, un paio di pensieri ce li avrebbe anche fatti ma… no. Era una tale sostenitrice di quella tormentata storia d’amore che si sarebbe impiccata da sola, levando l’incombenza al vescovo, pur di non nuocere a nessuno dei due.

“Sir Barton è un brav’uomo. Ed è… molto affascinante, sarebbe stupido negarlo…” non riuscì proprio a impedirsi di dirle, “ma tutto quello che ha fatto ieri sera è stato parlare di te, mia signora.”

Natasha sembrò crederle: sebbene a Kate piacesse farcire parecchio i suoi ricordi, era sincera sul fatto che l’uomo sembrava non far altro che rivolgere alla guerriera i suoi pensieri… almeno per quei pochi giorni in cui aveva avuto il privilegio di conoscerlo.

“Sai Kate”, riprese Natasha, guardandola, “per ogni minuto che passi con lui, io ti invidio.”

Una frase che arrivò dritta come un gancio nello stomaco a confermare ciò che Kate sospettava.

“Ma puoi parlarmi di lui. Anzi… devi se ti senti di farlo. Voglio sapere che cosa ha detto, cosa ha… fatto. Posso vederlo con i tuoi occhi… se me ne parli…”

Kate pensò che la sua richiesta fosse talmente semplice e accorata, che annuì senza alcuna esitazione.

“Ma ti avviso che riesco a capire, se ciò che dici è vero…” la invitò bonariamente a continuare.

Kate, come da copione, non riuscì a non pensare a quella cosa come una specie di sfida.

“Oh, bè, ieri sera… quando ha cominciato a ricordare, a raccontare… il capitano era triste all’inizio”, cominciò, entrando rapidamente nella parte, “pensava al giorno in cui vi siete incontrati, e alla condanna del vescovo, maledicendolo, “ le fu accanto, guardandola mesta, come a dar forza al suo racconto, “poi… poi il suo viso si è illuminato… di quell’espressione raggiante che riesce a rischiarare la notte! Sai di che parlo…” indagò vedendola sorridere appena, di quel sorriso triste ma consapevole. Kate riuscì a vedere, riflesso nei suoi occhi, il ricordo di quell’espressione. E fu spronata a continuare.

“Ha parlato di quanto eravate felici insieme, prima del maleficio. E sono riuscita a percepire tutta la forza del suo sentimento.” La guardò. “Ti ama più della sua stessa vita, mia signora. Lo posso dire senza alcuna riserva…”

Natasha annuì di nuovo, conscia delle sue parole, come se avesse solo avuto bisogno di una definitiva conferma.

“Lo sai che lupi e falchi stanno insieme per la vita?” le disse.

Kate scosse la testa.

“Già… il vescovo non ci ha concesso nemmeno questo”, Natasha distolse lo sguardo, “nemmeno questo.”

Kate esitò solo un istante, prima di porre la domanda che più le premeva fare. Il Signore solo sapeva quanto si sentisse in colpa ad agire alle sue spalle.

“Hai ancora intenzione di ucciderlo?” le chiese dunque, sperando, per chissà quale assurdo motivo, che la notte avesse portato consiglio.

Natasha le lanciò uno sguardo che non necessitava di alcuna spiegazione, ma prima che potesse anche solo pensare di chiarire la sua posizione, Fury comparve sulla porta già spalancata della stalla.

“Tu…” fece Natasha, sdegnata da quell’intrusione forzata. Si rimise in piedi, facendosi grande al cospetto dell’uomo. Kate sapeva che la donna si era accorta che il frate le stava seguendo, ma forse ella sperava non avrebbe avuto l’ardire di avvicinarle, tenendosi sempre a debita distanza.

“Perché non mi dai ascolto, Natasha… ?” lo sentì pronunciare, forse già nei paraggi da un po’, il tempo necessario per cogliere stralci della loro conversazione.

“Entro domattina sarò ad Aguillon”, gli rispose inflessibile.

“Ma un giorno in più, che differenza vuoi che faccia, Natasha?” Intervenne Kate, il cuore in petto le martellava d’ansia e frustrazione. Cercò di non farsi mettere in soggezione dallo sguardo di fuoco che le venne riservato.

“Anche tu, adesso?”

“Fra due giorni scopriremo se è vera o meno la profezia di Fury, un giorno in più non cambierà niente nel corso della tua vendetta.”

“Se ti piacciono tanto le teorie astruse del monaco allora resta con lui.”

“Ma Natasha… io voglio venire con te.”

La vide raccogliere le sue cose rapidamente e fischiare al falco affinché la seguisse.

“Come farai ad entrare ad Aguillon, senza il mio aiuto?”

“Troverò un modo.” Ribadì il concetto tirando il cavallo per le briglie per trascinarlo fuori dalla stalla, ignorando Fury, ancora sulla soglia.

Kate la seguì fuori, affiancando il monaco.

“Grazie per aver tentato, Kate. E aver sostenuto la verità.”

La ragazza non riuscì a non deformare il viso in una smorfia tutt’altro che convinta.

“I momenti più felici della mia esistenza me li ha regalati la menzogna.” Esalò, prima di scoccare un’ultima occhiata al monaco perplesso da quella uscita e decidersi a seguire Natasha.

“Mia signora, aspetta!” la raggiunse vagamente affannata, “Dobbiamo pagare l’oste per l’ospitalità.”

“Ci ho già pensato io…”

“Ma… Natasha, non ci hai nemmeno dormito, nella stalla…”

“Quello che fa Clint è quello che farei io. Siamo tutt’uno, lui ed io…”

Kate scosse la testa: “Lascia almeno che ti offra il pranzo. Potremmo farci preparare qualcosa per il viaggio…”

Natasha inspirò a fondo, decisa forse a porre rimedio al tracollo che sembrava aver subito la mattinata.

“E sia…” le concesse, sistemando il cavallo a una delle travi di fronte alla taverna, “niente di più di quello che mangeremmo però.”

“Lascia fare a me, mia signora. Passo dalle cucine, faccio in un lampo.”

“Sarà bene!” le gridò dietro, prima che Kate prendesse a correre verso uno dei vicoli laterali.

Si fermò di botto, appena svoltato l’angolo, inciampando in qualcosa di grosso. Caracollò senza nemmeno il tempo di proferir un lamento.

Solo quando fu a terra, con la faccia nel fango si rese conto che si trattava di un uomo.

“M-mi scusi, signore!” esclamò pulendosi il mento sporco di fango, cercando di rimettersi in piedi.

“Signore… ?” fece di nuovo, quando non le arrivò alcuna risposta, “dannati ubriaconi…” sospirò, prima di tirargli un calcetto.

Quando nemmeno quell’atto vandalico sembrò animare l’uomo, gli diede una spinta più forte, ribaltandolo sulla schiena. Gli occhi vitrei e l’espressione statica di puro stupore, dipinta sul viso al momento della morte, la sorpresero a tal punto da strapparle un grido strozzato.

“Oh Cristo d’Iddio!” esclamò, arretrando sulle sue stesse gambe, incespicando di nuovo su una sacca, tappandosi poi la bocca con le mani: “Non era un offesa a voi, mio Signore!”

Dovette abbassare lo sguardo per non cadere di nuovo e solo allora si rese conto che la sacca si era aperta, rivelando il suo macabro contenuto: almeno un paio di teste di falco vi facevano capolino, non meno defunte dell’uomo a terra.

“Merda!” urlò, e solo allora Natasha le venne in aiuto.

“Che cosa è successo?” le chiese, sbucando dalla via adiacente, prima di raggiungerla e vedere per se stessa.

“Un uomo m-morto, dei falchi m-morti…” cercò di articolare Kate, che per una mattina aveva già fatto il pieno di brutali decessi.

La vide abbassarsi sull’uomo, scrutandolo a lungo.

“Rumlow…” mormorò appena udibile.

“Lo conosci? Lo conoscevi… ?”

La vide annuire e attirare a sé la sacca piena di falchi.

“Non lo fare, per l’amor di Dio, non… li toccare.”

Natasha si portò una mano alle labbra, come se fosse appena venuta a conoscenza di un avvenimento osceno. L’espressione di disgusto e paura sul suo volto non le sfuggì.

“M-mia signora che cosa succede?”

“Il vescovo ha mandato un sicario…” alzò lo sguardo, raccogliendo uno dei falchi morti per mostrarglielo.

“Mettilo via, ti prego!” la visione le procurò un profondo moto di nausea. Non che non fosse abituata a vedere selvaggina, a ucciderla e mangiarla. Ma il solo pensiero che lo stesso Barton, di giorno, apparteneva alla categoria, la nauseò. Avrebbe potuto esserci lui, fra quelle carcasse.

Improvvisamente le parole di Natasha le furono chiare.

Il vescovo aveva mandato un cacciatore… a uccidere Clint. E come farlo se non nel momento di massima vulnerabilità? Se non come un falco?

Solo… qualcosa doveva essere andato storto, e l’uomo mandato per compiere quello scellerato atto era morto. Forse durante una rissa. Forse solo grazie alla provvidenza.

“Mio Dio…” esalò Kate, rendendola partecipe della sua improvvisa consapevolezza.

“Sei ancora convinta che dovrei aspettare un giorno di più?” le domandò Natasha facendo ricadere l’animale sul petto dell’uomo morto.

Dovette arrendersi per un po’ all’idea che, se non altro, dovevano allontanarsi il più possibile da quel luogo.


*


Clint Barton stava finendo di rivestirsi.

Il gelo intenso della giornata e le pesanti nevicate avevano coperto la terra di un candido manto. Alla luce della luna, i riflessi azzurri e argentei della neve illuminavano la notte, regalando alla foresta un’aura fatata.

“Ehi, ragazzina…” individuò immediatamente Kate, in disparte con della legna asciutta fra le mani.

“Quante volte devo dirvi che odio essere chiamata ragazzina?” lo dovette rimproverare, posando tutto su uno strato di rocce sgombre di neve.

“Lo dico con affetto.”

“Vorrà dire che comincerò a chiamarti bellezza con affetto anche io, allora.”

Clint rise: “Credi che mi darebbe fastidio?”

Kate alzò gli occhi al cielo, accorgendosi della gaffe.

“Volevo risultasse un commento fastidioso, ma non è stato abbastanza efficace.”

“Sono sicuro che la prossima volta ci metterai più impegno. Hai visto il mio arco?” le domandò rimettendosi in piedi: gli stivali affondavano nella neve fresca, scricchiolando sinistramente in quell’innaturale silenzio. Persino i lupi, sembravano tacere, zittiti dal rispetto di quella stranissima nottata.

“L’ho preso io…” glielo indicò parcheggiato accanto al cavallo, “Sono andata un po’ a caccia. Ma non sono riuscita a prendere... niente.”

Il capitano le si avvicinò, guardandola: “Serata poco fortunata?”

Kate gli restituì uno sguardo stranamente preoccupato.

“Diciamo così.”

Come fare a rivelargli che la sola idea di uccidere un animale, quella sera le dava la il voltastomaco? L’idea fissa che qualcuno, là fuori adesso, fosse più che mai determinato a catturare il falco.

E se ci fosse stato in giro un cacciatore pronto a far fuori i lupi? Era forse per quel motivo che non si sentivano ululati, quella notte?

Il pensiero ebbe di nuovo il potere di renderla inquieta. Quel senso di nausea a ricordarle che stava prendendo troppo di pancia tutta quella storia.

“Che succede, Kate?” indagò immediatamente l’uomo, sedendole accanto.

“Natasha non vuole dare ascolto al monaco.” Gli rispose frettolosamente: dopotutto la preoccupazione arrivava anche da quella direzione. Aveva sempre pensato che intrattenere pochi rapporti interpersonali le avrebbe evitato un bel po’ di tormenti: ora più che mai, si trovò a concordare con quella sua presa di posizione.

E allora perché, se ci pensava solo un attimo di più, si sarebbe detta certa di non voler barattare quell’avventura con niente altro al mondo?

“Non riesco nemmeno a darle torto sai? Non del tutto…”

Clint non riuscì a fare altro che scrutarla.

“Voglio dire… è preoccupata per te. E’ preoccupata per se stessa. Io non lo so…” si voltò a guardarlo, “non lo so come fate a vivere in questo modo. Con la costante paura di perdere l’altro, senza possibilità alcuna di… fare qualcosa.”

Lo sguardo di Clint si incupì, e il suo stomaco fece una capriola all’idea di aver distrutto il sorriso con cui l’aveva accolta, solo pochi minuti prima.

“Siamo costretti a farlo…”

“L-lo so… lo so. Ma mi distruggerebbe”, deglutì a fatica, odiandosi per come aveva intessuto quella conversazione, “tu invece… invece sembri essere sempre di ottimo umore. Sembra che niente ti abbatta. Come fai, come fate tutti e due… ?”

“Io, di ottimo umore?” le domandò, una punta di divertimento, “oh, Kate, a volte bisogna costringersi a sorridere per non farsi opprimere dall’oscurità, lo sai? Mi avevi dato l’impressione di appartenere alla stessa identica categoria…”

Kate si sentì colpita da quel commento. Nessuno mai aveva dato importanza ai suoi atteggiamenti, ai suoi comportamenti.

“Ci sono momenti in cui la sua mancanza diventa insopportabile…” proseguì, “notti in cui il suo grido risuona talmente straziante da costringerti a tapparti le orecchie per non sentirla. Poi però cominci a percepire l’arrivo dell’alba… il cielo comincia a tingersi di rosa e azzurro, le tenebre ne vengono inghiottite, costrette alla fuga… si ritirano lentamente, inesorabilmente… e pensi che dopotutto, sei sopravvissuto a un altro giorno. E che a breve lei stessa vedrà quegli stessi colori, quella stessa alba. E’ il momento in cui riesco a sentirla più vicina… e il momento in cui penso, sempre, che un giorno riuscirò a rivederla.”

Le parole del capitano andarono a disperdersi nel silenzio notturno, ma rimasero ad aleggiarle attorno alla testa abbastanza a lungo da riscaldarla.

“E dire che dovrei essere io a rassicurarti…” si trovò a commentare, tirando su con il naso per dissimulare il coinvolgimento improvviso.

Clint le sorrise, sfregando le mani una sull’altra.

“Che tu ci creda o meno, lo fai. Non ho incontrato molta gente, in questi ultimi due anni. Non sai quanto è difficile trovare qualcuno con cui chiacchierare… di notte.” Le disse.

“Posso immaginarlo.” Rise Kate, tornando a guardarlo con gratitudine.

“Clint…” aggiunse poi, dopo un lungo attimo di pausa, “se ti dicessi che… abbiamo un piano per convincere Natasha ad accantonare il suo intento omicida… che diresti?”

L'uomo la guardò con aria interrogativa.

“Abbiamo… ?”

“Kate ed io…” si fece avanti Fury, emergendo da un gruppo di alberi poco distante. Kate si ritrovò improvvisamente a pensare che dovevano proprio piacergli le entrate ad effetto.

Clint sembrò valutare per un attimo l’indizio: “Ho già acconsentito a partecipare al vostro piano. Non vedo perché dovrei ritrattare la parola data proprio adesso…”

Kate non riuscì a far altro che rilasciare un sospiro di sollievo.


*


In quel momento Fury dimostrava esattamente tutti gli anni che aveva. I movimenti erano goffi e lenti, e in un’ora di lavoro aveva espresso le sue lamentele in modo così ossessivo e costante che Kate si considerò più che certa di non voler avere più a che fare con un anziano per il resto della sua vita.

“Quella buca è ancora troppo piccola per tutti e due!” esclamò sul ciglio della fossa che Fury e Barton avevano scavato per buona parte della notte, andando a traforare un terreno gelido e duro come roccia.

A quell’ora solo le due teste sbucavano dalla voragine; entrambi esausti e sporchi di terra da sembrare davvero due troll di montagna.

“L’importante è che sia grande abbastanza per il lupo. Perché non vieni qui a darci una mano, invece di ciarlare di cose inutili?” la rimproverò il monaco, scostando malamente Clint che aveva invaso di nuovo il suo spazio vitale.

“Ma io vi sto dando una mano”, protestò la ragazza, “dirigo i lavori da un’altra prospettiva.”

“Se mi aveste detto subito che avrei dovuto sgobbare in questa maniera avrei fatto due conti sull’accettare il vostro… assurdo piano!”

“Oh, capitano, non ti lagnare!” lo spronò la ragazza, “per una volta che puoi fare dell’ottimo lavoro di squadra. Ti lagnavi di non riuscire ad avere a che fare con molta gente, e ora guardati qui!”

“Non ti mando al diavolo solo perché sono una persona educata…”

“E il Signore ti è sicuramente grato per questo! Non è così, padre?”

“Il Signore mi sta dicendo che questa buca è abbastanza profonda”, le rispose questi, posando le mani sul bordo per potersi issare fuori dalla fossa, “E che magari un paio di braccia forti e volenterose dovrebbero aiutare un vecchio a uscire.”

Clint non si lasciò sfuggire lo sguardo del monaco e, mollata la zappa improvvisata che aveva permesso loro di lavorare, gli si fece accanto per aiutarlo nell’impresa.

“Certo il Signore non è qui per rendersi conto di quanto ingrassato sia, questo vecchio!” si lamentò il capitano, cercando di spingerlo su non senza difficoltà.

“Ma come osi! E’ solo la veste ad essere ingombrante.”

“Io dico che è lo stomaco ad essere ingombrante! Hai un fegato così ingrossato da fare a gare con un otre!”

“Frena la tua lingua biforcuta, Barton!”

“Mi chiedo come diavolo fai a rialzarti, dopo esserti inginocchiato all’altare!”

Kate osservava divertita il battibecco non senza tenere sott’occhio la vallata, sperando che il lupo decidesse di farsi vivo, prima che albeggiasse. Il cielo non era più cupo come nelle centrali ore notturne e, se l’istinto le suggeriva il giusto, presto avrebbero visto il sole sorgere dietro le cime delle montagne.

D’improvviso un’ombra scura si stagliò in quel mare di bianco. Kate si levò in piedi per vedere meglio e si illuminò rapidamente.

“Ehi voi… il lupo. Il lupo è qui!” esalò senza eccedere con la voce per paura di spaventare l’animale che ora procedeva spedito nella loro direzione.

Clint le fu accanto e la superò, andando in quella direzione a darle il giusto incentivo.

Solo dopo qualche passo si fermò, indugiando in modo del tutto sospetto.

“Che succede?” indagò Kate, esitando a raggiungerlo per paura di interrompere il momento propizio.

“Sta attraversando il lago…” la voce dell’uomo le arrivò esitante, fremente d’aspettativa.

“Quale lago?”

“Il lago… il lago ghiacciato!”

“C’è un lago ghiacciato?”

“Signore Iddio…” sospirò Fury alle loro spalle, improvvisamente consapevole di qualcosa che non avevano affatto calcolato.

Il lago ghiacciato era coperto di neve, e il suo riflesso, che per tutto quel tempo si era confuso nella notte, ora mostrava il suo volto più terrificante.

“Oh… merda…” sussurrò Kate, trattenendo il fiato man mano che il lupo avanzava nella loro direzione.

Clint, al suo fianco, sembrava in conflitto con la decisione di restare fermo a sperare che tutto andasse per il meglio e la furia di correre verso il lupo per andare a recuperarlo lui stesso.

E poi successe.

Fu un attimo. Un terribile attimo che decretò la svolta di quella spaventosa attesa.

Il lupo, che fino a pochi istanti prima ancora procedeva rapido e sicuro, si fermò. Lo scricchiolio del ghiaccio rimbombò come un tuono, nello statico silenzio circostante.

L’istante successivo la sagoma dell'animale sprofondò nell’improvvisa voragine, inghiottendo l’ultimo dei suoi guaiti.

“Natasha!” il grido di Clint seguì rapidamente la sua avanzata. Kate, pronta a far altrettanto, venne bloccato dalla mano del monaco.

“Il ghiaccio è troppo sottile!”

“Ma non possiamo lasciarla morire!” si dimenò lei, improvvisamente animata da una furia che non sapeva contenere. Un secondo scricchiolio frenò la sua protesta e con orrore si rese conto della ragnatela di crepe che seguivano passo dopo passo la camminata del capitano delle guardie.

“Barton! Sei troppo pesante!” gridò, prima di riuscire a liberarsi dalla presa di Fury e decidere di prendere la stessa strada da un’altra direzione.

Lo superò senza difficoltà. Il ghiaccio sotto di lei sembrava essere più magnanimo.

“Resta fermo lì, Capitano! O ci farai sprofondare tutti!” gli gridò avanzando senza indugio in direzione del lupo che tentava di tenersi aggrappato al bordo ghiacciato della spaccatura.

Si tuffò di stomaco, andando a sdraiarsi a pochi passi dalla crepa. Cercò di afferrare il lupo che riprese a guaire, intuendo che quella era la sua unica e ultima possibilità di salvezza.

Clint, alle loro spalle, si chinò a sua volta, prendendo a strisciare lungo il lago, sperando che il ghiaccio sotto di lui tenesse il tempo sufficiente a portare in salvo entrambe.

Kate si aggrappò alla sua pelliccia, cercando di riportarlo in superficie, mentre il lupo si dimenava, nella frenesia di tornare all’asciutto. Quando si rese conto di essere troppo debole per l’operazione, la ragazza fece l’unica cosa che le sembrò sensata: si lasciò scivolare in acqua, decisa a spingere il lupo dal basso.

“Kate!” gridò Clint che nel frattempo le aveva raggiunte e aiutava afferrando le grosse zampe dell’animale.

“Lo hai preso? Lo hai preso?!” fece di rimandò Kate, riuscendo miracolosamente a sospingerlo verso l’esterno. L’acqua gelata le bloccava il respiro in una morsa mortale, mentre gli artigli del lupo le graffiavano le carni. L’attimo in cui vide la sua pelliccia sparire dalla sua visuale, comprese che il lupo era stato tratto in salvo.

Esausta e senza un briciolo di respiro, improvvisamente si sentì trascinare verso il fondo. Il freddo ormai era un sudario che aveva perso di consistenza. Chiudere gli occhi e lasciarsi andare sarebbe stato molto semplice. Troppo semplice.

Chiuse gli occhi, il tempo di pensare a un piano alternativo, quando si sentì afferrare per la collottola.

Un paio di mani forti e ferme si arpionarono ai suoi vestiti, trascinandola fuori da quell’incubo di ghiaccio.

Riprese fiato quasi in modo disarticolato, andando a cadere sulla morbida pelliccia del lupo.

“Tutto bene?” la voce di Clint a scuoterla, attirandola a sé, lontano dalla voragine di ghiaccio. Accanto a loro riuscì a intravedere il monaco che doveva essere corso loro in aiuto, a pochi passi di distanza, dove il ghiaccio sembrava apparire meno fragile.

“S-sì… tutto bene. S-solo un p-po’… f-freddino.” Balbettò finendo fra le braccia del capitano, incastrata fra il suo corpo solido e quello del lupo, tremante e ancora carica di adrenalina.

“Grazie…” lo sentì mormorare, mentre una mano calda le strofinava la schiena ghiacciata.

“Dobbiamo vivere, padre…” continuò con voce esausta, colma di paura per lo scampato pericolo, “... da esseri umani. Le nostre vite sono nelle tue mani, adesso…”

Se il monaco rispose, Kate non se ne accorse. Cullata dall’abbraccio del capitano, cercò di concentrarsi sul calore che esso irradiava.


*


Nell'oscurità del bosco, nascosto al sole nascente, una figura ammantata osservava la scena.

Un ghigno severo gli sformava le labbra. Il disappunto concreto a illuminargli lo sguardo ormai elevato al cielo.

“Un giorno senza la notte. Una notte... senza il giorno...” mormorò come a ricordo di quella profezia ormai alle porte.

“Vostra grazia, credo sia ormai giunto il momento di lasciar andare a briglie sciolte il destino”, mormorò al vento e solo dopo aver pronunciato quelle parole, si abbandonò ad una risata strana. Bassa e roca.

Decise che era intervenuto a sufficienza in quegli strani e inarrestabili eventi. Sparì nella foresta, lasciando il nero mantello a evaporare come fumo, nelle tenebre.

___


Note:

Rieccomi rapidissimamente con le note finali. Che mi premevano solo per mantenere una promessa: il disegno gemello di quello dello scorso capitolo: Clint con il lupo Natasha [QUI]. Spero sia di vostro gradimento.

Nel prossimo capitolo si entra nel vivo della risoluzione della storia. E come sempre ringrazio tutti quanti seguono la storia, i vecchi e i nuovi lettori e la beta socia Sere, che come sempre mi sprona con argomentazioni piuttosto consistenti. Buona serata e alla prossima!

  
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