10.
Il taxi mi
lasciò davanti al “mio”
parco. Decisi di non dargli l’indirizzo preciso, non volevo
mettere in
difficoltà Ville. Un solo passo falso e sicuramente qualche
giornale
scandalistico ci sarebbe andato a nozze. Percorsi quella via ormai
familiare, fiancheggiata
da alberi e case di mattoni rossi ricoperte d’edera e,
trascinandomi dietro le
valigie, salii le scale che portavano alla torre.
“Ciao”
dissi, imbarazzata, appena
Ville aprì la porta. Aveva le occhiaie, l’aria
stanca. Mi si strinse il cuore:
non volevo vederlo così, mai più.
Per quanto mi
sforzassi, non riuscivo
a dimenticare il suo sapore, la bellissima sensazione delle sue labbra,
così
morbide e dolci sulle mie. E non riuscivo a distogliere il mio sguardo
dal suo.
Come avevo anche solo potuto pensare di andarmene?
“Ciao”
rispose, sorridendo davanti
alla mia espressione imbarazzata. “Sei gelata”
disse, sfiorandomi appena la
mano.
Non dissi nulla,
aspettando che
chiudesse la porta alle nostre spalle.
“Scusa
per prima, io.... “
“Lo
so... ”
Non
gli diedi il tempo di
dire altro. Mi gettai tra le sue braccia, come avrei voluto fare da
tanto,
troppo tempo. Mi strinse a sé, e restammo abbracciati per un
po’, senza dire
nulla.
“E’
troppo facile....”
disse con un sorriso appena accennato, abbassando lo sguardo proprio
mentre io
alzavo il mio per guardarlo.
“Cosa?”
chiesi.
“..tenerti
tra le
braccia” concluse, sorridendo. “E’ la
cosa più naturale del mondo, è come se tu
fossi nata per stare qui”.
Era
vero. Non mi ero mai
sentita tanto a mio agio come in quel momento, tra le sue braccia.
Provai
a dire qualcosa,
ma fu completamente inutile. La mia voce, semplicemente, si
rifiutò di uscire.
E capii che aveva ragione: appartenevo a quelle braccia, a quella
città. Avevo
trovato un posto da chiamare casa.
E
ora, Ville non era il
mio cantante preferito, non era la persona irraggiungibile con cui per
anni
avevo tappezzato le pareti della mia stanza. Era reale, in carne ed
ossa... e
io lo amavo. Amavo Ville, con tutti i suoi difetti, non ciò
che aveva
rappresentato per me prima di arrivare ad Helsinki.
Stavolta
fui io a cercare
le sue labbra. E in quel bacio, c’era tutto: dolcezza, amore,
desiderio.
C’erano due anni di sogni assurdi che incredibilmente e
contro ogni logica erano
diventati realtà. C’eravamo io e Ville, con tutti
gli errori fatti e le
sofferenze patite che, una dopo l’altra, ci avevano condotto
inesorabilmente
uno tra le braccia dell’altra, pezzi di uno stesso puzzle
separati troppo a
lungo.
Restammo
abbracciati,
senza dir niente, una mano di Ville ad accarezzarmi i capelli.
“Posso
chiederti una cosa
molto, molto stupida?” chiesi.
Mi
guardò con aria
interrogativa “Dimmi...”
“
E’ stato come.... come
l’avevi sognato?”
“No”
rispose, serio, per
poi sorridermi dolcemente “E’ stato molto meglio. A
volte la realtà può essere
migliore di un sogno, non credi?” disse, sfiorandomi
delicatamente una guancia
con la punta del naso.
“Questa realtà supera ogni
sogno” ammisi.
Accoccolata tra
le sue braccia su
quel divano bianco, il mio sguardo vagò per il salotto, fino
a posarsi sulla
finestra. Stava nevicando. Mi
sciolsi,
anche se a malincuore, dal suo abbraccio e corsi davanti alla finestra,
appoggiando i palmi delle mani al vetro freddo, come una bambina.
“La....la
neve!” esclamai, cercando
lo sguardo di Ville.
“Non
hai mai visto la neve?”
sogghignò lui, alle mie spalle.
“Non
così tanta tutta insieme!”
sorrisi, voltandomi verso di lui. “Dalle mie parti non nevica
mai... e sarà impossibile
raggiungere l’aereoporto, se continua a
nevicare...” mormorai, sorridendo e
sbirciando la sua reazione. La decisione era presa, ormai. Al diavolo
l’aereo.
Sarei rimasta con lui, ad Helsinki, anche a costo di pulire i bagni del
Kamppi
per guadagnarmi da vivere.
Ville
abbassò lo sguardo. “Il tuo
aereo non partirà... o almeno...tu non partirai con
lui” ridacchiò.
“Davvero?”
sorrisi.
“Posso
assicurarti che, a costo di
attaccarmi alla coda dell’aereo, tu non ti muoverai di
qui” sorrise, abbassando
gli occhi.
Tornai a
guardare fuori dalla
finestra, il manto bianco che ricopriva le foglie cadute di un autunno
finlandese troppo freddo, ma incantevole.
“E’
bellissimo...” mormorai. E quella
sensazione che avevo avuto appena messo piede ad Helsinki, era
più forte che
mai. Sebbene qualche strano scherzo del destino mi aveva fatta nascere
nel
posto sbagliato, ora avevo finalmente trovato il mio posto nel mondo. E
quella
nevicata ad ottobre non era altro che un nuovo scherzo del destino, un
modo per
farmi restare, per restituirmi a quello che da sempre era stato il mio
posto,
accanto alla persona che da sempre era stata destinata a me...
Ville si
avvicinò ancora di più,
strinse le braccia attorno alla mia vita.
“Ma se
pensi ancora di non avere sufficienti
buoni motivi per restare...” mi sussurrò
all’orecchio, sorridendo.
Guardai di nuovo
la neve, fuori, poi
mi voltai verso di lui, perdendomi nei suoi occhi.
“Ho il
migliore dei validi motivi che
in questo momento mi sta attaccato tipo piovra” sorrisi, e lo
baciai
dolcemente.
Voglio credere davvero
nei sogni, per una
volta....
I'm for you - and I'm dying for your love
I'm for you - and my heaven is wherever you are
For You – HIM
Sisko: vabbè ormai gli scleri sono all'ordine del giorno! Come faremmo senza?XD (-23 waaaaaaa *___*)
Nipotina: eeh direi che come motivo è proprio perfetto!! Ma quali complessiiiii!!! Me aspetta con ansia che tu scriva qualcosina!!
Mossi: capitoli mandati U.U meglio tardi che mai, Ale si inginocchia sui ceci per la dimenticanza XD
Lost lady: grazieee *____* spero che tu sia riuscita ad organizzare per l'Helldone!!