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Autore: The_Grace_of_Undomiel    21/02/2015    4 recensioni
"Nei secoli passati, nella terra di Erendithum non prosperava la pace, ma era soggetta a guerre continue. I Regni più in contrasto in assoluto erano Il Regno dei Desideria e il Regno dei Mildriend, chioma rossa. Per molto tempo tra queste due popolazioni ci fu furono guerre e battaglie sanguinose, fino a quando non si giunse ad una faticosa pace, suggellata dal matrimonio del principe Desideria, Dawmanos e la principessa Mildriend, Fhanys. Purtroppo, questa pace non fu destinata a durare a lungo. Infatti una nuova minaccia sorse dal Regno degli Alkres, che tentò di usurpare il Regno dei Desideria e dei Mildriend, per ottenere la supremazia massima. Ma dopo una guerra lunga e violenta, il Regno degli Alkres fu sconfitto e confinato in una dimensione a noi sconosciuta per opera della Maga Ailenia. Sventata anche questa minaccia, si visse nuovamente in pace e armonia. Alla tragica e misteriosa morte dei due sovrani, salirono al trono il fratello del Re, Moron, e la sua consorte, Alidiana. In seguito a ciò, si scatenò nuovamente un conflitto con i Mildriend, popolo divenuto ribelle e pericoloso. La popolazione venne a lungo perseguitata fino a quando la razza dei Mildriend non scomparve"
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Morte sfiorata
Nel cuore della notte, un’ombra si mosse scattante, così rapida da sembrare un sospiro di vento. Aveva atteso pazientemente tutta la sera, accortamente nascosta, senza perdere di vista un attimo la finestra della camera della principessa. Per un breve istante l’aveva anche intravista, una piccola figura che si sporgeva.
Per l’ombra raggiungere le mura del castello fu un’impresa piuttosto ardua, costretta ad attraversare a nuoto il fossato che separava il punto in cui era rimasta nascosta dalla fortezza. Ma infine, riuscì nel suo intento. Si appiattì contro una delle pareti e iniziò la sua lunga scalata. Fortunatamente, il castello aveva una conformazione tale che le permise di arrampicarsi con facilità; era pieno di appigli sui cui aggrapparsi e, per un esperta come lei, fu relativamente molto semplice.
Dopo un po’ di tempo arrivò a pochi metri, in diagonale, dalla finestra della stanza. A quel punto estrasse da una sacca che aveva provveduto a portarsi dietro una corda molto resistente, legò un cappio ad un’estremità e  la lanciò verso uno degli speroni posti proprio sotto al davanzale. La sua infallibile mira non l’abbandonò neppure in quell’occasione. Dovette stare attenta alla cascata che spumeggiava incessante, ma  infine giunse finalmente proprio sul davanzale.
Con un sorriso, constatò che la finestra fosse appena socchiusa. La principessa era davvero un sciocca, considerò.
Diede una rapida occhiata dentro, la camera era avvolta nel buio più totale, si riusciva a distinguere solo l’ombra di qualche oggetto, tra cui quella del letto.
Keìra aprì lentamente la finestra ed entrò nella stanza. Avrebbe dovuto avanzare a tentoni, creare un sfera di luce non sarebbe stato prudente, avrebbe rischiato di svegliare la principessa.
Silenziosa e sinuosa come un felino si avvicinò al letto e, per quanto l’oscurità fosse spessa, riuscì benissimo ad individuare la sagoma della principessa, che, ignara di quello che sarebbe accaduto a breve, dormiva profondamente.
Sfilò il pugnale affilato che portava al fianco dalla fodera, producendo un rumore sibilante. La lama dell’arma quasi parve ghignare.
La ragazza lo alzò verso l’alto, pronta a completare la sua missione. La sue labbra si curvarono in un sorriso, constatando quanto tutto fosse stato facile, forse quasi noioso.
Ma proprio quando Keìra fece per calare il pugnale, la luna fece capolino da dietro le due nuvole nere che per tutto il tempo le avevano impedito di risplendere. Una luce bianca illuminò l’intera stanza, il pugnale scintillò, e Astril si mosse nel letto. Alcune ciocche dei suoi lunghi capelli si sparpagliarono sul cuscino. Ciocche di capelli rosso porpora.
Keìra, con ancora il pugnale tenuto a mezz’aria, fissò sconcertata la chioma della principessa. In uno stato di puro sbigottimento indietreggiò di qualche passo, ma non si accorse del comodino che si trovava proprio lì vicino. Il fracasso fu terribile. Un enorme tomo cadde a terra seguito da numerosi vasetti in porcellana che si frantumarono e da un vassoio d’argento che trillò contro il suolo.
A quel frastuono, Astril si svegliò immediatamente. Si mise di scatto a sedere e nel vedere quella figura sconosciuta e il pugnale, urlò con tutte le sue forze, terrorizzata.
Keìra imprecò e decise di darsi alla fuga, l’unica cosa che le fosse rimasta da fare. La missione era fallita.
Non riuscì però ad andare lontano. All’urlo di Astril le guardie reali, che si trovavano fuori dalla stanza della principessa, si precipitarono dentro. Ben due riuscirono ad afferrarla per le braccia, ma ella riuscì a divincolarsi e colpì uno di loro con un portentoso calcio. Fece per scavalcare la finestra, ma altri le afferrarono le gambe e la tirarono indietro, facendola cadere a terra. Cercò di resistere con tutte le sue forze, ma finì sopraffatta. Qualcuno la colpì alla tempia con qualcosa di solido, stordendola. Cadde a terra priva di sensi.
Le guardie, imprecando a mezza voce, specialmente quello che era stato colpito, la sollevarono di peso e la portarono fuori dalla stanza.
Astril venne scortata fuori in uno stato di shock. Felixia insieme ad altre donne del castello la raggiunsero, anche loro terrorizzate. Ma la principessa non sentiva più nulla, né comprese più ciò che le accadde intorno. L’unica cosa che sapeva era che quella sera avesse sfiorato la morte.
°°°

La Sala dei Processi pullulava di persone, Astril non l’aveva mai vista così affollata. La mattina seguente al tentato omicidio, quasi tutti gli abitanti del castello si erano riversati lì, persino ai domestici era stato accordato di parteciparvi, per ordine stesso del sovrano. Era presente anche quasi metà della città.
Astril si sentiva terribilmente a disagio. La paura della notte appena trascorsa le albergava ancora nell’animo e se non se ne sarebbe andata via presto. Qualcuno aveva tentato di ucciderla, ma, per qualche misterioso motivo, non era riuscito nel suo intento. Le ritornò alla memoria l’immagine di quella sagoma nell’ombra e di quel pugnale, la lama che quasi brillava. Non era riuscita a scorgere altro, sia per via del buio, sia per via del terrore che le aveva praticamente alterato le percezioni. Era certa però che lo sconosciuto attentatore fosse una donna. Aveva riconosciuto il suo fisico femminile.
Venne scossa da un brivido freddo al pensiero di quello che sarebbe potuto accadere, mentre continuava a chiedersi chi fosse colei che voleva a tutti costi la sua morte.
Da quando si era seduta sulla panca del Tribunale, per tutto il tempo aveva tenuto lo sguardo fisso sulle sue ginocchia e le dita strette spasmodicamente al vestito pervinca. Ma il motivo non era solo il processo e il ricordo della notte. Al suo fianco, sedeva suo zio Moron.
Egli era un uomo di corporatura piuttosto massiccia, i suoi occhi, come i capelli, erano neri come la pece, paragonabili a due oscuri pozzi profondi. Osservava l’ambiente circostante altero e composto, con una tale severità e freddezza che avrebbe messo in soggezione anche il guerriero più coraggioso. Sul capo portava una corona incastonata di preziose gemme verdi contornate da argento splendente, simbolo del suo potere e della sua autorità.
Alla sinistra di Astril, sedeva invece la zia, la Regina Alidiana. Così esile che anche un leggero soffio di vento avrebbe potuto portasela via, ma di una bellezza sconvolgente. I capelli neri erano legati in un elegante chignon, alcune ciocche mosse le ricadevano lungo il viso perfetto; due occhi color grigio perla, contornati da un velo di tristezza e privi di emozione, guardavano nel vuoto e le labbra rosa che non sorridevano più da anni erano piegate in una smorfia malinconica.
Tutti nella sala parlavano, chi era stato presente quella notte raccontava la sua versione dei fatti arricchendola di particolari, mentre gli altri ascoltavano affascinati e allo stesso tempo intimoriti.
I due sovrani e Astril invece tacevano. In entrambi la principessa aveva notato qualcosa di strano, suo zio era più incattivito del solito, mentre sua zia più preoccupata.
Poco tempo dopo arrivò tutto trafelato il giudice, un ometto grassoccio e di una bassezza anormale, figura abbastanza inutile a dire il vero, dal momento che l’ultima parola spettava sempre e comunque al re.
A quel punto il chiacchiericcio cessò di colpo e la sala venne avvolta dal silenzio.
Il giudice si schiarì la voce e prese a parlare. Iniziò con la solita tiritera tipica di ogni processo, poi introdusse quello che ormai tutti sapevano a memoria, e cioè che la sera precedente fosse accaduto un terribile fatto. Venne poi fatta chiamare Astril a raccontare l’accaduto, cosicché tutti sapessero nei dettagli. Per lei ripercorrere ogni cosa fu una vera e propria violenza su se stessa.
“A questo punto, direi di far entrare la prigioniera” disse il giudice e la sua voce tremò.
Se possibile, nella sala si fece ancora più silenzio. Tutti si sporsero verso il portone d’ingresso. Astril aumentò la presa sul suo vestito, Alidiana si fece attenta, Moron digrignò i denti.
Scortata da ben otto guardie, la processata fece il suo ingresso nella sala.
Esclamazioni di stupore si levarono da tutti i presenti. Alcune donne svennero, mentre ad altre sfuggirono gridolini. Moron ringhiò sommessamente, mentre Astril rimase senza parole.
Si trattava di una ragazza, forse con qualche anno in più di lei. Alta e snella, con un fisico nervoso, indossava un paio di pantaloni marroni e un corpetto dello stesso colore. I capelli, lisci e corposi, le arrivavano sino alla schiena, rossi porpora; sulla parte sinistra del volto spiccava una cicatrice, mentre sulla tempia era ben visibile un livido violaceo, procuratoselo sicuramente durante  la colluttazione. Era una Mildriend, non c’era ombra di dubbio, una Mildriend a tutti gli effetti.
Aveva i polsi legati e una guardia la tirava per mezzo di una catena di ferro. Altri soldati la circondavano, monitorando attentamente ogni sua mossa.
Le intimarono di muoversi e lei avanzò tenendo lo sguardo dritto davanti a sé, senza considerare nessuno. Solo quando giunse in prossimità di Astril, si voltò a guardarla. La principessa si sentì perforata da quegli occhi enigmatici, di cui non riusciva a scorgere il colore a causa della lontananza,  quasi volessero leggerle l’anima. Tentò di sorreggere lo sguardo con quello della Mildriend, ma alla fine fu costretta a cedere. Venire analizzata in quel modo l’aveva trasmesso troppa inquietudine.
La prigioniera venne portata al loro cospetto e a quello del giudice, che aveva preso a sudare freddo per la paura.
“Questa notte sei stata fermata mentre tentavi di attentare alla vita della principessa. Per quale motivo volevi compiere un simile gesto?” chiese l’uomo, cercando rimanere risoluto.
La ragazza non rispose, né accennò alcun tipo di reazione. Rimase immobile, con uno sguardo di sfida fisso in quello del giudice.
Quest’ultimo ripeté la domanda ma ottenne lo stesso risultato. Dopo di ciò, seguirono altre innumerevoli domande.
“Chi sei?”
“Da dove provieni?”
“Sei da sola o qualcun altro era organizzato nella cospirazione?”
“Se sì, di chi tratta?”
“Ci sono altri come te?”
“Sai parlare?”
Ma la ragazza rimase sempre in silenzio. A quel punto il giudice disse “Se parlerai, prometteremo che non ti faremo del male”
La prigioniera lo guardò quasi divertita, canzonatoria. Poi si voltò verso la direzione di Moron e dopo avergli rivolto un’occhiata carica di disprezzo sputò.
La gente mormorò sconcertata e le guardie strattonarono la catena che la teneva legata. Gli occhi del sovrano scintillarono di collera e per un attimo Astril credette che lo zio l’avrebbe uccisa seduta stante.
“E’ evidente che tu non voglia proferire parola. Sappi che ti sei macchiata di una grave colpa. Verrai rinchiusa nelle segrete del castello e interrogata. In seguito a ciò, sarai giustiziata immediatamente. Questo è tutto” proferì duramente il giudice. Il processo venne chiuso e la ragazza riportata indietro, mentre nella sala proruppero insulti e maledizioni di ogni tipo nei confronti della Mildriend. Sorse così tanto scompiglio che le guardie dovettero riportare l’ordine con la forza.
Astril venne ricondotta nelle sue stanze, mentre Moron, straripante di ira, e Alidiana si affrettarono verso un’ala del castello.

La principessa sbatté violentemente  la porta della sua stanza. Si mise le mani fra i capelli e prese a camminare avanti indietro, con il cuore che le batteva all’impazzata e la testa che pareva volesse scoppiarle.
Lo sapevo, l’ho sempre saputo. I Mildriend...i Mildriend non sono scomparsi, sono ancora vivi. Ciò che credono gli altri sono solo menzogne. Quella ragazza era una di loro, ne sono più che certa. I suoi capelli ne sono la prova. Moron era furioso, la gente scioccata. Cosa succederà adesso? Le persone sono state messe davanti ad una realtà che nemmeno sospettavano. Il re farà setacciare l’intero Regno, adesso. Non può essere l’unica Mildriend, devono essercene altri, lei sa dove sono, ma io non lo saprò mai perché Moron...la ucciderà!” pensò.
Si fermò di botto in mezzo alla stanza, mentre pensieri simili e altri molto più pericolosi le vorticavano in testa.
No, Astril, ragiona. Quella ragazza ha cercato di ucciderti, è una criminale, un’assassina, è pericolosa. Forse gli altri hanno ragione, forse i Mildriend sono davvero malvagi. Frena, ricorda chi era tua madre, lei era una Mildriend, ed è stata una delle sovrane più giuste e sagge di tutta Erendithum. Ricorda chi sei tu, ma chi sono io?
Riprese a camminare. Sembrava tarantolata.
Sono la principessa Astril, figlia di Dawmanos, Desideria, e di Fhanys, Mildriend. Nelle mie vene scorre il sangue di entrambe le stirpi. Questa notte ho rischiato di venire uccisa da una Mildriend
Si fermò nuovamente di colpo. Lei la vita la rischiava tutti i giorni. Ogni giorno rischiava di essere uccisa per mano di quel tiranno e crudele di suo zio, se mai avesse scoperto la verità. Dopotutto non c’era poi molta differenza.
Con questa nuova consapevolezza la sua mente prese a ragionare febbrilmente. Aveva due possibilità: poteva lasciare che quella ragazza venisse giustiziata, che i suoi dubbi rimanessero per sempre tali, poteva continuare a vivere come una prigioniera in attesa che un giorno Moron scoprisse infine la verità e la uccidesse; oppure, poteva scoprire finalmente qualcosa di più, conoscere la verità sui Mildriend e, se le cose fossero andate come lei sperava, magari andarsene per sempre da quel castello. Ma, se invece tutto fosse andato storto, lei ci avrebbe rimesso la vita.
Non sapeva quale delle due opzioni la terrorizzasse di più. Forse in entrambi i casi sarebbe morta, ma se per qualche assurdo motivo invece le cose si fossero evolute per il verso giusto, la sua esistenza sarebbe cambiata radicalmente.
Era certa, però, che avrebbe fallito ancora prima di incominciare. Lei non era tagliata per quelle cose, si era sempre considerata un disastro totale su tutto, era un’incapace ad essere una principessa, perciò su una cosa come quella sarebbe stata anche peggio. Si avvilì totalmente.
Per  ben due giorni pensò, organizzò, si autocommiserò, macchinò, ragionò e non fece che chiedere notizie sulla prigioniera, vendendo a sapere che, nonostante l’avessero torturata, ella si rifiutava tuttora di confessare. Questo aiutò la principessa a prendere infine una decisione, per quanto interiormente fosse ancora divisa a metà.
Cercando di non ascoltare le sue ansie e i suoi ripensamenti che le urlavano incessanti quanto tutto quello fosse sbagliato ed avventato, all’alba del terzo giorno mandò a chiamare Felixia.
“Mi avete chiamata, Altezza?” domandò la cameriera.
“Sì, ho bisogno che tu faccia una cosa per me”
“Tutto quello che desiderate”
“Devi andare in città, subito”
Felixia sgranò i suoi occhi blu “Per quale motivo, Altezza?”
Astril esitò un attimo, poi rispose “Devi comprarmi dei vestiti”
“Vestiti? Oh, ma non sarà necessario che vada in città, basterà chiamare il sarto di corte o...”
“Non quei tipi di vestiti, mi servono un paio di pantaloni, un corpetto e degli stivali. Come tu ben sai ne sono sprovvista. Queste cose le puoi trovare solo al mercato di Desponia”
Felixia sussultò “Ma a cosa vi servirebbero degli abiti del genere?”
Astril spostò lo sguardo altrove “Queste non sono cose che ti riguardano” ribatté sulla difensiva.
Ma la cameriera insistette imperterrita temendo, giustamente, che la principessa si stesse mettendo nei guai “Vi prego, ve lo leggo negli occhi, state escogitando qualcosa! Sono certa che abbia a che fare con la prigioniera, non fatelo!”
“Ti imploro Felixia, non mi chiedere niente. Fai solo ciò che ti ho chiesto” mormorò. Non voleva mentire alla ragazza, ma non poteva nemmeno confidarle il suo piano, di cui tuttora si sentiva terribilmente insicura.
“Farò come mi avete ordinato, ma voglio sapere ciò che avete intenzione di fare!” ribatté con forza la ragazza. Astril non l’aveva mai vista così determinata, una strana luce le brillava negli occhi. Sospirò, non sapendo che cosa risponderle. Infine, si vide costretta ad arrendersi. Felixia stava diventando una sua complice ed aveva tutti i diritti di sapere, per cui rispose “Al tuo ritorno avrai le dovute spiegazioni...Ora vai, presto! E mi raccomando, nessuno...nessuno deve sapere dell’incarico che ti ho affidato”
Felixia annuì, prese le monete che le porse Astri e corse via.
La principessa sospirò. Una parte del suo piano aveva avuto inizio, non poteva più tirarsi indietro. Ora, non le restava altro che andare a cercare sua zia, l’unica che potesse aiutarla.


°Note dell'Autrice°

Salve a tutti! Come vi è sembrato questo secondo capitolo? Spero sia stato di vostro gradimento :)
In alto ho messo il banner di Astril, era come ve la immaginavate? A me come immagine sembrava adattissima ^^


A presto!

The_grace_of_Undomiel


  
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