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Autore: Freeyourmind_x    22/02/2015    1 recensioni
Per Luke Hemmings e per Clover Paris è bastata una serata, una semplice serata di mezza estate. Una serata che ha cambiato la vita di entrambi e che si diverte a giocare con i propri destini.
Un patto viene stipulato ma se, casualmente, Luke Hemmings dovesse cambiare scuola? E se, i due, dovessero ancora incontrarsi?
Tratto dalla storia:
“Non ho nessun amico, sai? Tutti m'invidiano perché credono che la mia vita sia stupenda. Genitori ricchi, tante conoscenze, tante ragazze ai piedi… Ma sai cosa? Loro non sanno che la maggior parte di queste cose sono tutte finte. Non ho nemmeno un amico sincero per sfogarmi. Guarda come sono ridotto, alle undici di sera a confessare queste cose a una sconosciuta.”
“Non c’è niente di male. Prendila come una sorta di segreto fra me e te. Io non dirò a nessuno quello che mi stai dicendo, e tu farai lo stesso.”
“Affare fatto.”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 23 

-FourFiveSeconds-


“Anche tu qui?” chiedo stupita quando, entrando dalla porta, scorgo Emily seduta su una delle sedie. Quest’ultima, alzandosi, mi si avvicina.
“Sì, mi hanno chiamato durante l’ora di fisica e… per quale assurda ragione il preside vuole parlare con… noi?” mettendo su un’espressione incredula, Emily sembra porsi la mia stessa domanda.
Appoggio la mia borsa su una delle sedie del corridoio e, girandomi verso di lei, faccio spallucce.
“Sinceramente? Non ne ho idea.” Affermo portandomi una mano sotto il mento, cercando di pensare il più in fretta possibile a qualcosa di concreto che possa aver contribuito a questa situazione. 
In tutti questi anni passati all’interno di questa scuola, non mi è mai capitato di dover essere chiamata durante una lezione per ordini superiori. E, soprattutto, non ho mai avuto un incontro riavvicinato con chi, al momento, è al comando di questa scuola.
“Spero che non sia nulla di grave. Non voglio avere una sospensione!” sospirando, Emily sembra mostrarmi la sua ansia. Vedendola in questo stato, un sorriso si crea fra le mie labbra e subito mi avvicino per accarezzarle un braccio.
“Ehi, tranquilla. Sei una delle studentesse più innocue e brave di questa scuola. Perché mai dovrebbero sospenderti?” la mia domanda sembra essere d’aiuto. Emily si sofferma a ragionarci sopra e, una volta convenuto che niente di ciò che ha fatto potrebbe causarle delle gravi conseguenze, si rilassa.
Così, per almeno una quindicina di minuti, ci ritroviamo ad aspettare che qualcuno arrivi a darci delle spiegazioni. 
Quando però, il tempo sembra soffocare ogni nostra speranza ed entrambe ci perdiamo  nel flusso dei nostri pensieri, il rumore di una porta che si apre sembra interrompere quella monotonia creatasi. Subito, con speranza, sia io sia Emily alziamo lo sguardo; ma quando davanti mi trovo chi non avrei sospettato di vedere in una situazione del genere, il respiro sembra mancarmi. Gli occhi si spalancano dallo stupore e quell’ansia che poco prima stava del tutto mandando la mia amica nel panico, s’impossessa di me. Un macigno sembra cadermi sul petto soprattutto quando, alzando lo sguardo, gli occhi del ragazzo incontrano i miei. Ed entrambi, troppo sorpresi e scioccati, non riusciamo né a muoverci né a dir qualcosa.
“Non ci credo. Anche tu qui?!” Emily, però, non sembra essere sorpresa dalla mia stessa reazione. In fondo, mi dico, non è lei quella che, in questo momento, ha davanti Luke, il proprio ex ragazzo. Quella persona che da un mese è presente nei miei pensieri così spesso da farmi perdere la testa;  quella persona che da quel giorno in cui ci siamo detti “addio”, non osa né parlarmi né salutarmi. Come due sconosciuti, come due persone che non hanno condiviso niente se non la stessa aria, ci limitiamo ad evitarci. E ora, dopo settimane in cui ho cercato in tutti i modi di dimenticarmi di lui, eccolo che mi appare davanti. 
Alla domanda di Emily, Luke non risponde subito. I suoi occhi si perdono prima nei miei e poi, come se qualcosa gli avesse ricordato che ormai non ha più il dovere e il diritto di guardarmi in quel modo, la sua espressione cambia; i suoi occhi si spostano e corrono su di Emily. E quasi mi sento delusa, tradita.
“Già. Perché siamo qui?” allontanandosi dalla porta, Luke si siede al fianco della mia amica. E non osa salutarmi, non osa includere anche me nella loro discussione. Come se nella stanza ci fossero solo loro due, continuano a scambiarsi delle battute. Io, invece, ancora troppo presa da questo incontro, mi lascio cadere nei miei pensieri. E mi dico “Ehi, non pensare che lui è qui. Non ascoltare una sola parola di ciò che dice”. E così cerco di fare, ma quando la sua risata risuona nella stanza, tutto sembra crollare dentro di me. Una sensazione di panico mi travolge e troppo presa dalla paura, mi ritrovo ad afferrare la mia roba e ad alzarmi.
“Io… Devo andare. Non mi sento bene, potresti….” E mentre mi rivolgo a Emily, cercando di non farmi intrappolare da quei gli occhi che mi osservano con attenzione, un’altra porta sembra aprirsi. E questa volta non è la stessa da cui io e gli altri due siamo entrati. Stavolta, ad aprirsi, è proprio la porta del preside. Così, voltandomi verso la sua direzione, sono costretta a metter fine al mio discorso.
Quest’ultimo sorridendoci, un buon segno, ci invita a entrare. E prima di far ciò che ci dice, sollevo lo sguardo. E quei gli occhi, quei gli occhi azzurri, mi stanno ancora fissando. 

**

“Aspetti, non ho capito bene… Lei vuole che scriviamo un articolo sulla partita di questo sabato e sul ballo scolastico?!” una volta che il preside ha concluso il suo discorso, con espressione incredula, mi trovo a chiedere la precedente domanda.
Portando gli occhi su di Emily, noto quanto anche lei sia basita da questa proposta.
“Proprio così. Ho parlato con il vostro docente del corso di giornalismo per quanto riguarda quest’articolo e lui, clementemente, mi ha riferito i nomi di coloro che nel suo corso hanno i voti più alti. Perciò, eccovi spiegata la vostra presenza nel mio studio.” Mentre il preside parla, il mio cervello sembra spegnersi per alcuni secondi. Dire che sono sconvolta, sarebbe poco. Non posso credere che il preside ci abbia assegnato un lavoro così importante per qualcosa di così… insignificante! È da quasi cinque anni che frequento questa scuola e in tutti questi secoli passati al suo interno, sia io sia i miei amici, abbiamo sempre evitato di partecipare alla partita di football dell’anno e al ballo scolastico che ne sussegue. Feste del genere, pur se accessibili a chiunque sia studente di questo edificio, sono soltanto delle ottime occasioni per farsi deridere da chi sembra far parte delle caste più alte della scuola: i popolari. E ora, dopo anni in cui con successo sono sempre riuscita a schivare quest’agonia, a causa di forze maggiori, sono obbligata a doverci andare.
“Questa, ragazzi, è un’ottima opportunità. Vi saranno aggiunti dei crediti al vostro rendimento e beh… vi sarebbero permesse anche delle assenze e delle uscite anticipante in quanto avete dato un contributo alla scuola.” Cercando di ricollegarmi al flusso di parole del professore, mi trovo ad annuire.
E’ davvero “Un’ottima opportunità” in tutti sensi! Avere dei crediti aggiuntivi è ciò di cui ho bisogno per il mio rendimento che, soprattutto nell’ultimo periodo, non è stato gradito né dalla sottoscritta né dai docenti; e poi… uscite anticipate? Assenze ingiustificate senza incidere sulla condotta? E’ così… Grandioso!
“Non posso farlo. Questo weekend non sono in città. Mi dispiace” le parole di Emily, dette con dispiacere, soffocano del tutto quel poco di entusiasmo che per cinque secondi si è  fatto spazio dentro di me. Girandomi verso di lei, le mando un’occhiataccia. Facendo spallucce e mimando uno “scusa”, mi mostra quanto le sue parole siano vere.
“Nessun problema, Drive. Saranno Paris e Hemmings a occuparsene. Siamo d’accordo così?” il respiro si blocca di nuovo. Il cuore mi batte a mille e quasi mi sento svenire. Cosa? Luke ed io… lavorare insieme?!
“No!” prima che possa frenare i miei pensieri, le parole mi escono dalle labbra. Senza accorgermene, mi trovo a urlare questo semplice monosillabo. Ciò che mi sorprende, però, è che il mio “no” non è stato urlato solo dalla sottoscritta. Qualcuno, o meglio Luke, ha dato segni di vita. 
“Non posso, le ricordo che faccio parte della squadra di football. Sabato devo giocare anch’io!” d’un tratto mi trovo ad apprezzare le parole di Luke e soprattutto il suo modo di evitarmi. Per quanto mi ferisca, allo stesso tempo mi consola poiché non sono ancora pronta a dover condividere del tempo con lui.
“Questo non giustifica niente. Puoi lo stesso elaborare un articolo. Anzi, credo che il tuo contributo sarà ottimo!” il preside non sembra demordere e, sorridendo in quel modo così fastidioso, fa sbuffare Luke al mio fianco.
“Posso accettare che uno di voi, in questo caso la signorina Drive, si dissoci da questo progetto… Ma voi due… non potete rifiutare!” quasi rimproverandoci, l’uomo che ho difronte ci chiarisce quanto questa sua scelta sia irremovibile. Abbassando lo sguardo, mi ritrovo a sospirare stancamente.

**

“Mi dispiace tanto, Clover!” uscendo dalla sala, Emily mi sussurra queste parole. Per non farsi sentire da Luke che è dietro di noi, cerca di mantenere il tono basso.
“Non fa niente” dico, anche se, il mio modo di rispondere, fa intendere tutt’altro. Non sono arrabbiata con lei, so che è sincera e che non è colpa sua se i suoi genitori hanno deciso di concedersi una vacanza proprio questo weekend; ma non posso nemmeno fingere che tutta questa situazione mi faccia piacere. 
“Se solo lo avessimo saputo prima, avrei…”
“Lascia stare, okay? Non ne voglio parlare” con questa mia risposta non voglio sembrare maleducata, ma… accidenti! Mi è davvero difficile essere carina e dolce quando sono a conoscenza che, in un modo o nell’altro, questa settimana dovrò affrontare qualcosa che per giorni ho cercato di evitare.
Al mio fianco, Emily annuisce. Restiamo in silenzio e camminando ci dirigiamo all’uscita della scuola. Una volta all’esterno, borbotto un “Ciao” forzato e strisciando i piedi per terra, mi avvio verso casa.
Come se non bastasse, con l’umore sotto terra, la mia testa non riesce a pensare ad altro se non a quelle pozze azzurre. Immagini di ciò che poco fa è accaduto, tormentano la mia mente e più volte sono costretta a chiudere gli occhi per non indurre i miei pensieri a Luke.
Non è ciò che voglio, mi dico, non adesso che per alcuni giorni il suo ricordo era meno frequente.
Così, sospirando, cerco di focalizzare tutta la mia attenzione nella strada che sto percorrendo. La mia mente torna alla realtà e subito mi accorgo di qualcosa di strano: qualcuno è al mio fianco.
Di colpo alzo lo sguardo e quando mi accorgo di chi ho a pochi passi di distanza, smetto di camminare.
“Ehi” non serve un genio per capire che è Luke.  Insicura che si stia rivolgendo a me, mi guardo intorno spaesata. Non c’è nessuno, siamo solo lui ed io e questo vuol dire che…
“Non credi che… Dovremmo parlare?” forse accorgendosi del mio stupore, Luke cerca di venirmi incontro. Appena realizzo ciò che sta succedendo, il panico ritorna a incombere su di me. Deglutisco e sussurrandomi una serie di “Stai tranquilla, è solo Luke” cerco di ritrovare la mia tranquillità. Senza accorgermene, però, non faccio altro che alimentare la mia ansia. E capisco il perché: come posso non aver paura se ciò che mi spaventa è proprio avere Luke a così pochi centimetri di distanza?.
“Ehi… Sì, io credo proprio che… dovremmo” non so come la mia voce sia uscita, so solo che le mani mi tremano. Come per cercare di darmi forza, corro a stringere la mia borsa. Questo piccolo gesto, mi permette di spazzar via un po’ di quell’ansia accumulata e respirando a pieni polmoni, metto a tacere quella sensazione di panico.
Luke, fermo dov’era, sembra capire che qualcosa non va. Però, come se una barriera invisibile lo estraniasse dal mio mondo, proietta tutta la sua attenzione in altro. I suoi occhi non mi guardano, non incontrano i miei, ma sorpassano velocemente il mio viso e si soffermano su qualcosa d’indistinto alle mie spalle. Se pur indignata per questa reazione, mi rassicuro al non dover incontrare i suoi occhi. 
E’ da troppo tempo che non stiamo così vicino, è da troppo tempo che non parliamo e guardare dritto in quelle pozze azzurre, mi porterebbe solo a un’esplosione di emozioni.
“Beh… Come ci organizziamo?” quando le sue parole risuonano nell’aria, il mio cuore prendere a battere a mille. Un pizzico di delusione mi punge dritta nel petto.
Prima, anche se presa dall’ansia, il suo “Non credi che dovremmo parlare?” ammetto che ha fatto correre la mia mente un po’ oltre il dovuto. Per una questione di pochi secondi, ho davvero sperato che quella frase si riferisse a noi e non al progetto.
Con la mente occupata a cercare di reprimere ogni mio piccolo desiderio nei confronti del mio ex, trovo difficile dare una risposta alla sua domanda. Scuoto la testa e portandomi una mano sulla fronte, provo a darmi forza nel parlare.
 “Potremmo… Non so, vederci domani pomeriggio nella biblioteca della scuola. Se la partita è sabato, dovremmo metterci d’accordo su come dividerci il lavoro. E poi… potremmo fare qualche ricerca sulle partite degli anni passati.” Come un faro nel buio, di colpo le parole sembrano uscire da sole. Gioisco nella mia testa quando mi accorgo che il mio discorso non può essere definito ridicolo e insensato; soprattutto, però, mi rendo conto che la mia felicità è dovuta alla consapevolezza che mentre parlavo i miei occhi hanno incontrato i suoi. Al contrario di come mi aspettavo, non sono crollata. 
“Credo che possa andare bene.  A che ora?” d’un tratto, però,  sento il mio umore vacillare. Senza indagare troppo, riesco anche a concepire il perché: la sua freddezza nei miei confronti. 
Più la conversazione si accentua, se così si può dire, e più il presente mi mette davanti alla realtà. 
Le cose non sono più come prima e se in questi giorni potevo solo pensarlo e vederlo, ora riesco anche a concepirlo. E tutto questo, è davvero una ferita allo stomaco.
“Dopo scuola, come al solito. Può andar bene per te?”  la mia voce sembra tremare, ma forse sono solo io a percepire questo cambiamento. Luke porta i suoi occhi nei miei e non mi risponde subito. Il suo sguardo cambia completamente e capisco che qualcosa deve avergli portato alla mente dei ricordi.
Le sue labbra si schiudono e insieme ai suoi occhi sembra in procinto di dir qualcosa, ma poi tutto si termina così com’è nato.
Abbassa lo sguardo e stringendosi la tracolla alla spalla, sospira.
“Okay, va bene” le sue parole hanno un tono diverso. Sono un misto di rabbia e frustrazione.
“Bene… allora… io andrei.” E così, stanca ma anche presa dallo sconforto, metto fine a questa conversazione. Porto gli occhi su Luke quasi sperando che mi dica di non andare, ma quando lo vedo annuire capisco che stavolta non sarà così.
“Sì, certo” e mi accorgo subito di quanto anche lui sia a disagio. “Ci vediamo domani. Ciao” e la conversazione si conclude.

**

“Calum, mi stai ascoltando?” il giorno seguente, davanti al mio armadietto, mi ritrovo a rimproverare il mio migliore amico.
“Sinceramente? No.” Un sorriso, un po’ finto, gli nasce fra le labbra. Chiudendo il mio armadietto, mi ci appoggio con la schiena.
“Avanti… cosa c’è che non va?” chiedo cercando di sorridere. 
Le cose, fra noi, ora vanno molto meglio. So che questo è dovuto soprattutto alla lontananza createsi fra me e Luke, ma credo che non sia l’unica ragione. Vedendomi star male, Calum ha saputo mettere da parte i suoi sentimenti e occuparsi di me come un amico farebbe. Questo l’ho apprezzato molto.
“Sto pensando a ciò che mi hai detto. Di te e di… Luke” le parole gli escono con un tono diverso e subito i miei occhi allarmati cercano i suoi. Il suo volto non ha nessuna espressione e questo non mi aiuta a decifrare cosa gli passa per la testa.
“Luke?” chiedo e ho paura di avere una sua risposta. Per giorni abbiamo messo da parte l’argomento “sentimenti”; ci siamo limitati a comportarci come due amici e ogni qual volta ci trovavamo davanti a situazioni un po’ ambigue, subito prendevamo le distanze. Ma ora, con questo suo pensare a Luke, a me e a il non-appuntamento che dovrò affrontare fra meno di un’ora, mi fa credere che forse Calum ha colto delle false speranze.
“Sì… Insomma, ora le cose…” per un attimo i suoi occhi incontrano i miei e qualcosa, forse la mia espressione allarmata, ferma il suo flusso di parole. Spazzolandosi i capelli con una mano, scuote la testa.
“Lascia stare” e stringendosi al suo zaino, si stacca dalla fila di armadietti. Interdetta, resto ferma. Approfittandosi di questa mia reazione, Calum coglie un’ottima occasione per sgusciare via del mio radar. Con una semplice scusa, mi sorpassa ed io non lo ostacolo. Ma poi, vogliosa di sapere ciò che voleva dirmi, mi ostino a seguirlo.
“Ehi, aspetta! Cosa stavi dicendo?” e per catturare la sua attenzione, devo tirarlo per un braccio. Le mie dita circondano il suo polso e con un gesto veloce, i suoi piedi indietreggiano fino a sfiorare i miei.
Lentamente si gira e subito mi accorgo di quanto la sua espressione non sia migliorata: i suoi occhi sono ancora vuoti, il suo sorriso ha lasciato spazio a una smorfia e le sopracciglia sono leggermente incurvate verso l’alto.
“Stavo per dire una cazzata, lascia stare.” Come un cane al guinzaglio, Calum cerca di staccarsi dalla mia presa. Ponendo resistenza, però, non gli do la possibilità di compiere un solo passo.
“A me piacerebbe sapere questa cazzata… Che cosa c’è che non va?” il mio tono si addolcisce. Riesco a sentire la freddezza createsi e reprimendo quel senso di angoscia che mi assale, cerco di affrontare Calum.
Quest’ultimo sospira e d’un tratto tutti i suoi muscoli si rilassano; mi accorgo subito di quanto la mia mano attorno al suo polso non abbia più senso. Non cercherà di allontanarsi.
Le sue parole tardano ad arrivare. Indeciso sul da farsi, i suoi occhi si soffermano nel vuoto e le labbra si muovono in movimenti quasi invisibili.
“Ora che potrai avere di nuovo dei contatti con Luke, nulla ti vieta di poter ritornare con lui.” Quando le sue parole arrivano a stuzzicarmi l’udito, le mie sopracciglia si aggrottano. Una reazione del tutto normale in quanto, in ciò che mi ha detto, non trovo niente di sconvolgente e scioccante. 
In queste ventiquattro ore, devo ammettere che molti pensieri hanno occupato la mie mente. E uno, fra i tanti, era proprio questo. So che il mio desiderio è tanto lontano dalla realtà perché ora come ora, Luke non sopporta nemmeno l’idea di condividere la mia stessa aria; ma, pur sapendo come stanno i fatti, non riesco a reprimere il mio desiderio.
Perciò, all’affermazione di Calum, un sorriso innocente, quasi ironico, prende spazio sul mio viso.
“Ehm… lo so, ma questo non capisco cosa possa centrare con…” la mia frase non ha una fine. Sbuffando e portandosi di nuovo una mano fra i capelli, sintomo del suo nervosismo, Calum ricopre la mia voce con la sua.
“Centra il fatto che questo cambia tutto. E io ho paura, una dannata paura.” Il sorriso scompare quando mi accorgo del suo tono serio. Deglutisco e subito capisco a cosa si stia riferendo. Però, non volendo capacitarmene, mi ostino a smettere di credere che tutto ciò che penso sia vero. 
Stringendomi nei miei vestiti, rimango senza parole. Lui se ne accorge e quasi irritato da questo mio comportamento, mi fissa con ostilità.
“Paura di perderti, lo sai questo, vero?” la sua domanda, posta come se dovesse convincermi a credere nelle sue parole, sembra quasi avere un altro effetto. Sembra quasi che a convincere non sia me, ma se stesso.
Deglutisco ancora e stavolta cerco di affrontarlo. “Non sarà così, Calum.”
“I miei sentimenti non sono cambiati nei tuoi confronti, Clover. Mi piaci da impazzire come mi piacevi prima, anzi, forse un po’ di più. E questo cambia le cose, e lo sai anche tu” le sue parole distruggono del tutto la mia bolla di cristallo. Se per giorni ho vissuto all’interno di un modo dove ogni problema scompariva sul nascere, Calum riesce a farmi ritornare nel piano della realtà in un solo secondo.
Lo stomaco si chiude e un senso di vomito accompagnato da una valanga di lacrime arriva a farsi spazio. Stavolta però non mi faccio cogliere impreparata e usando tutta forza possibile, metto fine a quella sensazione. 
I miei occhi si spalancano ma non tanto per la sorpresa delle sue parole. Il suo tono è ciò che mi ha colpito di più: così passionale, così devastato. Un miscuglio di emozioni.
“Pensavo che…” Perché mi fai questo? Sarebbe la domanda che vorrei porgli, ma il mio discorso non ne vuole sapere di mettere su qualcosa di concreto.
“Pensavi che mi fosse passata?” per un attimo ride, “Ci speravo anch’io, credimi.” E davanti al suo viso, al suo tono di voce, sento il bisogno di scappar via. Di andarmene perché questa versione delle cose non mi piace, è completamente diversa da quella che per giorni aveva occupato la mia mente. Così diversa da non essere  vera e quasi mi sembra di vivere uno di quei momenti in cui l’attore di un film si trova a guardare se stesso e il mondo intero dall’esterno e tutto perde il proprio suono diventando un forte brusio.
L’ansia mi assale e non mi accorgo nemmeno di star muovendo i miei piedi.
“Scusami, ma non ce la faccio” e tutto ciò che riesco a percepire dalle mie parole che escono in modo spontaneo dalle mie labbra senza poter dargli un freno. Poi, in una frazione di pochi secondi, mi ritrovo lontana da tutti nel bagno della scuola. 

**

“Ehi…” arrivando davanti alla soglia della porta, sussurro con un tono impacciato un saluto nei confronti di Luke. Quest’ultimo, alzando lo sguardo da alcuni fogli che ha sotto il viso, lascia vacillare i suoi occhi su di me. D’un tratto mi sento a disagio e subito sento il bisogno di dire qualcosa.
“Scusa per il ritardo, ho avuto un…”
“Non fa niente.” Le sue parole hanno il potere di intimorirmi. Un senso di angoscia arriva a soccombere dentro di me e sono quasi tentata a fare qualche passo indietro per ritornare nel bagno delle donne dove per tutto questo tempo mi sono nascosta dagli occhi di tutti. Poi, però, una voce dentro la mia testa mi dice che non è questo ciò che è giusto fare; perciò, dandomi la forza necessaria, mi affretto a entrare e mi siedo difronte a Luke. 
“Che… che cosa stai facendo?” è strano, mi ritrovo a pensare, come ora io abbia timore di parlare con lui, di chiedergli qualcosa.
Luke alza lo sguardo e i suoi occhi incontrano i miei. “Sto leggendo gli articoli degli anni scorsi, così da darmi un’idea su cosa scrivere. Vuoi… vuoi leggerne alcuni?” pur mantenendo un tono distaccato, Luke sembra lasciarsi andare un po’.
Apprezzando ciò, mi trovo ad annuire. 

**

“Perciò… Ora tu e Calum… state insieme?” mentre sono intenta a trascrivermi alcuni dati su un foglio bianco, Luke da voce ai suoi pensieri.
Alle sue parole, la mia mano si blocca e subito il mio sguardo, scioccato, si alza per incontrare i suoi occhi.
Colta alla sprovvista, mi trovo a deglutire e il cuore inizia a battermi all’impazzata. 
“Cosa? No… Io e Calum non stiamo insieme!” rispondo e dentro di me sussurro di star tranquilla. Questa sua domanda non vuol dire niente, come può intendere mille cose assieme. E la mia mente, bastarda com’è, è subito arrivata a cogliere una speranza che non sarà accontentata.
“Oh…Sì, certo…” le sue guance cambiano colore e tenendo ancora gli occhi bassi, si affretta a rispondermi in modo disinteressato. Subito mi accorgo di quanto si stia sforzando per farmi credere che il suo non è vero interesse, ma solo un modo per fare conversazione. Il suo modo di “recitare”, però, fa acqua da tutte le parti e non è difficile comprendere che sotto  quella maschera di menefreghismo, c’è un parte di Luke che mi sta letteralmente supplicando di dire tutto ciò che so.
Raschiandomi la gola e portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, lascio perdere i miei appunti per l’articolo. Ora tutta la mia attenzione è volta verso il biondino che mi sta davanti. 
“Cosa ti ha fatto pensare che io… sì, che io e Calum stessimo insieme?“ porgli questa domanda d’un tratto diventa l’operazione più difficile del mondo. Le guance mi diventano rosse e non riesco a comprendere il motivo del mio imbarazzo. Attenta e con le mani che tremano, mi mordo il labbro.
Alle mie parole, la sua mano smette di scrivere e gli occhi si alzano per incontrare i miei. Deglutisce e per un secondo, sembra intento a dare sfogo ai suoi pensieri; poi, però, qualcosa lo ostacola e abbassando lo sguardo alza un muro fra noi.
“Credo che dovremmo dedicare le nostre attenzioni all’articolo, non abbiamo molto tempo…” le sue parole mi deludono e colpita nel vivo, abbasso lo sguardo. Di nuovo l’imbarazzo mi rende sua schiava, ma non solo: stavolta il mio cervello sembra schierarsi contro di me e, come se la risposta di Luke non bastasse per farmi sentire una deficiente, si permette di rivolgermi una serie d’insulti.
Sospiro e frustrata dalle mille emozioni che da ieri hanno sede nel mio corpo, decido di distrarmi del tutto dedicando le mie attenzioni in ciò che mi è stato chiesto di fare. 
“Prima, in corridoio… Ho ascoltato un pezzo della vostra conversazione.” Dopo un quarto d’ora passato ad analizzare i miei appunti, Luke mi rivolge la parola. D’impatto, mi trovo a non comprendere il significato della sua frase. Poi, riallacciandomi ai residui della conversazione  di prima, inizio pian piano a capire ogni cosa.
Una sensazione di rabbia mi scorre nelle vene tanto che, presa da quest’emozione poco piacevole, mi muovo irrequieta sulla sedia. I miei occhi incontrano subito i suoi e mi accorgo di quanto siano preoccupati della mia imminente reazione. Sembrano chiedermi scusa e pur apprezzando questo suo segnale, la mia rabbia non diminuisce.
“Era una conversazione privata, tu non avresti…”
“Non avrei dovuto ascoltare, lo so. Non ho resistito, scusami” lanciando la penna sul tavolo, Luke si porta le mani sul viso. Sbigottita dal suo comportamento, non trovo la forza di accanirmi contro di lui. E non tanto per le sue scuse anticipate, ma per il suo sguardo così… assente? Consapevole? Non so di preciso quale sia l’aggettivo corretto che possa descrivere al meglio ciò che la sua espressione mi suscita.
Deglutisco e rimango a fissarlo dritto negli occhi. Nessuno dei due per qualche secondo si sforza di dire una parola. Entrambi siamo troppo intimoriti della reazione dell’altro. La prima a interrompere il nostro contatto visivo, sono io. I suoi occhi iniziano a mettermi a disagio e la voglia di scappare da quella stanza diventa grande.
“Non so cosa tu abbia ascoltato di quella conversazione, ma… Io non ho intenzione di buttarmi in una relazione con lui. Né ora né domani.” Prendendo con una mano un foglio, mi ritrovo a fingere di scrivere qualcosa. Quel “qualcosa” si traduce in una serie di parole senza senso. Tutto ciò, però, mi permette di non pensare troppo alle parole appena dette. Stavolta non sento lo stesso calore di prima riscaldarmi le guance, e sono sicura di non essere diventata rossa. Gli occhi di Luke rimangino fissi su di me e non capisco cosa stia aspettando. Poi, riprendendo la penna e giocando con il tappo, decide di porre la propria attenzione in altro.
“Non credo che sia ora il momento giusto per parlare di queste cose…”  nuovamente si ritrova a sottolineare il motivo della nostra presenza all’interno della biblioteca della scuola che, per nostra fortuna, è deserta. Portando lo sguardo su di lui, sento la rabbia ribollire dentro di me.
“E quando credi che sia il momento giusto?” il tono mi esce più strafottente del dovuto e ad accorgermene non sono solo io. I suoi occhi si spalancano e messo con le spalle contro il muro, rimane senza parole. E sbuffo perché non è di certo questa la reazione che mi aspettavo.
“Non lo so, sto solo dicendo che forse ora dovremmo dedicare le nostre attenzioni sull’articolo.”
“Luke, me ne fotto dell’articolo.  Hai iniziato tu il discorso e ora sono io a voler parlare. Di noi, sì, se questo non ti dispiace.”  Nella mia testa, ringrazio questo moto di rabbia che ha preso il sopravvento di me. Mi ritrovo a pensare che senza questo piccolo aiuto, non sarei mai arrivata a parlare in questo modo a lui.
La sua espressione cambia radicalmente e da senza parole, ora Luke sembra essere incazzato.
“Vorrà dire che me ne andrò da qualche altra parte.” Il suo non è solo un avvertimento.  Raccogliendo le proprie cose e alzandosi dalla propria sedia, inizia a mettere tutto dentro la sua tracolla. Mordendomi la lingua, mi maledico per la mia reazione così avventata che lo sta portando ad abbandonarmi nel mezzo di una conversazione.
“Cosa? Non puoi andartene!”  il mio rimprovero non sembra avere valore. Mettendosi la tracolla sulla spalla e afferrando la giacca con una mano, si avvicina verso la porta. Come se fossi in una dimensione trascendente e lui non potesse né vedermi né sentirmi, mi supera bellamente. Punto verso la porta della stanza e prima che possa varcarla senza esitazione, corro nella sua direzione. Giusto in tempo, non gli do la possibilità di fare un passo in più.
“Che stai facendo?” i suoi occhi mi guardano esasperati e mordendosi il labbro, come se fosse un suo anti-stress, mi guarda intensamente. 
“Cosa stai facendo tu! Ti sto parlando, non vai da nessuna parte!” per marcare la forza e la decisione che ho nel trattenerlo dentro la biblioteca con me, mi ostino anche io a guardarlo dritto negli occhi. Entrambi ci guardiamo seriamente e nessuno è pronto a mettere giù le armi.
Poi, sospirando, Luke lascia cadere la sua giacca e la sua tracolla per terra. Lo osservo intensamente e mentalmente mi pongo mille domande. Si è… arreso?
“Vuoi parlare? Bene, parliamo.” Le sue parole sono dure, taglienti e mi accorgo di quanto in realtà lui non voglia nemmeno mettere parola sull’argomento. Eppure, pur essendo contrario, è ancora qui.
“Perché… stai reagendo così?” chiedo in un sussurro. Il coraggio e la rabbia che poco prima mi hanno dato la forza di urlargli contro, mi abbondonano e sono consapevole di non voler più parlare con lui. Non in questo modo, non con lui che mi tratta come se fossi il diavolo in persona.
“Perché…” d’un tratto i suoi occhi smettono di fulminarmi. Il sipario cade e un velo di tristezza ricopre le sue iridi. Le mani attorno alla sua vita si stringono in un pugno e il suo sorriso strafottente, usato per accentuare il potere delle sue parole, scompare.
La voce sembra mancargli, ma comunque questo suo momento di confusione non lo ostacola a proseguire la sua frase.
“Perché mi sono ripromesso che ti avrei lasciato andare e che… ci avrei messo una pietra sopra…” le sue parole mi fanno sussultare. Pur non essendo offensive nei miei confronti, hanno la capacità di aprirmi una voragine nel petto. Di colpo mi sento un’illusa, una stupida per non aver capito tutto dall’inizio. Lui non ne vuole più sapere niente di me, lui non mi ama più.
“E’ per questo che… mi hai evitato fino ad oggi?” la voce mi trema e sento un nodo alla gola. Un nodo che molto probabilmente si trasformerà in una serie di singhiozzi accompagnati da una serie di lacrime. Le mie.
Luke è a disagio e credo che questo non sia dovuto solo alla difficoltà che ha nel dirmi la verità. Penso che si sia accorto della mia voce tramenate e dei mie occhi lucidi. 
“Ci ho provato. Ma… se sono qui con te a parlare di questo, credo che non sia servito a molto.” Annuisco alle sue parole e abbasso lo sguardo. Un sorriso si fa spazio sul mio volto, ma è un sorriso triste.
Porto gli occhi su di Luke e faccio spallucce. “Mi dispiace, non avrei voluto distruggere i tuoi piani.” Con le mani che tremano, mi porto una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Sospiro e cercando di non scoppiare in fiume di lacrime, mi scanso dall’entrata. Con tutta la forza che ho dentro, decido di fare ciò che giusto.
“Sei libero di poter andare, il tuo messaggio è stato più che chiaro.” Abbasso nuovamente lo sguardo, e senza aspettare un secondo in più, mi dirigo verso il tavolo in cui ero seduta. Raccolgo le mie cose e per qualche secondo mi dimentico di Luke. La mia attenzione si focalizza solo sulle mie mani che tremano e ciò basta per far scoppiare la bolla. Le lacrime corrono a bagnarmi il viso e sono costretta a sedermi perché la vista mi si offusca. Le mani mi coprono il viso e mi trovo a ringraziare dio di essere da sola. Resto così per alcuni secondi, nel mio dolore. Poi, però, qualcosa mi tocca le braccia. Alzo lo sguardo e trovo Luke fissarmi. Spalanco gli occhi per la sorpresa, poiché ero sicura che se ne fosse andato via.
“Alzati” mi ordina e troppo sconvolta per oppormi, faccio  ciò che mi dice. Con uno scatto veloce mi tira a sé e mi trovo fra le sue braccia. Le lacrime sembrano cessare per qualche secondo, proprio nello stesso momento in cui mi stringe a sé. Senza dire parole, mi lascio andare. Inspiro il suo profumo e mi sento a casa. Di nuovo tutto sembra ritornare alla normalità. 
Questa sensazione dura poco perché Luke si distacca subito da me. Le sue braccia stringono ancora la mia vita, ma non con la stessa forza.
I suoi occhi cercano i miei e mi guardano intensamente. Mi sento a disagio e subito mi scuso.
“Pensavo che fossi già andato via, scusami, non volevo piangere davanti a te… Io…” la mia frase non ha fine perché con un gesto dovuto dall’impulso, le sue labbra si premono contro le mie. Spalanco gli occhi e per la sorpresa non riesco a reagire. Non riesco a condividere questo momento con lui. La sua lingua inizia a muoversi e ciò basta per farmi chiudere gli occhi. Inizio a prendere una parte anch’io in questo bacio e nella mente mille domande si sovrappongono l’una sull’altra. Mi chiedo perché mi stia baciando, se il suo è solo un gesto di pietà, oppure è ciò che il suo impulso gli ha chiesto di fare.
Le mani si spostano sul mio sedere e issandomi, mi fa sedere sul tavolo. S’insinua fra le mie gambe e delicatamente mi prende il viso avvicinandomi sempre di più alle sue labbra. Mi morde, mi bacia e mi accarezza e mi sembra di essere in paradiso. Il mio paradiso.
La passione, però, sembra scemarsi subito. Di colpo il volto di Luke si allontana dal mio e i suoi occhi mi guardano allarmati. Le mani si allontanano dal mio viso e pian piano inizia a indietreggiare.
“Io…devo andare, scusami.” Con sguardo assente mi sussurra queste parole e inciampando su i suoi stessi passi raccoglie le sue cose da terra. Scendo dal tavolo per avvicinarmi, ma senza alcun esito.
“Non… ti avvicinare” mi ordina. Mi fermo subito e questo sembra servirgli per recuperare tempo e scappare via. Come se non fossi nella sua stessa stanza, varca la porta non degnandomi di uno sguardo.
Rimango sola e senza parole, mi lascio cadere sulla sedia.
Che diamine è successo?

**

Oddio, non posso crederci che finalmente sono qui ad aggiornare!
Scusatemi, davvero, ma in questi due mesi... Me ne sono sucesse di tutti i colori. Sono stata per due settimane a casa con l'influenza, ho avuto il blocco dello scrittore e una sfilza di problemi personali.
Questo capitolo è stato dificilissimo da scrivere, ci ho impiegato settimane e non mi piace per niente. Mi scuso se fa cagare, ho provato a scrivere qualcosa di più... decente ma questo è quello che mi è uscito!
Vi ringrazio moltissimo per le recensioni ricevute, risponderò appena posso! Le ho lette tutte, davvero, e vi ringrazio moltissimo! Purtroppo ora sono di fretta e quindi non posso soffermarmi a rispondermi. Grazie ancora <3
Al prossimo capitolo!
-Sere <3 
  
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